Colitica Storia occulta di Eugenio Reale: antifascista, comunista, affarista, poi golpista Nel cuore oscuro della Guerra Fredda di Demetrio Volcic Giuseppe Averardi LE CARTE DEL PCI Dai taccuini di Eugenio Reale la genesi di Tangentopoli pp. 336, Ut 30.000, Lacaita, Manduria (To) 2000 EUGENIO REALE, L'UOMO CHE SFIDO TOGLIATTI a cura di Antonio Carioti pp. VII-301, hit 18.000, Liberal Libri, Firenze 1998 oggi sembrano protagonisti di un racconto dei "ragazzi del '99", a meno che qualcuno non ritiri fuori la storia per motivi congiunturali, vale a dire ecce- zionali. Non ho conosciuto Reale di persona - benché certo gli fos- sero noti alcuni misteri della Po- lonia (dove fu ambasciatore tra il 1946 e il 1947), di cui è peral- tro molto probabile che comun- que non avrebbe parlato. Dalle fotografie appa- re una faccia Parliamo di Eugenio Reale perché è di recente au- mentato l'interesse nei suoi riguardi. Su di lui Giuseppe Averardi ha scritto un libro; e non molto tempo fa un'opera assai approfondita gli è stata dedicata da Antonio Carioti. Il secondo motivo del rinnovato interesse è la notizia che in un eventuale golpe negli anni set- tanta, insieme a Pacciardi e So- gno, un posto sarebbe stato asse- gnato pure a Eugenio Reale (e non tra i secondari), Ministro de- gli Interni e dunque potenziale distruttore di tutta quella rete di import-export che lui stesso non molti anni prima aveva creato. Averardi ha dato al suo libro un titolo di quelli che vanno di moda, e nel quale si potrebbe eventualmente riconoscere un certo sex appeal politico pre-elet- torale: Le carte del Pei. Dai tac- cuini di Eugenio Reale la genesi di Tangentopoli. Il titolo è esatto, in quanto la parte centrale del li- bro riguarda il finanziamento dei partiti (o del partito). Quello che rende il caso Reale diverso da quello di altri faccendieri del- la prima generazione è l'ampiez- za dell'operazione, l'onestà del personaggio, le modalità in cui l'operazione prese avvio. Un vecchio detto afferma che sia più giusto sbagliare con il partito che avere ragione da so- lo. Ma quando il partito sbaglia un po' troppo e alcuni commili- toni scoprono che l'idolo ha sul- la coscienza milioni di morti, qualcuno, spesso un intellettua- le, ci ripensa e preferisce avere ragione da solo. Se il pentito non è di temperamento egocentrico, e protagonista ad ogni costo, di solito si allontana dalla vita poli- tica, scende in panchina e com- menta dai bordi del campo la partita che conosce bene. Arthur Koestler, uno di que- sti, diceva che sarebbe un grave peccato contro il buon gusto di- sputare, in una sola vita, due partite, due carriere politica- mente contrapposte. Molti inve- ce diventano "ex". Odiano le idee che avevano professato e le persone in cui avevano creduto. Saranno accusati di aver com- piuto la capriola non per una giusta rivolta umana ma per in- teresse. Le nuove generazioni cono- scono poco le vicende dei perso- naggi che furono importanti so- lo una decina di anni fa ma che "Odiano le idee che avevano professato e le persone in cui avevano creduto" quasi sempre sorridente e in contrasto con la seriosità dei vici- ni, con il cappel- lo sulle ventitré e con l'aria di uno che non sta- _ va male nella vi- ta. Se fosse stato precettato dal- la Terza Internazionale durante le due guerre, non gli avrebbero affidato compiti di rilievo. Si agiva allora in modo abbastanza lombrosiano; uno cosi non avrebbe retto a lunghe sevizie. Padre medico, madre nobile na- poletana, non si sa se ricca o po- vera, il giovane Eugenio comun- que non ebbe difficoltà a lau- rearsi con ottimi voti in medici- na, e a legarsi, quasi fosse un fat- to naturale, con i gruppi antifa- scisti, pagando la sua fede con anni di prigione. Del suo passa- to comunista non parlava molto. Giuseppe Averardi gli chiese quali fossero le ragioni del suo impegno politico e si ebbe la ri- sposta: la galera, ma anche il mi- to dell'Unione Sovietica. Quan- do la conversazione scivolava su questi temi Reale diventava par- co e sintetico. Disse in un'altra occasione: solo Togliatti sapeva come le confessioni dei nostri compagni fossero state estorte con la tortura. In un altro mo- mento ancora parlò dei suoi rapporti con Togliatti: "La mia infatuazione è stata imperdona- bile e assurda. Io non dovevo aspettare l'Ungheria per sve- gliarmi. Io sapevo, io conoscevo come si viveva in Polonia, in Ungheria, in Cecoslovacchia". Perché allora attese tanto a lungo prima di staccarsi? Sa- peva che il suo amico Slansky, primo segretario del Pc ceco, era stato prelevato dopo la cena al- l'uscita della residenza del suo capo ed era svanito nel nulla. Reale conosceva la trappola tesa al Ministro degli Esteri unghere- se Rajk. Si trovava a Praga men- tre saltavano i ministri - uno, il suo buon conoscente Masaryk, anche dalla finestra del terzo piano. Probabilmente in quel mo- mento Reale credeva ancora nel- la possibilità di redenzione del sistema. Alcune fedi sono dure a morire. Reale teneva un diario in cui negli anni cinquanta i diagrammi spesso sostituivano le riflessioni. Diceva di voler pubblicare lo scritto nel 2000; nel linguaggio della sua generazione, ciò voleva dire dopo la sua morte. Averardi ora tenta in base a pochi appunti e molti ricordi di ricostruire que- sto diario virtuale. Ma dove era finito il testo originario? Con molta tranquillità Reale comunicò al proprio gruppo di ex-comunisti transfughi di aver subito il furto dei suoi diari. Tuttavia, stranamente non sem- brava né scosso né scandalizza- to né molto perplesso. Da qui l'impressione che il documento _ fosse stato mes- so al sicuro, op- pure concorde- mente prelevato da qualche ser- vizio segreto, d'accordo e cer- to non contro l'autore. Con i libri di Valerio Riva, con i contributi di Michele Pelli- cani, nonché di altri testimoni del tempo e di Averardi stesso, oggi non è difficile ricostruire le linee generali del pensiero di Reale. Emanuele Macaluso, nella pre- sentazione del libro di Valerio Riva, pose alcune domande a cui ancora mancano risposte credibi- li. "Capisco tutto e tutto sembra concatenato" - dice Macaluso. "Ma perché quella violenza di linguaggio? C'è una visione della lotta politica inspiegabile. Le ac- cuse non sono dirette solo al Psi e alla politica di centro-sinistra, ma a La Malfa, a Malagodi, a Sceiba, accusati di fare il gioco dei comunisti. Reale fu durissimo sul Psdi e su Saragat, definito il più corruttore se non il più cor- rotto degli uomini politici italia- ni. Appena due anni prima era entrato anche lui nel Psdi. E enorme tutto questo. C'è una esasperazione nella sua posizione politica" - pensa Macaluso. Se qualcuno ancora scriverà di Reale dovrebbe partire da questo nodo, che forse interesse- rebbe più un drammaturgo, uno scrittore, che un politologo. Reale ha scritto un libro sulla riunione costitutiva del Co- minform, nell'autunno del '47 in una bellissima residenza di caccia di vecchi nobili, nella ex Germa- nia imbottita di microfoni. Molti esperti collocano l'inizio della guerra fredda in varie date. E probabile che da parte dell'Unio- ne Sovietica cominci proprio quel 22 settembre 1947 nella cit- tadina di Szklarska Poreba. L'Occidente giocò la prima carta col discorso di Churchill a Fulton: sfida e pericolo per la ci- viltà occidentale da parte della quinta colonna comunista. Com- porta il ritorno all'età della pietra. Il 12 marzo la "dottrina Tru- man". Il presidente americano annunciò tra l'altro di voler entra- re nel conflitto greco (a causa del- la debolezza degli inglesi), il che costituì l'occasione per proclama- re il principio del contenimento. Stalin si era ritirato dalla Per- sia, come chiesto dall'Occiden- te, rinunciando a quell'approdo dalle parti del Bosforo che ogni zar russo aveva promesso e mai concesso. Con la conferenza di pace di Parigi (estate 1946), Stalin capì di aver vinto la bat- taglia per il bacino danubiano in quanto aveva le truppe sul terreno; di più non avrebbe avuto. E di fronte all'alternativa - imporre una rivoluzione velo- ce eliminando i partiti non co- munisti, oppure procedere di- plomaticamente nella battaglia per la vittoria comune sul nemi- co nazi-fascista - opta per la prima variante. In poche setti- mane i comunisti vengono espulsi dai governi in Francia e in Italia. Quasi contemporanea- mente il segretario di Stato Marshall gioca la carta dell'aiu- Il segreto c'è, ed è ancora inviolato di Nicola Tranfaglia Giovanni Fasanella e Claudio Sestieri con Giovanni Pellegrino SEGRETO DI STATO La verità da Gladio al caso Moro pp. 230, Ut 28.000, Einaudi, Torino 2000 Francesco Cossiga LA PASSIONE E LA POLITICA pp. 427, Ut 33.000, Rizzoli, Milano 2000 Mentre la dodicesima legislatura re- pubblicana si avvia alla sua conclu- sione naturale, ed è la prima nella quale abbiano governato insieme le forze di centro e quelle della sinistra, inclusi cioè gli eredi del Pei, i quali hanno anzi avuto un ruolo centrale nell'esecutivo, appaiono due li- bri che differiscono profondamente nell'im- postazione e nelle cose che raccontano. Han- no tuttavia in comune un oggetto in gran par- te identico: la storia italiana dell'ultimo cin- quantennio e i misteri che in parte la caratte- rizzano. La somiglianza finisce però qui. E dunque inevitabile parlarne separatamente, giacché se l'intervista al senatore Giovanni Pellegrino raccoglie i risultati delle ricerche e delle rifles- sioni della Commissione stragi del nostro par- lamento, quella all'ex presidente Cossiga si pone insieme come memoria, assai reticente, di un itinerario politico, e come indicazione di una piattaforma politica per il presente, effet- tuata nel momento in cui l'uomo politico sar- do cerca di spiegare con argomenti efficaci il suo passaggio alla coalizione di centro-destra guidata da Berlusconi, Fini e Bossi. Il dialogo tra Pellegrino e i due giornalisti, Fasanella e Sestieri, che lo intervistano, si con- centra sulle risposte che possiamo dare oggi, allo stato delle ultime ricerche, al quesito che ancora appassiona e inquieta tanti italiani: chi sono i maggiori responsabili dei 491 morti e 1181 feriti che hanno insanguinato l'Italia dal- la strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969 all'assassinio di Aldo Moro il 9 maggio del 1978, e poi ancora fino al 31 dicembre 1987? "Perché - si scrive nella prima pagina del li- bro - tante stragi in Italia? Perché i loro re- sponsabili sono stati protetti e coperti? E per- ché, una volta sconfitto il terrorismo nero, si è lasciato che quello rosso crescesse fino a mi- nacciare il cuore stesso dello Stato?". Rispetto alla proposta di relazione presentata da Pellegrino alla Commissione stragi nel 1995, le risposte che può dare oggi il presidente della Commissione (non ancora complete né esau- rienti, occorre sottolinearlo) sono assai più arti- colate e complesse. Ci si può infatti avvalere di una serie di informazioni pervenute successiva- mente all'organismo parlamentare. Innanzitutto, Pellegrino ritiene che nella strategia della tensione, accanto ai servizi se- greti americani, abbiano avuto parte anche quelli tedeschi e israeliani. "Sia la Germania che Israele - egli scrive - avevano interesse ad accreditarsi agli occhi degli americani come gli alleati più affidabili e influenti: la prima nello scacchiere europeo, il secondo in quello del Mediterraneo. E dunque anche loro soffiavano sul fuoco delle nostre instabilità." Inoltre, Pellegrino è convinto che il legame di ferro tra il Pei e l'Unione Sovietica abbia