c N. 12 David Foster Wallace, Brevi interviste con uomini schifosi, Einaudi. Alla vigilia dell'attesissimo infinite Jest, i racconti del geniale virtuosista americano, tra tinte surreali e tocchi da fuoriclasse. Antonio Moresco, La santa, Bollati Boringhieri. Un testo per il teatro firmato dal grande e visionario autore de Gli esordi. Aldo Nove, Amore mio infinito, Einaudi. A quattro anni da Woobinda, l'ultima incursione di Aldo Nove nella contemporaneità. (A.B.) Louise Labé, il canzoniere, Mondadori. Una buona occasione per leggere, con il testo a fronte, una delle più belle raccolte di liriche d'amore del Cinquecento. Michel Dibdin, Vendetta d'annata, Passigli. Una nuova indagine, di ambiente langarolo, del commissario veneto Zen, fratello spirituale del poliziotto aristocratico e poeta di P.D. James. Sergio Atzeni, il quinto passo è l'addio e Passavamo sulla terra leggeri, Il Maestrale. Una casa editrice di Nuoro ripropone molto opportunamente in edizione economica gli ultimi due romanzi dello scrittore che ha decifrato la Sardegna come "mondo dei vinti" straordinariamente ricco di storia ignorata. (M.B) L'Abruzzo, a cura di Massimo Costantini e Costantino Felice, Abbiamo chiesto ai mem bri del nostro comitato di redazione e ad alcuni nostri collaboratori abituali di scegliere tra i libri usciti di recente, che stanno leggendo o che intendono leggere, quelli che consiglierebbero ai lettori deW'lndice". Troverete di tutto, tra abbinamenti arditi e competenze bizzarre. E ci piace che sia così perché abbiamo volu ni, to che le scelte fossero domi- ^^ A I 'T Ih" "I? 1 nate soltanto dai principi Einaudi. Anche la terra di D'Annunzio, Croce e Silone ha ora un imponente volume (1162 pagine) nella serie "Le regioni nella storia d'Italia". Martin McCauley, Stalin e lo stalinismo, il Mulino. Serena ed efficace sintesi che ben contestualizza il suo oggetto nella storia russa, sovietica e internazionale del Novecento. Roma, città del papa. Storia d'Italia. Annali 16, a cura di Luigi Fiorani e Adriano Prosperi, Einaudi. Monumentale tragitto storico (1254 pagine), in 34 eccellenti contributi, di una città plurale costruita intorno al corpo cangiante del papa. (B.B.) Maria Corti, Storie, Manni. Sei racconti dell'autorevole filo- loga dalla doppia identità, fra i quali si segnala II volo delle cuffie: strana esperienza, giugno 1993, di una commissaria statale in una scuola di suore della Brianza. Angelo Semeraro, Tommaso Fiore provveditore agli studi, Manni. Sessanta pagine di documenti di imprevista attualità in questo profilo di Fiore: un salve-miniano chiamato da Omodeo al ruolo di provveditore a Bari negli anni della ricostruzione educativa (1943-1947). Marina Girotto e Maria Luisa Ronco, Dalle terre del riso, GS Editrice. Duecento ricette, fra cucina internazionale e tradizione vercellese, in un ricco volume: opera di due ex insegnanti, che non hanno temuto di passare dall'umanesimo in cattedra al cibo in tavola. (L.D.F.) delle curiosità e delle passioni. La lista che scorrerete contiene tito-, li che forse ritorneranno recensiti e citati, e altri di cui forse non parleremo mai, ma offre uno sguardo in anticipo sui lavori in corso dell'Indice. I consigli di questo mese sono di Andrea Bajani, Mariolina Berti-Bruno Bongiovanni, Lidia De Federicis, Claudia Moro, Stefano Verdino, Anna Via-cava. Michael Ignatieff, Isaiah Berlin. Ironia e libertà, Carocci. La storia di una vita densa, il ritratto di un geniale storico delle idee. Michael Ignatieff, giornalista anglocanadese esperto di conflitti etnici, si era già provato nel genere con una biografia plurale, The Russian Family (1987), dedicata alla propria famiglia. Johanna Drucker, Il labirinto alfabetico. Le lettere nella storia del pensiero, Bonnard. Da una storica e teorica americana delle arti visive, una monografia di intrecci: tra alfabeti terrestri e celesti, linguaggi magici, calligrafie, religioni, filosofie, scritture e tecniche di stampa. Protagoniste le lettere degli alfabeti. Jacques Camatte, Dialogando con la vita, Colibrì. Uno scritto del 1997 sulla questione dell'individualità, tratto da "Invarian-ce", la rivista che Camatte pub- blica dal '68. Lo introduce un'intervista di Piero Coppo, in cui Camatte ripercorre il suo itinerario intellettuale intorno ai concetti, oggi vietati dal bon ton, di capitale e alienazione; auspici Marx, Bordiga, i situazionisti, la gnosi, Freud. (C.M.) Dino Campana, Sperso per il mondo, Olschki. Ci consente di leggere insieme una serie di autografi campaniani (1906-18), smarriti e ritrovati, qui organizzati da quel geniale e appassionato indagatore "campanista" che è Gabriel Cacho Millet. Nel libro si raccolgono anche varie lettere inedite o malnote dell'autore dei Canti orfici. (S.V.) Joannes Cremerius, Il futuro della psicoanalisi, Armando. Da una critica consapevole della psicoanalisi e delle sue istituzioni, l'indicazione di un futuro possibile. Malek Chebel, La cultura dell'harem, Bollati Boringhieri. Un saggio che affronta gli aspetti psicoanalitici, antropologici e sociali della sessualità magrebina. Mario Trevi e Marco Innamorati, Riprendere Jung, Bollati Boringhieri. Colpe istituzionali e arroccamenti individuali hanno ostacolato e ostacolano il dialogo fra junghiani e freudiani. (A.V.) A proposito della cosiddetta egemonia culturale Vi è qualche motivo di gratitudine nei confronti di Francesco Storace, presidente della regione Lazio. Come noto, il bambino di Andersen, Candide o il classico Dorftrottel (scelga lui) sono in grado di far emergere una verità nascosta perché fin troppo evidente. Dote tanto più preziosa in una politica dominata dalla tattica elettorale. La sua proposta (ma qui Storace supera quei modelli che non fanno proposte) di istituire commissioni di controllo dell'obiettività dei testi scolastici rivela le pulsioni autoritarie di uno schieramento, politico e non, che con la democrazia e la libertà ha fatto spesso matrimoni di convenienza. La sua proposta di mediazione - "lasciamo perdere la storia del Novecento e io rinuncio alle mie commissioni" - è ancora più rivelatrice e contiene forse il bandolo dell'intera matassa. Come hanno rilevato diverse persone (tra cui due direttori dell'"Indice", Cesare Cases e Alberto Papuzzi), la cosiddetta egemonia culturale della sinistra solo in alcuni momenti ha scalfito la superficie di quell'iceberg di rimozioni e di conformismo che ha condizionato la scuola italiana per mezzo secolo. Basta confrontarci con il dibattito sul passato come si è configurato nella vicina Germania per rendersene conto. Né è il caso di sopravvalutare l'effetto taumaturgico (o demoniaco, per Storace) del Sessantotto. Chi, come me, ha insegnato storia all'Università fino all'inizio degli anni novanta avrà condiviso l'esperienza di trovare studenti che nella maggioranza non avevano studiato il fascismo fino all'esame di maturità. Ci sono voluti altri anni perché venissero letti gli ultimi capitoli dei testi di storia, quali che fossero, e perché un ministro della pubblica istruzione ponesse meritoriamente il problema. Non a caso Sto- race offre il silenzio, il vuoto, l'ignoranza come alternativa alla censura. Dobbiamo pure essergli grati perché ci ha costretto a riflettere su noi stessi come cittadini e, per quelli che lo sono, come insegnanti. Non sono soltanto gli ammiratori di Storace a correre il rischio di effettuare matrimoni di convenienza (parafraso ancora una volta Salvemini) con i valori che professano e, addirittura, con le loro intime convinzioni. Non mi riferisco soltanto al lungo e travagliato percorso della sinistra italiana verso una piena e incondizionata accettazione della democrazia (segnalo, tuttavia, che mai essa, dove ha governato in Italia, ha coltivato tentazioni censorie). Penso, purtroppo, a qualche recente arrendevolezza nei confronti del cosiddetto revisionismo storiografico, a qualche tendenza a proporre una storia comprensiva e condivisa (pericolosamente contigua a una storia Obiettiva o Ufficiale). Oppure, sull'altro versante, a un relativismo che ignora le lezioni sulla realtà storica di maestri come Carr e lo stesso Salvemini, per fare due esempi tra tanti. Un'ultima considerazione. In troppe occasioni l'invocazione della libertà di insegnamento è servita a costruire una sorta di polo delle libertà di fare i propri comodi, soprattutto, ma non solo, nelle alte sfere dell'insegnamento. Oggi sappiamo di nuovo apprezzare quella formula, sancita dall'articolo 33 della Costituzione. Grazie al nostro governatore bambino. Gian Giacomo Migone Nei prossimi numeri "L'Indice" ospiterà una discussione a più voci su insegnamento della storia e libri di testo. Lettere Il greco dall'inglese. Raramente gli editori italiani mostrano curiosità nei confronti della letteratura greca contemporanea e raramente i critici letterari italiani, giovani e non, mostrano interesse per la ricerca che alcuni editori fanno nei contesti delle letterature minori. Ho dunque molto apprezzato l'articolo che Caterina Carpinato ha pubblicato suir'Indice" di ottobre a proposito di due libri greci usciti presso Bompiani, quello di Apostolos Doxiadis e quello di Petros Markaris. Lavorando nell'editoria, ho imparato (purtroppo - perché era molto più rasserenante credere che i buoni prodotti culturali potessero imporsi grada sui) a capire che il successo dei libri, e la relativa efficacia, in termini di sensibilizzazione letteraria, di una scelta culturale passano anche e fondamentalmente per l'attenzione che i media le dedicano. Per questo ho apprezzato chi, come Caterina Carpinato, ha colto quella che io ritengo una prova interessante di apertura a una più articolata cultura mediterranea. Tuttavia, sono stata un po' disturbata dal tono, molto sicuro nella sua insinuazione, con cui Carpinato ha denunciato l'insensibilità linguistica dell'editore italiano nel tradurre 0 romanzo di Doxiadis dall'inglese, "appiattendo e impoverendo uno dei romanzi migliori della letteratura greca contemporanea". Chi polemizza con questa scelta non sa, evidentemente, che è stato Doxiadis stesso (bilingue) ad autotradursi dal greco e a richiedere che le traduzioni straniere partissero dalla sua versione inglese del libro, non da quella greca. Certamente chi scrive una recensione non è tenuto a sapere le ragioni di certe scelte editoriali. Tuttavia - credo - è tenuto a rispettare i confini del proprio spazio d'analisi, ad attenersi all'oggetto (limitato e reticente) che si trova in mano, e a giudicare (bene o male) quello, non quello che sarebbe potuto essere. Che nella traduzione, poi, si sia perso qualcosa è sicuro — ma non perché è stata fatta dall'inglese; semplicemente perché è stata fatta, forse. Anna Maria Lorusso Le immagini. Le immagini di questo numero sono tratte da Biedermeier. Arte e Cultura nella Mitteleuropa, pp. 304, s.i.p., Skira, Milano 2000.