SETTEMBRE 1999 N. 9, PAG. 2 Manifesto contro la definizione "scrittori napoletani" Noi scrittori definiti "napoletani" ci siamo sempre sentiti a disagio sotto questa etichetta, e per le seguenti argomentazioni. 1) Quasi tutti abbiamo scritto e scriviamo in lingua italiana. 2) Molti di noi o non sono nati a Napoli o non vi hanno prevalentemente soggiornato. 3 ) Molti di noi non hanno scritto, non scrivono, non scriveranno esclusivamente di Napoli - né di Napoli e dintorni. 4) Riteniamo che alcuni fra i più bei libri su Napoli degli ultimi cinquantanni siano stati scritti da "stranieri", come La Galleria di Burns, Napoli '44 di Lewis, Donnarumma all'assalto di Ot-tieri. 5) Non sapremmo come annoverare fra i "nostri" l'esimio scrittore polacco Gustaw Herling, che vive a Napoli dal dopoguerra e che ha ambientato a Napoli alcuni racconti, scritti in lingua italiana. 6) Ci adombreremmo se vedessimo collocati tra gli scrittori dialettali - spesso ritenuti minori -due fra i maggiori autori teatrali del Novecento italiano, Eduardo De Filippo e Raffaele Viviani. Tutte queste obiezioni, via via avanzate da noi nel corso degli anni, sono cadute nel vuoto (ricordo la garbata ironia di Domenico Rea quando diceva: "Io semmai sono nofitano, e Nofi si trova solo nei miei libri, non sulla carta geografica"). Ma ecco un definitivo e grave argomento da opporre a chi persevera nel definirci scrittori "napoletani": fra le devastazioni prodotte nei Balcani dalle guerre dell'ultimo decennio esiste quella culturale. Oggi in Croazia e Serbia, in Bosnia-Erzegovina e Montenegro, in aree del Kosovo e della Macedonia, accomunate da una stessa lingua, con tante varianti dialettali come da noi, si disputa - e non solo accademicamente - su questioni come: la lingua si chiama serbo-croato o croato-serbo, ekaviano o ieka-viano? Ivo Andric, di conseguenza, premio Nobel per la letteratura nel 1961, scriveva in serbo-croato o in croato-serbo? Pure era bosniaco, perché era nato a Travnik, in Bosnia; ma aveva studiato a Zagabria e trascorso gli ultimi anni della sua vita a Belgrado. (E dove sarà ora Travnik? in territorio bosniaco-serbo o bosniaco-musulmano?) Noi preferiremmo che la Biblioteca Nazionale di Napoli non venisse distrutta, come quella di Sarajevo, perché è a questa biblioteca che appartengono i nostri libri, e non a biblioteche napoletane, italo-napoletane o napoletano-italiane, campane, campano-bas- solaziali o campano-altopugliesi. Questo non implica che noi, scrittori definiti "napoletani", rinneghiamo la nostra terra, quando tale consideriamo Napoli, una regione quindi della nostra anima; al contrario concordiamo con quanto afferma lo stesso Ivo Andric: "Ogni uomo ha la propria terra dove sostiene l'esame della propria vita: Non conta se si chiami Travnik, Roma, Parigi o Istambul. Se uno scrittore viene a trarre dalla sua regione un significato più largo, vuol dire, che è riuscito nella sua arte. In caso contrario rimane uno scrittore locale". Non tocca a noi stabilire se siamo riusciti nella nostra arte, né a chi ci definisce "napoletani", quindi locali. Su tale questione deciderà il tempo. Incito gli scrittori definiti "napoletani" ad aderire a questo manifesto, a modificarlo o a dissentirne. Fabrizia Ramondino1 * Una scrittrice definita "napoletana", approfittando dello spazio messole a disposizione da questa rivista, vorrebbe suggerire una piccola modifica della grammatica italiana: l'abolizione dell'articolo "la" davanti ai cognomi di donna, dal momento che è caduto in disuso l'articolo "il" davanti ai cognomi di uomini. Non si dice il Moravia, il De Gasperi, il De Chirico, non si dice più il Leopardi, il Mazzini, il Canova. Perché dire invece la Morante, la Merlin, la Morelli? - dal momento oltretutto che non si è mai detta la Colonna, la Borgia, la Gentileschi. Signori miei, non costringete le donne a rimpiangere il Rinascimento. Lettere Secondo avviso. Sono un lettore discontinuo della rivista, ma mi pare che "L'Indice"* si sia scordato di recensire un romanzo italiano apparso all'inizio dell'anno, e sicuramente da annoverarsi tra i migliori della stagione. Secondo avviso di Fabrizio Ron-dolino, pubblicato da Einaudi, è infatti uno dei pochi libri che riescono nel duplice obiettivo di ridare dignità alla scrittura, in un'epoca dominata dalla sciatteria linguistica, e di raccontare una storia non banale, quando la generalità dei narratori tende a mimare la cronaca, che mima la televisione, che mima se stessa. Può darsi che la non appartenenza di Rondolino a consolidate consorterie letterarie o a "scuole" create in laboratorio dagli uffici stampa abbia nuociuto al libro, ma è davvero un peccato che ai lettori dell'"Indice" quest'opera preziosa e rara non sia stata segnalata. A parere di molti avrebbe lodevolmente meritato l'onoreficenza di "Libro del mese". Cordialmente, Fabrizio Rondolino Biblioteche. Mi raccomando, caro "L'Indice", nel dossier sulle biblioteche offri spazio all'immenso buco nero delle biblioteche scolastiche: ma come può la scuola formare il cittadino se neanche progetta di mettergli a disposizione una struttura in cui imparare a maneggiare l'informazione in modo consapevole? E non agli universitari, quando fanno la tesi di laurea, ma nella scuo- la dell' obbligo e secondaria, la scuola di tutti. Nella letteratura professionale anglosassone, specialmente americana, questo tema è molto presente: non a caso le linee guida statunitensi per le biblioteche scolastiche, pubblicate nel 1988, si intitolano "Information Power". In Italia c'è bisogno di suscitare grande consapevolezza su questo tema: spero che "L'Indice" possa cominciare. Cordiali saluti Luisella Agnolini, Brescia Errata corrige. A pagina 4 dello scorso numero l'autore della recensione non è Giorgio Turchetta bensì Gianni Turchet-ta. Ce ne scusiamo con l'autore e con i lettori. e-mail: lindice@tin.it Marisa Rusconi Marisa Rusconi è nata e vissuta a Milano. Giornalista e scrittrice, dal 1975 lavorava alT'Espresso", dove, nelle pagine culturali, teneva da anni una rubrica di informazioni e anticipazioni, intitolata "Dentro i cassetti" e, più di recente, "I segreti degli editori", con un voluto richiamo al precedente illustre di Maria Livia Serini. Ha pubblicato libri saggistici e d'inchiesta, fra i quali: La droga e il sistema (con Guido Blu-mir, Feltrinelli, 1972, 1976) e, incentrati sulla questione femminile e sul mondo affettivo della coppia, Professione donna (Fabbri, 1975), Amati amanti (Feltrinelli, 1981; Marsilio, 1998), Amore plurale maschile (Rizzoli, 1990; Marsilio, 1995). In ultimo un romanzo autobiografico, Lamore diviso, il primo romanzo, frutto di lungo impegno. Marisa Rusconi è morta il 6 luglio a 65 anni. Di lei, alla sua morte, molti hanno ricordato le testarde passioni, da giornalista, da femminista, corrette da un tocco di seduttiva leggerezza. Aveva scritto, a proposito dei sentimenti, dei cattivi sentimenti da cui nasceva il suo stesso romanzo: "I cattivi sentimenti nella narrativa femminile germogliano quasi sempre come sentimenti di opposizione".