OTTOBRE 1996 ^ob&Cr Lercia, Dalle Alpi alle piramidi P- Liti N. 9, PAG. 23 Carlo Tosco, San Dalmazzo di Pedona. Un'abbazia nella formazione storica del territorio dalla fondazione paleocristiana ai restauri settecenteschi, presentaz. di Aldo A. Settia, Società per gli studi storici, archeologici e artistici della Provincia di Cuneo, Cuneo 1996, pp. 143, 28 ili. in b.-n., 4 tavv. a col. e 10 in b.-n., Lit 40.000. Talvolta, grazie alla presenza delle reliquie di un santo, si è reso possibile assicurare a centri di origine romana la continuità insediativa dal tardoantico al medioevo; se poi in età medievale al culto di quelle reliquie è stata affiancata una fondazione monastica, sì sono create le premesse indispensabili per imprese costruttive e attività intellettuali. È questo il caso del municipium romano di Pedona, l'attuale Borgo San Dalmazzo presso Cuneo, le cui vicende storiche e insediative, legate a partire dal V secolo al culto delle reliquie di san Dalmazzo, sono state, a circa settant'anni dalla pubblicazione dell'opera di Alfonso Maria Riberi, ripercorse, con rigore filologico e con l'aggiunta di nuovi documenti, da Carlo Tosco. L'autore ha analizzato le fonti agiografiche e liturgiche integrandole con i risultati archeologici dei recenti scavi e con l'interpretazione delle strutture architettoniche medievali ancora esistenti. Si sono potute così evocare le strutture dell'antica memoria costruita sul luogo della sepoltura del presunto martire della legione Te-bea, l'insediamento della comunità monastica avvenuto in età carolingia e soprattutto sono state analizzate le fasi romaniche della chiesa abbaziale, ancora conservate, nonostante i successivi rifacimenti, nella facciata e in particolare nella cripta. La ricerca appare quindi significativa sia per lo specifico contributo, sia per la scelta metodologica nella direzione di una sempre più auspicata storia globale del medioevo. Fabrizio Crivello Paolo Matthiae, L'arte degli Assiri, Laterza, Roma-Bari 1996, pp. 234, Lit 40.000. Grande e ammirato stupore suscitarono nel pubblico europeo i rilievi parietali assiri quando, nel secolo scorso, vennero esposti per la prima volta al Louvre di Parigi e al British Museum di Londra. Scoperti negli anni quaranta e cinquanta dell'Ottocento, essi erano stati fatti eseguire dai maggiori sovrani dell'impero assiro tra il IX e il VII secolo a.C., nei grandi palazzi di Nimrud, Khorsabad e Ninive. Nonostante l'ammirazione di cui furono circondati, questi rilievi sono stati tuttavia a lungo considerati fuori dal loro contesto storico e architettonico, anche a causa delle disinvolte pratiche di prelievo attuate dagli archeologi francesi e inglesi, che spesso asportavano singoli frammenti isolati, considerati più integri o significativi. Sotto la suggestione biblica, essi vennero visti come un'ossessiva, ripetitiva e crudele esaltazione del potere politico e della guerra di conquista dell'Assiria. L'intento di Paolo Matthiae, uno dei più autorevoli archeologi orientali contemporanei, scopritore della mitica città di Ebla, è invece proprio quello, da un lato, di ricostruire i programmi e le intenzioni dei committenti, analizzando il messaggio ideologico affidato alle immagini e sottolineato dalla collocazione nell'ambito di un percorso architettonico, e, dall'altro, di valutare i caratteri propriamente formali delle opere. Valentina A. Castellani Papaccio pare ramificarsi, incrociando anche solo sporadicamente molte altre storie: tra le più interessanti, quella del casino del principe di Elbeuf alla marina di Portici, per il quale "pallidamente" s'avanza un'attribuzione almeno parziale a Cristoforo Schor, autore ancora poco conosciuto. Sergio Pace Valerio Papaccio, Marmi erco-lanesi in Francia. Storia di alcune distrazioni del principe E.M. d'Elbeuf, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Napoli 1996, pp. 113, s.i.p. L'inizio delle attività di scavo archeologico a Ercolano è uno degli eventi centrali nella storia della cultura del Settecento europeo. Dopo i primi ritrovamenti, e poi dopo la rivelazione di Pompei, archeologi ma anche architetti, artisti, letterati guarderanno nel corso del secolo alle antichità campane con crescente interesse, a poco a poco trasformando la percezione e l'interpretazione dell'antico sulla base delle nuove scoperte. Eppure ancora poco studiata è la prima fase di questi lavori, durante la quale protagonista è un colto aristocratico francese al servizio della casa d'Austria: Emanuele Maurizio di Lorena principe di Elbeuf (o Elbceuf: nel volume le grafie sembrano parimenti accettate). A Napoli, Ercolano e Portici tra il 1707 e il 1715 Elbeuf dirige un'operazione di scavo archeologico assai complessa, che parte dalle acquisizioni dei terreni e prosegue nel costante perfezionamento dei metodi e delle tecniche, radunando intorno a sé un'élite intellettuale straordinaria. Ma soprattutto Elbeuf riesce a costruire una rete di relazioni internazionali attraverso la quale molti dei ritrovamenti ercolanesi presto cominciano a viaggiare, diffondendosi per tutt'Europa secondo itinerari spesso poco lineari: com'è il caso delle crustae di fior di pesco e serpentino oggi ritrovate nella chiesa di St. Etienne, proprio a Elbeuf-sur-Seine in Francia. Seguendo le tracce delle pietre ercolanesi e sulla base di una documentazione eterogenea, la narrazione di Valerio Mara Sternini, La Fenice di sabbia. Storia e tecnologia del vetro antico, Edipuglia, Bari 1996, pp. 217, 63 ili. a col. e 271 in b.-n., Lit 100.000. A lungo l'età antica è stata considerata dagli storici, a differenza del medioevo, un'epoca di stagnazione scientifica e tecnologica, aliena dall'idea stessa di progresso. Da qualche decennio, tuttavia, gli studi di cultura materiale, condotti sugli oggetti della vita d'ogni giorno, sugli strumenti di lavoro, sulle materie prime, sulla produzione, la diffusione e il consumo dell'antichità hanno dimostrano l'infondatezza di questo ' pregiudizio, rivelando conquiste straordinarie nel campo dell'idraulica, delle macchine da guerra, delle tecniche edilizie, ecc. Una delle scoperte tecnologiche dell'antichità che certamente ha esercitato un forte impatto sullo sviluppo culturale dell'umanità, contribuendo a cambiarne i costumi e le abitudini, riguarda il vetro, che era noto fin dal III millennio a.C., ma fino alla metà del I secolo a.C. fu usato esclusivamente per la realizzazione di gioielli e vasellame prezioso, data la difficoltà di lavorazione e gli alti costi. La situazione mutò radicalmente quando si scoprì, quasi certamente nella regione siro-palestinese, che per modellare il vetro bastava soffiarlo entro una canna finché era caldo. Bastò questo per accorciare in modo impressionante i tempi di produzione e far crollare il prezzo del vasellame in vetro, che si rivelò ben presto un materiale insostituibile per conservare cibi e bevande, senza alterarli, e per di più gradevole per la sua trasparenza e i colori brillanti. Alla storia affascinante di questa scoperta è dedicato un vero e proprio manuale dell'arte vetraria antica — dalle sue origini in Medio Oriente, durante l'età del bronzo, fino all'alto medioevo — con descrizioni precise degli strumenti, delle botteghe e delle tecniche utilizzate dai vetrai antichi, ma anche con una rassegna completa dei centri di produzione e delle principali vie del commercio, documentate dai relitti marini: si scopre così una caratteristica che finora era nota esclusivamente per i metalli, e cioè la possibilità per il vetro di viaggiare non solo sotto forma di prodotto finito, ma anche come materia prima, trasportata in lingotti e barre che venivano poi lavorati lontano dal luogo di produzione. Maria Letizia Gualandi Alfredo e Angelo Castiglione Jean Vercoutter, L'eldorado dei faraoni. Alla scoperta di Berenice Pancrisia, De Agostini, Novara 1995, pp. 192, Lit 178.000. È questo il primo libro dedicato a una delle più importanti scoperte archeologiche del secolo, quella di Berenice Pancrisia, la città "tutta d'oro" citata da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia, conosciuta dagli arabi, raggiunta da qualche raro viaggiatore nel secolo scorso, che però non la riconobbe, da sempre ricercata dagli esploratori e dagli archeologi, che tuttavia si dirigevano erroneamente sulle coste del Mar Rosso. Nel febbraio del 1989 essa è stata identificata nel cuore del deserto nubiano da una spedizione condotta da Alfredo e Angelo Casti-glioni, industriali di Varese, etnologi e archeologi per passione, insieme a Giancarlo Negro. In questa regione impervia, ma ricchissima di quarzo aurifero, Berenice era stata fondata nel 270 a.C. da Tolomeo Filadelfo II, che le diede il nome della madre. Le quattro spedizioni che si sono susseguite, condotte dal Centro Ricerche Deserto Orientale (Cerdo) di cui fanno parte, con i Castiglio-ni, egittologi di fama internazionale quali Sergio Donadoni, Jean Vercoutter, Karim Sadr e Annamaria Donadoni Roveri, hanno permesso di definire gli insediamenti e le necropoli, le cui tombe hanno restituito numerosi gioielli d'oro che attestano la ricca attività mineraria della città. Il volume associa al taglio divulgativo (molto discutibile pare la scelta della notissima maschera funeraria d'oro di Tu-tankhamon in copertina e il tono elegiaco di qualche didascalia che commenta tramonti e albe nel deserto) saggi scientifici di Jean Vercoutter (L'oro della Nubia, l'Etiopia degli Antichi), Charles Bonnet (Kerma e il deserto orientale), Isabella Caneva (La Nubia preistorica), Karim Sadr (Barlumi di archeologia nel deserto nubiano). Appassionante è il racconto di Alfredo e Angelo Castiglioni della scoperta, molto belle le fotografie. La presentazione del volume è di Sergio Donadoni, tra i più grandi egittologi italiani. (v.a.c.) FSG Fondazione Collegio San Carlo di Modena PROGRAMMA DELLE ATTIVITÀ' 1996 - 1997 CENTRO CULTURALE Città come cultura Contesti urbani e forme di identità Aldo Bonomi Marco D'Eramo Alberto M. Sobrero Alessandro Dal Lago John Urry Giovanna Procacci Tomàs Maldonado ciclo di lezioni settembre - dicembre 1996 Modelli per la teoria e la storia delle culture Karl Polanyi Alfredo Salsano Giacomo Marramao Remo Guidieri Tullio Aymone Michele Cangianì seminario di studio febbraio - aprile 1997 CENTRO STUDI RELIGIOSI La sacra mensa Condotte alimentari e pasti rituali nella definizione dell'identità religiosa Aldo Natale Terrin Cristiano Grottanelli Massimo Montanari Lucetta Scaraffia Carmine Di Sante Franco La Cecia Paolo Santonastaso ciclo di lezioni ottobre - dicembre 1996 La questione delle immagini nelle religioni del Libro 2. Le tradizioni cristiane Daniele Menozzi Georges Gharib Jèrome Cottin Angelo Turchini seminario di studio febbraio - aprile 1997 Per informazioni rivolgersi alla Segreteria dei Centri Culturali via San Carlo 5 ■ 41100 Modena tel. 059/222315-fax 059/222585 e-mail fsc.cc@mo.nettuno.it Si rilasciano attestati di partecipazione Con il contributo del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali