Narratori italiani Fra romanzo e inchiesta di Alberto Casadei Pietro Spirito UN CORPO SUL FONDO pp. 237, € 14, Guancia, Milano 2007 Il "romanzo" (così sul frontespizio) di Pietro Spirito appartiene al filone recentemente molto praticato della docu-fiction, dell'inchiesta giornalistico-investigativa che assorbe al suo interno tratti tipici della finzione romanzesca. Tutto parte da un evento dichiarato come vero dall'autore, anche in varie interviste. Nell'estate del 2000, quando i mass media erano concentrati sul salvataggio del sottomarino russo Kursk, un anziano ex combattente della seconda guerra mondiale, che aveva poi aderito alla X Mas, Domenico C., telefona a Pietro Spirito nella sua veste di giornalista del "Piccolo" di Trieste: segnala che un sommergibile affondato il 30 gennaio 1942 al largo di Pola probabilmente attendeva ancora di Pietro Spirito mm essere recuperato con il suo carico di sessanta morti. La notizia, poi ripresa anche a livello politico per sostenere rivendicazioni contro il disinteresse per la sorte dei militari italiani nella ex Jugoslavia, viene verificata dall'autore con controlli dapprima locali, poi negli archivi della Marina militare a Roma: da tutti sembrerebbe emergere un effettivo sforzo delle autorità militari italiane per salvare i superstiti, vanificato però dalle pessime condizioni atmosferiche nei giorni tra il gennaio e il febbraio del '42. Ma Domenico C. non si arrende all'evidenza, non crede nemmeno a un successivo recupero del relitto nel corso del '43, e appare invece ossessionato dalla sorte di quelli che erano stati suoi compagni. Come rivelerà la bellissima Vera, sua assistente sociale e oggetto del desiderio del giornalista-autore, il vecchio fascista è convinto di aver involontariamente tradito i commilitoni, rivelando la rotta del Medusa. Per questa ostinazione, e per il fascino della ragazza, Spirito continua a indagare, scoprendo che un altro sommergibile dallo stesso nome era affondato molto vicino al primo du--rante la Grande guerra: questo secondo scafo è stato sicuramente recuperato nel '56, mentre una traccia della poppa dell'altro sembrerebbe essere stata individuata di recente in un punto difficile da esplorare per la turbolenza delle acque. Spirito, esperto subacqueo, si organizza con persone fidate per controllare direttamente la situazione. Ma durante un'immersione di prova viene attaccato da un gruppo di meduse, e l'evento parrebbe facilmente leggibile in senso simbolico. Incomincia a questo punto la sezione finale dell'inchiesta-romanzo, che contiene le parti probabilmente più suggestive: i segni sparsi del tentativo di ricostruzione storica prendono sempre più spesso una valenza di secondo grado, alludendo a significati non evidenti nella quète del racconto principale. E chiaro, per esempio, che l'ostinata ricerca di una verità riguarda tanto l'oggetto dell'indagine, nel tentativo di ridare un senso a una storia confusa ma sicuramente tragica, quanto il soggetto-investigatore, che tenta di scoprire lati nascosti di se stesso, mettendosi spesso in primo piano, rivelando persino imprese poco virtuose. La conquista di una verità potrebbe coincidere con la conquista della donna amata, ma entrambe sono destinate a un esito non soddisfacente. Così lo scacco del giornalista-storico viene apparentemente a coincidere con quello dell'autore-autobiografo. In realtà la trama non è così netta, e anzi offre proprio da ultimo una serie di spunti per decodificare ulteriori livelli di lettura. Uno è offerto dal diario di un sommergibilista d'eccezione, il matematico Giulio Rosich, che rivela i rapporti fra la ricerca dell'infinito e l'ascolto del silenzio immenso del mare, attraverso gli idrofoni un tempo collocati nei sommergibili. Un altro è quello con Marko, già combattente nella ex Jugoslavia, poi giornalista in grado di far visitare luoghi difficilmente raggiungibili, come un cimitero di guerra nei pressi di Pola, dove si chiude l'intera vicenda, con la certezza che le guerre durano per sempre e, nello stesso tempo, che non possono mai essere spiegate sino in fondo, perché non ci sono motivi cogenti per spiegare una morte prematura, come quella di Francesco Co-smina, l'amico più caro di Domenico C. L'abilità di Spirito si rivela soprattutto nel montaggio "caotico" della sezione conclusiva, che sembra non dover mai finire a causa del continuo aumento di elementi da indagare, di filoni da seguire, di tasselli da ricollocare. E proprio quella del non-finito è l'impressione che resta al lettore, che però sa di dover continuare a cercare il senso di una morte collettiva avvenuta in fondo al mare. La segnalazione di tanti film che direttamente o meno trattano questo argomento (persino uno premonitore del 1942, Uomini sul fondo) mira ancora una volta a fornire ulteriori coordinate interpretative, che trovano un punto di riferimento nel modello letterario per eccellenza di questo filone, Ventimila leghe sotto i mari. Il romanzo di Verne, per primo, mise in luce gli aspetti mitico-simbolici della sfida agli oceani condotta con un sommergibile: il destino di questa, come di tante altre sfide moderniste, trova uno dei possibili epiloghi nella storia vera del Medusa. ■ alberto.casadei® ital.unipi.it A. Casadei insegna letteratura italiana all'Università di Pisa Civiltà che ha perso di Vincenzo Aiello Giorgio De Simone ERA UN GIORNO DI 32 ORE pp 278, € 10, Sellerio, Palermo 2007 Ancora una volta - miracolosamente? - ci arriva dalla Sicilia un libro che aspettavamo. Ma come si fa ad aspettare un libro se non se ne conosce la genesi e l'argomento? Chi scrive pensa con Giacomo, uno dei protagonisti del testo, bibliotecario di Tre Coni, sperduta enclave che ci ricorda una Sicilia interna e collinare - che i libri li porti un po' il vento. Giacomo è un cinquantenne che vive, solo, nel maniero paterno, Palazzo Giacca, dove la sua unica occupazione è quella di tenere a bada trentamila volumi di una biblioteca che è uno splendido dinosauro. Ogni anno Giacomo ha una curiosa abitudine: partendo dalla Sicilia interna risale in "continente" per ritrovare i suoi fratelli e le sue sorelle che hanno lasciato la Trina-cria per fare chi il giornalista, chi l'avvocato, chi lo scienziato. Quest'anno Giacomo fa il viaggio alla rovescia - parte da Milano, dove incontrerà per primo il fratello Cosimo, redattore di una nota testata -, ma ha una brutta novità da segnalare: sente parlare i libri, che gli vociferano un solo nome, Esledon. Quella fantomatica località che il proprio padre - fabbricante di riggiole, e nel tempo libero fine orologiaio -ha deciso di visitare e dove ha trovato, insieme alla moglie, la morte e la sepoltura. La teoria dei fratelli trova chiaramente il bibliomane preda di una depressione post mortem dei genitori. Intanto, quando Giacomo ritorna giù in Sicilia scopre che Palazzo Giacca è in preda a stra- ni batteri - gli Archei - che ne hanno minato la stabilità. Il comune è costretto a sfrattare Giacomo e a deportarne i libri. In tutto questo giunge in paese un nonno materno considerato morto e il corso delle cose ritorna alla normalità. Il resto alla lettura, che sarà, per i fortunati, piacevole e da gustare a lungo: di libri come quello di De Simone, infatti, nella nostra letteratura ce ne sono pochi. Perché ci ha folgorato questo testo? Per la lingua, che c'è, anche se a primo acchito sembra piana come quella di un thriller di moda: invece no, è curata. Per la descrizione-attacco alla famiglia borghese tradizionale, dove un po' tutti vanno per conto proprio e resta solo il chiacchiericcio fatuo. Per quello che il libro dice o affida alla "dolce cornamusa del passaparola (Ceronetti)". La civiltà della parola ha perso: siamo tutti, chi più chi meno, dei sopravvissuti. ■ Vincenzo.aiello68®libero.it V. Aiello è giornalista L'invarianza del blasone di Claudia Moro Franco Cordero L'ARMATURA pp. 661, €22, Garzanti, Milano 2007 Summatico. Qualificare così, attraverso un prelievo dal Contini dantista, l'opera ultima di Franco Cordero sconta l'ovvietà della tautologia - è implicito, o assai probabile, che le quasi settecento pagine scritte da un signore nato nel 1928, autore di decine di libri, reggano il superlativante - ovvero rasenta la fallacia prospettica, il vizio di dedurre l'ampiezza di sguardo dal punto di approdo. Eppure dirlo una summa, questo romanzo-saggio, si impone con una necessità che legittima il riuso di un'etichetta critica abusata. Qui si dispiega, a mezzo tra l'o-stensione del teatrante che svela l'incastellatura dei praticabili e l'estro inventariale dell'archivista che ridispone le carte di una vita, il gesto identificativo di Cordero: la manutenzione della propria prosa di pensiero. Esercizio ««/osummatico e idiosincratico, le cui repliche non cercano apparentamenti, nemmeno tra i ranghi degli incollocabili. Cordero pluriverso sta a sé e in sé consiste. Curricolare per i giusperiti, di rigore nella storiografia su Savonarola, le forche e le colonne infami, giace perlopiù ignorato da canoni letterari di solito indulgenti con romanzerie da bolla speculativa, e non ha miglior sorte tra gli specialisti della riflessione, che dovrebbero coniare apposta per lui la categoria degli analitico-continen-tali a coazione teologica. È dunque in uno stato anfibio che Cordero scollina nel nuovo millennio. La sua seconda stagione pubblica non sembra scuoterne l'effettiva marginalità di scrittore-filosofo, anche se un lettorato ormai largo tiene il computo degli oltraggi al diritto grazie ai suoi interventi sulle colonne della "Repubblica", e compra i libri che li raccolgono (Le strane regole del signor B. e Nere lune d'Italia. Segnali da un anno difficile, Garzanti, 2003 e 2004). La sferza iperculta del proceduralista aggiorna all'eversione istituzionale della destra di governo i toni che risuonarono nei tardi anni sessanta, al momento del suo primo rimbalzo contro un esercizio autocratico di potere. Allora ne andava del suo incarico di filosofia del diritto all'U- niversità Cattolica di Milano, e la controparte era una chiesa già conciliare ma occhiuta imprenditrice dell'insegnamento, e subito in allarme per il cortocircuito di fonti eterodosse con cui Gli osservanti. Fenomenologia delle norme (Giuffrè, 1967) allestivano la scena teoretica della pervasività del normativo. I custodi del magistero lo indovinarono libro seminale, e rispetto alla seminagione concettuale videro giusto. Vi si annunciava invece soltanto per lampi, nel prevalente ductus accademico, la dirompenza che la vicenda scrittoria di poco successiva si incaricò di mettere a regime, a partire da Genus (De Donato, 1969), incunabolo di una narrativa che continuerà ad armeggiare attorno alla più grande delle agenzie valoriali, a dibatterne le dottrine, a raffigurarne le liturgie sotto specie di fascinazione negromantica. Tra il 1969 e il 1979 due memorabili pamphlet, un saggio, un commentario paolino e altri sei romanzi lavorano a un ordigno stilistico, di cui sia la saggistica del 1981-88 sia - dopo una mora lunga diciassette anni - la più recente (Fiabe d'entropia. L'uomo, Dio, il diavolo, Garzanti, 2005) forniscono copiosissime evidenze, mentre il piccolo formato dell'articolo di giornale ne opera una sorta di riduzione araldica, una riconoscibile inquartatura. Cospira all'invarianza del blasone, della cifra-Cordero, la tendenziale uniformità di registro della parola scritta, presidiata da una tensione cogitante che spigola dallo scibile come spazierebbe tra gli sterminati commi di un macrocodice, e allega le risultanze per arrivare indefettibilmente a sentenza. In un andamento così acuminato, l'oltranza erudita e gli effetti schernevoli non costituiscono gli estremi di un'escursione furbesca tra spinta elativa e abbassamento - secondo la retorica faciliore in cui inciampiamo un po' dovunque - bensì formano sostanza unica, sono un paradossale modo logofilo di puntare dritto alle cose. Il paradosso di una simile mediatezza frontale tocca il culmine nelXArmatura, dove trionfa un'obliquità pura, compositiva, che non cede né all'edonismo linguistico né alle esigenze affabulatorie del romanzesco. In questo Cordero gioca raffinato, ma scopre le carte. "Non mi pare ci sia una dissonanza tra il piano saggistico e quello narrativo. La lingua è la stessa", conferma ad Antonio