GENNAIO 1997 schede "La scrittura", rivista letteraria trimestrale, I, n. 1, inverno 1995-96. Da febbraio nelle librerie e in alcune edicole (ma con piani di più capillare diffusione), "La scrittura" si presenta al pubblico come rivista letteraria eclettica sì, ma con suoi punti fissi, di grosso rilievo o impegno. Valga nel primo numero l'apertura dedicata, copertina compresa, a Mariateresa Di Lascia, su cui intervengono Raffaele La Capria e Sergio D'Elia. Miro punto d'appoggio è Mario Luzi, presente con un'intervista di Maria Antonietta Cruciata sul suo testo teatrale Felicità turbate, e una poesia inedita. La rivista prosegue con saggi (fra gli altri, Pellegrini su Savinio, Kosheleva su Dostoevskij, De Maria su Junger), incursioni in poesia e narrativa italiane ed estere, un pezzo di Vincenzo Pardini a Castelvecchio nel centenario dell'arrivo di Pascoli; recensioni di libri. Nelle intenzioni dell'editore vorrebbe affermarsi come fonte di proposte nuove a editori e lettori. Il secondo numero si concentrerà su Landolfi (le sue traduzioni dal russo, i suoi diari, i suoi colori), con documentazione proveniente dall'archivio di famiglia di Idolina, figlia dello scrittore e animatrice della rivista stessa. Cosma Siani Achille Serrao, Semmènta vérde, prefaz. di Franco Brevi-ni, Edizioni dell'Oleandro, Roma 1996, pp. 106, Lit 18.000. Di Achille Serrao, uno fra i casi più convincenti di conversione al dialetto nel revival vernacolare di questo fine-secolo, in Semmènta vérde si può leggere tutta la produzione dopo la svolta. Votatasi al dialetto dopo un lungo esercizio poetico-prosastico esclusivamente in italiano e caratterizzata da un'accesa vena sperimentale, l'opera di questo autore sembra suggerire due indicazioni: in primo luogo, che la categoria dialettale può ben fare "genere letterario", per dirla con Pasolini; e poi che i risultati più interessanti si hanno laddove le seduzioni delle radici non vengono pregiudizialmente rimosse, ma si investono di mezzi poetici, temi e forme svincolati dalla tradizione vernacolare e aperti al moderno al pari della poesia in lingua. Ad esempio, l'espressione della nostalgia, così stucchevole se dichiarata esplicitamente in versi cantabili, qui viene sottilmente giocata in un caleidoscopio di immagini, estesa ad abbracciare interrogativi sull'esistenza, e diviene tema del no-stos. "... accussì pede / catapède p' 'a campagna (na vranca 'e terra, schiara / 'ncopp'a felinia 'e ll'arbere) tantillo / abbasca 'o paté scian-chenèa / tantillo, 'o vide 'e veni / pare ca mo' mo' se smammulèa / 'o ninno 'e latte. 'Nfratanto / murmulèa doce e me canta 'int'e mmane / a connoia 'a diasilla / lenta e appecundruta 'e tanno..." [V. così adagio / adagio attraverso la campagna (un pugno di terra, fa giorno / sopra la ragnatela degli alberi) un poco / ansima il padre barcolla / un poco, ecco arriva / sembra che proprio ora cominci a camminare / da solo come un bambino da latte. Intanto / mormora dolcemente e mi canta nelle mani / a culla la cantilena / intristita e lenta di allora"] ( 'O vide 'e veni). Cosma Siani Il motore è Leopardi di Carlo Madrignani Sebastiano Timpanaro, Nuovi studi sul nostro Ottocento "classico", Nistri-Lischi, Pisa 1996, pp. XXTV-246, Lit 35.000. Il lettore non si lasci ingannare dal titolo; non si tratta di una miscellanea, ma di un corpo organico di saggi stesi negli ultimi dieci anni su argomenti correlati e omogenei. E insomma il quarto volume di deroso lavoro più che trentennale si è trattato di un esercizio di intelligenza storica ed esegetica confrontare i risultati di tanta operosità e accanimento, studiare la stratificazione dei singoli giudizi, valutare la congruità di certe coraggiose prese di posizione. Penso, ad esempio, alla rivalutazione della cultura classicistica su cui pesa un vero pregiudizio sommariamente negativo di origine ottocentesca, che di fatto è frutto di ignoranza mascherata in disinteresse o distacco spregiativo. Ancora una volta da queste pagine emerge la competenza di Timpanaro sull'argomento di contro alla faciloneria o superficialità dei filoromantici da sempre in gran voga. Anche gli scrittori minori o minimi sono studiati e discussi con molto equilibrio; si veda con quanta sobrietà è tracciato il Maestri e testimoni di Cesare Piandola Piergiorgio Bellocchio, Oggetti smarriti, Baldini & Castoldi, Milano 1996, pp. 179, Lit 24.000. Tutti ricordano la rubrica dei "Quaderni Piacentini" "Da leggere/Da non leggere" che comparve fin dal primo numero, ciclostilato, del marzo 1962, e suscitò subito vibrate proteste. Una nota redazionale rispondeva: "Il boom editoriale è una realtà. Siamo sommersi dai libri. La pubblicità li impone tutti senza distinzione, la critica dice bene di tutti; il lettore è sempre più indifeso. Anche per questo la nostra decisione di fare una discriminazione, se pur rigida e sommaria, ci è parsa doverosa". Nel 1983, alla fine della nuova serie della rivista, Bellocchio, ribadendo che il 99 per cento delle novità editoriali è "porcheria inutile che viene prodotta unicamente perché esiste un'industria culturale", dichiarava di amare tra i libri gli "oggetti smarriti", al di fuori dei circuiti della pubblicità, delle interviste e delle recensioni: i volumi che si trovano sulle bancarelle, ai remainder, nei fondi di qualche libreria o nella biblioteca di casa. Oppure sono editi da case troppo piccole per stare sul mercato. Ora ha raccolto in volume i trentaquattro pezzi usciti nella rubrica "Oggetti smarriti" sul supplemento libri dell"Vnità" tra il '92 e il '93. Alla fine si è delineata un'antologia personale di "maestri e testimoni" che sono stati importanti per la sua formazione e che vengono riproposti come modelli "di pensiero, di stile, di moralità". Troviamo autori noti visti attraverso lati poco usuali o meno conosciuti: le lettere di Goethe, di Belinskij e di Cechov; il Barth politico; Péguy e Bernanos pamphlettisti; Kierkegaard "giornalista"; Gide giudice popolare a Rouen; il Tolstoj dei Diari; l'Orwell dei saggi minori e degli articoli; Edmund Wilson biografo dell'idea socialista; la passione di Marx per la letteratura; quella di Mila per l'alpinismo; il citoyen Marc Bloch di La strana disfatta; Herzen memorialista; T.E. Lawrence aviatore; Kracauer psico-sociologo del cinema tedesco; Brecht commentatore delle foto di guerra... Troviamo anche autori meno noti (dall'anticromwelliano Edward Sexby all' aristocratico antinazista Friedrich Reck-Malleczewen) e autori italiani oggi poco praticati, come il filosofo Umberto Segre e il sociologo Danilo Montaldi. Ci sono infine raccolte di documenti, come le Lettere di prigionieri di guerra italiani 1915-1918, curate da Leo Spitzer, e le Lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana, a proposito delle quali Bellocchio scrive pagine acute e "inattuali". Dunque, soprattutto scritti polemici, diari, lettere, testimonianze. "Sull'opera prevale l'autore, sull'autore l'uomo", visto spesso nel conflitto con il potere e nel momento delle scelte difficili. Bellocchio si lamenta della brevità che la rubrica gli imponeva: ma proprio il tour de force delle poche righe lo costringe a un'evidenza senza perifrasi e a una nettezza di giudizio del tutto in linea con lo stile, il pensiero e la moralità che persegue tenacemente. un'unica opera, da Classicismo e illuminismo nell'Ottocento a 'Antileopardiani e neomoderati nella Sinistra italiana passando attraverso Aspetti e figure della cultura ottocentesca. Il centro motore è Leopardi, immerso nella cultura e nella società di primo Ottocento. Ma dire Leopardi, che pure è argomento enorme e rischioso, è dire poco; bisogna allargare il discorso; parlare di età napoleonica e Restaurazione; classicismo e romanticismo; illuminismo francese, cultura cattolica, materialismo, filologia, erudizione, ecc. Di tutto questo si torna a parlare in questi "nuovi studi" sia per integrare, correggere e rifocalizzare problemi già affrontati, sia per la necessità di riformulare e rimodellare, alla luce di un incessante ripensamento, temi e nodi di una problematica mai sedata o sistemata definitivamente. Per chi abbia seguito questo po- RICONOSCENDO LE ORME DI CHI CI HA PRECEDDTO SI VA AVANTI. FINCHE SI SCORGE IN NANZI A NOI DNA Per questo ti chiede di abbonarti. Pe Linea d'ombra si occupa da dieci anni di letteratura, storia, filosofia, scienze e spettacolo. Di società e di politica. D'Italia e del mondo. Non sono stati anni facili, come dimostra il presente che tutti stiamo vivendo. LINEA D'OMBRA.,,.» Ma sono stati anche anni di libertà. Anni di viaggio nell'universo letterario e artistico, alla ricerca del nuovo e di chi non si piega ai dettami dell'industria culturale. rche vuole continuare a essere libera. Abbonamento a Unea d'ombra Desdero ricevere, sen;a nessun impegno da pane mia, oltre alla cedola d'abbonamento, le inlormaàoni su modalità di pagamento, vantaggi e regali. Riceverò una copia saggio della rivista. Nom? Indili uo C»p N. 1, PAG. 10 profilo del Cesari. Per la prima volta, a quanto ne so, sottratto all'ingiuriosa noncuranza dei tanti detrattori. Va poi sottolineato l'interesse non linguistico-puristico di questa attenzione al classicismo primotto-centesco, sostituito da un'analisi storico-culturale che include i risvolti politici, pedagogici e "filantropici" valutati alla luce della loro matrice illuministica (è una delle caratteristiche che differenziano questo studio del classicismo da quello di uno storico ben diverso come Piero Tre-ves). Non c'è davvero odore di muffa erudito-linguistica, ad esempio, nelle pagine dedicate a Giordani e ai suoi amici, colti nel vivo di un impegno concretamente politico, che lo studioso valuta con grande finezza, senza mai stravolgerne i contomi per confonderli con le "imprese" risorgimentali. Saggi come questi sono sì il frutto maturato in anni di riletture e di meditazione, ma anche il risultato di una sinergia di competenze non comuni e tanto più pregevoli in questi anni di deriva ultra- e micro-specialistica. Basti citare il vasto saggio sui rapporti di Leopardi con Epicuro e Lucrezio: dove non prevalgono il gusto della citazione o la meccanica del cacciatore di fonti dotte o oscure (sempre comunque individuate su edizioni di probabile consultazione), l'interesse è quello di far scaturire dal confronto fra testi e singole citazioni il particolare atteggiamento del Leopardi filosofo, da intendersi come l'elaborazione intellettuale che trova la sua sintesi nella poe-sia-pensiero, che solo qualche ba-nalizzatore può credere debba essere degustata esclusivamente come una raffinata tessitura di esacerbato stilismo. Per avere un'idea di cosa voglia dire padroneggiare con discernimento e competenza il problema-Leopardi si legga II Leopardi e la Rivoluzione francese, che è un esempio di concisione e pertinenza scaturite dalla pluridecen-nale dimestichezza coi testi e con le diverse opzioni storiografiche. Un discorso a parte apre l'ultimo saggio De Amicis di fronte a Manzoni e a Leopardi. Mi basti accennare che su De Amicis Timpanaro ha contribuito a riaprire la discussione sulla varietà e modernità di uno scrittore, da sempre collegato a deformazioni parodiche, in realtà dotato di una sensibilità sociale, che diventerà impegno tout court socialista, ben diversa dalla vulgata sentimentalistica. I saggi di questo volume ci ripropongono la figura di uno studioso forte e singolare, che ha 0 coraggio di misurare la sua passione di storico della cultura con lo scandaglio sul terreno della ricerca politica e sociale, e lo fa richiamandosi ad alcune discriminanti filosofiche di fondo, in primo luogo a quel cosiddetto materialismo volgare, che rimane un perdurante scandalo per l'establishment post-idealisti-co nostrano. LINEA D'OMBRA Via Gaffurio 4, 20124 Milano Tel. 02/6691132 - 6690931 - Fax 02/6691299