N. 6 Diamo la parola a idee e progetti che arrivano dall'editoria attraverso due figure di animatori. Sono figure atipiche: un accademico specialista, Nicola Merola, che tenta la via sperimentale della poesia e narrativa di confine; un insegnante e studioso di provincia, Velio Abati, uno di "quell'intellettualità diffusa" (parole sue) spesso deprivata di prestigio e competenze, che promuove una Fondazione e l'approntamento di una Bibliografia, iniziative da specialisti. (Tutti scappano dal loro posto. E sullo sfondo c'è il problema enorme delle concentrazioni editoriali.) Fuori dai giri di Nicola Merola a collana "Letterature", che insieme con l'amico Vito Teti ancora curo, grazie alla larghezza di vedute e alla ristrettezza dei mezzi dell'editore Monteleone di Vibo Valentia (massimoporcel li@tiscalinet.it), è nata perché tutti e tre credevamo nell'esistenza di libri che sono più libri degli altri. Quando in concomitanza con le periodiche campagne in favore della lettura ci consigliano di regalare un libro, non passa per la testa a nessuno di farsi impacchettare in libreria un manuale di diritto privato. Ma neppure quando raccomandiamo ai giovani che ci capitano a tiro di leggere leggere e leggere, speriamo di vedere figli, allievi, nipoti, finalmente rapiti dalla prosa immortale delle istruzioni per l'uso del videoregistratore (Insorgete? Capisco. Ci sono pur sempre i "non libri"). I libri veri, i libri per antonomasia, sono quelli degli scrittori, dei narratori e dei poeti. È letterario l'oggetto interno della lettura, come la vita del vivere. Con l'editore Monteleone avevamo fatto e avremmo continuato a fare altri libri: saggi, come quello straordinario di Mario Barzaghi sul Vampiro; atti di convegni, per esempio II sogno raccontato-, reportage fotografici, solo lo splendido Inventario mediterraneo di Salvatore Piermarini. Ci sarebbe parso però di venir meno alle nostre convinzioni, se non avessimo esteso alla creatività letteraria, e istituzionalizzato in una collana di proposte, "Letterature" appunto, il diritto d'asilo che avevamo avuto la presunzione di concedere alla saggistica di qualità esclusa dal circuito della maggiore editoria. Noi, in cambio, indulgevamo ai nostri peggiori difetti. A cominciare dai pregiudizi nei confronti dei "tempi tecnici" e delle "esigenze di programmazione" di editori in tutti i sensi lontani e da una eccessiva fiducia nella capacità nostra di rispettare i tempi e di onorare la programmazione. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: così sarebbe stato bello introdurre la rapida rassegna dei pochi titoli di "Letterature". Ma sapevamo dall'inizio che non avremmo avuto pubblicità, perché non potevamo pretendere anche la pubblicità dalla generosità dell'editore; che non avremmo ottenuto l'attenzione dei giornali, perché nessuno di noi aveva attitudini per le PR e perché i giornali sono attenti alle informazioni pubblicitarie; che in sede di bilancio, come adesso, non avremmo potuto appellarci all'evidenza che elargiscono pubblicità e giornali. Lo sapevamo, ma non ce ne siamo curati, non tanto perché i libri avrebbero avuto ugualmente una loro circolazione, quanto in rapporto alla natura dell'iniziativa, un esperimento condotto sia per mettere alla prova una teoria, che per avviare una reazione dentro l'ambito ristretto di un indirizzario. I titoli fin qui usciti hanno privilegiato la narrativa, in particolare il delicato passaggio dalla dimensione del racconto, o dalla paradigmatiche della raccolta di racconti, al romanzo. Si situano appena al di qua del discrimine i due libri di Fabio Coccetti: Viaggi organizzati, che fin dal sottotitolo, Tre storie, forse una, declina le proprie generalità, e Outremar, a sua volta presentato come Romanzo (di rovine). Ancora tutto al di là, ma con la giusti- ficazione di una effervescenza incontenibile e istituzionalmente agli antipodi di ogni organizzazione programmata, Good e altri racconti, di Michele Messina. Rimane in mezzo, quasi sorprendendo in flagrante la costruzione romanzesca, Il tempo di una bic, con cui il giovanissimo Leonardo Stagliano rinnova i fasti e si prende gioco della letteratura giovanilistica. Sull'altro versante, abbiamo scommesso su Rumori di fondo di Tommaso Cariati, un ingegnere informatico, nella convinzione di immettere nel panorama italiano il caso unico di una poesia indistinguibile dall'affabulazione e tesa come una corda tra accensioni fantastiche. E abbiamo voluto documentare il talento e la versatilità di un indimenticabile allievo dei nostri corsi all'Università della Calabria, Angelo Fasano (1966-1992), con una silloge di Saggi e poesie, che meglio di ogni altra iniziativa ci rappresenta, all'incrocio tra poesia e critica, in attesa di riconoscere un'appartenenza. In cantiere, ma non è troppo presto per annunciarli, Sunset Boulevard, racconti di Coccetti, che così diventerà il nostro autore di riferimento, un romanzo intensissimo di Ada Celico Mascaro e una raccolta di Indulgenze del sottoscritto. La Fondazione Bianciardi di Velio Abati e io me ne vado di qui, sono certo che dopo dieci giorni quelli si sono dimenticati persino che faccia ho, e lavoro non me ne danno più. Bisogna stare sulla piazza, se si vuol lavorare, bisogna che ci sia sempre qualcuno a rispondere alle telefonate, perché le telefonate danno fastidio, pungono, è vero, ma rappresentano anche il pane". Non è il mio amico del popolo della partita iva che mi spiega perché si guarda manifestazioni e girotondi alla tivù, ma una pagina della Vita agra. Bianciardi è il nostro fratello maggiore, per questo abbiamo intitolato a lui una Fondazione che per prima cosa ha raccolto gli scritti di e su di lui, recuperando anche parte delle carte. Lavoro prodotto in feconda collaborazione con l'approntamento di una bibliografia di 2338 lemmi uscita alla fine del 2001, a trent'anni dalla morte: Irene Gambacorti, Luciano Bianciardi. Bibliografia 1948-1998, Società Editrice Fiorentina (Fondazione Luciano Bianciardi, "Quaderni", n. 8). La curatrice vi ha ordinato secondo la tipologia e la successione cronologica tutti gli scritti dell'autore e quelli critici, ivi comprese tesi di laurea e di dottorato, ha incluso i lavori cinematografici, teatrali, radiotelevisivi, allargando l'attenzione anche a Bianciardi personaggio di opere letterarie e figurative. I materiali sono corredati da indici degli autori e delle testate, nonché da una breve biografia dell'autore. Oggi, alla Fondazione, Bianciardi può essere studiato disponendo di una grandissima quantità di strumenti. Numerose anche le tesi di laurea in corso o condotte a termine, che hanno partecipato alle due sessioni del Premio Luciano Bianciardi con una giuria composta da Cesare Cases, Maria Antonietta Grignani, Romano Luperini. Il lavoro di quella che poi è diventata la Fondazione è stato ed è di ricerca scientifica, d'impresa economica, di costruzione politica, di ricerca legislativa. Abbiamo dovuto diventare esperti di mercato libra- rio antiquario, delle relazioni istituzionali e contabili, di archivi storici; siamo stati obbligati a riflettere sulla condizione dell'attività editoriale e culturale, sulla letteratura, sull'istruzione, sul cinema, sui mezzi di comunicazione di massa, sulla condizione dello stato italiano nel vivo, anzi, nel bruciare delle contraddizioni del presente. Anche se nessuno lo fa di mestiere. Abbiamo scoperto con sorpresa che siamo o siamo diventati parte di quell'intellettualità diffusa alle latitudini dei nostri paesi capitalistici che va dall'insegnante di scuola agli strati inferiori degli universitari, passando per le multiformi figure degli operatori culturali, dei giornalisti. Lavorando su non lontani ma poco frequentati scritti di Franco Fortini, abbiamo imparato come sia giunta a conclusione la crisi novecentesca dell'intellettuale, con la divaricazione tra esperti o ipe-resperti e intellettuali-massa, che mentre conserva ai primi competenza scientifica e prestigio sociale - togliendo però interesse e capacità politica, se non individuale -, lascia ai secondi la potenzialità d'una funzione politica e sociale, deprivata però della competenza, del prestigio e del potere. Forse è per questo che siamo stati sensibili alla denegazione mostruosamente alimentata dal presente sul passato, effetto della negazione esplicita che un altro mondo sia possibile. Negli ultimi dieci anni si è andata accelerando nella comunicazione sociale la duplice strategia della dispersione e della riduzione del passato a stokkaggio da ipermercato, dove ogni pezzo reso inerte per la sua decontestualizzazione è già pronto a qualsiasi uso. Sarebbe interessante andare a vedere che cosa succede, per esempio, nelle istituzioni e nello statuto della filologia, così come noi cerchiamo di documentare, per nostra diretta esperienza, che cosa accade nell'istruzione. Per portare un granellino contro tale tendenza, parallelamente al Fondo Bianciardi abbiamo avviato la costruzione del Fondo autori contemporanei e del Fondo riviste di cultura. Raccogliamo, ordiniamo in sezioni distinte per autore e quindi mettiamo a disposizione la produzione degli e sugli autori che vi aderiscono, con particolare attenzione a quella uscita in edizioni minori, locali, rare e in periodici, privilegiando cioè quanto maggiormente rischia la dispersione. In tale opera chiediamo prima di tutto aiuto ai singoli autori, che ci inviano, in originale o in copia, quanto si sono trovati a conservare e via via vengono producendo, a ciò aggiungendo il nostro autonomo contributo. Per le riviste, progetto più recente, oltre la raccolta e la messa a disposizione cerchiamo di contribuire alla loro conoscenza schedando tutti i fascicoli inviatici e inserendone i dati essenziali nel nostro sito Internet (www.gol.grosseto.it/asso/ bianciardi). Analogo lavoro conduciamo nella nostra area territoriale d'insediamento, relativamente agli archivi, pubblici e privati, di enti e di singole personalità, per la storia del Novecento. Sul terreno più propriamente di proposta, da quello inaugurale del 1991, abbiamo promosso convegni su vari aspetti dello scrittore, poi confluiti nei "Quaderni" insieme con altri studi su tematiche connesse. Congiuntamente, per l'attenzione che si diceva, abbiamo dedicato una serie dei "Quaderni" agli strumenti bibliografici. Prima di Bianciardi, con criteri analoghi, sono usciti Zanzotto, Ginzburg, Pratolini. Lavoriamo assiduamente con scuole e per ultimo ci siamo avvicinati al tema delle riviste di cultura, con una mostra di 123 testate italiane, convegno, seminari e letture di autori. Il nostro semestrale, "Il Gabellino", inviato per posta a chi ne faccia richiesta (Fondazione Luciano Bianciardi, via Ximenes 61, 58100 Grosseto), è lo strumento che aggiorna sistematicamente sugli studi bianciardiani e funge da elemento di raccordo, di discussione, di approfondimento in un settore sociale che giudichiamo ricco di potenzialità, oltre che di contraddizioni, come i recenti avvenimenti ci sembrano confermare