OTTOBRE 1996 L'importanza della regia N. 9, PAG. 21 Giovanni Attolinì, Gordon Craig, Laterza, Roma-Bari 1996, pp. 214, Lit30.000. Dal rifiuto del naturalismo al simbolismo, da una visione mistica del teatro alla scoperta dell'importanza degli spazi scenici e della luce, dall'attore tramutato in Supermario-netta alla nuova centralità dì una figura secondaria nel teatro dell'Ottocento come quella del regista: questa la parabola che fa di Gordon Craig uno dei protagonisti chiave della scena del XX secolo, tanto da essere considerato uno dei padri fondatori della regia moderna. Carattere schivo e difficile, figlio di un grande architetto, Edward William Godwin, e di una grande attrice, Ellen Terry; nonché allievo del di lei compagno di scena, il più famoso attore e capocomico della seconda metà dell'Ottocento, Henry Irving: sono queste le basi da cui Gordon Craig prende le mosse, abbandonando presto la recitazione per impegnarsi nell'allestimento di spettacoli. Ma il teatro per Craig è una sorta di religione, e come tale egli ne riconsidera, del tutto in chiave antirealistica, le funzioni: di qui la necessità di ridimensionare il ruolo dell'attore a favore invece di un ruolo registico complesso, di qui l'importanza attribuita a tutti gli altri elementi che compongono un allestimento, a cominciare dalle scene e dalle luci, per i quali adotterà soluzioni del tutto innovative. La sua vita e le sue stimolanti e originali teorie, sostanziale punto di riferimento per le avanguardie artistiche del primo Novecento, vengono ripercorse con chiarezza didascalica in questo saggio di Attolini a cui si accompagnano un'antologia di testi di Craig e una breve scelta di saggi critici. L'astrazione danzata. Le arti del primo Novecento e lo spettacolo di danza, "Ricerche di storia dell'arte", 1996, n. 58, La Nuova Italia Scientifica, Roma, pp. 96, Lit 39.000. A partire dalla seconda metà dell'Ottocento la danza comincia a imporsi fra le arti prima grazie al balletto romantico e sul finire del secolo grazie alle esperienze innovative che impongono il corpo come materiale artistico in sé, elemento poetico e astratto al tempo stesso. Ai primi del Novecento, prevalentemente in accordo con le tematiche simboli-ste, si impongono due fondamentali direttrici: quella della danza a corpo quasi nudo, con movimenti naturali e scarso apporto di elementi scenici, come fu per esempio quella proposta da Isadora Duncan, e quella invece che privilegiava il corpo come stilema e mirava a dar vita a spettacoli in cui forme, ritmi e colori si fondessero in un unico progetto. E se la purezza della danza così come la intendeva la Duncan l'avvicinò non a caso al teatro mistico di Gordon Craig, la seconda corrente a sua volta vide nascere delle sinergie con artisti del calibro di Chagall, Léger o Picabia. A quest'ultima sono rivolti i saggi raccolti in questo quaderno: il primo, di Silvia Carandini, è dedicato a Loie Fuller, danzatrice americana e figura simbolo dell'art nouveau; il secondo, di Donatella Gavrilovich, si occupa dell'evoluzione del costume teatrale in Russia; Ada D'Adamo nel terzo guarda all'incontro, agli inizi del Novecento, tra la coreografa Bronislava Nijinska - sorella di Nijinskij - e la pittrice Alexandra Exter; mentre il quarto intervento è di Paola Bertolone e analizza l'incontro fra il teatro yiddish del Gosekt e Chagall, che ne decora la piccola sala teatrale. Elisa Rita Pietrangeli infine dedica il suo saggio ai Balletti Svedesi di l'Otello di Verdi (1887) e di Francesco Berio di Salsa per l'Otello di Rossini (1816), e infine l'Otello, nell'originale francese, di Jean Frangois Ducis, del 1792. La presenza di quest'ultima versione è infatti indispensabile per comprendere il libretto di Berio, poiché a questo si rifece l'autore e non direttamente alla tragedia inglese. Peraltro i legami fra i testi sono molteplici: non è un caso che la precedente traduzione per la collana deWOtello shakespeariano, per ma- Rolf de Maré, alla loro ricerca di nuovi codici gestuali e formali. Quattro volti di Otello, a cura di Marco Grondona e Gigi Pa-duano, Rizzoli, Milano 1996, pp. 399, Lit 22.000. Il volume, pubblicato nella collana "Biblioteca universale", raccoglie quattro diverse versioni di Otello: il modello, ovvero il dramma shakespeariano qui ritradotto da Gigi Pa-duano (curatore anche del libretto verdiano), i libretti di Arrigo Boito per no di Gabriele Baldini, risentisse per esempio di numerosi prestiti da Boito. Legami ben messi in luce dai due saggi dei curatori, in particolare dal primo di Gigi Paduano, La parola scenica da Shakespeare a Verdi: una lettura semiotica dei due testi che evidenzia i principali nuclei tematici e la loro rielaborazione in chiave melodrammatica; mentre Marco Grondona, nel saggio Settant'anni di Otello: 1816-1887, dedica maggiormente la sua attenzione all'elaborazione ottocentesca del dramma. Emerge insomma un quadro che, ben lungi da spezzare in mille rivoli differenti la storia di Otello, ne ricompone un unico volto, mitico proprio Roberto Alonge, Scene perturbanti e rimosse. Interno ed esterno sulla scena teatrale, La Nuova Italia Scientifica, Roma 1996, pp. 149, Lit 24.000. Il teatro letto attraverso la concezione dello spazio, o per la precisione illuminando la dialettica fra chiuso e aperto che sottintende, inevitabilmente, altre e rilevanti opposizioni fra visibile e invisibile, fra detto e tacito, fra storia e memoria. Una precisa idea di teatro si sviluppa - e la scena teatrale ne rappresenta in qualche misura la visualizzazione -dal teatro classico a quello contemporaneo, e l'allestimento spaziale costituisce uno dei più importanti strumenti per significarla, insieme con i valori culturali e sociali che contraddistinguono ogni epoca. È questa la tesi di Roberto Alonge, che in questo agile saggio spazia, in brevi capitoli, da Euripide a Kantor, non solo cercando di delineare il senso più immediato che ogni epoca ha espresso nelle sue scelte sceniche, ma anche andando a snida- perché segnato dalle necessità di momenti culturali diversi. Lise-Lone Marker, Frederick J. Marker, Ingmar Bergman. Tutto il teatro, Ubulibri, Milano 1996, ed. orig. 1992, trad. dall'inglese di Gianni Pannofi-no, pp. 320, con ili. in b.-n. e 19 bozzetti, Lit 45.000. La fama cinematografica di Bergman ha in qualche misura oscurato la sua attività teatrale, che pure è stata - e continua a essere - intensissima (oltre ottanta le sue regie), praticamente mai interrotta anche quando era impegnato sul set dei suoi film, e costituisce il vero asse portante della sua visione registica. Tuttavia Bergman è sempre stato restìo, e tanto più in merito al teatro, a formulare tesi astratte e teorie: e ciò rende prezioso il saggio di questi due studiosi canadesi, pubblicato per la prima volta nel 1982, quindi rivisto dieci anni dopo ma solo ora tradotto in italiano. Per Bergman quasi ogni spettacolo fa storia a sé, ed è questa la chiave di lettura intrapresa dai Marker, che ne hanno ricostruito la biografia artistica analizzandone gli allestimenti, dal ciclo di Strindberg a Molière, da Ibsen a Edward Albee. Una lunga intervista con il regista apre il volume, mentre in appendice compaiono alcuni scritti di Franco Quadri sulle ultime regie bergmaniane e una cronologia "non solo teatrale" della vita e delle opere. Luigi Squarzina e il suo teatro, a cura di Laura Colombo e Federica Mazzocchi, "Quaderni di Gargnano", 1996, n. 4, Bulzoni, Roma pp. 438, Lit 65.000. Il quarto appuntamento della "Settimana del teatro" che si tiene a Gargnano del Garda, dedicata alla rifles- Da Euripide a Kantor re quei significati rimossi, quell'indispensabile dialogo che la scena stabilisce con il fuoriscena, con il non visibile, con quel dietro le quinte che spesso è parte integrante dello stesso discorso scenico. Certo non è una novità che il teatro greco classico prediliga la dimensione di esterno, ambientando i suoi spettacoli in un edificio all'aperto e ignorando sulla scena ambientazioni in interni, per le quali si dovrà attendere, perché assumano rilevanza, il dramma settecentesco, l'emergere della borghesia e dei suoi valori "chiusi", la famiglia e la casa. Il percorso che Alonge compie attraverso gli spazi teatrali si dispiega soprattutto negli ultimi duecento anni, e passa per Goldoni, Ibsen, Puccini, Pirandello per concludersi con Kantor (da notare, non più un autore, ma un regista) per il quale il limite fra spazio scenico e fuoriscena, la porta, finisce con il coincidere con lo spazio tutto mentale della memoria. Ed è da questo punto che la storia dello spazio del teatro contemporaneo resta tutta da approfondire e da scrivere: perché basta pensare al proliferare di allestimenti - a cominciare dal ronconiano Gli ultimi giorni dell'umanità al Lingotto di Torino per finire con la miriade di rassegne estive che trovano pubblico non tanto per la qualità del cartellone quanto per l'ambientazione all'aperto, o in luoghi suggestivi -per intuire che il teatro di oggi trova sempre più difficile darsi un significato nell'edificio teatrale classico, e da questo cerca, con risultati più o meno felici, di emigrare alla ricerca di una sua nuova Heimat che non può trovare identità nelle persone fisiche o nei ruoli di chi il teatro lo fa, e cerca dunque le sue radici a partire dalla materialità della scena, dove si rende nuovamente possibile la vicinanza con lo spettatore, il quale finalmente da voyeur può tornare ad essere compagno di viaggio. sione sul teatro contemporaneo, prende in esame il lavoro di un regista teatrale che non ha disdegnato le contaminazioni con altri generi e mezzi di comunicazione. Il volume raccoglie gli interventi dei relatori e, nella seconda parte, il dibattito che si è svolto nelle cinque giornate di studio, dove trova perciò spazio anche il punto di vista dello stesso Squarzina; mentre nelle ultime due sezioni vengono presentate la teatrografia e le schede delle regie radiofoniche e televisive in una, e la bibliografia degli scritti del regista con una scelta di recensioni dei suoi spettacoli nell'altra. Dopo aver esaminato nelle precedenti pubblicazioni il lavoro di Luca Ronconi, Massimo de Castri e Gianfranco De Bosio, l'attenzione degli studiosi si è incentrata su Squarzina come protagonista indiscusso del teatro di regia del dopoguerra, attento ai mutamenti del mondo dello spettacolo nella sua globalità e attratto dalla diversificazione dei ruoli e degli impegni: in quest'ottica si spiegano dalla sua collaborazione a\\'Enciclopedia dello spettacolo negli anni cinquanta alla più recente attività didattica come docente presso il Dams, dalle sue drammaturgie alle regie liriche, dalle regie radiofoniche e televisive agli allestimenti di un repertorio di autori che spazia, sempre con caratteri innovativi, da Goldoni a Brecht. pagina di Alessandra Vindrola Ir edizioni # \OuattroVenti J NOVITÀ CLAUDIO BARALDI GIULIANO PIAZZI COSTRUZIONI SOCIALI DEL GRUPPO UN PROGRAMMA DI RICERCA TEORICA ED EMPIRICA pp. 256, L. 38.000 Questo volume presenta un'articolata riflessione sul concetto di gruppo sociale e intende proporsi come uno strumento per l'analisi sociologica e sociopsicologica (con numerosi esempi di ricerche empiriche) e per il lavoro nel sociale. FRANCO DE FELICE GILBERTO GARGIULO GIOVANNI MARTONE RIABILITAZIONE PSICOSOCIALE E LAVORO pp. 124, L. 24.000 Contributo teorico didattico sui diversi orientamenti riabilitativi, il testo si colloca all'interno del dibattito italiano sulla riabilitazione portando una preziosa testimonianza di una operatività, il Centro diurno "Soledaiia" di Ancona, che permette di uscire dal confronto troppo spesso solo teorico. GIUSEPPE PADOVANI L'EPISTEME SOCIOLOGICO TRA FILOSOFIA E SOCIOLOGIA pp. 244, L. 38.000 Si pone in evidenza la modalità ideativa che presiede alla costruzione dell'oggetto di indagine della sociologia e che rende possibile e orienta le stesse procedure teoretiche ed epistemologiche che caratterizzano la disciplina. aSTRISUZiONK P.B.E. C.P, 156,61029 URBINO FAX 0722/320998