Storia La scienza del miglioramento del materiale umano di Lue Berlivet Francesco Cassata MOLTI, SANI E FORTI L'eugenetica in Italia pp. 3%, €34, Bollati Boringhieri, Torino 2006 La campagna che ha prece- duto il referendum italia- no del 2005 l'ha confermato: nei nostri dibattiti pubblici, appena si discute dell'oppor- tunità di "intervenire sul vi- vente", si moltiplicano i riferi- menti alle politiche eugeneti- che del passato. A un punto ta- le, come suggerisce Cassata nel- l'introduzione di questo libro, che i giudizi sulla "scienza del miglioramento del materiale umano" - la definizione è del- l'inglese Francis Galton - costi- tuiscono uno degli "esempi più ricorrenti di quell'uso pubblico della storia che avve- lena il dibattito politi- co e culturale del pae- se". L'autore arriva si- no a confessare un certo scetticismo sulle possibilità di successo di quanti, come lui, continuano a credere che "una maggior consapevolezza della prospetti- va storica potrebbe costituire un efficace antidoto a questo veleno", di quanti cercano cioè di far prevalere il partito preso della distanza. In effetti, le rea- zioni di alcuni giornali italiani alla pubblicazione del libro ten- dono a dar ragione a questa vi- sione pessimista. Eppure l'ope- ra merita una lettura attenta, li- bera da ogni intento polemico. Se in precedenza, a parte po- chi pionieri, come Claudio Fo- gliano, gli studiosi si erano inte- ressati pochissimo all'eugeni- smo italiano, a partire dalla fine degli anni novanta parecchie opere permettono di cogliere meglio le specificità di questo movimento, in particolare i mo- tivi dell'opposizione, largamen- te condivisa, alle pratiche euge- netiche "negative" (come la ste- rilizzazione dei "tarati") attuate in Germania e, in forma atte- nuata, in Scandinavia e negli Stati Uniti, opposizione accom- pagnata da un approccio risolu- tamente "quantitativo" alle po- litiche popolazioniste, il che implica che la cosa più impor- tante è non mettere in pericolo la "vitalità" demografica del paese. Rendere conto di questa peculiarità "latina" non equiva- le affatto a giustificare gli euge- nisti italiani, né a minimizzare il loro ruolo: non vi è dubbio, in- fatti, che esercitarono una note- vole influenza sui loro omolo- ghi argentini, brasiliani, rumeni e francesi. In questo settore di ricerca, le novità introdotte da Cassata sono, da un lato, i nu- merosissimi estratti da diversi testi eugenisti che ci offre in let- tura, dall'altro la scelta di esten- dere la sua inchiesta storica ben al di là della seconda guerra mondiale. Sarebbe infatti un tragico equivoco credere che la scoperta dell'estensione dei cri- mini nazisti abbia imposto una battuta d'arresto ai progetti eu- genisti. Anche su altri punti, la cronologia stabilita da Cassata differisce da quella adottata in precedenza dagli studiosi. Si pensi al ruolo catalizzatore del 1° Congresso internazionale di eugenetica tenutosi a Londra nel 1912 ; all'impatto, anche culturale, della prima guerra mondiale; all'orientamento na- talista della politica fascista an- nunciata dal discorso mussoli- niano dell'Ascensione; alla pubblicazione del "Manifesto della razza" e all'adozione delle leggi razziali; allo sviluppo, nel dopoguerra, di una genetica medica; alla sfida al razzismo scientifico che costituirono gli "Statements on race" dell'Unesco: tutti mo- menti chiave analizza- ti, a vario titolo, nel corso dei diversi capi- toli. Dopo aver ricorda- to il ruolo di primo piano svolto dai pro- motori della medicina sociale agli albori del- l'eugenismo italiano (ruolo che ritroviamo negli altri paesi "latini": Fran- cia, Romania, Argentina...), Cassata mette bene in luce che il dibattito, negli anni venti e trenta, si polarizza attorno a due approcci dominanti: l'ana- lisi demografica della decaden- za delle nazioni, elaborata dal vulcanico Corrado Gini, e il progetto di gestione "biotipolo- gica" della popolazione, soste- nuto dall'endocrinologo di ma- trice costituzionalistica Nicola Pende. Due progetti che entra- no in concorrenza a causa delle ambizioni dei loro promotori, ma che non sono tuttavia in- compatibili, come attesta la sin- tesi operata da Marcello Boltri- ni agli inizi degli anni trenta. D'altronde, li accomuna tutti l'accanita difesa della grandezza della "stirpe italica" contro i so- stenitori della superiorità aria- na. L'introduzione dell'antise- mitismo di stato trasformerà profondamente i termini del di- battito, conferendo una portata inedita alle tesi che pretendono di legittimare l'eugenismo in nome dell'ineguaglianza, debi- tamente attestata (sia pure a partire da criteri in continuo mutamento), tra le "razze" umane. L'aspetto più nuovo della ricerca, però, come ho già detto, sta nell'analisi che ci vie- ne proposta del dopoguerra. Emerge, in particolare, il ruolo dei medici cattolici, come Luisa Gianferrari e Luigi Gedda, nel- la trasformazione dell'eugeni- smo negli anni quaranta e cin- Per lettori navigati www.lindice.com quanta. Vediamo così comparire una genetica che si può definire cattolica e legata alle istituzioni ecclesiastiche, una genetica che inquieta i grandi nomi della bio- logia italiana - Levi, Montalenti, Buzzati-Traverso, Barigozzi - preoccupati della salvaguardia dell'indipendenza scientifica di fronte al potere religioso e a quello politico. Si getta così non poca luce sui dibattiti ricorrenti degli ultimi decenni riguardo al- la procreazione assistita e, più in generale, alle ricerche "sul vi- vente". Il profilo e il ruolo stori- co di questa genetica cristiana meriterebbero d'altronde di es- sere studiati in una prospettiva comparata, perché si trovano si- tuazioni omologhe in altri paesi: basti pensare, in Francia, al caso di Jerome Lejeune (genetista ce- lebre per i suoi lavori sulla Tri- somia 21 e presidente della Pon- tificia Academia Pro Vita), op- pure, in Germania, a quello più controverso di Otmar von Ver- schuer (di confessione prote- stante), v E caratteristica delle ricerche interessanti far avvertire l'esigenza di ricerche ulteriori, spostando l'attenzione verso problemi nuovi o verso temi la cui importanza è stata rivalutata in corso d'opera. Il libro di Cas- sata ci invita allora a interrogar- ci sull'uso che ha potuto esser fatto, nel campo della sanità pubblica, delle tecnologie medi- co-politiche sviluppate dagli eu- genisti, e sul legame tra eugeni- smo e lotta contro le malattie so- ciali (alcoolismo, tubercolosi, si- filide), non soltanto nel momen- to iniziale del movimento, all'in- domani della prima guerra mon- diale, ma sull'arco dell'intero se- colo. Un altro interrogativo ri- guarda l'impatto degli scritti eu- genisti sulla vita culturale italia- na: ad esempio, come furono ri- presi su giornali e riviste, o la traccia che se ne trova nelle ope- re di finzione (il romanzo di Mantegazza Un giorno a Madera è soltanto un'esperienza lettera- ria isolata ?). Il problema della ricezione delle tesi eugeniste concerne d'altronde anche gli sforzi, a volte in concorrenza tra loro, di vari personaggi politici, e in particolare dei gerarchi fa- scisti, per farle proprie. Il libro ci invita infine a condurre nuove ricerche in almeno due direzio- ni. Da un lato, la politica inter- nazionale dell'eugenismo italia- no, in particolare in direzione dell'America Latina e dell'Euro- pa centrale, merita uno studio specifico. Dall'altro lato, sareb- be opportuno integrare lo stu- dio dell'eugenismo italiano con la dimensione imperialistica, e in particolare con l'amministra- zione delle popolazioni coloniz- zate dall'Italia, questione ancora largamente assente dalla storio- grafia, a eccezione di qualche ri- ferimento al problema dei con- cubinaggi tra colonizzatori e co- lonizzate. E anche dagli interro- gativi che fa nascere che si può del resto valutare l'importanza di un'opera. ■ berlìvet@vj f .enrs. f r L. Berlivet insegna storia della medicina ail'École des hautes etudes en Sciences Sociales a Parigi (traduzione dal francese di Mariolina Bertini) L'elite tecnica del regime di Michele Nani Francesco Cassata IL FASCISMO RAZIONALE Corrado Gini fra scienza e politica pp. 225, € 18, Carocci, Roma 2006 Chi si imbattesse nella figu- ra di Gini potrebbe chie- dere lumi a uno strumento fondamentale per avere rag- guagli sui protagonisti della storia d'Italia, il Dizionario bio- grafico degli italiani. Da una voce recente apprenderebbe le tappe della carriera e i meriti scientifici e persino pratici del primo direttore dell'Istat. Qual- cosa resterebbe tuttavia in sospe- so. Grazie a questo volume, la traiettoria viene collocata nei con- testi dell'epoca: il conflitto inter- no ai campi disciplinari della sta- tistica, della demografia e della sociologia, tanto in Italia quanto su scala internazionale; il rappor- to fra questi campi e il mondo cir- costante, in primo luogo la sfera della politica. Due dimensioni cruciali, entrambe sottaciute dalla voce biografica e affrontate da Cassata con l'ausilio di un fondo recentemente acquisito dall'Ar- chivio centrale dello Stato. L'ascesa scientifica di Gini è fulminea. Forte di una compe- tenza pluridisciplinare e capace di sintetizzare in una teoria cicli- ca delle nazioni i due indirizzi, ottimista e degenerazionista, prevalenti nella demografia ita- liana delle origini, Gini diviene libero docente a ventiquattro an- ni (1908) e sale in cattedra l'an- no successivo. Dopo l'esperien- za da volontario, che ispira an- che una teorizzazione dell'utilità sociale della guerra, si propone come interlocutore alle forze na- zionaliste: fra 1921 e 1922 pre- siede una commissione sulle ma- terie prime della Società delle nazioni, celebrando la forza e il diritto all'espansione coloniale. Con l'affermazione del fascismo Gini si colloca al centro del cam- po statistico-demografico: alla cattedra a Roma, si affiancano l'individuazione dinanzi a una platea statunitense delle "basi scientifiche" del fascismo, e la firma, unico fra i cultori delle sue discipline, del manifesto fa- scista gentiliano del 1925. La torsione politica non è orpello esterno, né omaggio allo spirito dell'epoca, ma è già ben presen- te all'interno del sapere costrui- to da Gini: la sua statistica rifug- ge gli sviluppi anglosassoni (ma- tematizzazione e campionamen- to) ed è indirizzata alla previsio- ne dei fenomeni di popolazione, al loro governo e alla formazione dei quadri amministrativi. Non sorprende che nel 1926 sia chia- mato alia direzione del nuovo Istituto centrale di statistica e che lo stesso Mussolini si valga dei suoi consigli, specie nella ge- stazione della politica popola- zionista, sancita nel 1927 dai di- scorso detto "dell'Ascensione". Anche un'altra iniziativa, il Co- mitato italiano per lo studio dei problemi della popolazione, rac- coglie nel 1928 ampio sostegno, non ultimo finanziario, e può co- sì promuovere ricerche e conve- gni. Negli stessi anni Gini siste- matizza i fondamenti epistemo- logici della sua teoria ciclico-de- mografica. Propone però anche una visio- ne "neo-organicista" delle scien- ze sociali, che stabilisce non tan- to un'analogia fra nazioni e or- ganismi biologici, quanto un'i- dentità: le popolazioni nascono, crescono e muoiono "natural- mente". Stante la sua centralità nel campo degli studi sulla po- polazione, il peso in alcune isti- tuzioni del regime e il ruolo di interlocutore del duce, il fatali- smo naturalistico di questa pro- posta teorica espone Gini all'i- solamento scientifico e non manca di sollevare qualche per- plessità nelle gerarchie. Per quanto si sforzi di operare sva- riati accomodamenti alla dia- gnosi dell'inesorabile declino della "razza bianca", plaudendo all'efficacia delle politiche pro- nataliste, o celebrando l'autori- tarismo fascista, all'inizio degli anni trenta la parabola di Gini raggiunge il proprio culmine. Per Cassata lo stesso intreccio di scienza e politica che ne aveva favorito l'ascesa, porta Gini a esporsi eccessivamente, quasi a pretendere una direzione scien- tifica alla politica di regime. Nel 1932 si dimette dalla presidenza dell'Istat e negli anni successivi, nonostante la laurea a Harvard e numerosi riconoscimenti, la sua preminenza viene intaccata. Nelle scienze della popola- zione italiane si intensifica il dibattito e fra 1938 e 1939 si arriva alla formazione di due as- sociazioni disciplinari di statisti- ci. Anche nella legittimazione delie politiche fasciste il ruolo delle sue teorie e formulazioni è assunto da altri indirizzi: tocca al suo rivale Livi accompagnare la svolta verso provvedimenti pronatalisti ispirati a quelli nazi- sti e ad altri ancora disputarsi la primazia di teorici del razzismo di stato. Gini conserva ancora spazi, ad esempio nella promo- zione tecnocratica del "nuovo ordine europeo" nazista, ma or- mai è una figura fra le altre, an- che sui suoi terreni specifici. Nel dopoguerra, nonostante mantenga un certo potere acca- demico, il nuovo quadro demo- cratico e l'importazione delle scienze sociali statunitensi ren- dono residuale la figura di Gini. Minacciato da un procedimento di epurazione, come molti altri serba la cattedra e l'onore. E co- me se la repubblica riconoscesse i fondamenti "professionali" e politicamente "neutri" dell'ope- rato di Gini e di molti altri mem- bri di quella che Cassata denomi- na, sulla scorta di esempi tede- schi, 1'"élite tecnica" del regime fascista. Eppure, abbandonate le imbarazzanti questioni demogra- fiche, nel darsi alla sociologia Gi- ni incarna esemplarmente una continuità che è anche politica con le scienze sociali del venten- nio fascista, evidente nella persi- stenza di premesse razziste. ■ michele.nanigunipd.it M. Nani è assegnista al Dipartimento di Storia dell'Università di Padova