L'Iliade, sulle ali delle parole di Gian Franco Gianotti OMERO, Iliade, introd. e trad. dal greco antico di Giovanni Cerri, commento di Antonietta Gostoli, con un saggio di Wolfgang Schadewaldt, Rizzoli, Milano 1996, pp. 1337, hit 93.000. "La poesia è fatta per essere ascoltata": così Platone ha definito lo statuto dell'attività poetica, evocando lo scenario della cultura greca d'età arcaica, attraversato da processi di trasmissione orale del sapere. Tra i protagonisti di tale stagione (VIII-V secolo a.C.) assoluto rilievo compete ad aedi e cantori, che danno voce alle memorie collettive in occasioni e spazi deputati, nelle feste, sulle piazze e nei conviti di palazzo, trasformando il tempo sacro e il" tempo libero in spettacolo di educazione e intrattenimento. Di tali esecuzioni sono irrimediabilmente perduti i contesti concreti che saldavano i legami tra comunità e tradizione miti-co-religiosa. Permane tuttavia l'elemento principe della straordinaria catena magnetica di emozioni - l'immagine si deve sempre a Platone -che comunicava l'ispirazione delle Muse al pubblico mediante gli anelli intermedi dei professionisti del canto; restano le parole dei testi, le "alate parole" (épea pteróenta) dei poemi omerici, dell'Iliade e dell'O-dissea, che allora colmavano, a tiro di voce, la distanza tra cantore e ascoltatori e che a volo nel tempo hanno colmato, grazie a schiere di trascrittori e interpreti, la distanza di quasi tre millenni. Come è noto, la questione omerica non è prerogativa moderna, ma appartiene all'intera storia del mondo classico. Le sue manifestazioni accompagnano la vicenda stessa dei poemi, dalla fluidità testuale della trasmissione rapsodica alla fissità della redazione scritta, e si raccolgo- no in lungo inventario: imitatio Ho-merica di lirici e tragici; esegesi interessate e contrastanti (Omero educatore o diseducatore dell'Eliade); fondamenti omerici per ogni trattatistica sull'arte della parola; ipoteca omerica sul decollo della filologia e dell'ecdotica alessandrine; biografie di improbabili Omeri quotidiani, ricerca di antecedenti [fuerunt ante Homerum poetae, per dirla con Cicerone) e negazione della storicità del poeta; unità o disomogeneità compositiva; echi, riprese e rifacimenti romani. A Roma si inaugurano nuove fasi della fortuna dei poemi che, in prospettiva, anticipano le soluzioni adottate dalle culture nazionali moderne, chiamate a fare i conti con originali in lingua diversa dalla propria: traduzioni artistiche alla maniera di Livio Andronico e parafrasi scolastiche di testi sempre più estranei all'orizzonte linguistico dei fruitori. Da questo momento per conoscere l'Iliade e l'Odissea ci si dovrà per lo più affidare a opera di mediazione. Precluso a Dante per carenti competenze di lingua greca, Omero rischia di restar muto anche alle orecchie di Petrarca, pur in possesso di una copia manoscritta del testo: sarà la versione in prosa latina di un esule greco, Leonzio Pilato, a rendere accessibili le peripezie di Ulisse e l'ira di Achille al cantore di Laura. Omero in altra lingua, prima nel latino dei traduttori umanistici, poi nei diversi idiomi nazionali: questa la sorte cui vanno incontro i poemi nella cultura dell'Europa moderna. Neppure il rinnovato studio del greco promosso dal Rinascimento, per quanto moltiplichi il numero degli "addetti ai lavori", vale - né poteva essere altrimenti - a creare segue