Idei libri del mese| NOVEMBRE 1999 Nei disguidi del possibile Parronchipredatore d'immagini n STEFANO VERDINO Alessandro Parronchi Diadema. Antologia personale 1934-1997 pp. 230, Lit 12.000 Mondadori, Milano 1998 Alessandro Parronchi "Il computar" e altri studi leopardiani pp. 160, Lit 25.000 Le Lettere, Firenze 1998 Per Alessandro Parronchi atti della giornata di studio a cura di Isabella Bigazzi e Giovanni Falaschi pp. 258, Lit 40.000 Bulzoni, Roma 1998 La figura di Alessandro Parron- chi, nonostante i vari contributi critici e in particolare quest'ultimo volume di saggi (con interventi, tra gli altri, di Luigi Baldacci, Oreste Macrì e Silvio Ramat), non ha an- cora trovato definiti contorni in se- de di storia della poesia del secolo, pigramente attestata nella sua con- notazione di poeta ermetico, lega- to alla stagione giovanile di amici- zia con Luzi e Bigongiari. L'anto- logia personale consente ora di meditare in sintesi una lunga mili- tanza nella poesia. Parronchi, con alcune modifiche al tragitto crono- logico, ha qui ripartito la propria opera in tre sezioni: Dalla notte, che ospita le poesie fino ai qua- rantanni; Coraggio di vivere, anto- logia fino al 1990; Nuovo cammino, le poesie, in gran parte inedite, dell'ultimo decennio. L'avvio de- nuncia le proprie origini, tra Cam- pana e Luzi (e frequenti cadenze montaliane: "Ora che par che la collina odori"), ma in questo codi- ce Parronchi ritaglia subito la sua voce: quella "pupilla serale ora im- pietrita / nei rami", pur nella sua forte condensazione analogica del- la lingua poetica degli anni trenta, ci avvia al mondo peculiare di Par- ronchi: l'ora crepuscolare del tra- monto, il bosco, la pietra. La pietra in Parronchi vuol dire la città, i suoi angoli e i suoi muri, la materia costruttiva del luogo dell'uomo, e anche - per questo - il muto testimone di tante scellera- tezze. Alla città della comunità fa da contrappunto (non si può par- lare di contrapposizione in una poesia aliena dagli estremismi) il bosco, come via della solitudine, della passeggiata individuale e me- ditativa, roussoviana insomma. Figlio di un cacciatore, a lungo dall'infanzia Parronchi ha girova- gato nei boschi, trasferendo il gu- sto per "preda e ricerca" in "parole e immagini": così è stato sempre catturato dalla magia del trascolo- rare della giornata, con le sovrap- posizioni tra luce e buio, e dalla particolare maestà del bosco, tra mistero e fascino: sviluppando cer- te suggestioni leopardiane, ha letto con il suo classico endecasillabo in cui s'intreccia un senso fragrante della bellezza, l'attenzione alla na- tura come vita e un'attesa di tipo religioso. Per tutta l'esistenza egli ha modulato e variato in molte gui- se il motivo, quasi sempre con una sigla elegante e suggestiva. C'è l'im- barazzo della scelta, dalle trascri- zioni più accese della giovinezza creaci comune trama dei giorni, ed espresso con sobri contorni, senza speculazioni aggiunte, a dare un garbato tratto di incanto al verso parronchiano, capace di coniugare la semplicità con il trasalimento: una sorta di poetica dell'"occasio- ne" attiva più come giustizia della vita (per storpiare un titolo luziano certo caro a Parronchi) che come sondaggio metafisico. Tra tutti gli esempi consiglio una poesia delle ultime, In autobus, dove al vecchio poeta sembra di ritrovare in una ra- gazza il volto antico di una cara fi- gura; questa la conclusione di tem- peratissimo struggimento: "So che Autobiografia di un altro PAOLO ZUBLENA Milo De Angelis Biografia sommaria pp. 71, Lit 26.000 Mondadori, Milano 1999 Il titolo, innanzitutto. La biografi è sommaria in primo luogo perché Montale fra testo e vita Franco Contorbia, Montale, Genova e il modernismo e altri saggi montaliani, pp. 175, Lit 25.000, Pendragon, Bologna 1999. L'occasione del centenario dalla nascita (1896-1996) ha generato un corteggio di con- vegni e relativi atti, nonché di altre pubblica- zioni, certamente adeguato - dal punto di vi- sta quantitativo - al prestigio di un oggetto della statura di Eugenio Montale. Un po' meno entusiastico dovrà essere il giudizio sulla qualità dei contributi, che mi pare ab- biano messo in luce l'approdo di Montale al ristretto novero dei classici. La raccolta di saggi allestita da Franco Contorbia rappre- senta un felice caso a parte. Una frequenta- zione pressoché trentennale del tema diletto delle proprie ricerche ha fatto sì che Contor- bia diventasse la massima autorità sugli aspetti biografici e bibliografici legati allo studio di Montale. La raffinata esplorazione delle pieghe più riposte tra parabola evene- menziale e spazio del testo, anche di quelle meno prevedibili, rappresenta, in questo nuovo Montale, Genova e il modernismo, il carattere precipuo di un'indagine che, per la sua acuta minuziosità, può davvero riseman- tizzare la vecchia analogia fra critica e inve- stigazione poliziesca. Non è semplice tentare di fornire un regesto degli argomenti singo- larmente toccati dagli otto saggi. Sarà forse più opportuno procedere all' enucleazione dei principali apporti allo studio di Montale che il libro ha trasferito dalla brumosa evane- scenza du temps jadis all'evidenza dei sicuri risultati critici. In primo luogo bisogna ricor- dare l'attenta ricostruzione del clima moder- nista che segnava la Genova dei primi del Novecento, legato in particolare alle due fi- gure di Padre Semeria e di Padre Trincherò, quest'ultimo non estraneo alla famiglia Montale, come testimoniano alcune dichia- razioni autobiografiche e la tarda lirica (1970-1972) L'odore dell'eresia: Contorbia riesce a scoprire la tattica di parziale, ironiz- zante refoulement (a tratti di depistante rie- laborazione del ricordo) con cui il poeta ave- va velato quelle esperienze giovanili. Un re- cupero anche più decisivo è quello operato mettendo in luce (restituendo alla storia) il ruolo di tutto rilievo della sorella Marianna - lettrice di filosofi e fervida ma aperta catto- lica, presto scomparsa nell'esercito dei perdu- ti (1938) - nella vita affettiva e intellettuale (spirituale, anche) del Montale ventenne: operazione cui soccorre il contributo di alcu- ne notevolissime lettere (in gran parte inedi- te) che la giovane "protettrice" spediva alle amiche raccontando loro i moti e i drammi del cuore dell'amato fratello. Da segnalare poi, negli altri saggi che formano il libro, la cronistoria di una recensione (1926) di Mon- tale a Gens de Dublin, traduzione francese dei joyciani Dubliners; il sezionamento della vocazione di Montale critico outsider fino al "corteggiamento" degli anni cinquanta per l'assunzione al "Corriere della Sera"; l'esem- plare analisi di un autocommento montalia- no tra i meno frequentati pubblicato da Piero Gadda Conti a margine di una sua testimo- nianza; lo studio dei tardi inizi di Montale scrittore di viaggi e descrittore di paesaggi; la giovanile amicizia con Adriano Grande, dedi- catario delle prime due edizioni degli Ossi e di quel libro non trascurabile recensore. (P.Z. ("si rinchiudono profonde / nei burroni le rose") a quelle della vec- chiaia, come questa rilevazione dei mobili fari delle auto nella notte: "scompaiono, rompono / il nero fondo, investono di luce / un tratto in curva della strada, prima / che il pennello del buio non li annulli". Come si vede, vi è nella poesia di Parronchi una vocazione realistica, di taglio visivo e per nulla ideologi- co, ma semmai motivata da una so- bria etica della giornata umana (più che del quotidiano) per cui "ogni giorno ha la sua luce", come egli stesso dice riferendosi al "lavoro continuo" della pittura di Marcuc- ci, centrale interlocutore per tutta la vita. Da qui quel timbro di sor- presa e incanto, e di profonda fidu- cia, dei suoi versi che così assomi- gliano all'uomo Parronchi, alla sua limpidezza e a quel suo sguardo acuto e fiducioso, spesso di lieve ---------------- ----------- spesso ai lieve nel bosco tra giorno e notte la for- stupore. E questo atteggiamento di ma di un'interrogazione alle cose, sorpresa e sortilegio, scaturito dalla non può esser lei. Ma a volte gli angeli / pel nostro desiderio si reincarnano / per far capire quanto sia difficile / alle gioie del mondo dire addio". Tale poesia illustra anche il tema della ripetizione, del "replay", co- me ama dire Parronchi, che con- traddistingue il suo bisogno di ritor- no e recupero del passato per "pau- ra che le cose muoiano". Il motivo si ritrova anche nell'altra faccia di Parronchi, nel critico letterario e d'arte, ricercatore delle opere mal- note e disperse dei grandi (come Michelangelo) e sottile tessitore di trame ipotetiche di relazione (ad esempio tra Berkeley e Leopardi a proposito dell'infinito), che hanno lo scopo di affermare il ritorno con- tinuo del sapere, di un tessuto che bene o male tutto lega. La ripetizio- ne non è nostalgia del passato per- duto, ma fede di una sua perennità, che l'uomo coglie nei "disguidi del possibile" dell'aldiqua. dati dell'esistenza sono minimi, es- senziali, non inscrivibili in un ordine diegetico che ricomporrebbe abusi- vamente una non più credibile sto- ria dell'io. Ma biografia sommaria anche come summa delle biografie: perché con la neutralizzazione del soggetto l'esistenza individuale per- de i suoi contorni, l'autobiografia resiste solo come autobiografia di un altro, il rivolo dell'ontogenesi si immette nel vasto fiume della filoge- nesi; gli episodi, quasi sempre so- vrapponibili a quelli delle prece- denti raccolte, sco- prono il loro carattere di scene pri- marie - lato sensu - provenienti da un passato che è stato necessità pri- ma che avvenimento. Nel gioco di ripetizione e diffe- renza, la scelta dei temi non si disco- sta dal nucleo che siamo abituati a riconoscere in De Angelis: ed ecco N. Il,PAG. Il dunque la lotta-confronto con la donna - come sempre guerriera amazzone -, il gesto sportivo che concentra l'apertura verso l'alterità, l'erranza attraverso la consueta Mi- lano vestita di grigio e di cenere, in- sieme distinta e confusa tanto da comprendere infinite altre città. Di fronte a uno sguardo più approfon- dito, il libro rivela però la sua radica- le novità, avvertibile sul doppio pia- no stilistico e tematico. Si rifletta prima di tutto sul lin- guaggio. Che il regime di significa- zione di De Angelis sia sempre sta- to irto e impermeabile alla decifra- zione è asserto tanto banale quan- to sicuro. Che tale impermeabilità non derivi da una vicinanza orfica o ermetica con il misterioso indici- bile, bensì dalla fedeltà a un detta- to (l'autore ha esplicitamente par- lato, in passato, di un indefettibile comando) che si impone come ne- cessario fino a violentare il reale in sintesi vertiginose, pare poi un'ac- quisizione indispensabile per ga- rantire l'onestà dell'esegesi. Ora, sembra evidente che in Biografia sommaria la cortocircuitazione delle immagini, il procedere non euclideo del senso - che aveva se- gnato in particolare il potente e ghiacciato astrattismo di Millime- tri (Einaudi, 1983), la bruciante alogicità dialogica di Terra del viso (Mondadori, 1985), l'equivoco tragico e adialettico tra origine ed esteriorità di Distante un padre (Mondadori, 1989) -, inclini a una maggiore distensione e sequenzia- lità, persino a uno scampolo di narratività (si pensi alla sezione Ca- pitoli del romanzo). Il ritorno, ri- scontrato da alcuni, ai modi del fe- lice libro di esordio, Somiglianze (Guanda, 1976; poi 1990: seconda edizione riveduta), riguarda però soltanto la riemersione del narra- tum, in quanto Biografia sommaria mostra rispetto a quel libro una lingua più essenziale e meno impe- rativa. Rispetto al passato, il dire non più così violentemente anima- to dalla necessità del vero si per- mette anche qualche escursione in quel "bello" che già fu recisamente rifiutato ("contro l'istinto dell'ar- cobaleno / schifo sii netto", si leg- geva in Distante un padre). Ecco quindi un buon numero di rime - talvolta anche impresse a finale sigillo del componimento -, e, ac- canto ai consueti reperti da arte povera, una trama verbale a volte toccata dalla classicità del canto che non censura ma contiene il gri- do. Va ancora notato come per- manga l'abitudine di De Angelis all'intratestualità, spinta sino alla precisa citazione di singoli versi propri (nell'ambito del libro pre- sente o delle opere precedenti): oggi però, tra i significati di questo fenomeno, accanto alla tensione al libro unico e al segnale di angoscia nei confronti dell'eterno ritorno dell'identico, andrà riconosciuto anche un movente palinodico. In che cosa consiste la palinodia? Si direbbe "Contro l'istinto nella nT,a i il, | priorità del- dell arcobelano / la giustizia schifo sii netto" (che è amo re e atten- zione per l'altro uomo) sulla verità, che non sostituisce ma doppia quella antica della necessità sul senso. È così il sentimento della pietà per le per- sonae insieme nette ed evanescenti ad animare la magnifica sezione Ca- pitoli del romanzo, il luogo certo più riuscito del libro.