OTTOBRE 1996 andré Green, L'avvenire della psicoanalisi e la causalità psichica, Laterza, Roma-Bari 1995, pp. 276, Lit 28.000. R.D. Storolow, G.E. At-wood, I contesti dell'essere. Le basi intersoggettive della vita psichica, Bollati Boringhieri, Torino 1995, ed. orig. 1992, trad. dall'inglese di Enrico Gri-seri.pp. 139, Lit 28.000. Il volume di André Green contiene le tre lezioni, ampliate, che l'autore ha tenuto all'Università di Roma per invito della Fondazione Sigma-Tau. Esse riguardano il doppio determinismo, naturale e culturale, della causalità psichica e la proposta di una "nuova introduzione alla psicoanalisi". Nella prima lezione il tema centrale è quello della relazione cervello-mente. Lo studio del primo è oggettivo, mentre quello della seconda non può che essere soggettivo; fa eccezione l'inconscio che presenta una qualche forma di oggettività ma che, nel contempo, può diventare soggettivo in virtù di un lavoro in après coup (che traduce il termine tedesco Nachtrà-glichkeit e che in italiano suona come un rivivere a posteriori un'esperienza passata, attraverso una ritrascrizione della memoria). Tra cervello e coscienza si pone la rappresentazione della pulsione che, in quanto concetto limite tra psichico e somatico, permette un dialogo tra le scienze naturali e la psicoanalisi. Ma non sono le neuroscienze che possono occuparsi della mente; Non quelle che paragonano il cervello di una gallina a quello di un romanziere (Steven Rose), ma neanche quelle di Gerald Edelman che idealizzano la capacità del cervello ma non colgono il ruolo degli affetti. Lo stesso tipo di critica Green muove a Jouvet, che parla, da neurofisiologo, di sogni, senza però dire nulla su quanto è essenziale nel sogno e cioè il suo rapporto con il desiderio. Neanche i biologi delle passioni (J.D. Vincent) sono in grado di dire che rapporto ha il piacere (indotto sperimentalmente) con la pulsione. Tuttavia Green ammette che per la psicoanalisi è oggi impossibile trascurare le scoperte della biologia e invita gli psicoanalisti a riflettere sul tema della complessità, precisando che l'homo sapiens è anche, a un tempo, demens per quell'insieme di razionalità e irrazionalità, saggezza e follia, che ha dentro di sé in forme inseparabili. Riconoscere questi aspetti opposti e antinomia della mente umana non può essere un compito dei neuroscienziati. La mente è una funzione metaforica e "il pensiero metaforico [caro agli psicoanalisti] insospettisce l'uomo di scienza". Inoltre la psicoanalisi fa ricorso alla libera associazione che comporta un'autodisorganizzazio-ne del pensiero e riposa sul fondamento che la pulsione è il motore che fa lavorare l'apparato psichico. Tutto ciò è assente dalla neurobiologia e dal cognitivismo. La psicoanalisi dunque deve trarre la valida-zione delle sue teorie all'interno della sua pratica clinica senza ricorrere, come vorrebbero alcuni (vedi Grùnbaum), a prove extracliniche. Nella seconda lezione Green critica il pensiero strutturalista di Lévi-Strauss, che riconosce tuttavia come l'interlocutore privile- P- Liti Pulso ergo sum di Mauro Mancia giato che permette alla psicoanalisi di riannodare il dialogo con l'antropologia. Egli riprende U punto cruciale del controverso rapporto tra psicoanalisi e antropologia: il complesso di Edipo e la questione del parricidio. Lévi-Strauss non nega il ruolo delle pulsioni, delle emozioni e degli affetti, ma per lui queste forze entrano in una scena già strutturata da vincoli mentali (parentele, economia, ecc.). L'inconscio diventa per Lévi-Strauss un "organizzatore di forme" che opera in una struttura intesa come "il risultato di una relazione tra un insieme di proprietà e un insieme-di oggetti". Da essa nasce la cultura, considerata un "insieme di sistemi simbolici in cui, al primo posto, si collocano il linguaggio, le regole matrimoniali, i rapporti economici, l'arte, la scienza, le religioni". Green accusa gli antropologi alla Lévi-Strauss di avere cercato di liberarsi degli elementi che richiamano alla sessualità nel tentativo illusorio di ripulire l'inconscio. Ciò significa però che gli antropologi hanno eliminato nelle loro ricerche tutto ciò che ha a che fare con l'intimità della vita del singolo creando in noi la falsa convinzione che nelle società primitive la sessualità non sia oggetto di prescrizioni che ne limitano il libero esercizio. Per contro, dice Green, dalla paleoantropologia alla situazione più attuale, la soggettività dell'uomo si è sempre definita attraverso la sua storia, una storia che riguarda i propri genitori e che da ciascuno di noi è rivissuta in après coup, cioè attraverso una ritrascrizione della memoria. Un momento personale che fa da supporto a una storia che è storia del desiderio. Questa concezione della mente umana entra profondamente nella terza lezione. Qui l'uomo appare dominato dal desiderio, ma anche dal desiderio di non sapere e di disconoscere quello che attiene allo psichismo umano. Da ciò la resistenza nei confronti della psicoanalisi, una resistenza legata alla ferita narcisistica che la psicoanalisi infligge all'immagine che l'uomo ha di se stesso. Il discorso parte sempre dal grande motore psichico che è la pulsione, fonte e fondamento della soggettività. È la pulsione che presuppone un legame con l'oggetto e che dà vita all'oggetto stesso. Se alla pulsione leghiamo la sessualità, essa appare una funzione capitale, "perché è la sola, fra tutte le funzioni biologiche, a sottolineare l'incompletezza dell'individuo". Di fronte alla pulsionalità destabilizzante, la mente umana avvia processi di negativizzazione. Si tratta di difese contro l'angoscia, la depressione e la frammentazione, dovute a ferite narcisistiche o perdite oggettuali: la negativizzazione è te- Rivendicare la curiosità di Anna Viacava André Green, Uno psicoanalista impegnato, Boria, Roma 1995, ed. orig. 1994, trad. dal francese di Antonio Verdolin, pp. 211, Lit 35.000. André Green, Seminari romani, Boria, Roma 1995, pp. 109, Lit 20.000. Manuel Macias interroga André Green sulla sua vita, e dal materiale raccolto ricava un libro in cui si intreccia la storia personale di Green, quella della psicoanalisi in Francia e nel mondo, la politica, la filosofia, la storia. Ebreo, figlio di molte patrie, l'Egitto, la Francia, la Spagna, Green ebbe la fortuna di crescere alla scuola di alcuni grandi della psichiatria del secolo: Henry Ey, Julien de Ajuriaguerra, per non ricordare che ipiù noti, e di partecipare al ricco dibattito culturale promosso da loro all'Hópital Sainte-Anne negli anni cinquanta. Vi parteciparono Pierre Marty, che lì iniziò le sue ricerche di psicosomatica, Lebovici, Diatki-ne, Lagache. Furono gli anni delle scissioni tra psicoanalisti francesi, anni di accesi dibattiti clinici ma anche filosofici. A questo Green fa risalire la sua passione per la discussione, qualche volta vista come animosità, o il suo bisogno di mettere a confronto ipotesi, scuole e discipline differenti, la preferenza per un teorizzare aperto in molti sensi, che riconosce la centralità della relazione senza pretendere che questa esaurisca in sé quello che appartiene a ciascun membro dello scambio. Le domande dell'intervistatore rimangono sullo sfondo, e il pensiero di Green si dipana alternando ricordi e ricostruzioni teoriche, fedele a un modello secondo cui il processo di creazione del pensiero si avvale di diverse coincidenze, di un assemblarsi di elementi espe-rienziali e di stimoli intellettuali che a un certo punto, come in un puzzle, si configurano in un insieme dotato di significato coerente. Green rivendica la libertà di non preoccuparsi troppo dei precedenti bibliografici, più interessato al rispetto del proprio percorso creativo che non a verificarne l'originalità. Ma rivendica anche la possibilità, testimoniata da tutta l'opera di Freud, di essere curioso, di non limitarsi all'ambito psicoanalitico, ma percorrere lette- ratura, teatro, musica, filosofia. Cita Bion per cui Bach, Beethoven, Kant e Descartes erano grandi psicoanalisti: "Per lui, essere psicoanalista voleva dire dar prova di una conoscenza autentica e profonda della mente umana da qualsiasi parte la si affronti, non necessariamente attraverso la teoria psicoanalitica". Paladino di un modo di pensare privo di barriere e conformismi sul piano teorico, Green diventa rigoroso quando si tratti di tracciare i confini della prassi psicoanalitica, come nel caso di Lacan, del cui pensiero riconosce, sia pur criticamente, il contributo, mentre è assai fermo nel definire l'attività sua e dei suoi epigoni, così come si venne configurando, altra cosa dalla psicoanalisi. Il 5 marzo 1994 Green tenne a Roma un seminario, di cui vennero poi pubblicati gli atti diente pulsioni o relazioni oggettuali, ma pulsioni e relazioni oggettuali, non metapsico-logia o clinica, ma metapsicologia e clinica; non pulsione di morte sì o no, ma uso del concetto come metafora per indicare una costellazione di esperienze che orientano la mente in modo distruttivo: insomma cassetti aperti, un continuo viavai di scambi, stimoli reciproci, ipotesi di lavoro provvisorie e pronte a evolvere. Dunque ci si può anche contraddire, avere due idee in mente allo stesso tempo, lasciare il campo aperto. Questo il messaggio centrale che, sottolineato dal breve scritto introduttivo di Domenico Chianese, si coglie in questo libriccino. Avrebbe dovuto essere un seminario su due capitoli del suo libro II lavoro del negativo: l'introduzione, e il capitolo Pulsione di morte, narcisismo negativo e funzione disoggettua-lizzante, ma Green ha "orrore di ripetersi", e così lasciò perdere i due capitoli e aprì la discussione spiegando ai colleghi che del negativo ci si serve sempre, anche se non lo si sa, poiché è presente continuamente e in tutti noi, ora visibilmente all'opera, ora in ombra, nel perenne movimento che la vita, fisica e mentale, comporta. Ne è nata una discussione viva, ricca di spunti teorici e clinici, di stimolo a tutti ad ampliare il campo, estendere spazio e darsi tempo, per potersi avvicinare a vedere le cose della mente così come sono, nella loro preziosa complessità. N. 9, PAG. 33 sa a scongiurare la sofferenza. Quindi il lavoro del negativo è necessario per contenere e controllare la pulsionalità e a un tempo per proteggere l'uomo contro la sovversione che la pulsionalità esercita su tutto l'individuo. Ma il lavoro del negativo ha finalità più complesse: la costruzione, ad esempio, di un campo transizionale per superare la dicotomia del reale e dell'immaginario, dell'esistente e dell'assente. Vedi il carattere totalizzante e onnipotente del desiderio del bambino di essere amato, ma anche l'impossibilità che tale desiderio sia esaudito in maniera adeguata. Lo scarto tra desiderio e sua soddisfazione può avere effetti devastanti. La posizione teorica di Green appare lontana da quella di altri rappresentanti della psicoanalisi americana, come Storolow e Atwood, per i quali tutti i fenomeni psicologici sono essenzialmente relazionali e determinati dal campo intersoggettivo. Lo stesso sviluppo della mente infantile, lungi dall'apparire come il risultato di un'operazione legata alla pulsione e al desiderio, è visto come "una proprietà del sistema di regolazione reciproca madre-bambino". La pulsione è sostituita dall'affetto, "costrutto motivazionale centrale". Lo stesso concetto di inconscio viene trasformato rispetto a Freud: gli autori parlano di un "inconscio dinamico" che non contiene pulsioni rimosse, ma strati affettivi, esclusi dalla coscienza a scopo difensivo in quanto incapaci di evocare una risposta sintonizzata da parte dell'ambiente. Il trauma che nella concezione di Freud è legato alla rimozione del desiderio e in quella di Green (e di Bion) alla frustrazione del desiderio, viene qui scisso dalla pulsione e dalla frustrazione e attribuito alla mancata sintonizzazione degli affetti. Affetti intesi come eventi primari con un compito motivazionale e non invece come eventi secondari all'incontro della stessa motivazione (desiderio o bisogno) con l'oggetto e la realtà. Tutto il senso della realtà del bambino si sviluppa per questi autori grazie a una sintonizzazione "coinvolgente" che questo può avere con la madre, carica di affettività, piuttosto che in risposta a frustrazioni e delusioni. Ma se la relazione con la madre permette delle sintonizzazioni coinvolgenti, come è possibile negare che esistono anche situazioni non-coinvolgenti, cioè frustranti e deludenti? !f[ PO VERDI AL BIVIO Enrico Falqui, Fabio Giovannini LE ROVINE DELLO SVILUPPO Pier Paolo Poggio, Paolo Cacciari, Maria Teresa Di Casola, Gloria Malaspina LOCALISMI E GLOBALISMI Betty Leone, Luca Benedini, Sonia Filippazzi, Ignacy Sachs CERNOBYL' IO ANNI DOPO Grigorij Ustinovic Medvedv, Giorgio Nebbia GEORGESCU-ROEGEN Giorgio Nebbia In libreria. Abbonamento annuale L. 40.000 c/c postale 73472003 Datanews, Via di S.Erasmo 22, Roma tel. (06) 70450318/9, Fax 70450320