LUGLIO 1996 ■ dei libri del mese| "Il rock and roll non morirà mai" n.7, pag. 21 Enzo Gentile, Rock around the clock, Zelig, Milano 1995, pp. 392, Lit 38.000. Come sulle pagine di un giornale di bordo, album di famiglia e diario, il rock si racconta, giorno per gior- no. In questo dovizioso almanacco il rock è da intendersi nell'accezio- ne più lata, comprendente generi paralleli e affini e forme musicali precorritrici o derivative. Blues e jazz, pop e punk e gli innumerevoli affluenti che costituiscono il corpo della musica moderna scorrono at- traverso i trecentosessantacinque giorni dell'anno solare. Enzo Genti- le ha selezionato immagini e notizie attingendo a uno smisurato reperto- rio di consultazione, qui sintetizzato in un avvincente alternarsi di brevi ritratti, aneddoti, cronache di con- certi, pubblicazioni di dischi, mani- festazioni, nascite, decessi, classi- fiche, film, trasmissioni radiofoni- che e televisive o quant'altro possa riguardare il caleidoscopico piane- ta rock. Ricco di curiosità e di non comuni fotografie, il volume avvi- cenda le rock star e le loro storie, senza tralasciare minori e minimi e si pone come obiettivo divertimento e divulgazione, risultando per sua natura di agile leggibilità. Ogni fo- glio staccato di questo calendario racchiude memorie e tappe signifi- cative che hanno contraddistinto una cultura fortemente radicata e ancora in espansione. Con passio- ne profonda e senso d'appartenen- za, l'autore ha superato i rischi che una simile stesura può comportare. Da questa sua meticolosa compila- zione escono rinvigoriti gli archivi del rock. Francesco Caltagirone Neil Young, The Rolling Stone Files. il padre del grunge si racconta, Tarab, Firenze 1995, ed. orig. 1994, trad. dall'ameri- cano di Marco Grompi, pp. 240, Lit 30.000. Gii archivi della quasi trentennale rivista rock americana "Rolling Sto- ne" sono stati la fonte per la pubbli- cazione di una collana di volumi de- dicata a grandi artisti della scena musicale contemporanea. Caratte- ristica di queste monografie è la raccolta completa di recensioni di- scografiche, cronache di concerti, interviste, profili e note sparse. Tale materiale, recuperato lungo gli an- ni, porta la firma dei vari collabora- tori che via via si sono alternati nella redazione degli articoli. Nel caso di Neil Young, chiamato padre del grunge per le recenti collaborazioni con i Pearl Jam o per il prodigioso eclettismo che gli ha permesso, pri- ma di precorrere tendenze, poi di sapervisi adattare con disinvoltura, l'analisi risulta particolarmente sti- molante ed esaustiva. La prestigio- sa carriera del cantautore canade- se è raccontata cronologicamente, desunta dalle pagine del quiqdici- nale californiano. Si inizia dal di- cembre 1967 con il primo album dei Buffalo Springfield fino alla forma- zione del supergruppo con Crosby, Stills e Nash. Viene ripercorsa poi la carriera solistica di Young, spesso affiancato dai suoi Crazy Horse, at- traverso i fasti di album mitici come After the gold rush, Harvest o Zuma, i periodi di grande creatività e di crisi involutiva culminata negli anni ottanta, fino al luminoso, più re- cente ritorno. Il suo antico verso "Rock and roll can never die" è il simbolo di un genere che non vuole saperne di partecipare alle proprie ripetute esequie e di un'America che resiste. Proprio come Neil Young. (te.) gli assertori del suo contraddittorio realismo. Chissà quali saranno le reazioni a questo libricino. Potreb- be verificarsi un risveglio d'interes- se per Boito, il mattatore indiscus- so dell'indice delle citazioni grazie alle stramberie dispensate in Gio- conda (libretto prudentemente fir- mato con lo pseudonimo anagram- mato Tobia Gorrio), Otello e Fal- staff. Oppure una nuova fioritura di Harvey Sachs, Musica e regi- me. Compositori, cantanti, di- rettori d'orchestra e la politica culturale fascista, Il Saggiato- re, Milano 1995, ed. orig. 1987, trad. dall'inglese di Luca Fonta- na, pp. 334, Lit 36.000. Uscito poco dopo lo studio sullo stesso argomento di Fiamma Nico- lodi (1984), di impianto prevalen- mo Nino Insinga, Per sogni e per chimere. Sellerio, Palermo 1995, pp. 206, Lit 15.000. Il titolo fa pensare a una canzone di Battiato, ma niente paura. Accol- latosi l'onere di dissipare la nebbia che sale agli occhi di chi prova a leggere un libretto d'opera (conte- nitore di testi in cui le campane so- no spesso "sacri bronzi", e dove ci sono più "alme" chè nomi di don- na), Insinga stipa le sue gradevoli spigolature lessicografiche in due- cento pagine argute. Il libro si arti- cola in capitoletti brevi, in sequen- za alfabetica da "Abbigliamento" a "Vergine". Non è necessario di- sporre di una biblioteca musicale per apprezzare i! lavoro di Insinga: gli esempi sono ben circostanziati, basta un minimo di disponibilità a far mente locale. Negli anni ses- santa un articolo di Dallapiccola aveva scatenato un dibattito aspro tra i sostenitori della natura intima- mente surreale del melodramma e studi sui libretti del Seicento, che Insinga tralascia di considerare. Staremo a vedere. Per ora godia- moci lo zigzagare anarchico di questa ricerca, da cui anche chi di musica sa poco può imparare il modo di divertirsi con un paio di di- zionari. Non per pignoleria ma rim- piangendo il mancato volo dì fanta- sia di Insinga nel caso specifico segnalo l'errorino di p. 137: la pro- tagonista femminile della Serva pa- drona non si chiama Despina (per- sonaggio di Così fan tutte), ma Ser- pina. Il rimbrotto: due occorrenze ravvicinate (pp. 135 e 143) di "ne- gretta" per Aida danno sui nervi. Cosa c'è da temere per Selika, l'Africana dell'ebreo Meyerbeer? Anche se stanno nei dizionari, al- cune parole è bene che non ne escano mai. Alberto Rizzuti temente musicologico, il libro di Sachs ne costituisce un'utile inte- grazione in quanto si occupa unica- mente dei rapporti tra il mondo mu- sicale italiano e il regime; ed è una storia che non rende molto onore al- la grande maggioranza dei prota- gonisti. La politica musicale del fa- scismo appare a Sachs nel com- plesso di basso profilo, malgrado l'estensione anche al campo musi- cale dei meccanismi di controllo centralizzato e autoritario. Da un la- to ci si preoccupa che anche la mu- sica contribuisca alla gloria della "nuova" Italia, ma dall'altro si rinun- cia, forse anche per incompetenza, a intervènti rilevanti, limitandosi a emanare direttive spesso contrad- dittorie. Molto più attivi sembrano essere gli artisti, gli esecutori e so- prattutto i compositori, e non solo le mezze figure che sguazzano nei meandri della burocrazia. Dai loro scritti pubblici e privati (soprattutto le molte lettere a Mussolini) emer- ge, come in tutte le dittature, un Alban Berg, Suite lirica. Tutti gli scritti, a cura di Anna Maria Morazzoni, Il Saggiatore, Mila- no 1995, pp. 514, Lit 69.000. Alban Berg, come ha affermato Elias Canetti, "non era sordo alle parole". Accanto alla vocazione musicale, fin dagli anni dell'adole- scenza è visibile in lui un'inclina- zione letteraria nutrita da appas- sionate letture e dall'esercizio del- la scrittura. Anche grazie alle esplicite sollecitazioni di Schon- berg, tale inclinazione era giunta a un passo dal trasformarsi nella carriera di uno "scrittore di musi- ca". Nel 1920 Berg firmava un contratto con la Universal Edition per occuparsi della redazione del "Musikblàtter des Anbruch", rivi- sta votata al sostegno della nuova scuola viennese. A impedirgli quella strada dovevano sopravve- nire, oltre a una difficile situazione finanziaria, un cedimento fisico provocato da forti attacchi d'asma, dovuti forse alla somatiz- zazione di una crisi più profonda. Ritorno al testo di Alessandro Arbo E tuttavia in seguito, accanto alla carriera del compositore, Berg avrebbe conservato la passione per lo scrivere, occupandosi, oltre che della presentazione delle composizioni del suo venerato maestro, di commentare fatti, libri, avvenimenti del mondo musicale e culturale. Prezioso documento di questi interessi è questa prima raccolta organica degli scritti in versione italiana comprendente articoli, analisi, inediti e testi poco noti, i materiali sono preceduti da un'introduzione e seguiti da am- pie e approfondite schede di commento di Anna Maria Moraz- zoni. Molti gli spunti degni di at- tenzione; oltre alle informazioni utili all'inquadramento storico, alle argute analisi, alle rapide e intelli- genti sentenze con cui Berg ri- sponde alle domande giornalisti- che sulle questioni più generali, un'indicazione necessaria emer- ge dalla critica rivolta all'"impo- tenza musicale" dell'estetica di Hans Pfitzner. Di fronte a una pro- sa che, sorvolando i dettagli tecni- ci, si lancia in un facile entusiasmo retorico, Berg cerca di recuperare "un rapporto più dignitoso e co- munque più oggettivo con la mu- sica". La comprensione non si esercita attraverso "vaneggia- menti puramente sentimentali", ma in una lettura attenta del testo, capace di evidenziare gli aspetti di originalità tanto sul piano esteti- co quanto su quello strutturale. Al- trimenti, nel descrivere l'emozione per le note della Tràumerei, ri- schieremo di comportarci come il funzionario dell'ufficio passaporti che, trovandosi di fronte al ritratto di Schumann, dopo aver registra- to i connotati più generici, finirà con l'annotare: "Segni particolari: nessuno". "quadro fitto di piccoli intrighi e ma- novre, di molto opportunismo grot- tesco, di occasionali esempi di in- genua buona fede nel governo, e di scarsissima opposizione politica in senso proprio", originato da una mi- scela, in dosi molto variabili a se- conda dei casi, di nazionalismo im- politico, conservatorismo estetico e megalomania (benché in generale la scena musicale italiana appaia, almeno fino a metà degli anni tren- ta, abbastanza aperta). Anche in questo campo la cultura italiana del ventennio offre un quadro piuttosto deprimente; e non è consolante il fatto che tra gli ammiratori dell'ordi- ne mussoliniano ci fosse anche Stravinskij. Lorenzo Riberi Ferdinando Abbri, Elio Matassi, Marco Segala, Filosofia e mu- sica nell'età contemporanea. Studi e ricerche, a cura di Fer- dinando Abbri, Dipartimento di Studi Storico-Sociali e Filosofici dell'Università degli Studi di Sie- na, Arezzo 1995, pp. 65, s.i.p. Il presente quaderno fa parte di una collana di studi dal titolo "Lavori in corso" la cui pubblicazione è stata intrapresa nel 1991 dal Dipartimento di Studi Storico-Sociali e Filosofici dell'Università di Siena, per iniziativa di Camillo Brezzi. I primi due saggi qui raccolti - Elio Matassi, Il signifi- cato storico-epocale della musica quale arte della temporalità e dell'in- teriorità. Riflessioni sulla filosofia del- la musica di Hegel e Marco Segala, "L'altro polo del mondo": musica e metafisica della musica in Scho- penhauer - ripropongono il proble- ma del rapporto tra primo e secondo romanticismo, dando voce a un'uni- ca, anche se variamente articolata, ipotesi interpretativa. L'intenzione è quella di un ridimensionamento dell'influenza romantica in pensatori la cui estetica musicale è stata trop- po spesso piegata dagli interpreti a motivi intimistico-sentimentali e irra- zionalistici. Elio Matassi mette a con- fronto due paradigmi teorici profon- damente alternativi: la concezione hegeliana della musica animata dal progetto di una sintesi tra tempora- lità storica e temporalità estetico- musicale, in risposta alla diatesi mi- stica della Fruhromantik, e l'istanza di una tensione irrisolta tra i due ter- mini quale prende forma in filosofie come quella di Adorno e del Bloch di Geist der Utopie. Marco Segala in- tende correggere le interpretazioni volte unilateralmente ad accentuare "la convergenza tra l'estetica musi- cale schopenhaueriana e alcuni te- mi del Romanticismo" contrappo- nendovi il rilievo del legame profon- do, anche se problematico, che in- tercorre tra quell'estetica e la prospettiva kantiana. Il terzo e ultimo saggio - Ferdinando Abbri, "Fato" e "scelta" nel "King Priam" di Michael Tippet - è un'attenta presentazione dell'opera di un musicista britannico poco considerato dalla storiografia continentale della musica (Michael Tippet, appunto), in una prospettiva che vuole sottolinearne l'importanza nell'universo culturale novecente- sco, per ragioni musicali ma anche, e forse soprattutto, per il contenuto ideologico dei libretti. Silvia Vizzardelli