L-Ióic-crc^t^c^Liòi Se il corpo nasconde il dolore di Anna Viacava LUGLIO 1996 George Downing, Il corpo e la parola, prefaz. di Roberto Speziale Bagliacca, Astrolabio, Roma 1995, trad. dall'inglese di Augusto Menzio, pp. 390, Lit 54.000. Raramente succede di imbatter- si in un libro che riesce a fare il punto di una disciplina; ancor più raro che succeda per tre: in questo caso la psicoanalisi, la terapia cor- porea e la ricerca sullo sviluppo in- fantile, senza trascurare il contesto storico, filosofico e scientifico in cui sono venute sviluppandosi e articolandosi tra loro. Downing si accosta agli argo- menti con competenza, e con un apparato bibliografico ampio, tra- smettendo una visione esauriente non solo della psicoterapia corpo- rea quale lui la pratica, ma dei mil- le intrecci tra le diverse forme, ri- costruendone le storie, facendone una acuta esegesi, formulando dei giudizi critici cauti e argomentati. L'attenzione al corpo in campo psicoanalitico viene infatti rintrac- ciata sino al rapporto tra Ferenczi e Groddeck, negli anni venti. Ferenczi intuì subito l'impor- tanza delle esperienze relazionali precoci e del loro stretto legame col corpo. Inizialmente considerò il corpo una specie di ostacolo all'analisi, un possibile veicolo di evacuazione di emozioni e affetti che attraverso gesti, posture, movi- menti, ne nascondesse i segreti. Per questo ricorse a quella che chiamò "tecnica attiva", che consi- steva semplicemente nell'invitare il paziente a reprimere movimenti o posture che lui riteneva ostaco- lassero l'affiorare alla coscienza di qualche materiale significativo. In un secondo tempo non cercò più di sopprimere l'espressione del corpo dal processo terapeutico, ma di inserirvelo; infine lo stato re- gressivo che il lavoro sul corpo può provocare, dapprima interrot- to al suo insorgere, venne invece incoraggiato a consolidarsi. Ne emergevano frequentemente storie di violenze subite che lo por- tarono a rivedere la posizione freu- diana: è noto come, dopo un pri- mo momento in cui prese sul serio le storie di violenze e abusi delle sue pazienti, quando scoprì l'esi- stenza della fantasia inconscia, Freud le liquidò un po' sbrigativa- mente come tali. Ferenczi compre- se che alla base vi era, se non una vera e propria violenza sessuale, "un modo effettivamente sbaglia- to, privo di comprensione e di tat- to, lunatico e addirittura crudele di trattare i bambini". Così pensò di poter sostituire il vissuto di depri- vazioni e i traumi con una nuova esperienza che, svolgendosi in un ambiente accogliente, comprensi- vo, affettivamente in contatto coi bisogni infantili del paziente, po- tesse riparare il danno-subito. La sua morte non gli diede il tempo di rettificare gli inevitabili errori di percorso: il bisogno di contenimento fisico non interpre- tato ma agito con abbracci, cosa che provocò i sarcasmi di Freud; il tentativo di analisi reciproca che finiva con lo stringere i due in un nodo soffocante e senza uscita. Ma Downing è certo che, se ne avesse avuto il tempo, Ferenczi ne sareb- be venuto a capo, sensibile e intel- ligente come era. Così come, oltre a intuire l'importanza della rela- zione fin dall'inizio della vita, e dell'inestricabile intreccio mente- corpo, fu il primo a sviluppare il concetto di scissione come soffe- renza traumatica, che induce una parte della personalità a vivere in clandestinità e a trovare, nello sforzo di emergere, solo la via del sintomo. Ci sono voluti molti anni, e mol- to lavoro da parte di diversi ricer- catori, perché fosse compiuto il passo successivo, e cioè la formula- zione dell'ipotesi che la ripresa di contatto consapevole con le rap- presentazioni motorie, cioè pre- verbali, del passato, non è che la premessa alla scoperta di risorse corporee latenti, non percepite, ma sviluppate e disponibili. L'analisi reciproca, se si rivelò un fardello troppo grande da por- tare per la coppia analitica, intensi- ficando oltre il tollerabile le diffi- coltà del controtransfert, è ancora oggi, attraverso il Diario clinico di Ferenczi, una fonte preziosa di scritti sulla regressione. Ferenczi intrattenne un ricco e profondo rapporto di scambio con Groddeck, il primo a esercitare una sorta di psicoterapia corporea, di integrazione dell'insegnamento freudiano con la sua vasta espe- rienza in psicosomatica e manipo- lazione del corpo, che gli permise di formulare 0 concetto di difesa corporea coinvolgente tanto la contrattura muscolare cronica e la controattivazione di certi gruppi muscolari, che l'affievolirsi della respirazione come strumenti es- senziali di rimozione psicologica; concetti tuttora fondanti per qua- lunque lavoro che passi attraverso il corpo. Egli riconobbe per primo la necessità di lavorare sul transfert negativo per liberare spazio nella relazione analitica, segnalò l'origi- ne precocissima della sofferenza di mente e corpo nell'interazione ma- dre-bambino e arrivò addirittura a formulare con straordinaria intui- zione l'ipotesi che i sentimenti nu- triti dalla madre influissero incon- sciamente su questi scambi. Non sempre le scoperte di questi pio- nieri degli anni venti vengono rico- nosciute in tutto il loro peso da au- tori successivi, così come il contri- buto di Wilhelm Reich, di cui in questo caso viene invece sottoli- neata tutta l'importanza per il la- voro sulle resistenze e sul caratte- re, senza che per questo venga ri- sparmiata una discreta e argomen- tata critica al modello energetico: il tentativo di costruzione di un mo- dello onnicomprensivo cui Reich si abbandonò verso la fine della sua vita. In campo strettamente psicoa- nalitico l'autore spiega il perché della sua scelta in favore della teo- ria delle relazioni oggettuali: la centralità della relazione, l'atten- zione alle sfumature del transfert, l'accesso anche a pazienti gravi, l'attenzione alle fasi precocissime della vita, cui viene fatta risalire la radice della sofferenza mentale. Ed è proprio alle fasi più precoci dello sviluppo che viene dedicato ampio spazio: la chiarezza con cui vengono discusse le teorie di attac- camento e differenziazione di John Bowlby e Margaret Mahler, messe a confronto con le ricerche più re- centi di Daniel Stern e di altri os- servatori dello sviluppo infantile, permette all'autore di estrarre dai vari punti di vista i contenuti più significativi. Si scopre così che, se la capacità di sintonizzarsi con il bambino della persona che ne ha cura è fon- damentale per il suo sviluppo fisi- co, motorio, cognitivo e affettivo, sul versante della psicoterapia cor- porea si osserva come le grandi paure e lo sviluppo incompleto de- gli schemi affettivo-motori hanno a che fare con disturbi precoci del contatto corporeo. La modulazione dell'accudi- mento può fallire per difetto, ma anche per eccesso e per inadegua- tezza della qualità, sicché si può avere anche l'opposto della depri- vazione, quando si ha scarso ri- spetto per l'autonomia e poca fi- ducia nella possibilità di tollerare le frustrazioni e dunque di accetta- re la modulazione delle risposte. . N. 7, PAG. 30 Downing riporta l'affascinante lavoro osservativo della Demos sull'interazione tra adulto e bam- bino come limitazione ritmica, in cui l'autrice mostra che il genitore seleziona inconsciamente, e in questo modo determina radical- mente, la forma del rapporto del bambino con le proprie emozioni. Cioè i genitori e l'ambiente che sta attorno al bambinò non sono affat- to consapevoli dei messaggi corpo- rei che assai prima che sia possibile lo scambio verbale indirizzano al bambino, di come vengano inscrit- ti nel corpo codici di comporta- mento, di accettazione e rifiuto in risposta a emozioni, affetti, pulsio- ni e bisogni magari in contraddi- zione con quanto consapevolmen- te sostenuto e verbalmente dichia- rato. La difesa corporea dalle angosce connesse con le disarmonie am- bientali si struttura dunque molto precocemente, e nel corpo conser- va segreto il dolore mentale in con- tratture e allentamenti, movimenti e blocchi, alterazioni del respiro. La descrizione che ne fa Downing è accurata, minuziosa, e la sensa- zione che se ne ha, come in tutto il resto del libro, è di ampiezza e agio; ci si prende il tempo per spie- gare e per comprendere. Del resto questo sembra essere il messaggio di fondo, e per questa ragione for- se viene dedicato ampio spazio al lavoro terapeutico puramente ver- bale, in aperto dissenso con la fret- ta catartica delle tecniche corporee degli anni settanta. Eppure anche di queste viene dato conto, assie- me a una ampia panoramica che spazia dalle terapie corporee di fi- ne Ottocento all'attualità, ricono- scendone l'efficacia, ma anche la pericolosità o l'inutilità di scorcia- toie, appunto, catartiche; del resto lo stesso Alexander Lowen, il più autorevole terapeuta del corpo vi- vente ha, proprio per questo, radi- calmente modificato nel tempo la sua tecnica, rendendola più mor- bida, consapevole e mirata. La tecnica di Downing è fatta invece di grande capacità di ascol- to, un lento far spazio a diversi movimenti fisici e mentali che vengono a lungo elaborati verbal- mente prima che con estrema pru- denza e rispetto venga introdotto 0 lavoro sul respiro e sul corpo del paziente. Se le difficoltà sono più o meno le stesse che incontra qualunque terapeuta, il terapeuta del corpo che abbia una solida formazione psicoanalitica ha qualche strumen- to in più per accedere al passato preverbale o ai nascondigli in cui spesso vengono tenuti emozioni, pensieri, affetti. Ma ha anche un'opportunità che qualunque analista può usare per orientarsi soprattutto nei momenti di impas- se: l'osservazione del proprio con- trotransfert corporeo, a partire dalle variazioni del proprio respi- ro. Ma qui si apre un'area di ricer- ca limitrofa a quella specifica di Downing, che se ne riconosce in- fatti debitore a Roberto Speziale Bagliacca, autore della colta prefa- zione. Gang psichiche di Mauro Mancia john steiner, I rifugi della mente, Bollati Boringhieri, Torino 1996, ed. orig. 1993, trad. dall'inglese di Maria Antonietta Schepisi, pp. 197, Lit 34.000. John Steiner è un analista che ha il merito, come molti colleghi kleiniani, di restare ade- rente alla clinica e cioè ai sentimenti del pa- ziente e al gioco relazionale in cui il contro- transfert assume un'importanza determinan- te per comprendere il transfert del paziente. Egli parla in questo libro di quei pazienti "difficili", che sono cioè incapaci di tollerare il dolore mentale collegato sia alla posizione schizo-paranoide sia a quella depressiva. L'intolleranza al dolore spinge questi pazien- ti a fuggire dal mondo delle relazioni reali creandosi dei "rifugi della mente" (da cui il bel titolo del libro) entro i quali si nascondo- no e si proteggono. Ma per fare questo sono costretti a usare in modo massivo l'identifica- zione proiettiva e l'idealizzazione. Conse- guentemente, perdono il contatto con la realtà che distorcono, creando situazioni di compromesso e finendo poi, anche con le par- ti più sane della loro personalità, per essere tirati dentro a quell'organizzazione patologi- ca della personalità narcisistica e perversa che si sono diferisivamente creati nel loro mondo interno. Queste organizzazioni pato- logiche - precisa John Steiner - "indebolisco- no la personalità, impediscono il contatto con la realtà e ostacolano inevitabilmente la crescita e lo sviluppo". Le difficoltà maggiori di questi pazienti sono collegate al problema della separazione. L'angoscia prodotta dal processo di acquisizione di un'identità sepa- rata viene fronteggiata appunto con un uso intenso e patologicamente difensivo dell'i- dentificazione proiettiva, intesa nell'accezio- ne più vasta di modalità della mente in cui parti del Sé sono scisse e proiettate in oggetti nei quali continuano a risiedere restando non disponibili per il Sé. Gli oggetti che con- tengono questi elementi del Sé sono "i mat- toni di cui è costruito il rifugio della mente. Sono saldati insieme in un raggruppamento narcisistico, e vanno a formare un' organizza- zione patologica della personalità. L'Io risul- ta indebolito dalla perdita di questi elementi scissi ed essendo debole diventa sempre più dipendente dall'organizzazione". Sulla linea del pensiero di Bion e di Rosen- feld, John Steiner propone per questa organiz- zazione patologica della personalità metafore molto efficaci come "gang mafiosa" o "orga- nizzazione nazista". Sono esse a proteggere il paziente dalle angosce legate alla posizione schizo-paranoide e sono alla base di deliri che nascono a loro volta come difese dall'emerge- re di situazioni catastrofiche. Ma queste situa- zioni nate per evitare una catastrofe diventa- no esse stesse catastrofi croniche. Una caratteristica essenziale dei "rifugi" della mente è una relazione perversa con la realtà. In alcuni rifugi psicotici la rottura con la realtà è completa. In altri, si assiste a un compromesso in cui il rifugio può divenire uno "stile di vita" narcisistico che preferisce l'idealizzazione e il sogno alla realtà. Tra i concetti più originali di John Steiner c'è quello di "rovesciamento" dell'identifica-