Idei libri del mese| NOVEMBRE 1999 N. 11, PAG. 4 ,Cr Eppure avevo scritto per voi La ricezione di Primo Levi in Germania Est: una storia ancora da scrivere THOMAS TATERKA a storia della ricezione di Pri- mo Levi in Germania non è stata ancora scritta. Persino sulla fortuna di Se questo è un uomo non si sa molto di più delle scarne notizie fornite da Levi stes- so, soprattutto in I sommersi e i sal- vati. Questo è per vari motivi un vero peccato. Non soltanto perché i tedeschi hanno in questo libro un ruolo di primo piano, ma soprat- tutto perché il testo era stato "scrit- to per i tedeschi", come disse Levi, stupendo un suo intervistatore. "Perché?" "Perché erano parte in causa. Chi era l'imputato? Io sono un testimone, ma chi era l'imputa- to?" Questo accadeva nel 1987, l'anno del "Historikerstreit". In coerenza con questa linea, Hanser - uno degli editori più stimati nel- la Repubblica federale - pubblicò nello stesso anno 11 sistema periodi- co. Un anno dopo uscì finalmente la traduzione tedesca di La tregua, a distanza di venticinque anni dall'edizione originale. Il volume conteneva anche Se questo è un uo- mo, già apparso da Fischer sul fini- re dell'estate del 1961 ma passato del tutto inosservato in seguito al clamore suscitato dalla contempo- ranea costruzione del Muro di Ber- lino. La nuova edizione del 1979 non ebbe miglior fortuna. Cadde nel vuoto perché, ironia della sor- te, uscì troppo presto, dopo infini- ti ripensamenti dell'editore: cioè poco prima del successo della serie televisiva Olocausto che suscitò in- torno al tema un grande interesse, costringendo gli editori ad amplia- re in modo davvero consistente l'offerta di titoli sull'argomento. Quindi soltanto con II sistema pe- riodico del 1987 e con il doppio vo- lume del 1988, uscito dopo la mor- te dell'autore, Levi riscosse un me- ritato successo presso la critica let- teraria, sul mercato librario e infine anche tra i lettori, successo che du- ra ancora oggi. Questa però è solo metà della storia. L'altra metà si gioca nella Germania dell'Est, in quella Re- pubblica democratica, fondata nel 1949 e definitivamente tramontata nel 1990, che concepiva se stessa non solo come Stato socialista ma anche come Stato antifascista. L'antifascismo non era solo un co- mandamento inscritto nella costi- tuzione, l'antifascismo era anche la legittimazione e l'identità su cui si fondava "l'idea di Stato" (Martin Broszat) della Rdt, che si definiva sincronicamente come alternativa alla Rft e diacronicamente in con- trapposizione al Terzo Reich. La Rdt si autoproclamava non sempli- cemente l'altra Germania, bensì la migliore: un paese che esibiva al suo vertice uomini di Stato che era- no passati attraverso "l'inferno dei campi di concentramento", che aveva messo in scena nello spazio commemorativo di Buchenwald il proprio monumentale mito di fon- dazione; un paese nel quale il libro di Anna Seghers La settima croce veniva letto nelle scuole e il roman- zo Nudo tra i lupi di Bruno Apitz, ex-internato nel campo di concen- tramento di Buchenwald, era in as- soluto il libro più diffuso con una tiratura complessiva di due milioni di esemplari. Eppure in questo paese non so- no mai stati pubblicati né Se que- sto è un uomo né La tregua. Si po- trebbe pensare che Levi sia passa- to inosservato. Ma non è così. "Sinn und Form", la rivista lette- raria dell'Accademia delle Arti della Rdt, diretta da Peter Hu- chel, aveva già pubblicato nel caldeggiato anche quella di Se questo è un uomo, che "per la sua presa di posizione umanistica, per la sua denuncia e per la sua forza letteraria" era paragonabile a La settima fonte di Fred Wander: "Non dovremmo proporre ai no- stri lettori questo libro forte e commovente". glie, la saggista austriaca Maxi Wander, fin dagli anni sessanta. Wander si era accostato ai libri di Levi attraverso il filtro della sua esperienza concentrazionaria, de- scritta in una raccolta di racconti, La settima fonte, pubblicata da Aufbau nel 1971. La lettura dei due nuovi testi di Levi, e in parti- Sepolti al centro della Storia MARCELLO FLORES La voce dei sommersi. Manoscritti ritrovati di membri del Sonderkommando di Au- schwitz, ed. orig. 1996, a cura di Carlo Saletti, pp. 294, Lit 32.000, Marsilio, Venezia 1999. "Interessatevi a questo documento, poiché contiene un materiale molto importante per la storia". Questa frase semplice e apparente- mente presuntuosa, ripetuta in quattro lingue, costituiva l'inizio di un taccuino di un centi- naio di pagine ritrovato nel marzo 1945 nei pressi del crematorio III di Birkenau. Questo testo, e altri rintracciati nei terreni circostanti fino al 1980, vennero in parte pubblicati in polacco e poi raccolti a cura del Museo statale di Auschwitz. È il primo di una serie di docu- menti davvero straordinari, che definire "im- portanti" per la storia appare ormai non già presuntuoso ma probabilmente riduttivo, e che sulla scorta di una rinnovata edizione te- desca sono adesso disponibili anche in tradu- zione italiana. Si tratta di testimonianze, di- verse per stato di conservazione e modalità del racconto ma simili per ispirazione e tensione, lasciate a futura memoria da alcuni membri del Sonderkommando di Auschwitz consape- voli di essere giunti al termine del loro tragico viaggio. E consapevoli anche di rappresentare, agli occhi della maggioranza dei loro stessi compagni di sventura e presumibilmente an- cor più di coloro che sarebbero sopravvissuti, il simbolo di un tradimento e di una viltà for- se compresi ma certo non accettati. "Esprima il futuro il suo giudizio su di noi - scrive in- fatti con lucida coscienza Salmen Gradowski - in base alle mie annotazioni e che possa il mondo dare uno sguardo almeno su una goc- cia, su un frammento del mondo tragico in cui abbiamo vissuto". Non sono - quelli di Gradowski e dei suoi cinque "colleghi" di cui si sono trovati gli ap- punti tra i molto più numerosi che lasciarono testimonianza scritta e la sotterrarono con la speranza di venire letti dai posteri - scritti di autogiustificazione, di spiegazione del come e perché finirono e accettarono di svolgere quel- lo che pareva un lavoro ignobile e intollerabile. Sono memorie a tutto campo, che spesso pren- dono le mosse dalla vita nel ghetto o dal viag- gio verso Auschwitz e che gettano squarci nuo- vi anche se già noti sulla realtà del lager e so- prattutto su pensieri, attese, timori e scarse spe- ranze, sorprese e disperazioni che avvolgono in un crescendo drammatico tutti i prigionieri. Ciò che forse contraddistingue le memorie di questi "sommersi" da quelle, più numerose, dei "salvati" che ne scrissero dopo l'inatteso ritor- no a casa è un senso quasi naturale di inelutta- bilità che rende più scarna e asciutta la scrittu- ra, il senso di urgenza della testimonianza, la certezza che in qualche modo essa verrà trova- ta e utilizzata e servirà al "mondo pacificato" che seguirà l'orrore indicibile della Shoah. È infatti per lo più a ridosso dell'avanzata degli eserciti alleati, quando la possibilità del- la sconfitta nazista si fa più certa, che chi è de- stinato a morire vuole a tutti i costi testimo- niare la propria irriducibilità al male. Cercan- do di organizzare una rivolta anche se con po- che possibilità di successo (le pagine sull'orga- nizzazione della rivolta del Sonderkomman- do, sui preparativi e i ritardi sono ovviamente tra le più interessanti) o lasciando a chi si sal- verà un "frammento" della tragedia vissuta. 1961 un capitolo da Se questo è un uomo, in assoluto la prima pub- blicazione di Levi in tedesco. In seguito la casa editrice Reclam di Lipsia aveva pubblicato nel 1972 le Storie naturali. E per finire la Aufbau di Berlino, casa editrice letteraria di punta della Rdt, ave- va pubblicato nel 1979 11 sistema pe- riodico - cinque anni prima del- l'edizione ameri- cana che doveva portare Levi al successo interna- zionale, e ben otto anni prima che ve- nisse pubblicato nella Repubblica federale. Alcuni mesi dopo l'usci- ta dell'edizione originale nell'esta- te del 1975, la scrittrice e italiani- sta Cristine Wolter, che lavorava per Aufbau, non solo si era pro- nunciata a favore della traduzione del Sistema periodico, ma aveva Caduto il Muro, dai documenti del Ministero della Cultura della Rdt, della casa editrice Aufbau e di diverse organizzazioni siamo oggi in grado di ricostruire la storia di quel tentativo e del suo fallimento. Nell'estate del 1980 la casa edi- trice richiese un parere esterno su Se questo è un uomo e su La tre- gua. La rela- zione giun- se in set- tembre. A redigerla fu proprio Fred Wan- un ebreo austriaco che già nel 1939 era stato internato in Francia. Trasferito successivamente nei campi di cóncentramento in Polo- nia e in Germania, nel 1945 aveva vissuto la liberazione del campo di Buchenwald. Comunista convinto, viveva nella Rdt insieme alla mo- "È sbagliato pubblicare nella Rdt i libri di un autore che si è venduto all'anticomunismo e al sionismo der. colare la testimonianza su Au- schwitz, lo sconvolge. Nella sua re- lazione Wander non trascura tut- tavia di accennare preventivamen- te ad alcuni punti nei quali Levi si discosta dalle rappresentazioni della guerra e dei lager allora cor- renti nella Rdt. E questo perché il suo parere non era destinato solo all'editore, ma anche a quel repar- to del Ministero della Cultura che aveva il compito di vagliare ogni pubblicazione e di approvarne la stampa. Nella Tregua si incontre- rebbero descrizioni di semplici soldati dell'Armata rossa "sogget- tive" - termine ancora sospetto nella Rdt dei primi anni ottanta - fino alla parzialità. Ma sottolinea d'altronde come non sia lecito di- menticare che proprio questi sol- dati, rappresentati da Levi sì con grande simpatia, ma anche come piccoli, maldestri e "male organiz- zati", hanno "scardinato la perfet- ta macchina da guerra tedesca". Wander osserva che in Se questo è un uomo si incontrano fatti e in- terpretazioni che coincidono fin nei più piccoli dettagli con la sua espe- rienza e che costituiscono una "psi- cologia della vita nei lager" senza precedenti. Su un solo punto l'esperienza di Wander è diametral- mente opposta a quella di Levi: nel- la valutazione delle categorie di pri- gionieri, in particolare per quel che riguarda il ruolo dei "politici", i co- siddetti "triangoli rossi". Per Levi non c'era alcuna differenza tra il comportamento dei "politici" e quello degli altri prigionieri. Avreb- bero lottato come tutti gli altri e con ogni mezzo soltanto per la pro- pria sopravvivenza. La sua espe- rienza - scrive Wander - è stata un'altra: sebbene ebreo, egli deve alla solidarietà dei "politici" la sua sopravvivenza, e potrebbe quindi, con lo stesso diritto di Levi, farne un ritratto completamente diverso. Nello stesso tempo però Wander non ha alcun dubbio sul valore let- terario dei testi di Levi. E poi il lo- ro valore di documenti epocali che esige la pubblicazione dei testi pro- prio nella Rdt: "Non solo sono a fa- vore della pubblicazione di entram- bi i libri, ma vorrei affermare che non possiamo affatto permetterci di rinunciare a pubblicarli! ". Dello stesso parere è anche il se- condo consulente, il regista e presi- dente della Accademia delle Arti Konrad Wolf, uno degli intellettua- li di punta della Germania Orienta- le, apprezzato anche in Occidente per le sue qualità sia artistiche sia umane. Figlio dello scrittore Frie- drich Wolf emigrato nell'Urss con l'avvento del nazismo, e fratello del leggendario capo del controspio- naggio della Stasi "Mischa", Kon- rad Wolf aveva combattuto come ufficiale nelle file dell'Armata rossa. L'editore lo aveva affiancato a Wan- der per La tregua perché ne raffor- zasse con la sua autorità la valuta- zione. Come Wander per la descri- zione dei lager, così Wolf poteva giudicare autorevolmente il modo in cui l'Armata rossa e l'Unione so- vietica erano state rappresentate da Primo Levi, alla luce di un'esperien- za vissuta in prima persona. Il suo parere giunse all'editore nell'agosto del 1981. Konrad Wolf non è meno euforico di Fred Wander: "Nel rac- conto di Levi l'indicibile verità sulla bestialità della barbarie fascista ac- quista uno slancio così particolare da permettere l'immedesimazione del lettore". La grandezza spirituale e l'immediata semplicità con la qua- le Levi mette insieme le sue espe- rienze lo affascinano. Wolf ha letto il libro "tutto d'un fiato" ed è grato di avere avuto la possibilità di farlo. La marcata soggettività del racconto delle esperienze fatte con l'Armata rossa potrebbe forse venir rifiutata da qualche lettore "da noi così co- me nell'Unione sovietica", ma ciò non vuol essere un rimprovero per Levi. Forse, aggiunge, potrebbe scandalizzare la parola "barbari" usata da Levi - sempre con simpa- tia - nei confronti dei soldati dell'Armata rossa. Alcuni episodi che, lasciati senza adeguata spiega- zione, si prestano a esser fraintesi