Narratori italiani Antologia della narrativa breve Ecco il Romanzo di Filippo La Porta Notizie dal Gruppo 63 di Lidia De Federicis Gli editori Piero Manni e Anna Grazia D'Oria pubblicano un bilancio della nostra cultura letteraria nc\Y Atlante del novecento italiano-, settantaquattro fotografie di autori, scattate da Giovanni Giovannetti e introdotte da un'intervista di Erminio Risso all'intellettuale che li ha selezionati. Qui Edoardo Sangui-neti non spiega solo i criteri della scelta odierna, ma ripassa colloquiando le proprie convinzioni, quelle che ispiravano già l'antologia fatta per Einaudi nel 1969, di cui la principale è l'idea "di un Novecento come secolo, fondamentalmente, delle avanguardie". I settantaquattro presenti, da Alvaro a Zavattini, appaiono disposti secondo il più esterno e piatto degli ordini, l'ordine alfabetico. Senza gerarchie, senza una cornice di raggruppamenti manifesti movimenti. Ciascuno, scelto per la sua rappresentatività storica e non di pura letteratura, risulta poi immesso nella casualità dell'alfabeto da cui tuttavia sembrano esaltate la mescolanza di scritture e il disfacimento dei modelli che sono nel programma dell'ordinatore: Ar-basino, metti, se ne sta a fianco di Argan, il gergale Caliceti con Calvino, l'etnologo Lanternari con Luzi poeta. Dei fotoritratti di Giovannetti, un repertorio che è un vero paesaggio, una forma visiva della critica, non si può dire che bene. Giovannetti ci consegna la memoria delle facce, testi storici anch'esse. Faccia d'artista o faccia d'intellettuale, i due volti congiunti del secolo: indimenticabili gli occhi spiritati di Adriano Spatola (1941-1988), un poeta rimasto fuori dell'antologia einaudiana; e insostenibile ormai la nota postura fint'infantile di Nove a cavalcioni del suo rospo di plastica. Dell'intervista a Sanguineti bisogna invece dire che ha il pregio di un'accentuata semplicità, di un'affabilità didattica ben riuscita che, mentre semplifica il quadro teorico, ce ne restituisce, stretta all'essenziale, la sostanza provocatoria. Presentandosi YAtlante con l'aspetto di sontuoso indice di un'eventuale antologia, è ovvio che Sanguineti vi esprima anche un parere sulle antologie. Che cosa pensa, domanda Risso, dei molti critici secondo i quali è assurdo puntare sulle presenze e sulle assenze? Risponde: "Sono profondamente convinto che le presenze e le assenze siano un criterio decisivo. L'antologia è un gioco culturale che ha una regola molto precisa, fondata su inclusione ed esclusione". E dall'antologia all'ideologia, spostandosi verso le massime questioni, che ne pensa della fine delle ideologie? Risponde da chierico ostinato nella propria identità: "L'ideologia della fine delle ideologie ha segnato culturalmente la fine del comunismo, in modo che non ci sia altro che capitalismo, trascinandosi dietro ogni pensiero critico perché, nella storia attuale, non esiste altro pensiero critico al di fuori del materialismo storico". Intanto Feltrinelli pubblica, sempre a cura di Risso, la nuova edizione di Ideologia e linguaggio, un libro di rilievo nella milizia poetica di Sanguineti. Uscito nel 1965 e poi ampliato e ristampato nel 1970. Questa terza edizione riproduce la versione del 1970 con l'aggiunta di un insieme di dodici pezzi dispersi, il più antico, a proposito di Butor, uscito nel 1959 su "Il Verri", il più recente, a proposito di Palazzeschi, preparato per un convegno fiorentino del febbraio 2001. Il Novecento è stato il primo secolo del cinema e Sanguineti, in un intervento messo a chiusura del volume, ne trae appoggio alla sua lettura avanguardistica: "Questo fu il secolo delle avanguardie, perché fu il secolo delle anarchie, perché fu il secolo del montaggio". Abbiamo appreso dal linguaggio della moviola a cogliere ogni messaggio verbale come un "montaggio verbale". Dunque, a questo mondo "non c'è che sintassi". Ma non è la sintassi dei modelli grammaticalizzati. Intanto Archinto pubblica uno strano titolo, Esoterico biliardo, dell'unica donna che la storia letteraria colleghi ufficialmente al Gruppo 63: Giulia Niccolai, nata a Milano nel 1934, e vissuta dappertutto, anche in India, e per anni a Mulino in una casa di campagna dell'Appennino parmense. Fotografa e traduttrice (di Gertrude Stein), scrittrice in prosa e in verso, legata a Spatola da undici anni di "convivenza sentimentale" e assieme a lui nella fondazione della rivista "Tarn tam" e di un'omonima collana di poesia sperimentale; monaca buddista dal 1990. Chi è interessato alla cultura che si diramava attorno alla neoavanguardia, troverà nei tredici capitoli del Biliardo un profilo di Manganelli, un ricordo di Spatola, l'eco di un lavoro di amici, di una disperazione, di una personale evasione. L'Esoterico biliardo allude a una geometria segreta di epifanie e coincidenze, e al ribaltarsi della casualità in causalità, secondo quel che spiega la Nota dell'autrice. Chi cerca viaggi nello spazio psichico, li può trovare nel suo libretto. Ma basta essere semplicemente sensibili al miraggio di un mondo non affannato per farsi turbare dalle parole di Giulia Niccolai quando racconta della vita quotidiana e dell'attrito che la rende " così simile alla carta vetrata". O della sua esperienza di una "trivella interiore" , che è il modo in cui agiscono su di lei i mantra detti con animo concentrato. Una specie di trivella che acquieta "l'incessante pollaio mentale delle nostre rimostranze e insoddisfazioni". L'attrito di carta vetrata nella vita di relazione, l'incessante pollaio nella mente. Si può star peggio? ■ RACCONTI ITALIANI DEL NOVECENTO a cura di Enzo Siciliano 3 voli., pp. XXXV-5770, Ut. 28X000, Mondadori, Milano 2001 Un fantasma si aggira silenziosamente tra questi racconti del Meridiano curato da Enzo Siciliano: il fantasma scomodo del Romanzo, del Romanzo Italiano che non c'è, e lo stesso curatore dovrà a un certo punto farci i conti. Ma prima di affrontarlo anche noi, tentiamo di descrivere sommariamente i tre volumi dell'antologia. Si tratta di una ponderosa selezione di quasi trecento racconti, di varia lunghezza, dagli inizi del secolo scorso fino alla narrativa recente (per un totale di seimila pagine), con una serie di corrispondenti "medaglioni" sugli autori stessi, oltre a un utile apparato bio-bibliografico messo a punto da Luca Baranelli. Inevitabile dunque il rischio di appiattimento critico, per cui si usa quasi lo stesso lessico, e finanche lo stesso spazio di pagina, per Italo Svevo o per Aurelio Picca (Orwell consigliava sobriamente di anteporre alle recensioni, quasi come "servizio" verso il lettore, il tipo di categoria cui si pensava appartenesse il libro recensito: A, B, C...). Peraltro i ritratti dei singoli scrittori si ammirano per incisività e nettezza di giudizio. A volte Siciliano - che ha un finissimo orecchio musicale - sembra assecondare troppo la sua stessa "facilità" di lingua e di canto, con qualche espressività un po' leziosa (la prosa romanzesca "fradicia di risorse gergali"...), ma va a suo merito l'aver intrecciato i doveri dell'informazione con una presa di posizione sempre evidente, l'esigenza didattica con una soggettività onestamente tendenziosa: ad esempio, per limitarci al primo volume (per forza di cose il più ricco dei tre), segnalo soltanto i "cappelli", con definizioni fulminanti, su Marinetti ("attore" più che poeta), su Bontempelli (l'unico nostro geniale "avanguardista"), su Piovene (un mix di Manzoni e Dostoevskij), e ancora le osservazioni su Gadda, finalmente liberato dalla improbabile annessione i-performalista. E certamente un'opera del genere, con la possibilità che offre di leggere in un'unica edizione centinaia di racconti italiani sparsi in mille libri o quasi irreperibili, ci procura un "piacere del testo" impareggia- bile, unito a un sottile, inconfessato brivido patriottico (in fondo non siamo da meno di altre letterature nazionali...). Il generoso ecumenismo del curatore (che accanto a nomi sommi include Guccini, Scerba-nenco, Eco...) non fa altro poi che rispecchiare una situazione di fatto, in cui convivono "naturalmente" filoni e autori diversi tra loro, e che si rivolgono a pubblici diversi (casomai si potrebbe dire che proprio in una scelta così ampia colpiscono le assenze: tra i nuovi narratori cito solo Dario Voltolini, Sandra Petrignani e soprattutto Chiara Tozzi). Nelle venticinque pagine di introduzione, il curatore ricostruisce tra l'altro la genesi del racconto italiano dalla "beffa" della novella toscana, con il suo primato della vitalità sulla morale, che però mi sembra a sua volta degenerato in cinismo canagliesco e ottuso, cui non si potrà fare più affidamento dal punto di vista delle patrie lettere... Ora, può essere una coincidenza che il Meridiano cominci e finisca con due racconti che, a distanza di un secolo, trattano della morte (rispettivamente De Roberto e Mozzi). Certo questa coincidenza induce a qualche riflessione a proposito del genere stesso del racconto (la nostra più genuina vocazione, secondo Calvino) e dell'incombere dell'extraletterario (opaco, in- trattabile, inestetico) sulla pagina quasi sempre elegante, levigata e in sé conchiusa dei nostri scrittori. Come si sa, "ron-disti" e "vociani" non sopportavano il romanzo perché, da squisiti degustatori della letteratura, non sopportavano la lingua romanzesca, sempre corsiva, impura, incline a contenere le zone morte e spente dell'esistenza. I nostri sparuti romanzieri sono sempre stati accusati di "scrivere male"... E qui Siciliano nota, sulla scia di Giacomo Debenedetti, come l'opposizione tra prosa e romanzo sia anche un conflitto sociale, "di civilità". Ma, a proposito della latitanza del romanzo nella nostra tradizione, proprio leggendo queste pagine ho avuto (forse) una rivelazione. Inutile cercare ancora - in Italia - il romanzo che non c'è, inseguire con senso di frustrazione una modernità utopica, aspirare a una "normalità" sempre fatalmente sfuggente. No, il Romanzo -inteso come capacità di autodescrizione, come indagine psico-morale, come interrogazione stringente su di sé e decifrazione di destini - già ce l'abbiamo, e non è altro che questa stessa antologia di racconti. Un romanzo dunque atipico, frammentato (e che rinvia a una modernità che ci assomiglia: "provinciale", periferica...), che se ne sta lì come un geroglifico nascosto, come una trama appena sepolta, che noi lettori dobbiamo ricomporre a posteriori. Non sappiamo se in questo modo riusciremo anche a diventare "cittadini" di una società democratica. Ma dipende ovviamente da noi, dalla nostra immaginazione, dalla nostra stessa voglia di verità (sul paesaggio sociale e umano che abitiamo), saperlo riconoscere. Italiani, ancora uno sforzo! ■ fililapo@tin.it r* l'oro di Siena Il Tesoro di Santa Maria della Scala Torino - Palazzo Madama 6 dicembre 2001 3 marzo 2002 'Éfe Ire- »h "1 > l'i B f] Jet, ;-•: mm% fe I v. J >«r ' W i la: ' tel. 011.442.99.12 www.comune.torino.il/palazzomadama Pasolini Enzo Siciliano è l'autore nel 1978 di una drammatica Vita di Pasolini (Rizzoli), uscita in nuova edizione aggiornata nel 1995 (Giunti).