OEI LIBRI DEL MESE OTTOBRE 1996 L'incanto del terribile N. 9, PAG. 22 di Silvia Vizzardelli Ultimi titoli pubblicati: Autori Vari - Bartók Stravinsky -136845 - l 40.000 "O l/ Y Vt? 1\[ Autori Vari - Rossini Donizetti Bellini -136846 - l 28.000 X X\ jlj x John Rosselli ■Bellini ■136848 ■L 29000 Marcello Sorce Keller - Musica e sociologia -137271 -L. 25.000 Gustavo Marchesi Canto e cantanti Volume di pp. 520 136847-L. 40.000 musica Una "rassegna vocale" composta da un testo storico e da un breve dizionario biografico. Le riflessioni critiche sono spesso confortate da una esperienza diretta a contatto con gli interpreti: critici, storici e cultori sono spesso oltre che addetti ai lavori, testimoni. Il loro pensiero vale per saggiare l'intera area del canto e ne aiuta la comprensione Michele Garda, Musica sublime. Metamorfosi di un'idea nel Settecento musicale, Ricordi, Milano 1995, pp. 300, Lit 36.000. L'attenzione alla categoria del sublime in ambiente settecentesco trova le sue radici in un diffuso bisogno di riscattare i valori estetici dal rigido dettato della precettistica formale. Il sublime viene a essere caratterizzato come luogo di un'ispirazione vigorosa in cui il sentimento e la passione animano e dirigono il percorso creativo senza lasciarsi inibire dal mito di un'arida perfezione stilistica. Questo processo di emancipazione dai modelli formali ha inizio in Francia con la traduzione del Peri hypsous dello Pseudo Longino ad opera di Boileau, il quale interpreta e raccoglie le sollecitazioni antiretoriche provenienti da alcuni teorici del classicismo francese. Ma è un processo che solo se lo si fraintende può essere descritto come movimento lineare verso una compiuta e definitiva liberazione dal vincolo formale, Il pregiudizio di una creatività mossa soltanto dallo slancio interiore, da entusiasmi non disciplinati, si articola sulla convinzione che l'analisi dell'assetto tecnico dell'opera escluda da sé il rilievo delle connessioni emotive che donano autenticità e rendono possibili gli stilemi stessi. È viceversa il vigile affidarsi al piano di un'oggettività certamente non statica bensì scandita sulla storia che apre alle possibilità di formulazione creativa dell'immagine. Isolare e rendere autonomo un elemento parziale tutt'altro che indifferente al destino degli aspetti complementari è un procedimento che - nota giustamente Michele Garda - può rinvenirsi anche in uno degli studi più importanti sul sublime settecentesco, quello di Samuel Monk (Il Sublime, Marietti, 1991, ed. orig. 1935). Intorno all'interpretazione dicotomica di un sublime retorico e di un sublime estetico si costruisce l'ipotesi di una storia di tale categoria segnata dal progressivo divaricarsi delle due vie aperte da Boileau nel saggio introduttivo alla sua traduzione del Perì hypsous-. la via del precettismo neoclassico e quella della libertà creativa, del genio, dell'entusiasmo. Tesi avversata da Ronald S. Crane nella recensione del 1936 al volume di Monk, in nome della rivendicata persistenza dei modelli stilistici in autori che "si collocano al di là dello spartiacque classicistico-re-torico". Se dunque è possibile cogliere un principio di interna diversificazione nel modo di concepire il sublime estetico e psicologico, esso va piuttosto individuato - suggerisce Garda - nella fenomenologia delle passioni a esso associate: un vero e proprio mutamento di prospettiva si attua Germania tra la fine del Settecento e gli inizi dell'Ottocento. Un dibattito che vede come protagonisti le interessanti figure di Friedrich Ro-chlitz e Christian F. Michaelis, entrambi animati dal bisogno di condurre avanti l'indagine sul sublime musicale privilegiando la linea dell'autonomia contro la tendenza, ancora presente in Daniel Webb nonostante lo sforzo di interrogarsi sul "proprio" della musica, ad assumere le arti sorelle come appoggio interpretativo. Alla base dello schema dei cinque topoi musicali del sublime individuati da Michaelis (movimenti veloci e uniformi, concisione e trasporto, lenta successione dei suoni gravi, unisono, interruzione) e della più generale distinzione tra il sublime maschile (odico) e il sublime femminile (elegiaco), vi è la dialettica continuità-discontinuità, la quale a sua volta richiama il rapporto tra l'esperienza dell'autopo-tenziamento e il terribile abisso dello shock psichico. Analoga è la distinzione voluta da Rochlitz tra sublime e "grande", ognuno dei quali si esprime in una propria forma di scrittura musicale a testimonianza del rapporto di reciproca integrazione dell'istanza creativa e dei fondamenti retorici. La continuità (note lunghe e tenute, dinamica uniforme...) si rivela particolarmente adatta al sublime, il "grande" trova invece espressione nella discontinuità (note brevi, interruzioni, pause, unisoni...). Analisi queste che, al di là del tentativo di comprendere in un rapporto di reciprocità i due versanti dell'uniforme e del tormentato, rivelano una profonda nostalgia per il sublime antico, per il sentimento neoclassico di un'armoniosa elevazione al divino, emblematicamente rappresentato dallo stile palestri-niano e neopalèstriniano e dagli oratori di Hàndel. L'esito è così il profilarsi di una certa diffidenza verso quell'espressione sinfonica del grande caratterizzata dall'e-mergere di strutture irregolari e di un apparente disordine, che sarebbe stata invece da altri indicata come luogo privilegiato del sublime musicale. Un libro, dunque, che segue attentamente i ramificati percorsi dell'idea di sublime nell'orizzonte settecentesco, polarizzando l'attenzione sui suoi risvolti musicali (il Lied, la tragedia in musica, la sinfonia) e che, affidandosi al metodo storico-fenomenologico, lascia aperta la domanda sul significato di questa categoria estetica in rapporto al più ampio modo di intendere l'arte e la vita dello spirito. Il giusto proposito di non tracciare rigidi confini fra i momenti tradizionalmente riferiti al vasto ambito dell'esteticità concede forse troppo all'analisi delle osservazioni psicologiche che si sono raccolte, spesso in modo dispersivo, intorno al concetto di sublime. quando il sentimento sublime non viene più ricondotto all'orizzonte dell 'ethos (o non solo più a esso) ma a quello travagliato del pathos. E il passaggio dalla caratterizzazione dell'effetto sublime come potenziamento, nobile slancio dell'anima, a quella che ne individua la tonalità fondamentale nel senso di perdita dell'io, di terrore, di paralisi emotiva. Passag- gio che comincia a intravedersi nel complesso e vivace entourage dell'Encyclopédie sul quale si innesta alla fine degli anni sessanta la ricezione dell'Enquiry burkia-na (Edmund Burke, Inchiesta sul bello e il sublime, Aesthetica, 1992, ed. orig. 1756), la cui insistenza sul momento negativo del blocco psichico apre la strada alla via della modernità scavalcando idealmente la tesi kantiana. Quest'ultima infatti, non ritenendo definitiva l'esperienza del vacillamento dell'io, avrebbe affiancato a essa lo slancio di riappropriazione del sé sorretto dal sentimento morale. Questa duplice incidenza dell'effetto sublime viene ad articolarsi dialetticamente nel dibattito sull'estetica musicale che si sviluppa in