Idei libri del mese| SETTEMBRE 1999 Braccato dagli sbirri fascisti E da una storiografia da telenovela: il cosiddetto caso Silone come un romanzo d'appendice N. 9, PAG. 4 GIUSEPPE TAMBURRANO 1 caso Silone nasce dal ritro- Ivamento, fra i documenti della polizia politica fascista custoditi all'Archivio centrale dello Stato, di un fascicoletto intestato a Secondino Tranquilli, vero nome di Ignazio Silone. La prima ipotesi, rivelatasi la vera, fu che Silone abbia avuto un rapporto con un funzionario della polizia che conosceva, allo scopo di aiutare in qualche modo il fratello Romolo detenuto, per l'attentato alla Fiera campionaria di Milano dell'aprile 1928, nelle carceri fasciste, ove morì innocente tra stenti, malattie e sevizie. La vicenda aveva alcuni lati oscuri, tra i quali un nome in codice - Silvestri - attribuibile a Silone e l'indizio di un rapporto tra Silone e un suo corrispondente nella polizia politica (Bellone?) precedente l'episodio della Fiera di Milano. Silone diventa spia dell'Ovra per aiutare il fratello? Era un confidente della polizia politica anche prima dell'arresto del fratello? Dario Biocca e Mauro Canali, con un accuratissimo lavoro tessuto di supposizioni, insinuazioni, invenzioni e manipolazioni, hanno fabbricato il "caso": Silone spia della polizia politica. Sull'ultimo numero di "Nuova Storia contemporanea" è uscita la terza puntata, firmata da Dario Biocca, di questa spy-story che ha come protagonista Ignazio Silone: ormai è una telenovela. È annunciata la quarta puntata, ad opera di Mauro Canali, su Silone spia da Berlino. Questo sistema - certo più adatto al romanzo d'appendice che alla ricerca storica, che esigerebbe unità e organi- I due saggi più recenti del fo-gliettone cui fa riferimento l'articolo di Tamburrano sono Mauro Canali, Il fiduciario "Silvestri", in "Nuova Storia contemporanea, III, n. 1, gennaio-febbraio 1999, pp. 61-86, e Dario Biocca, "Tranquilli (nell'ombra)", ivi, III, n. 3, maggio-giugno 1999, pp. 53-76, anticipato, quest'ultimo, da un articolo autopromozionale e non sempre signorilmente distaccato di Francesco Perfetti, C'è un Silvestri che la sa lunga, "Il Sole - 24 Ore", 30 maggio 1999. Si veda anche Silone: per favore non chiamatelo spia, dibattito a più voci (Argentieri, Biocca, Canali, Esposito, Sabbatucci, Tranquilli, Zani, a cura di Ca-rioti) ospitato su "Reset", n. 54, maggio-giugno 1999, pp. 64-78. Siamo però giunti al capolinea. Un nuovo cantiere, questo sì appieno storiografico, e non spionistico, è stato infatti aperto alla grande, con acribia, ma anche con buona educazione, e con "stile", da un'opera complessiva di notevolissima importanza: Mimmo Franzinelli, I tentacoli dell'Ovra. Agenti, collaboratori e vittime della polizia politica fascista, Bollati Borin-ghieri, Torino 1999, pp. 745, Lit 75.000. "L'Indice" ci ritornerà. (B.B.) cità - frutta alla rivista e agli autori pubblicità, vendite e rinomanza, giacché a ogni puntata una stampa compiacente esibisce titoli ad effetto. Il novello caso Silone, e cioè una pretesa scoperta storiografica che diventa scoop giornalistico, è un caso esemplare non solo fatto a gara per impadronirsi della notizia. La rivista che pubblica la spy-story è la voce del "revisionismo" storiografico. Il revisionismo come metodo è un fattore di progresso nella cultura perché sottopone a riesame continuo le verità acquisite: Copernico ne è il nome simbo- solini nel 1937, e poi il ministro dell'Interno Tambroni nel 1957, hanno chiesto alla Direzione del Ministero di precisare quale fosse stato il rapporto tra Silone e la polizia politica. Gli uffici hanno risposto che Silone "diede a vedere (...) mandando disinteressatamente delle informazioni generiche cir- Vivere senza tradire Ignazio Silone, Romanzi e saggi. Voi. Il: 1945-1978, a cura di Bruno Falcetto, pp. LXXXIV-1684, Lit 85.000, Mondadori, Milano 1999. È tempo che il testo ci porti nuovamente in più spirabil aere e ci emancipi dallo sgradevole contesto, vale a dire dalla sorta di archivistico pitigrillismo à rebours, e a puntate, che ha investito Silone. Si è infatti assistito, come accade per i riscatti richiesti in occasione dei sequestri di persona, a un calcolato gioco al rialzo, addobbato peraltro, pensate un po', in virtù della feticizzazione decontestualizzata delle sempre dubbie fonti di polizia, da "risultato della scienza storiografica". Tutta / affaire, duole dirlo, è stata del resto frutto del defeliiianesimo più corrivo, quello degli anni novanta, mutuato peraltro dai sensazionalistici rotocalchi degli anni cinquanta, quello, tanto per intenderci, della ricerca del pruriginoso e inesistente carteggio tra Churchill e il Duce, estrema Thule "storiografica", stella polare degli adepti più recenti e surrogato non certo nuovo dell'ormai mediaticamente improponibile, nell'età della globalizzazione, "oro di Dongo". Ed eccolo qui allora il secondo {per il primo cfr. "L'Indice", 1998, n. 9) "Meridiano" di Si-Ione. E subito il lettore, sorretto ancora dalla guida, questa sì filologica, di Bruno Falcetto, s'imbatte nella nota e un tempo assai popolare tetralogia narrativa della seconda parte del secolo: Una manciata di more (1952), Il segreto di Luca (1956), La volpe e le camelie (1960), e L'avventura di un povero cristiano (1968), romanzo-saggio su Celestino V. Non manca un nutrito gruppo di "Scritti sparsi", legati alla dimensione nel dopoguerra sempre "militante" degli interventi di Silone. Non manca inoltre, esaurientemente presentato nella notizia sul testo posta in appendice, l'incompiuto romanzo Severina (1981), pubblicato postumo (Silone, nato con il secolo, morì nel 1978) a cura della moglie Darina. Così come non mancano i soggetti di film. Giganteggia tuttavia, ed è inevitabile che sia così, il capolavoro del dopoguerra, quell'Uscita di sicurezza Cversione definitiva 1965, ma con testi del 1942, del 1949, del 1956), che rappresenta la testimonianza socialista antistalinista in grado di completare, e anche di arricchire, il romanzo antifascista Fontamara (1933), l'opera storiografica Der Faschismus (1934) e il dialogo politico La scuola dei dittatori (1938). E un testo che oggi, in tempi assai più miti e pur così pieni di chiasso, appare miracolosamente scritto senza livore e senza risentimento. Costeggiando la storia sul terreno dell'autobiografia con il solo lumicino dell'etica (sciagurato chi lo spegne, sembra insegnarci), poco ci aiuta a capire il bolscevismo dal punto di vista teorico, ma molto ci aiuta a capire le ragioni, osservate con rispetto e con intatta emozione, di chi divenne comunista. E ancor più ci aiuta a capire la psicologia tutta cinismo di chi, accettando o subendo il peggio del Novecento, fece naufragare la speranza socialista nello stalinismo totalitario. Silone, d'altra parte, era rimasto fedele a se stesso. E quando ricordò, appunto in Uscita di sicurezza, che le sue preghiere di collegiale si concludevano con un "Mio Dio, aiutami a vivere senza tradire", a questa lealtà volle alludere. Non ad altro. (B.B.) e non tanto di come si usano i documenti di archivio, quanto del modo in cui i giornali confezionano rivelazioni a scatola chiusa. Scoprire che un personaggio come Silone è stato una spia del regime è un colpo grosso: è in gioco il nome di un grande scrittore, e di un militante politico che ha combattuto le dittature di destra e di sinistra, inviso perciò a fascisti e comunisti e a certi loro epigoni. Non si inventa tutto dal nulla, l'ho già detto: un fumus, qualche indizio c'è. Biocca e Canali partono dall'indizio e sviluppano pagine e pagine: scritte in una forma opportunamente arida di modo da apparire distaccata, irte di un corredo fittissimo di note, a prima vista sembrano frutto di un lavoro scientifico attento e scrupoloso. Silone "spia dell'Ovra" è un boccone ghiotto, per la nostra stampa. E puntualmente le principali testate hanno lo. Ma, per non diventare una specie di "futurismo", abbisogna-di grande cautela e rigore scientifico. Quella rivista è un centro di potere accademico-giornalistico e gode di importanti sponsorizzazioni. Le scoperte di Biocca e Canali hanno così trovato il loro ottimo veicolo verso alcune grosse testate, vivaio di un giornalismo che si nutre di scoop più che di notizie e di inchieste. Mi rendo conto che per i giornali, incalzati da radio e televisione, la novità è importante, vitale; non possono uscire dicendo "oggi non è successo niente". Ma il dovere del giornalista è di fare un minimo di verifica, di controllo, se non sulle fonti, almeno sull'attendibilità della rivelazione. E la scoperta riguardante Silone è, di per sé, intrinsecamente inattendibile, e perciò imponeva la cautela, il dubbio. E poi l'approfondimento. Se ne è occupata la Fondazione Nenni, e ha accertato che: (a) Mus- ca l'attività di fuoriusciti. Ciò fece nell'intento di giovare al fratello"; (b) non avendo Silone mai fatto la spia, il suo nome non risulta in alcuna delle liste disponibili dei collaboratori della polizia politica. Questo fatto è stato confermato dalla risposta del Ministero dell'Interno a un'interrogazione dell'onorevole Pittella (20 maggio 1999) e da un'intervista a Paola Carucci, soprintendente dell'Archivio centrale, pubblicata sull'avvenire" del 7 aprile 1999. Biocca e Canali hanno difeso le loro ricerche affermandole poggiate su documenti. Siamo andati a vedere le loro carte all'Archivio centrale e abbiamo scoperto che essi hanno "lavorato" quei documenti, hanno manipolato, inventato, supposto. Non è questa la sede per comprovare la mia affermazione nei dettagli, ma vedrà presto la luce uno studio con la dimostrazione - documenti alla mano - del- la sua inoppugnabilità. Del resto, già nella conferenza stampa sul caso Silone promossa dalla Fondazione Nenni il 19 marzo 1999, abbiamo richiamato l'attenzione dei numerosi giornalisti presenti su una delle manipolazioni che risulta clamorosamente evidente nel primo lavoro di Dario Biocca, laddove l'autore manipola la lettera del 13 aprile 1930, la interpola e fa ammettere a Silvestri una "lunga e leale collaborazione con la polizia politica". Non solo! Gli fa anche scrivere di averlo fatto non per "assistere il fratello detenuto". Queste due frasi nella lettera - peraltro pubblicata nel saggio - non esistono, sono inventate di sana pianta da Biocca. Il quale ha protestato contro la mia accusa dichiarando che i virgolettati contestati sono stati ricavati da "altri contesti documentari", ma non ha indicato tali contesti né allora né in altra puntata della spy-story. Restano alcuni interrogativi sulla vicenda ai quali il tipo di materiale conservato dall'Archivio centrale non dà risposta: Silone informò il partito quando cercò di aiutare in qualche modo il fratello in carcere? Che tipo di relazione vi è stata - se vi è stata - tra Silone e il suo conoscente nella polizia? Non si è forse creato una sorta di gioco tra il gatto e il topo, tra il comunista Silone che cercava di avere notizie riservate dal corrispondente e viceversa? Forse ne sapremo di più quando l'Archivio Silone sarà consultabile. Alcuni giornali, dopo aver accreditato le ricerche di Biocca e Canali, oggi non si occupano più del caso e non intendono quindi riparare il danno fatto. Per altri, come "La Repubblica" e "L'Espresso", Silone rimane una spia. E la parola è negata a chi afferma il contrario sulla base dell'evidenza, dei fatti, delle carte. Ecco perché penso che il caso Silone investa il modo in cui sono fatti i nostri giornali. (Per le repliche, le argomentazioni e le analisi documentarie di Giuseppe Tamburrano, cui si rimanda in questo articolo, si veda Silone, una condanna senza prò-, ve, in "Reset", n. 55, luglio-agosto 1999, pp. 87-92).