L'INDICE Hhdei libri del mese ■■ La tragedia argentina oltre la cronaca In transito nella guerra sporca Angelo Morino Elsa osorio, I vent'anni di Luz, ed. orig. 1998, trad. dallo spagnolo di Roberta Bovaia, pp. 355, Lit 28.000, Guanda, Parma 2000 Luz è argentina, ha poco più di vent'anni e, nell'estate del 1998, sbarca all'aeroporto di Madrid insieme al marito e al figlio. Il loro sembrerebbe un viaggio organizzato per conoscere la capitale spagnola: le "stradine anguste e misteriose" intorno alla Plaza Mayor, i "bar aperti a qualsiasi ora", le "donne che ballano con lo sguardo altero e le mani simili a uccelli inquieti". Ben presto, però, Luz si rivela animata da un desiderio tenace, nutrito da tempo e forse sul punto di realizzarsi: rintracciare un uomo - pure lui argentino, ma da anni trasferitosi a Madrid - alla cui incerta identificazione la giovane donna è giunta dopo faticose ricerche. E con quell'uomo, Carlos, ci saranno un incontro in un bar e un dialogo dall'avvio molto difficile, nell'intercorrere dalle insistenze dell'una ai sospetti dell'altro. E in un tardo pomeriggio che ha inizio il dialogo fra i due e, al momento di lasciarsi, sarà l'alba del giorno successivo, tanto lunga, tanto aggrovigliata e dolorosa è stata la storia che Luz ha ricostruito dinanzi all'esterrefatto Carlos. Comunque, il loro commiato fra le prime luci posate su Madrid non è un addio: con due baci sulle guance l'uomo assicurerà alla giovane donna che si ritroveranno, uniti da una nuova consapevolezza e da un desiderio di giustizia da ristabilire. Con questo breve prologo - sette pagine in cui non trovano posto le battute del dialogo durato tutta una notte -, ha inizio uno dei migliori romanzi venuti dall'America di lingua spagnola negli ultimi anni: un libro costruito su una pagina di storia agghiacciante, restituita con distaccata partecipazione, trasformata in un congegno narrativo che non concede tregua al lettore. Quasi si avesse a che fare con un thriller montato con smaliziata perizia, invece che con una vicenda presa dalla realtà del nostro tempo e disposta secondo il ritmo di una progressiva uscita verso la luce. Il dialogo non riportato nel prologo lo si ritroverà spezzettato e corsivato fra le pagine delle tre parti successive, che segnano un ritorno all'indietro rispetto all'iniziale 1998. E, cronologicamente, il punto di partenza è il 1976 a Buenos Aires, è l'atroce esordio della cosiddetta "guerra sporca" e delle brutali scomparse di persone qualificate come sovversive dal regime militare. Quale sia il legame che unisce Luz e Carlos, è facile intuirlo. Ma, pur sapendo che sono una figlia e un padre quelli che si incontrano, e pur mantenendosi la narrazione saldamente ancorata alla verosimiglianza storica, tutto il resto è un susseguirsi di sorprese per il lettore, che rimane catturato dall'efferatezza degli episodi concatenati, dal raccapriccio dinanzi a personaggi quotidiani quanto spietati, dal montaggio narrativo risolto con grande perizia. Nel raccontare il percorso di Luz, subito sottratta a una madre destinata a scomparire, presa in consegna da una famiglia legata ai militari e fra questi cresciuta nell'ignoranza delle sue origini, l'argentina Elsa Oso-rio - di cui questo è il primo romanzo tradotto in italiano e di cui si spera di leggere presto altri titoli - non è la prima ad affrontare uno dei brani più sanguinosi della storia del Novecento. È il caso di ricordare almeno Miguel Bonasso, che col suo Ricordo della morte (Interno Giallo, 1998) aveva già dato prova di saper tradurre in efficaci termini narrativi le cupe e efferate atmo- sfere degli anni della guerra sporca. Tuttavia, sembra che a Elsa Osorio e a questo suo I vent'anni di Luz spetti un posto di particolare spicco, perché qui l'incandescente e tormentata materia è riuscita a tradursi in una struttura narrativa che segna un distacco necessario rispetto alla realtà. Al punto che, leggendo queste pagine, non ci si limita a ripercorrere un brano di storia recente. Ci si ritrova pure a riflettere sulle modalità del raccontare attraverso cui Elsa Osorio, prelevando e riadattando da altre zone della letteratura, è riuscita a rendere narrativamente efficace il suo libro. Per esempio, il dialogo fra Luz e il padre ritrovato - quello sottratto dal prologo e inserito a frammenti nel successivo evolversi dell'intreccio -può ricordare certi romanzi di Mario Vargas Llosa e, fra questi, in particolare Conversazione nella cattedrale, dove un procedimento simile è stato più vistosamente utilizzato. Ma, in questo come in altri casi, per l'appunto di prelievi e riadattamenti si tratta: di un lavoro letterario che, tenendo a freno le emozioni più immediate, è intervenuto sulla cronaca come sulla testimonianza e ne ha determinato la trasformazione in romanzo. E così, come sempre accade allorché queste operazioni riescono a compiersi felicemente, con I vent'anni di Luz ha preso forma un universo complesso, attraversato da numerosi personaggi, che - nella loro varietà -contribuiscono a spiegare in che modo l'orrore delle torture e delle sparizioni sia stato possibile nel succedersi di sette anni. Perché, se nel prologo la partita si gioca a due, è una composita folla di figure quella che anima le tante pagine successive, organizzate a scandire un dilatato arco temporale. La prima a prendere la parola è Miriam, la giovane venuta dall'entroterra con la speranza di poter affrontare - grazie alla sua bellezza - la carriera di modella, ma ben presto finita in un giro di prostituzione a uso e consumo delle alte sfere dell'esercito argentino. Sarà questa donna priva di consapevolezze, ignara amante di uno dei tanti torturatori, che si ritroverà ad assistere all'efferata eliminazione della madre di Luz, a brevissima distanza dal parto, divenendo così deposita- ria di un segreto difficile da conservare nel silenzio. E, nell'awi-cendarsi dei tempi e delle situazioni, Miriam diverrà personaggio il cui sguardo è sempre meno capace di limitarsi alle menzogne in superficie, fino a trasformarsi nella responsabile del disvelamento conclusivo. I personaggi che affollano il romanzo di Elsa Osorio non si distribuiscono tutti secondo una partizione manichea: da una parte - quella delle vittime, dei resistenti alla dittatura militare - i buoni, e dall'altra - quella dei carnefici, dei militari e di quanti con loro si identificano - i cattivi. Fra gli uni e gli altri, c'è posto per la rappresentazione di caratteri in transito o fermi nell'incertezza, i quali hanno parte preponderante nell'ancorare il romanzo alla categoria della verosimiglianza, in quella zona fatta di realtà e di finzione dove hanno radici le migliori raffigurazioni storiche. Infine, occorre purtroppo segnalare che la pregevolezza di un testo come I vent'anni di Luz è tale da riuscire persino a sopravvivere ai preoccupanti disastri della traduzione italiana. Una traduzione in cui, ricalcati sugli originali "sargentos prime-ros", circolano con disinvoltura i "primi sergenti" - invece dei "sergenti maggiori" -, dove il verbo "realizar" viene sempre fatto corrispondere con "realizzare" - anche quando sarebbe stato bene ricondurlo verso il suo significato di "rendersi conto" -, dove non c'è ombra di sospetto che in certi casi - in elementare osservanza alla consecu-tio temporum - il passato remoto spagnolo equivalga al trapassato prossimo italiano. E avanti così, senza tregue consistenti, fra scivoloni e tentennamenti. Ma, al di là degli errori, preoccupa soprattutto la sciattezza generale di una versione che non bada a cacofonie e a ripetizioni, che non esita a inglobare frasi prive di senso compiuto, che - in sintesi - ripercorre pedissequa lo spagnolo, faticando nell'appro-dare a un italiano uniformemente dignitoso. Ma, così stando le cose, c'è pure da domandarsi quale sia stato l'intervento del redattore o della redattrice, che, sia pure ignorando lo spagnolo, avrebbero avuto seri motivi di intervenire, rimediando almeno in parte alle vistose deficienze della traduzione. Anche perché, qualora fosse stata correttamente seguita questa prassi editoriale, era comunque il minimo che il romanzo di Elsa Osorio e i suoi lettori italiani si sarebbero meritati. ■ 0) fl • pH bD 03 Oh \J > CD Shitao, il sapore del mondo Testo poetico e critico di Frangois Cheng Traduzione italiana di Graziella Cillario 160 pagine, 80 tavole, formato cm. 31 x 24 lire 112.000 - ISBN 88-86995-05-9 PRIX MALRAUX 1998 Pagine d'Arte Via Zebedia, 9 - 20123 Milano Tel. 02.72.09.46.22 - Fax 02.72.00.69.77 "Una pagina di storia agghiacciante trasformata in un congegno narrativo che non concede tregua al lettore"