HH^^^HH Ni: riNDICF 6 ■Hdei libri oel meseBH Tondelli già classico Goodbye, smalltown boy Andrea Cortellessa Pier Vittorio Tondelli, Opere. Romanzi, teatro, racconti, a cura di Fulvio Panzeri, pp. L Vili-1229, Lit 29.500, Bompiani, Milano 2000 Tondelli classico. A nemmeno dieci anni dalla morte. E, ciò che impressiona forse di più, ad appena vent'anni dal suo primo libro: Altri libertini, "I Narratori" Feltrinelli, gennaio 1980. Se tanti "classici" recenti sono invenzioni dell'industria editoriale (interessante la nuova serie dei "Classici" Bompiani: robusti ma non più in legatura, economicissimi) non è questo il caso dello scrittore emiliano stroncato a trentasei anni dall'Aids, appunto nove anni fa. La sua classicità si misura dall'ostinata affezione di discepoli e compagni di strada. Uno di loro è certo Fulvio Pan-zeri, che gli ha dedicato più di cento interventi (ricavo l'incredibile cifra dal catalogo del Centro documentazione di Correggio: http://tondelli.comune . Correggio . re . it) e ora allestisce il monumento editoriale delle Opere (un secondo volume, imperniato su Un weekend postmoderno e sugli altri scritti d'occasione, dovrebbe uscire la prossima primavera). È su Camere separate - l'ultimo suo libro, scritto mentre già la malattia lo rodeva - che si gioca la partita postuma di Tondelli. Su questo libro che nel 1989 molti lessero come inopinata apertura al "rosa" (sia pure in chiave gay): al modo in cui Rimini (1985) era stato condannato quale postmoderno romanzo-romanzo, espressamente confezionato per l'industria. E in effetti sconcertante, se uscito dalla penna di chi nei libri precedenti, appunto Altri libertini e Pao Pao (1982), aveva dato vita a una prosa polifonica macaronica corporea, umorosamente picaresca ed "emotiva" (nel senso di "intimamente connessa alla lingua", con modelli quali Céline, Celati e Arbasino). Molti critici chiedono che non venga frazionata la traiettoria di Tondelli. Anche l'esplosione linguistica di Altri libertini, l'anarchismo stilistico ed esistenziale maturato negli anni "caldi" del Dams bolognese (a contatto con docenti come Camporesi, Eco e lo stesso Celati) e appena moderato òa\V editing di un altro maestro al quale lo scrittore resterà sempre legato, Aldo Tagliaferri - incontinenza espressiva che causò persino un processo per oltraggio al pudore, vinto grazie all'arringa di un avvocato-poeta, Corrado Costa -, bisognerebbe leggerla come lontana incubazione dei valori sentimentali e spirituali di Camere separate. Esplicito, in questo senso, il libro del gesuita Antonio Spadaro, Attraversare l'attesa (che si basa sull'analisi delle postille ai volumi della sua biblioteca) (cfr. "L'Indice", 2000, n. 7-8): che in apertura confessa di aver letto le opere di Tondelli a ritroso, "l'inizio alla luce della fine" (e allora le scene notturne, in Altri libertini, sarebbero pascaliano anelito al ritorno nell'Eden!). Non troppo diversa la posizione di Roberto Carnero e di Elena Buia (unica che tenti davvero un interpretazione, con pagine acute sulla simbologia fagica, digestiva e deiettiva). Proprio una delle postille trascritte da Spadaro può tuttavia suggerire un'interpretazione opposta: che ponga cioè l'accento sulle discontinuità e sulle palinodie che Tondelli ha affrontato (e che danno anche tanto più spessore spirituale alla sua "conversione"). Sulla sua copia del Cinese del dolore di Peter Handke, Tondelli sottolineò infatti queste frasi: "a volte mi definisco 'esperto in soglie' (oppure 'cercatore di soglie') (...) il narratore è la soglia. Per questo deve fermarsi e riprendersi". Non stupisce questa attenzione per le fasi liminari, per i riti di passaggio, nello scrittore che aveva giocato, col titolo del suo secondo libro, tra la sigla del Picchetto Armato Ordinario (Pao Pao, com'è noto, è racconto di naia) e l'isola polinesiana "anticamera del paradiso" (così nel titolo di un libro degli anni cinquanta, pure presente nella sua biblioteca). E non si capisce granché di Camere separate se non si coglie la successione di traumatiche separazioni che appunto lo sostanzia: non solo fra sé e gli altri (quell'ipostasi degli "altri" rappresentata dal compagno morto), ma fra il sé di ora e quello di un tempo. Reinterpretazione di un passato, in primo luogo, letterario. È questo il "sentimento" più profondo del libro - nonché ciò che ne motiva la complessa (non solo musicale) struttura a flashback sovrapposti. Tanto il primo che l'ultimo Tondelli hanno come propria scena madre un ritorno a casa: ma mentre il "libertino" narrante di Viaggio torna a Correggio solo per trovarvi "tutta una morte civile ed erotica e intellettuale e desiderante che ti chiedi come la gente fa a sopravvivere", il Leo di Camere separate, trasparente alter ego dell'autore, torna con struggente compiacimento "nel paese in cui è nato, nella casa dove ha abitato per vent'anni, sotto lo stesso tetto che protegge il sonno dei suoi genitori". Centro del centro, cuore del cuore, la propria stanza adolescenziale (la cui descrizione richiama per contrasto quella virtuosistica-mente accumulatoria della stanza di Annacarla nell'episodio eponimo di Altri libertini, pp. 112-113). Qui il passato, contemplato da un balcone leopar- diano, è il proprio passato di scrittore. Di autore di Altri libertini, cioè: "in questa stanza (...) lui ha scritto (...) il suo primo libro. Da quel balcone, mentre scriveva, fissava le luci della città brillare sotto le cime dell'Appennino, là in fondo (...) Là si svolgeva la vita e lui (...) non poteva fare altro che sognarla e descriverla (...) una città della notte in cui i sogni risplendono e in cui tutti sono allegri, ben vestiti, affascinanti nelle loro auto lanciate veloci attraverso la pianura". All'altezza di Camere separate, Tondelli ha ancora la lucidità di distinguere, di separare la voce - anzi, "le" voci di quell'io collettivo e decentrato, figlio degli anni settanta - di Altri libertini da quella del proprio sé (non è un caso che la stesura dell'opera prima procedesse di pari passo con l'elaborazione della tesi di laurea, svolta sul genere narrativo che meglio insegna a distinguere voce dell'autore e voci dei personaggi: il romanzo epistolare). Solo che ora ha una poetica opposta, basata proprio sulla sovrapposizione centripeta e "narcisistica" (secondo un'acuta diagnosi di Tagliaferri) di quelle due voci: sino a renderle indistinguibili. Tanto che si potrebbe persino sostenere che il vero lutto, in Camere separate, sia quello elaborato nei confronti della propria scrittura giovanile, della propria capacità di vivere in "quella realtà separata che definiamo arte". Perché ora, inve- ce, "lui è cosciente che il suo immaginario è morto. È cosciente di averlo perduto" - e la voce che si prepara alla morte, purtroppo, non è più quella di un personaggio. Alla fine, Tondelli indulgerà allo stesso errore dei suoi lontani censori - a leggere cioè come sue le parole dei personaggi di Altri libertini. A vergognarsene. E a volerle, quindi, censurare. Spadaro riporta le sue parole estreme, su una copia della traduzione di Testori della Prima lettera ai Corinti-, vi è evidente il distacco da Camere separate ("tutta questa ricerca del passato, questo ossessivo andare al-l'indietro (...) non basta più, è un intoppo, una stupidaggine (...) ho sempre pensato che la scrittura avrebbe potuto (...) 'salvare' la storia miserrima (...) (la mia) in un canto epico (...) la letteratura non salva, mai (...) l'unica cosa che salva è la fede e la ricaduta nella Grazia"), ma è ancora più terribile la nota di qualche giorno prima: "quello che il destino mi ha poi riservato non è stato (...) una evoluzione verso l'assoluto della scrittura e della finzione più alta (...), quanto un ritorno rovente al mondo del mio primo libro al punto da dividere, di quelli che hanno in sostanza solo dei personaggi (...) la stessa purtroppo vera e ora sì reale, vissuta, sorte tanatologica". Il Tondelli estremo, insomma, interpreta Altri libertini come profezia del proprio destino: e quel linguaggio gli è intollerabile in quanto linguaggio di morte. Di più: il linguaggio della propria morte. E quel che è peggio è che probabilmente, in un certo senso, non sbaglia. Quello che non pare legittimo - e soprattutto, direi, è impossibile -, per chi quei testi non ha scritto ma interpreta, è condividere una visione di questo tipo. Tanto più che cambiarle, quelle parole, non potrà resuscitare chi le ha scritte. Come ogni grande libro Altri libertini, ormai, c'è: una volta per tutte. ■ Su Tondelli Roberto Carnero, Lo spazio emozionale. Guida alla lettura di Pier Vittorio Tondelli, pre-faz. di Enrico Palandri, post-faz. di Stefano Zappoli, cronologia di Fulvio Panzeri, Interlinea, Novara 1998, pp. 138, Lit 30.000. Elena Buia, Verso casa. Viaggio nella narrativa di Pier Vittorio Tondelli, Fernandel, Ravenna 1999, pp. 127, Lit 20.000. Antonio Spadaro, Pier Vittorio Tondelli. Attraversare l'attesa, Diabasis, Reggio Emilia 1999, pp. 231, Lit 30.000. Antonio Spadaro, Laboratorio "Under 2J". Tondelli e i nuovi narratori italiani, Diabasis, Reggio Emilia 2000, pp. 221, Lit 30.000. Troppo umano Chiamare in causa la filologia farà storcere il naso a quel critico alla moda che una volta accusò Panzeri di essere "un piccolo filologo diligente", che "gioca con Tondelli come se fosse Dante". Ma il rispetto per la lettera dei testi resta primo compito di chi li editi: sia Dante o meno (tanto, sarà sempre meno). Per questo è doveroso segnalare l'unico grave difetto del "classico" dedicato a Tondelli. Cioè la scelta di modificare 0 testo dei primi due episodi di Altri libertini, Postoristoro e Mimi e istrioni (non Viaggio, come dice Panzeri), esemplandolo su una copia corretta dall'autore in extremis, a matita rossa e blu: "apportandovi precisazioni e cambiando il lessico soprattutto nel senso di variare, in alcuni casi, la bestemmia in turpiloquio" (Panzeri a pagina 1135). Non è proprio esatto. Sono sistematicamente censurate le bestemmie ("porcodio" —» "perdio", ecc.), ma lo è anche il turpiloquio sessuale: con l'introduzione di imbarazzati eufemismi ("la spagnola" —> "il servizietto"; "pom-pini" —» "cosacce") e perifrasi che nuocciono all'incisività di certe situazioni e soprattutto deformano il ritmo delle frasi, così importante in questa prosa (es.: "menarsi su e giù la pistola Smith e Wesson neanche ci dovesse sborrare" —> "[...] dovesse farla venire"). Esemplare guasto "musicale", la censura dell'ultima incitazione di Giusy a Bibo, "diocane, sborra", mentre lo sta masturbando per potergli praticare l'iniezione che lo salverà dalla crisi d'astinenza (p. 22 = 1980, p. 33: apice - narrativo emotivo e ovviamente scandalistico - di Postoristoro e dell'intero libro). Panzeri, ricordiamolo, è esecutore testamentario dell'amico. Va letta quindi in chiave umana, prima che filologica, la frase con cui liquida la questione nelle Note ai testi (le quali omettono di precisare tagli e modifiche): "l'edizione del testo qui presentata, rispettando le volontà dell'autore (...), si adegua alle ultime correzioni apportate". Scelta che contraddice quella adottata per Biglietti agli amici: che, "non essendo stata completata la revisione da parte dell'autore, non tiene conto delle ipotesi di modifica indicate e si adegua quindi all'edizione 1986". Cioè - a norma - all'ultima edizione seguita e corretta dall'autore (ciò che per Altri libertini non è avvenuto). Questo per la stretta deontologia filologica (che oltretutto ha da tempo preso a discutere il dogma dell'"ultima volontà d'autore" - del tutto fuorviarne, per fare un esempio noto a Panzeri, nel caso di un "classico" come Palazzeschi). Ma venendo alla sostanza della questione, che è critica, sorprende che Pan-zeri osservi ultime volontà che sanciscono un impoverimento letterario (e umano) dell'opera dell'amico (soprattutto - ove questi Altri libertini dovessero divenire ne varietur - per tutti quelli che l'accosteranno in futuro). Umanissimo, rispettare le indicazioni di un amico in punto di morte. Ma pensiamo a cosa sarebbe successo se lo avesse fatto Max Brod con quelle di Kafka. (A.C.) "D Tondelli estremo interpreta 'Altri libertini' come profezia del proprio destino"