N. 4 Storia La dignità della vita di Maurizio Tarantino Benedetto Croce e Giovanni Laterza CARTEGGIO 1921-1930 a cura di Antonella Pompilio, pp. 716, €48, Laterza, Roma-Bari 2006 La pubblicazione del carteggio tra Benedetto Croce e Giovanni Laterza, che l'Istituto italiano per gli studi storici di Napoli e l'Archivio di Stato di Bari hanno intrapreso presso l'editore Laterza, è giunta con questo al terzo di quattro volumi. Come !- è stato detto pratica- ~ mente in tutte le recensioni ai primi due volumi, l'evento editoriale, nel suo complesso, riveste una duplice importanza: da una parte aggiunge tasselli (e altri ne illumina) al mosaico già così immenso e variegato dell'opera di Croce; dall'altra fornisce la fonte principale per chi voglia seriamente conoscere la storia e le origini di una fondamentale casa editrice italiana. E correttamente Massimo Ferrari (cfr. "L'Indice", 2005, n. 7-8) concludeva la sua recensione sotto il segno dell'"immagine impressionante di un grande imprenditore della cultura". Per questa parte non occorrerebbe dire altro, se non che si nota, in tutto il carteggio, la mancanza delle lettere contenenti i soli resoconti delle vendite, che gli editori hanno omesso di pubblicare per la mole eccessiva che avrebbe così raggiunto il carteggio. Sarebbe opportuno, forse, che gli archivi di stato, in una delle loro collane, ne dessero l'edizione; e di ciò formuliamo qui l'auspicio in forma di proposta all'ottima curatrice Antonella Pompilio. Ma a chi sente il fascino di quella zona grigia (nella quale Croce e anche Laterza a lungo si collocarono), intermedia tra l'opposizione concreta al fascismo e l'adesione o la cinica indifferenza, questo volume offre una grande quantità di spunti, quasi tutti orientati però verso una precisa direzione: quella dell'autocensura, a volte praticata, altre volte orgogliosamente respinta. Praticata, ad esempio, nel 1925, quando Croce, nella lettera del 7 novembre, chiede a Laterza di sostituire un articolo, Dei letterati che prestano servizio (poi uscito nel secondo volume delle Pagine sparse con 0 titolo di Affaccendamenti inutili e mal graditi), con quattro brevi postille di argomento meno scabroso. Respinta invece nel 1928, nel noto episodio del "complesso di equivoche generalità " e del "non limpido consigliere", frase con cui Croce, nella Storia d'Italia, indicava l'attualismo e Giovanni Gentile, il quale premette a lungo su Laterza perché Croce modificasse la frase, incontrando sempre, per altro, la ferma opposizione del filosofo. Tra i molti casi che potrebbero essere citati a illustrazione di que- sto atteggiamento, è notevole quello sorto attorno alla dedica apposta da Paolo Treves, nel libro sulla Filosofia di Tommaso Campanella, al padre Claudio, scrittore e parlamentare socialista, famigerato tra i fascisti soprattutto per il celebre duello ingaggiato nel 1915 con Mussolini. La dedica recitava: "A mio padre, che mi additò con l'esempio la dignità della vita". Il 16 aprile 1930 Laterza scrive a Croce accostando, con diplomatica sottigliezza, la lettura di un volgare trafiletto anticrociano e antilaterziano sul "Lavoro fascista" alla questione della dedica, che egli propone a Treves di limitare "alle prime tre parole essenziali, non essendo opportuno motivarla allo stato attuale delle cose". Alla lettera Croce risponde il giorno dopo, tranquillizzando Laterza sulla "purezza" del lavoro storico di Treves e sull'assenza in esso di riferimenti al presente, e aggiungendo, con maliziosa e retorica ingenuità: "Ma veramente non capisco perché vi abbia fatto senso quella dedica affettuosa di un figlio al padre. O che la dignità della vita [il corsivo è ovviamente di Croce] è un fatto politico del giorno?". Comunque sia, la dedica uscì poi nella versione "purgata". Le forme così differenziate che assunse in Italia la lotta e l'opposizione al regime fascista trovano comunque in questo volume una drammatica rappresentazione, nascosta spesso dietro un'apparente e più statica facciata: il dramma di chi deve mantenere una rotta insidiosissima, garantire la sopravvivenza della casa editrice e della rivista cui si è affidato il proprio destino intellettuale e umano, senza abbandonare del tutto gli ideali per i quali altri stanno pagando un prezzo ancora più alto. Così, quando Laterza scrive a Croce nel luglio del 1928, preoccupato per gli arresti di amici e autori della sua casa editrice, che "sta prendendo la fisionomia di essersi votata all'antifascismo", il filosofo può rispondergli, l'8 luglio, rassicurando l'editore sull'avvenuta liberazione di Vittorio Enzo Alfieri e di Umberto Segre, ribadendo che "l'apparente fisionomia" della casa è soltanto dovuta al fatto che i fascisti scrivono solo "sciocchezze e goffaggini" e invitandolo infine a "tirare innanzi per la via diritta" e a ricorrere sempre al suo consiglio, "perché credo - conclude - di avervi dato continue e indubbie prove che mi colloco dal punto di vista dei vostri interessi non solo materiali, ma morali, i quali nella vita sono di primaria importanza". tarantino@iiss.it M. Tarantino è responsabile scientifico della rete delle biblioteche digitali della Campania La tragedia dopo la tragedia di David Bidussa Adam Michnik IL POGROM ed. orig. 2006, a cura di Francesco M. Cataluccio, trad. dal polacco di Laura Restio, pp. 80, € 7, hieri, Torino 2007 ea J—/ur 4 luglio 1946. Kielce è jna città della Polonia su-dorientale in cui fino al 1941 vivevano molti ebrei. Nel 1946 ne ritornano centocinquanta. L'accoglienza non è entusiasta. Molti si sono impossessati delle case degli ebrei evacuati dalla città e deportati a Treblinka. Nessuno pensava che qualcuno sarebbe mai tornato. Quella mattina di luglio un bambino dato per scomparso dichiara alla polizia che è stato sequestrato dagli ebrei, che è stato tenuto in una cantina e che dopo tre giorni è stato liberato da un bambino ebreo. Alle 11 la polizia lo conduce nel palazzo dove dice di essere stato sequestrato. È seguito da una folla che chiede vendetta e punizione. Riconosce il palazzo. Non ci sono però cantine in quel palazzo. La lipoaron, — Npi i'Mh, . il sii Kit!« ci;, desìi the «uUAttinvamt tm iì icigiiue tranuinua, (ira mUumi»» il*.t< ... — In una cassa sepolta di Alfonso Botti Encarnita e Renato Simoni CRETAS Autogestione nella Spagna repubblicana (1936-1938) pp. 330, € 17, La Baronata, Lugano 2006 Il volume getta nuova luce sulla sperimentazione rivoluzionaria in cui si tradusse, in tanti centri abitati della Spagna, la risposta popolare al golpe militare del 17-18 luglio 1936. Cretas, un villaggio di milleseicento abitanti nella provincia di Teruel, la più povera della regione aragonese, al confine con la Catalogna, sulla spinta del forte movimento anarcosindaca-lista della Cnt e delle milizie libertarie della regione vicina, conobbe un'esperienza di collettivizzazione che coinvolse circa due terzi degli abitanti. Gli autori della ricerca sono legati a Cretas da vicende personali: Encarnita vi è nata nel dopoguerra e aveva sentito parlare della collettività in incontri familiari semiclandestini durante il franchismo; Renato Simoni, insegnante nel liceo di Mendrisio, aveva conosciuto la giovane spagnola emigrata a Lugano negli anni sessanta. Insieme avevano redatto e poi discusso la tesi di laurea su Cretas nel 1977 a Ginevra, quando l'uso delle fonti orali era guardato ancora con sospetto in molti ambienti accademici. Con una quarantina di interviste, realizzate a partire dal 1976, i Simoni hanno raccolto una notevole mole di informazioni, poi verificate con i pochi documenti d'archivio disponibili e con i verbali delle assemblee della collettività che casualmente sono riapparsi qualche anno fa, nascosti in una cassa seppellita nei pressi del villaggio. Pubblicata in un bollettino spagnolo di storia locale nella prima metà degli anni ottanta, la ricerca si presenta nell'attuale edizione ampiamente riveduta e tiene conto dei non numerosi studi sulle collettivizzazioni, sia di quelli di tipo generale che di quei pochi che ricostruiscono esperienze concrete. La ricerca non tace gli aspetti critici o negativi dell'autogestione: il passaggio al razionamento dei beni alimentari divenuti scarsi dopo l'iniziale fase di prelievo dei prodotti nei magazzini collettivizzati con la sola regola della coscienza individuale, rivelatasi evidentemente inadeguata; la violenza che accompagna la costituzione della collettività e che in alcuni casi va oltre le necessità di fornire una risposta armata al tentativo golpista; la mancata adesione di un terzo degli abitanti alla nuova situazione e l'allontanamento di altri nell'estate del 1937, dopo l'arrivo delle truppe del comandante comunista Enri-que Lister, latore di un ordine di scioglimento del Consiglio d'Aragona (una sorta di governo autonomo regionale a maggioranza anarchica), emanato dal governo centrale ed eseguito senza andare per il sottile. D'altra parte la ricerca evidenzia anche gli aspetti positivi: l'aumento della superficie coltivata malgrado la riduzione della manodopera dovuta al richiamo alle armi dei giovani; la solidarietà verso i combattenti con l'invio di molti prodotti alimentari al fronte; la maturazione politica e culturale con l'esercizio della democrazia diretta e con le iniziative promosse dalle locali Gioventù libertarie. Nel complesso il lavoro dei Simoni risponde positivamente, sul terreno della microstoria, alla domanda di conoscenza dei meccanismi reali delle profonde trasformazioni sociali e, per alcuni versi, anche antropologiche, che le componenti rivoluzionarie e libertarie del campo repubblicano cercarono di realizzare in una condizione, quella bellica, tutt'altro che favorevole. convinzione, tuttavia, è più forte dell'evidenza. Inizia l'assalto al palazzo, che riprende il pomeriggio, la sera e la mattina seguente. Il bilancio, alla fine, è di quarantadue morti e cinquanta feriti. Ci vorranno cinquantanni perché ufficialmente quel bambino, che allora aveva otto anni, ritorni a parlare in una intervista per dire che la sua deposizione fu inventata e distorta, che il padre lo costrinse a denunciare gli ebrei e che la polizia segreta lo minacciò, allora, e ancora per molto tempo, perché continuasse a ripetere e a sostenere la sua accusa. Adam Michnik, a sessantanni di distanza, ripercorre e ricostruisce complessivamente quella vicenda sulla scorta delle testimonianze e dei testi stesi nei giorni stessi del pogrom da molti dei protagonisti istituzionali: tra cui il vescovo Kaczmarek, il vescovo Kubina e gli esponenti della comunità ebraica. Da una parte vi sono dunque i due vescovi, accomunati da molte cose, ma divisi sul giudizio specifico. Kaczmarek, infatti, ritiene il massacro un'operazione istigata dalla polizia segreta e attenua la responsabilità dei cittadini di Kielce, perché convinto come loro che gli ebrei fossero al servizio dei nuovi padroni russi e comunque schierati con i nemici della Polonia. Kubina, invece, condanna il pogrom e, pur confermando sia il suo antigiudaismo, sia la convinzione che ci sia stato un complotto della polizia segreta, ritiene che sia mancata da parte dei polacchi una manifestazione di pietà e di solidarietà per i sopravvissuti e che la chiesa non abbia fatto sentire la sua voce. Michnik, dall'altra parte, chiama in causa anche gli esponenti della comunità ebraica, che non trovarono in quella circostanza parole per comprendere il dolore dei polacchi che vivevano l'arrivo dei sovietici come una nuova occupazione, mentre gli ebrei vi videro i propri liberatori. La conseguenza fu che i polacchi videro confermata in quella "felicità" il carattere antinazionale degli ebrei. Ognuno, afferma Michnik, era chiuso nel proprio dolore. Le premesse di una nuova rivalità erano poste. Solo nel 1981, grazie a Solidarnosc, divenne possibile riaprire quel dossier. Ma ancora oggi quell'argomento non è superato, come dimostra Joanna Michlic nel suo saggio sulla memoria della Shoah in Polonia nel secondo volume della Storia della Shoah (Utet, 2006). Il piccolo e denso libro di Michnik consente dunque di comprendere quali siano le modalità e le retoriche di un sentimento popolare di lunga durata con cui nel lungo dopoguerra è stato davvero difficile e complicato fare i conti. davidbidussa@yahoo.it D. Bidussa è direttore della Biblioteca della Fondazione Feltrinelli a Milano