Storia Dalla storia ideologica alla storia sociale Un confronto alla pari di Marcello Flores STALINISMO E NAZISMO Storia e memoria comparate a cura di Henry Rousso ed. orig. 1999, trad. dal francese di Silvia Vacca, pp. 354, €28,41, Bollati Boringhieri, Torino 2001 v E almeno dalla metà del secolo scorso che il dibattito sul totalitarismo e la comparazione tra le esperienze storiche dei fascismi e dei comunismi è stato al centro di una riflessione metodologica e documentaria che ha coinvolto le scienze umane e in modo particolare la storiografia. Questo dibattito, contrariamente ai giudizi che saltuariamente vi dedica la stampa quotidiana, ha prodotto un livello di approfondimento raramente riscontrabile in analoghe discussioni culturali, favorendo la nascita di un comune senso della storia del XX secolo, in cui la comparazione dei regimi ritenuti totalitari e il confronto tra le esperienze del fascismo e del comunismo sono ormai un dato largamente accettato, soprattutto nelle scuole e nelle università. La traduzione dell'opera curata da Henry Rousso, frutto del lavoro collettivo che ruota in Francia attorno all'esperienza dell'In-stitut d'histoire du temps pré-sent, è tra i risultati più recenti e costruttivi di questa felice stagione di studi. Il tentativo, largamente riuscito, è stato quello di porre la comparazione su binari concreti e limitati, con l'occhio rivolto però al più generale dibattito che si è svolto e alle sue implicazioni teoriche e metodologiche. La prima limitazione, ben chiarita nelle sue motivazioni e connessioni, riguarda l'oggetto dell'indagine, circoscritto per quanto riguarda la comparazione storica al nazismo e allo stalinismo. Una seconda parte del volume è infatti dedicata a confrontare il livello della memoria di queste esperienze storiche e di come tale memoria si è stratificata nei paesi che hanno costituito per gran parte del dopoguerra il blocco comunista delle democrazie popolari e che, precedentemente, avevano tragicamente conosciuto il dominio nazista. La comparazione storica, rifiutando di assolutizzare la banale verità che ogni evento storico ha una sua singolarità e irripetibilità, ritiene che l'analisi delle specificità non debba portare a conclusioni di incomparabilità, perché è soltanto nel confronto con esperienze analoghe che si può giungere a sottolineare l'unicità di alcune di esse. Rousso ha tralasciato di analizzare i sistemi totalitari di nazismo e stalinismo e di evidenziarne la medesima appartenenza tipologica, e ha invece impostato il lavoro cercando, nella comparazione, una migliore comprensione di ciascuna delle esperienze storiche prese in considerazione. Partendo dall'accet- tazione sostanziale di una forte somiglianza tra i due sistemi, si è cercato di approfondire la singolarità di ciascuno di essi individuando tre aspetti fondamentali attorno a cui condurre il confronto: la natura del dittatore e il ruolo giocato dal medesimo; le forme della violenza politica; l'adesione o la resistenza, il consenso o E rifiuto al dominio ideologico imposto. Vi erano altri aspetti, ovviamente, che avrebbero potuto essere presi in considerazione e che lo sono stati in tentativi di comparazione precedentemente compiuti: primi fra tutti queEo della contestualizzazione della nascita dei regimi totalitari nell'epoca apertasi con E primo conflitto mondiale o queEo deEe intenzioni e finalità deEe contrapposte ideologie; ma in questo caso "l'obiettivo centrale era di intraprendere una comparazione effettiva trattando con identica attenzione e pari livello di conoscenza e di problematiche i due sistemi considerati, una procedura non così frequente neEa storiografia francese". Il dibattito sul ruolo della Grande guerra come apertura, origine, radi-ce del totalitarismo, o invece come sempEce contesto di accelerazione e radicalizzazione deEa conflittualità e della violenza su cui essi sorgono, rinviava a una più ampia contrapposizione interpretativa che avrebbe o-rientato in un'unica direzione lo sforzo comparativo; così come l'anaHsi di parallelismi e differenze sul piano deH'ideologia, che del resto sono stati abbondantemente esaminati in passato. DeEa scelta di una comparazione da compiersi con i caratteri - e i limiti - ricordati, sono stati incaricati due studiosi tra i maggiori nel proprio campo, Phi-Eppe Burrin e Nicolas Werth, accomunati da uno sforzo briHante-mente compiuto negE ultimi anni di superare le contrapposizioni di "scuola" su cui le storiografie del nazismo e deHo stalinismo si erano consoHdate: queEa tra "inten-zionaHsti" e "funzionaHsti" per quanto riguarda E nazismo e queEa tra "totalitari" e "revisionisti" per quel che concerne lo sta-Enismo. SuHa base di una diseguale massa di studi e di documentazione - ben più ampia per E nazismo, ma largamente incrementata neE'ultimo decennio per lo stalinismo - Burrin e Werth affrontano E medesimo percorso tripartito (dittatore, violenza, società), sorretti da un'analoga ispirazione a spostare gH accenti della ricerca daEa storia poHtica e ideologica a una storia sociale e culturale di più vasto respiro; ispirazione che, neH'anaHsi di regimi "caratterizzati da una volontà inedita di influenzare la società e daHo spiegamento di una straordinaria violenza di massa", ha certamente al suo arco frecce migHori rispetto a chi insiste su una valutazione etico-poHtica, E cui risultato finale sembra essere principalmente queEo di classifi- care in base a nominaHsmi esasperati e a un uso connotativo crescente di aggettivi peggiorativi e quaHtativi. Tutti e tre i saggi che Burrin e Werth dedicano aH'ana-Esi del nazismo e deHo stalinismo aggiornano E dibattito storiografico e le stesse interpretazioni già avanzate e proposte dagH autori: più noto in ItaHa Werth per la sua storia sovietica edita dal Mulino (1993; cfr. "L'Indice", 1993, n. 10), meno Burrin, di cui Marietti ha pubbHcato E saggio su Hitler e gH ebrei (1994). È comunque soprattutto neEa parte dedicata a "potere e società" (con i contributi: Le forme di autonomia della "società socialista" e Regime nazista e società tedesca: i molteplici volti dell'accettazione) che la comparazione raggiunge un UveEo nuovo, pur non presentando conclusioni volutamente comuni e lasciando al lettore E piacere e l'onere deEa sintesi di questo confronto storiografico. E un'indicazione - come lo sono del resto gli altri saggi sui temi più frequentemente dibattuti delle "logiche di violenza", e su queEo, in genere affrontato più nei suoi termini complessivi che neEa concreta disanima storica, deEa figura, personaHtà e ruolo dei dittatori - che risponde al desiderio di evitare tanto un HveHo ideologico di anaMsi quanto una posizione storico-giudiziaria. Pur consapevoE di non potersi esime- re dal giudicare o dal fare riferimento a considerazioni moraH, gli autori concordano neEa necessità di voler dare un contributo di "comprensione" che non vuole mettersi al servizio di alcuna memoria né cercare di riparare i crimini del passato: compiti questi certo legittimi, ma che esulano daEa professionaHtà, dal mestiere e daEa stessa missione, se così si può dire, deHo storico. La seconda parte del volume affronta E tema deEa "memoria" nell'Europa ex comunista, affrontando l'intreccio che le due esperienze, diverse per modi e tempi deEa loro presenza in Romania, Ungheria, Bulgaria, Polonia e Germania orientale (questi i casi affrontati), hanno sedimentato neEa memoria «Elettiva, ma anche nel dibattito politico, neEa ricerca storica e neEa organizzazione archivistica che è aEa base deEa riscrittura della storia iniziata dopo E 1989. È questa una parte importante, anche se ancora poco conosciuta, di un lavoro storiografico che, proprio suHa connessione tra svEuppo deEa memoria collettiva e formazione e diffusione di giudizi storici, ha innestato elementi nuovi per una riflessione che riguarda in primo luogo le interpretazioni deEa storia del Novecento, ma che ha ricadute non meno importanti suE'insieme deEa disciplina, tanto sul versante della ricerca quanto su queEo deEa didattica. Il ruolo che memorie divise e storiografie controHate o contraffatte hanno avuto nel creare credenze comuni o neH'impedi-re consapevolezze diffuse è un tema che è emerso con particolare spessore proprio neHe società uscite a fine secolo daH'esperien-za comunista. Ma non è un caso che, negE stessi anni, anche in democrazie consolidate E dibattito suHa memoria e su alcuni momenti cruciali deEa storia nazionale abbia avuto un impatto fondamentale: sia suHe modahtà di formazione di una coscienza coHettiva sia sui risultati deEa ricerca storiografica. Al termine di questo doppio percorso affrontato con contributi plurimi, Pierre Hassner svolge considerazioni conclusive sul passaggio deHo studio del to-taHtarismo da uno stadio "teologico" a uno stadio "positivo", mentre Krzysztof Pomian pone a confronto E concetto di totaH-tarismo con queEo di regime comunista. Entrambi i saggi, che non pretendono di esaurire né di riassumere o concludere un dibattito destinato fortunatamente a proseguire, sono E segno di quanto sempre più siano l'anaHsi storica concreta e E compara-tismo empirico - sia pure guidati da una bussola metodologica certa - a permettere a una riflessione teorica, classificatoria e concettuahzzante, di fare passi avanti rispetto al passato. ■ floresdunisi.it Nel secolo del totalitarismo Tzvetan Todorov MEMORIA DEL MALE, TENTAZIONE DEL BENE Inchiesta su un secolo tragico ed. orig. 2000, trad. dal francese di Roberto Rossi, pp. 402, € 19,63, Garzanti, Milano 2001 Da lungo tempo impegnato a individuare le radici deEe istituzioni autoritarie deEa storia moderna, i dilemmi morali che si pongono di fronte a coloro che si trovano a vivere in situazioni estreme, la natura e le ragioni di comportamenti normali che intrecciano e avaHano queHi patologici e criminali compiuti da minoranze, Todorov ha riproposto in modo nuovo alcuni dei temi che aveva già affrontato in passato. La sua convinzione che questo sia stato il secolo del totalitarismo, il "secolo deEe tenebre", caratterizzato non soltanto da un tasso di violenza particolarmen-• te accentuato, ma da un grado di mobilitazione che rispondeva alla capacità dei regimi totalitari di far fronte ai bisogni umani di ordine e di assoluto, viene ripercorsa in modo più compiuto e coerente, con E contrappunto nuovo e narrativamente efficace di cinque biografie esemplari - per la loro profondità, ricchezza, moralità e complessità - di inteHettuali e scrittori che hanno attraversato il totalitarismo da testimoni privilegiati, come vittime o come osservatori angosciati, in ogni caso come persone che hanno trovato, accanto aEa forza di combatterlo, la capacità di analizzarlo e comprenderlo. La prima di queste figure è lo scrittore russo Vasilij Grossman, autore di due tra i più grandi romanzi - Tutto scorre (1970) e Vita e destino (1984) - suHo stalinismo e suHe purghe, la cui indagine ruota sulla sottomissione deH'indivi- duo, cogliendo neH'identificazione tra regime e nazione uno dei tratti su cui E totaHtarismo costruisce forza e consenso. La comparazione tra nazismo e comunismo coinvolge inoltre, e inevitabilmente, la figura che tra le prime aveva posto all'attenzion* pubblica la necessità e E dovere di quel confronto, Margarete Buber-Neu-mann, vittima e sopravvissuta di entrambi i sistemi concentrazionari. Il terzo personaggio che interrompe la riflessione contenutistica e metodologica sui diversi aspetti del totalitarismo è David Rousset, sopravvissuto di Buchenwald, autore nel 1946 e 1947 di due opere decisive per conoscere e comprendere da una parte E sistema nazista di distruzione e repressione e daE'altra E punto di vista soggettivo dei deportati (L'Univers concentrationnaire e Les Jours de notre mort), nonché alfiere quasi so-Etario nel 1949 deEa battagha per far sapere al mondo la verità sui campi ancora esistenti, quel-E deH'Unione Sovietica. Infine Romain Gary (cfr. a p. 19 di questo numero) e Germaine Til-lion, figure forse meno note al pubblico italiano, ma centrali nel dibattito e neEa riflessione d'oltralpe, conducono Todorov a esaminare E peso del passato nel presente, E suo eccesso o la sua mancanza, affrontando E modo in cui la democrazia deve fare i conti con la stessa problematica morale e politica che E totaHtarismo ha risolto in modo univoco, violento, tragico e sanguinario. NeH'ultima parte del Hbro Todorov affronta "i pericoli deEa democrazia" attraverso E prisma dei crimini commessi daH'occidente in nome del bene e deEa libertà, da Hiroshima alla guerra del Kosovo, prendendo di petto, con la consueta passione e coerenza logica e storica, alcuni aspetti cruciali dell'attuale dibattito pubblico, vale a dire E rapporto tra ingerenza e assistenza, tra diritti e doveri, tra umanità e giustizia. (M.F.) a '.nia ut liiA'in Hot ami IP W n : A a - J * ": J A