N. 2 VILLAGGIO GLOBALE « il nuovo libro uscirà dalla John M. Hardy Publishing, una piccola casa editrice del Texas. Una precisa scelta di Waller, che afferma di aver preferito "fare le cose in scala minore". La Warner Books d'altra parte aveva perso interesse nell'autore dei Ponti di Madison County perché i romanzi successivi non ripeterono il successo del suo bestseller. I critici fin dapprincipio lo accusarono di essere un manipolatore di sentimenti che sapeva scrivere solo un romanzetto strappalacrime, ma il pubblico fu di tutt'altra opinione. E a tutt'oggi I ponti ha venduto 12 milioni di copie in 35 lingue. da PARIGI Fabio Varlotta Sono Just e Colombe, due ragazzini, i protagonisti di Rouge Brésil, una saga a colori forti su una pagina misconosciuta della storia, la conquista del Brasile da parte dei francesi, all'epoca del Rinascimento. Dal libro di Jean-Christophe Rufin, premio Gen-court 2001 e attualmente primo nelle classifiche di vendita, emergono i colori e gli odori forti dei tropici ma anche quello acre del colonialismo europeo. Da Rio alla giungla, attraverso mille villaggi indiani, i personaggi del romanzo sono quasi delle caricature, a cominciare dal cavaliere di Villega-genon, capo della spedizione che sogna ancora le crociate e che ben rappresenta i conquistadores della Francia dei tropici. Attraverso il destino e le scelte di Just e Colombe, i due giovanissimi orfanelli di origine oscura imbarcati nell'avventura per far da interpreti con gli indiani, si snoda la trama che diventa storia d'amore e di sviluppo personale. Emergono due concezioni opposte dell'uomo e della natura: da un lato la civiltà europea, conquistatrice e universale, che proclama di essere liberatrice e si rivela invece sanguinaria. Dall'altro il mondo indiano con i suoi colori, la sua armonia naturale, la sua sensualità, il sacro, il gusto della vita. Jean-Christophe Rufin è nato nel 1952. Medico, è uno dei fondatori del variegato movimento umanitario Sans frontiè-res. Ha diretto in prima persona missioni in Africa e in America Latina, risiedendo per diversi anni in Brasile. La sua produzione letteraria è tutta ispirata al mondo dei paesi in via di sviluppo e alla loro storia. E questa è la prima volta che un romanzo di Rufin - scrittore peraltro noto e letto in tutto il mondo — raggiunge le vette della classifica. "È il grande libro della stagione - scrive "Le Magazine Lit-teraire" - il più generoso, il più ambizioso e il più riuscito del suo autore". "E una storia che non va a vantaggio dei francesi, - ha spiegato l'autore illustrando la sua opera. - Non si conclude con una sconfitta, ciò che supporrebbe il fatto di essere battuti da qualcuno, ma piuttosto con un'implosione, una guerra civile. Dunque, questo tentativo di colonizzazione abortita è sfociato in una sorta di lacerazione interna che non è mai gradevole ricordare". da PECHINO Francesco Sisci Il titolo è banale, uguale a quello di tanti altri volumi sulla materia, Zhong-guo sixiang shi, tradotto normalmente come Storia della filosofia cinese. Eppure già dalle prime pagine il libro annuncia la sua radicale novità: non c'è il solito elenco di filosofi il cui pensiero è illustrato in progressione storica. L'autore Ge Zhaoguang, appena quarantenne, ara i contorni di un nuovo modo di vedere la civiltà cinese e per la prima volta racconta l'evoluzione del pensiero del suo Paese. Ge parte dalle origini più lontane, quello che la storia tradizionale chiama "I primi mitici imperatori della Cina", Yao o Shun, e quella che l'archeologia moderna considera "I primi manufatti della civiltà e i primi segni della scrittura cinese", di circa 5000 anni fa. Da qui per la prima volta ricostruisce con grande dettaglio e ricchezza di note le fondamenta del pensiero cinese con cui tutto il dibattito filosofico della storia scritta ha a che fare. I piloni di questo pensiero che pesano ancora sulla modernità sono soprattutto: l'eredità di una lingua scritta assolutamente peculiare e l'attenzione partico- lare per i riti. Questi due elementi avevano creato fino al 700 avanti Cristo un rapporto strettissimo, molto concreto e senza confronti, tra la natura, l'amministrazione e gli stessi sentimenti individuali di una persona. Questa unione perfetta viene rotta per sempre dalla crisi ideologica e politica del periodo assiale, tra il nono e il sesto secolo prima di Cristo. Ma questa unione e la sua frattura sono comunque gli elementi attorno a cui si arrovelleranno per i 2500 anni successivi i pensatori cinesi, che useranno sempre la stessa lingua e cercheranno di continuare a usare in qualche modo anche gli stessi riti. Le oltre mille pagine di testo, che fanno anche per la prima volta un uso estensivo degli studi occidentali, e non solo di quelli sinologici, dipingono così un affresco che risulta estremamente rivelatore anche sul presente. E la prima colata del nuovo pensiero cinese, che usa il passato ma lo guarda con strumenti anche occidentali e perciò lo rende comprensibile anche ai moderni e anche agli stranieri (al di là delle ovvie barriere della lingua). Si rompe così sia la vecchia visione vetero-maoista della filosofia, sia quella vagamente americaneggiante in voga dagli anni '20 fino agli anni '40, sia quella antica che riprendeva più o meno staticamente la classificazione dello storico Sima Qian. Il peccato è che forse non c'è un mercato in occidente che consenta la traduzione della massiccia opera dall'originale cinese. Le immagini Le immagini di questo numero sono tratte da due volumi editi dalle Edizioni Gruppo Abele insieme a Reporters sans frontières: fino a pagina 25, Per la libertà di stampa di Willy Ronis (pp. 96, € 11,36); nelle pagine seguenti, Immagini di guerra (pp. 88, €12,91). In questa pagina, Parco del castello di Sans-Souci, Postdam, 1967. IA pagina 13, Settimana di Natale, Place du Palais-Royal, Parigi, 1954. A pagina 15, Parigi, 1952. A pagina 16, Operaie edili a Varsavia, 1950. A pagina 22, Il rappresentante qualificato, 1948. IA pagina 25, Una domenica mattina da Achille Zavatta, 1949. A pagina 31, Sarajevo, Bosnia-Erzegovina, gennaio 1994. Biblioteca nazionale, di Gérard Rondeau / Vu. A pagina 33, Rifugiati kosovari nel campo di Kukes, Albania, aprile 1999, di Claus Bjorn Larsen / Rapho. A pagina 35, Rifugiati kosovari trasportano i malati lungo la ferrovia per evitare i campi minati, Bla-ce, Macedonia, 1999, di Alex Ma-joli / Magnum. A pagina 43, Rifugiati kosovari nel campo di Kukes, Albania, aprile 1999, di Claus Bjorn Larsen / Rapho.