Politica La Palestina dalla rassegnazione all'odio di Chiara Bongiovanni Joe Sacco PALESTINA ed. orig. 1993, trad. dall'inglese di Daniele Brolli, pp. 141, € 17, Mondadori, Milano 2002 State pur certi che dovunque andiate ci sono degli universi paralleli, non soltanto nei fumetti Marvel". La Palestina come universo parallelo, la striscia di Gaza come quarta dimensione dello Stato di Israele. Un fumetto sulla prima Intifada può di primo acchito sembrare un gioco irriverente, e, se così fosse, la sua pubblicazione in questi mesi sarebbe decisamente macabra e fuori luogo. Ma leggere in quest'ottica il fumettista americano significherebbe snaturare completamente il senso del suo lavoro. Sacco ha scelto una strada inedita che unisce le tecniche classiche del reportage alle modalità espressive delle graphic novels americane, da Eisner a Spiegelmann. Palestina è un reportage a fumetti realizzato, dopo un soggiorno di due mesi in Israele e nei Territori Occupati, tra il 1991 e il 1992 (in seguito Sacco ha pubblicato altri due reportage sulla guerra nell'ex Jugoslavia: Christmas with Karadzic, storia breve del 1997, e Safe area Gorazde: the war in Eastern Bosnia 1994-1995, mai tradotti in italiano). Con un bianco e nero crudo e caricaturale che riprende, rinnovandola, la tradizione dell'underground americano di Robert Cmmb e compagni, Sacco ci presenta innanzi tutto se stesso, un omiciattolo occhialuto, passabilmente ingenuo e borioso, alla costante ricerca di testimonianze, drammatiche fino allo spasimo, da inserire nel suo scoop a fumetti. Ma quello che trova e ci propone non sono i grandi eventi, le storie da copertina, i presunti atti eroici o le stragi più efferate. Spostandosi tutti i giorni negli affollati taxi collettivi da Gerusalemme a Hebron, Ramallah, Nablus, Sacco entra nelle case dei palestinesi, siede con loro nelle piccole stanze sempre uguali, con tappeti e cuscini in terra, un tavolino basso al centro per il vassoio del tè, qualche immagine incorniciata alle pareti vuote di mobili, donne silenziose e bambini vocianti che abbiamo purtroppo imparato a riconoscere a colpo d'occhio nei telegiornali. E ascolta. Ogni stanza una famiglia, ogni stanza una donna che gli offre un bicchierino di tè zuccherato all'inverosimile, ogni stanza un racconto di sopraffazioni quotidiane, incarcerazioni, torture. I racconti si assomigliano tutti, ed è proprio il loro ossessivo ripetersi, da Balata a Nablus a Jaba-lia, che comunica il senso di esistenze sottoposte a una continua occupazione militare, lo sfinimento della ragione, che si dissolve in mille piccole prepotenze, e la crescita dell'odio. Le voci dei palestinesi che si affollano intomo all'americano per ripetergli mille volta la stessa testimonianza di fatica e dolore servono, come qualunque buon reportage, indipendentemente dal mezzo espressivo scelto, a comprendere e non a giudicare. Se questo fumetto fosse stato pubblicato in Italia qualche anno prima avrebbe certo avuto meno lettori, ma sarebbe stato un utile strumento, un campanello d'allarme che avvertiva dell'imminente pericolo, che mostrava, attraverso i volti di uomini e donne deformati dalla paura e dal rancore, come la situazione fosse insostenibile e destinata a degenerare. Oggi, seguendo giorno per giorno l'orrore delle infinite stragi reciproche, le espressive tavole di Sacco ci servono per vedere uno dei tanti percorsi che ha portato dalla rassegnazione all'odio, dall'ammirazione per i ragazzini delle sassaio-le all'esaltazione del sacrificio umano. Gli Usa nell'età del terrore di Aldo Amati Gli attentati dell'I 1 settembre hanno riportato drammaticamente la politica estera al centro dell'interesse degli americani. I rapporti internazionali dell'amministrazione Bush sono stati rapidamente rivisti nell'ottica della lotta al terrorismo globale. Il rapido smantellamento del regime talebano in Afghanistan ha rafforzato l'unilaterali-smo latente, malgrado lo scopo sia stato raggiunto con l'appoggio di una coalizione internazionale. Se la minaccia è "asimmetrica", proveniente da parti remote del mondo e non direttamente portata da stati, gli Stati Uniti sembrano rispondere con la politica delle "mani sciolte". Sul piano diplomatico e operativo non sono più le coalizioni che determinano le missioni, ma le alleanze a geometria variabile vanno costruite in funzione della lotta contro il terrorismo. Il mul-tilateralismo e la diplomazia della "coalizione dei volontari", aperta a ogni contributo politico, finanziario, di intelligence, ha avuto finora sostanziale successo, e il merito va ascritto soprattutto al segretario di stato Powell. Tuttavia la sensazione è che si tratti di un multilaterali-smo di corto respiro, à la carte, utile a proiettare il nuovo concetto di sicurezza laddove gli interessi americani spingono. La Nato perde sempre più rapidamente la sua connotazione tipica di organizzazione di difesa collettiva per trasformarsi in uno strumento di stabilità e sicurezza in Europa (Balcani, Caucaso) e "fuori a-rea" (soprattutto Asia Centrale) verso regimi ritenuti cruciali nella lotta al fondamentalismo islamico. Le Nazioni Unite, già impopolari all'interno dell'amministrazione Bush prima dell'11 settembre, hanno assolto all'esclusivo compito di fornire la cornice legale per l'intervento in Afghanistan. Analogamente, nei prossimi mesi, di fronte a un probabile rifiuto di Saddam Hussein di aprire il paese agli ispettori incaricati di indagare sui programmi militari iracheni, il Consiglio di sicurezza potrebbe condannare ufficialmente il regime di Baghdad e aprire la strada all'intervento militare in Iraq. La collaborazione contro il terrorismo con la nuova Russia di Putin acquista un carattere strategico e dovrebbe resistere ai radicati pregiudizi delle burocrazie e alle sostanziali diversità di giudizio su importanti problematiche come la difesa missilistica, la non proliferazione nuclea- re o l'allargamento della Nato. Anche il rapporto con i partner europei va misurato sulla loro effettiva capacità di contribuire alla nuova missione. Washington sollecita gli alleati a ricercare una specializzazione militare anche tramite la politica europea di sicurezza e difesa. In Medio Oriente il nodo da sdoghete rimane il conflitto israelo-palestinese. Dopo numerosi segnali contraddittori, l'amministrazione statunitense ha ripreso l'iniziativa diplomatica coinvolgendo gli alleati del mondo arabo (Arabia Saudita, Egitto e Giordania). Una pace, anche fragile e temporanea, potrebbe aprire la strada a un intervento in Iraq nell'autunno, all'indomani delle elezioni per il rinnovo del Congresso americano. A Washington sembra faticosamente prevalere l'idea di prevenire con ogni mezzo la proliferazione delle armi di distruzione di massa, anche pagando un alto prezzo in termini di vite umane, e la possibile destabilizzazione politico-militare nella regione. Anche sullo scacchiere asiatico ITI settembre ha avuto un impatto sostanziale: il Pakistan è divenuto un anello cruciale del containment del terrorismo in Asia, e gli Stati Uniti si sono direttamente impegnati a mediare un accordo con New Delhi sul contenzioso del Kashmir. Le animosità con la Cina, anch'essa alle prese con movimenti terroristici al suo interno, sono passate in secondo piano, lasciando il posto a una relazione non conflittuale di realpolitik. Il ripensamento dell'azione politico-diplomatica americana si accompagna al rapido adeguamento della dottrina militare rispetto a possibili azioni terroristiche condotte con armi chimiche, batteriologiche e nucleari. Il conflitto in Afghanistan ha evidenziato il ruolo essenziale delle nuove tecnologie e degli strumenti di intelligence per colpire con precisione a grande distanza, mentre sul terreno acquistano un ruolo fondamentale reparti speciali altamente specializzati, in grado di colpire con forza preponderante e ritirarsi rapidamente. Il ventilato possesso e uso di armi nucleari da parte di gruppi terroristici ha fornito anche lo spunto per rivedere la tradizionale dottrina sulla deterrenza nucleare. L'amministrazione statunitense ha aperto il dibattito su una nuova deterrenza fondata su armi nucleari tattiche potenzialmente capaci di distruggere i depositi interrati di armi convenzionali o chimico/batteriologiche e colpire il nemico nei bunker irraggiungibili anche per le armi convenzionali più sofisticate. ■ amati@itwash.org Guerra e pace dopo le torri Lm settembre ha aperto in libreria uno scaffale che s'è subito affollato di testi e di studi, su guerra, terrorismo, politica militare, diritto internazionale. Il primo testo da conoscere, ed è diventato già un classico, è Guerra senza limiti (pp. 200, € 14,46, Libreria Editrice Goriziana, Gorizia 2002), dove due colonnelli cinesi analizzano la nuova concezione della "guerra simmetrica" e arrivano alla drammatica conclusione che l'abisso tra guerra e non-guerra è pressoché colmato. Nella stessa ottica, con un intento prevalentemente descrittivo e con un dovizioso impianto bibliografico di cento pagine e di duemilacinquecento testi segnalati, Umberto Rapetto, colonnello della Finanza, uno dei maggiori esperti italiani d'informatica, e Roberto Di Nunzio hanno scritto Le nuove guerre (pp. 494, € 10,28, Rizzoli, Milano 2002). Guerra e politica (pp. 196, € 12,95, Il Sole 24 ORE, Milano 2002) affronta il tema della risposta da dare al terrorismo internazionale che - sostengono gli autori della raccolta, noti giornalisti e docenti universitari - non può essere soltanto quella militare, ma comporta una nuova capacità di governo a livello globale. Si pone nella stessa ottica, e con una forte riflessione critica, Il teatro del bene e del male (pp. 208, € 12,50, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2002), una raccolta volutamente disomogenea di voci scomode - Chomsky, Arundhati Roy, Galeano e Said, Bello, Susan Sontag, un folto numero d'intellettuali indiani e africani -che mettono a confronto le ragioni della guerra e le ragioni della pace. Di guerra e di pace ragiona anche Bernard-Henry Lévy in I dannati della guerra (pp. 284, € 17, il Saggiatore, Milano 2002), titolo con un'eco fanoniana che riproduce cinque reportage di guerre dimenticate ma soprattutto una lunga serie di appunti preparati per "Le Monde" sulle ragioni della disperazione dei popoli. Sceglie una lettura opposta, e dichiaratamente cattivista, Prima guerra mondiale (pp. 128, € 11,50, Koiné, Roma 2002), dove Aldo Di Lello, responsabile delle pagine culturali del "Secolo d'Italia", vede in quanto è accaduto ITI settembre la linea di proiezione di un complesso conflitto di civiltà, rifiutando quelle che vengono definite "le interpretazioni minimaliste" dell'operazione militare Enduring Freedom. Sulle interconnessioni che il terrorismo e la campagna in Afghanistan attivano con il diritto internazionale c'è un utile repertorio normativo di Sergio Zeuli, Terrorismo internaziona- le (pp. 224, € 13,50, Simone, Roma 2002), e c'è anche Sfida all'ordine mondiale (pp. 144, € 11,36, Donzelli, Roma 2002) dove Andrea de Guttry e Fabrizio Pagani propongono un tempestivo studio di scienza giuridica, e di analisi politica, tra Casa Bianca, Onu, Nato, Kabul, e il peace-keeping dell'I-saf. Ma di terrorismo il massimo esperto è senza dubbio Walter Laqueur, autore de II nuovo terrorismo (pp. 340, € 16, Corbaccio, Milano 2002), un lavoro del 1998 che però conserva una sorprendente attualità e offre comunque un supporto bibliografico ragionato d'un migliaio di titoli. E poi esperto di shayin-ka-mikaze, mujahiddin e reti spionistiche mediorientali Guido Olimpio, giornalista del "Corriere", che in La rete del terrore (pp. 180, € 14,50, Sperling & Kupfer, Milano 2002) ha analizzato la complessa macchina ideologica e militare dei terroristi della guerra santa. Sulle paure che le nuove tecnologie in mano ai terroristi scatenano in ogni angolo del pianeta Adriana Bazzi, giornalista scientifica, ha appena pubblicato Bioterrorismo (pp. 170, € 12, Laterza, Roma-Bari 2002), che racconta le angoscianti prospettive che le armi chimiche e biologiche prospettano al nostro immediato futuro, ma recupera anche i misteri irrisolti delle guerre recenti, dalla sindrome del Golfo all'uranio impoverito del Kosovo. mc I libri Kurt M. Campbell e Michele Hournoy, To Prevali. An American Strategy for the Campaign against Terrorism, Csis Press, 2001 Paul Kennedy, Niall Ferguson, John Lewis Gaddis, Maxi-ne Singer, Abbas Amanat, Ha-rold Hongju Koh, Charles Hill e Paul Bracken, The Age of Terror. America and the World after September 11, a cura di Strobe Talbott e Nayan Chan-da, Basic Books Press, 2001 How did this happen? Terrorism and the new war, a cura di James F. Hoge Jr e Gideon Rose, Public Affairs, New York, 2002