Storia Tra liberalismo e socialismo Come una famiglia di Marco Scavino LA DEMOCRAZIA RADICALE NELL'OTTOCENTO EUROPEO Forme della politica, modelli culturali, riforme sociali a cura di Maurizio Ridolfi pp. XLVII-376, €60, "Annali", XXXIX-2003, Fondazione Gìangiacomo Feltrinelli, Milano 2005 Si sta verificando, in questi ultimi anni, una forte ripre- sa di interesse per la storia po- litica dell'Ottocento. Storia politica nel senso più ampio e profondo del termine, intesa come tentativo di individuare i caratteri di fondo dei processi con cui andarono costituendosi per un verso i grandi soggetti so- ciali collettivi, e per l'altro i mo- derni sistemi politici e istituzio- nali. Senza le pesanti ipoteche ideologiche del passato, né, tan- to meno, la tentazione di arriva- re a stabilire una sorta di teleologismo della storia (tentazione che è stata ormai definiti- vamente liquidata dal- la lezione dei fatti), ma con un'attenzione for- te al problema dei lin- guaggi della politica, delle forme di socializ- zazione di massa, della creazione di miti capa- ci di suscitare senti- menti di identità collettiva. Una storia politica profondamente rinnovata, insomma, rispetto ai concetti e alle categorie di un tempo, e tuttavia in grado di for- nire tuttora significative chiavi di lettura dei fenomeni politici contemporanei, aiutando a com- prenderne anche gli sviluppi e gli esiti successivi. Ne è una dimostrazione la pubblicazione di questo volume dedicato al tema del "radicali- smo" politico, cioè a quelle cor- renti dei movimenti democratici europei che nella seconda metà dell'Ottocento tentarono di tra- sporre gli ideali rivoluzionari di libertà, uguaglianza e fraternità all'interno dei diversi contesti nazionali, confrontandosi con l'incipiente dimensione di massa dell'azione politica e ponendosi per certi versi come elemento di mediazione fra il liberalismo moderato delle classi dirigenti e il socialismo dei movimenti di classe. Sino a configurare (que- sta sembra essere la tesi di fon- do) una sintesi possibile di de- mocrazia, liberalismo e questio- ne sociale. Il volume si apre con una den- sa introduzione del curatore, in- titolata Alle origini della demo- crazia europea, che affronta il te- ma da diverse angolazioni: la de- finizione del concetto di "demo- crazia radicale" ("non solo una visione intransigente e critica de- gli ideali di libertà, ma anche una pratica di azione pobtica che si avvale delle istituzioni" e che punta a coinvolgere attiva- mente le masse nella vita pubbli- ca), il rapporto per un verso con la tradizione rivoluzionaria re- pubblicana e per l'altro con i concreti e differenti processi di nation building, le forme di or- ganizzazione e di rappresenta- zione dell'azione politica, i mo- dell culturali di riferimento, il ruolo carismatico dei leader (da Léon Gambetta a Febee Caval- lotti). In realtà, più che di un'in- troduzione si tratta di un vero e proprio saggio di storia pobtica e debe idee, finalizzato a indica- re alcuni percorsi di ricerca, pas- sibili secondo l'autore di ulterio- ri e proficui sviluppi. Segue una sezione di Studi, neba quale sono raccolti dieci saggi che spaziano dalla ricostru- zione dei miti fondativi della de- mocrazia, legati essenzialmente alle grandi esperienze rivoluzio- narie di Francia e Stati Uniti (Olivier Ihl), ab'anabsi del ruolo della massoneria (Fulvio Conti), allo studio di alcuni casi naziona- li, come la Polonia e l'Ungheria (Francesco Guida), la Gran Bre- tagna (Eugenio Biagi- ni), l'Italia (Fulvio Cammarano ed Emma Mana) e la Spagna (Jo- sé Àlvarez Junco e Luis Martin), a quebo di fenomeni specifici come il filoellenismo italiano e francese (Gilles Pécout) e il rapporto fra i demo- cratici itabani e quebi statunitensi (Roland Sarti). Tutti contributi di alto U- vebo, ognuno dei quab merite- rebbe un'approfondita discus- sione critica, per la quantità di spunti e di suggestioni (più o me- no condivisibih) che solleva. Chiude, infine, un'ampia rac- colta di Documenti (quasi cento pagine), articolata in sei sezioni tematiche, presentate dal curato- re e corredate di note critiche. I temi affrontati sono la "nazione deba democrazia" nel crogiuolo deb'emigrazione pobtica euro- pea, la circolazione delle idee at- traverso la stampa, l'editoria e i meeting, l'associazionismo soh- daristico nel mondo del lavoro, l'universalismo pacifista (che non contrastava tuttavia con la solidarietà attiva verso i movi- menti di indipendenza naziona- le, spinta sino alla formazione di corpi di volontari), il particolare stile politico adottato nebe cam- pagne elettorab e neb'esercizio di tutte le forme di cittadinanza, e infine la specifica "rehgione pobtica" dei gruppi democrati- co-repubblicani. Non si tratta quindi di una mera appendice al volume, ma di una ricchissima selezione di programmi e mani- festi politici, di lettere circolari e di corrispondenze personali, ma anche di poesie e canzoni. Tutto ciò offre un vivace e suggestivo "spaccato" dell'azione demo- cratica (i documenti sono tutti tratti dai fondi archivistici con- servati presso la Fondazione Feltrinelli). Nel complesso, si tratta dun- que di un'opera preziosa, che senza dubbio segna una tappa importante negli studi sulle for- me politiche dell'età contempo- ranea. Anche se, per la verità, ri- sulta un'opera alquanto disegua- le, di cui non è facile individuare l'effettivo baricentro, giacché molti dei saggi che vi sono com- presi non trattano in realtà deba "democrazia radicale", così co- me essa viene definita nell'intro- duzione, ma analizzano più in generale aspetti diversi della transizione dei gruppi che si ispiravano ai modebi repubbh- cani americano e francese daba fase rivoluzionaria a quella del progressivo inserimento nei dif- ferenti sistemi politico-istituzio- nali. Problema forse inevitabile, peraltro, dal momento che quel- lo di "democrazia" (com'è no- to), sul piano storico, risulta uno dei concetti più ambigui e sfug- genti. In questo senso la tesi di fondo di Ridolfi (la possibilità cioè di individuare sul piano eu- ropeo una specifica "famiglia pobtica" del radicalismo, in cui comprendere esperienze tra loro diverse come la democrazia re- pubblicana del sud del conti- nente e il liberalismo popolare britannico, indicato un po' sbri- gativamente come l'erede del movimento cartista, e con la vi- stosa assenza di qualsiasi analisi della pur significativa realtà te- desca) non appare del tutto con- vincente. Quella di "democrazia radi- cale", infatti, è sì una cate- goria pregnante e produttiva sul piano storico. In realtà, al di là del caso francese e italiano (e forse di quella spagnolo), diffi- cilmente si presta a essere gene- ralizzata al di fuori dei confini debe "nazioni latine". Né, d'al- tra parte, sembra essere stato adeguatamente approfondito il problema del rapporto fra de- mocrazia e socialismo, che in molte situazioni (valga per tutti l'esempio italiano) finì per essere ab'origine di un sostanziale de- cbno del radicalismo; ve ne sono accenni importanti e significati- vi, ad esempio nel saggio di Ma- na sulla democrazia italiana, e in quello di Biagini sulla Gran Bre- tagna, ma certo il tema avrebbe meritato maggiore spazio e un'attenzione più specifica. Il volume si presta quindi a molteplici osservazioni e rifles- sioni. Forse nuoce al suo im- pianto complessivo la scelta di non muovere daba discussione di alcuni "nodi" storici di fondo (in primo luogo la secca sconfit- ta a bvebo continentale debe ri- voluzioni quarantottesche, e poi il fenomeno del "bonapartismo" francese, per arrivare aba tragica esperienza deba Comune, con tutto il suo strascico di rotture nel campo democratico), privile- giando invece l'anahsi dei mo- delb pobtico-culturab. Ne risul- ta un lavoro per un verso senza dubbio ricchissimo e stimolante, ma per l'altro carente per quel che riguarda la ricostruzione di un quadro interpretativo unita- rio. E una questione, beninteso, di gusti, di orientamenti e di pas- sioni personab. E solo le opere di valore hanno la ventura di es- sere criticate e discusse. ■ marcoscavino@libero.it M. Scavino insegna storia contemporanea all'Università di Torino Sacralizzare e secolarizzare La prevalenza della continuità di Gian Carlo Jocteau Alberto M. Banti L'ONORE DELLA NAZIONE Identità sessuali e violenza nel nazionalismo europeo dal XVIII secolo alla Grande Guerra pp. 389, €27, Einaudi, Forino 2005 Ni rel suo precedente lavoro, La nazione del Risorgi- mento. Parentela, santità e ono- re alle origini dell'Italia unita (Einaudi, 2000; cfr. "L'Indice", 2000, n. 5), Banti si era misura- to con la genesi e la creazione deba mitologia nazionale e del "canone risorgimentale", intesi come costruzione retorica per opera di un elite. In questa dire- zione, la ricerca si definiva anzi- tutto come storia culturale, ri- volta a fonti letterarie, figurative e musicali. Nel presente volume Banti ri- propone questo stesso approc- cio metodologico, ampliandolo in chiave comparativa aba dimensione conti- nentale (soprattutto in riferimento a Francia, Gran Bretagna, Ger- mania e Italia). La comparazione non è peraltro finalizzata, come l'autore chiari- sce neba premessa, a definire le differenze esistenti tra i diversi discorsi nazionab (te- ma sul quale la storiografia sul- l'argomento si è invece per lo più soffermata), ma piuttosto a individuarne gli aspetti comuni. In questa prospettiva, l'ipotesi esplicita è che esista una forma- zione discorsiva di fondo condi- visa in tratti essenziali, e che le figure, le immagini, i miti e i tro- pi in cui essa si manifesta siano prodotti da intebettuali che ope- rano in un contesto di persisten- te cosmopolitismo, che si leggo- no, si conoscono e si imitano in modo tale da elaborare un tessu- to discorsivo strutturalmente e morfologicamente comune. Di questa formazione discor- siva Banti si propone di analizzare gb addensamenti e la genealogia dal punto di vista di una storia deba cultura intesa co- me "scienza deb'intertesto". Estetizzazione deba violenza, e segnatamente deba violenza ses- suale, e aggressività virbista e mi- sogina, spesso morbosa e quasi sconfinante neba pornografia, ri- sultano essere, sempre a quanto si legge neba premessa, l'aspetto sabente di tale genealogia che, costruita "quasi totalmente" dal- la produzione di intebettuab ma- sebi, ha sostanziato b nazionali- smo europeo ottocentesco e con- tribuisce "forse anche" aba com- prensione deba cultura di guerra elaborata durante b primo con- flitto mondiale (a cui è dedicato l'ultimo capitolo del volume). La gamma debe fonti analizzate è ampia, e include, accanto a mol- ti altri, David e Hayez, Goethe e AIlx*»1<> Mario Santi L'or torri ridila mimate M««S»*-M< «55 < Irf fcWWStWSv « ■ Schiber, Garibaldi (per la sua pro- duzione letteraria) e Mazzini, Al- fieri, Kleist, Richarson, Rousseau, Sue, Scott e Wagner. Il contribu- to di Banti presenta, ab'interno del dibattito sube forme moderne deba pobtica e sube ideologie na- zionab, alcuni aspetti sabenti. Dal punto di vista dei referenti teorici e storiografici, accanto a sugge- stioni foucaultiane e freudiane, è centrale b riferimento a Mosse e aba sacralizzazione deba pobtica. Rifacendosi aba tradizione mazzi- niana, ai nazionabsmi ottocente- schi e ah'interpretazione di Emhio Gentbe (e per alcuni aspetti anche a spunti offerti da Clifford Geertz e a René Girard), l'autore si diffe- renzia dabe tesi di Paolo Prodi, sostenendo che la separazione fra chiesa e pobtica non condusse a una secolarizzazione debe prati- che pohtiche, ma a una loro pro- gressiva e autonoma sacralizzazio- ne, attinente per certi versi anche aba sfera metafisica. La rebgione (anche nebe sue versioni cosiddet- te "laiche") viene così intesa non in modo riduttivo, come mezzo per edulcorare ed esor- cizzare le esperienze deba vita, ma piuttosto come sistema culturale capace di dare loro sen- so, sostenibbità e sop- portabilità laddove ri- sultano inadeguati stru- menti concettuab d'al- tra natuAa e non metafi- sici (Geertz). Anche la morte di sé e deb'altro (b diverso, il nemico), in particolare se concepita e otte- nuta in forma "sacrificale" per b benp deba comunità (Girard), ac- quisisce pertanto, come accade per un aspetto cruciale del discor- so nazionabstico, un significato espbcativo e nobibtante. In ambito storiografico, il li- bro (come quebo precedente sul Risorgimento) suggerisce, in pri- mo luogo, che le ideologie nazio- nab risultano da una costruzione operata da minoranze apparte- nenti ab'alta cultura. L'approc- cio, privbegiando gb aspetti co- muni, lascia inoltre subo sfondo le distinzioni fra le diverse espe- rienze nazionali e le diverse de- cbnazioni (prevalentemente po- litiche, culturali o etnico-natura- listiche) che di volta in volta as- sunsero, enfatizzando piuttosto una prevalente e diffusa conno- tazione in chiave etnica, connes- sa al linguaggio deba razza e aba comunità di sangue e di discen- denza. Anche le differenze fra determinati caratteri (emancipa- tori, inclusivi, talora universali- stici), assunti dal nazionalismo per gran parte deb'Ottocento, e la natura più esclusiva, antagoni- stica e aggressiva propria debe sue versioni negli ultimi decenni del secolo e del Novecento pas- sano in secondo piano, a favore di una linea di continuità che va daba fine del Settecento sino agb esiti cui si giunse nel corso deba Grande guerra. ■ giancarlo.jocteauSunito.it G.C. Jocteau insegna storia contemporanea all'Università di Torino