Storia Una metodica costruzione di potere di Luigi Cortesi Zores A. Medvedev e Roj A. Medvedev STALIN SCONOSCIUTO Alla luce degli archivi segreti sovietici ed, orig. 2003, trad. dall'inglese di Bruno Amato, pp. 400, € 19, Feltrinelli, Milano 2006 La lettura di questi quindici scritti dei fratelli Medvedev (lo storico Roj e lo scienziato e a sua volta storico Zores) è ghiotta per chi abbia seguito il loro lungo lavoro e voglia misurarne le nuove acquisizioni. Nel complesso, il volume è un'utile introduzione all'immenso campo problematico collegato alla vita e all'opera di Stalin. La postfazione di Andrea Panaccione inquadra poi i vari frammenti nello stato internazionale degli studi ed è un complemento necessario del volume. Il peso prevalente gravita sul "secondo stalinismo", cioè sullo Stalin (e sull'Urss) degli anni 1945-53. Un periodo che è stato finora relativamente sacrificato ai grandi fatti degli anni venti e (specialmente) trenta. Si avvertiva del resto la necessità di risalire alle radici di quanto era noto per via di esperienza politica diretta o indiretta. E si tendeva a considerare la sostanza dello stalinismo già compiuta in quel primo periodo (qui presente specialmente nel saggio di Roj L'assassinio di Bucharin) e il resto una conseguenza necessaria. Una più recente corrente di studi ha posto e cominciato ad affrontare i problemi del periodo successivo, importante perché consente inclusioni e conclusioni che ripropongono in toto il problema Stalin, arricchendolo (e complicandolo) di molto. Il valore della resistenza e della vittoria del 1945 fu infatti tale da portare all'acme il prestigio dell'Urss e del suo "modello" sociale, nonché quello della personalità di Stalin politico e stratega. Tra il 1941 e il '45, inoltre, gli anni della grande catastrofe dell'Europa, parvero confermati i successi, ma anche rimosse la catastrofi, del "socialismo in un paese solo". Non è, né sarebbe oggi evidentemente possibile, continuare a considerare gli anni quaranta e cinquanta in chiave di semplice continuità, a maggior ragione in quanto si tratta dell'Urss di Stalingrado e dell'età atomica, che nella "guerra fredda" regge la pressione degli Stati Uniti e dell'Occidente "atlantico", e di una società interna che la prova della "grande guerra patriottica", con i suoi enormi sacrifici, e il suo orgoglio, ha reso diversa. Basti pensare, come scrive Panaccione, che proprio il contributo dei nuovi studi ha portato "al logoramento del paradigma totalitario, che doveva molta della sua fortuna a un concetto indifferenziato di stalinismo". A questo proposito: i due autori russi usano il termine totalitarismo, ma senza gli obblighi comparativi di cui si dilettano vari storici italiani. E, quanto al radicamento del "modello", si pensi al "ritorno" a Stalin della Russia di Putin mediante "usi politici" funzionali alla difesa dell'identità storica russa e sovietico-russa. Usi e abusi che tuttavia confermano una durata "più lunga della dittatura staliniana in senso proprio" e "interrogano più in generale sui caratteri della politica del Novecento". I fratelli Medvedev sono studiosi russi che ben prima della caduta dell'Urss cominciarono un'attività di ricerca intesa non solo, e neppure principalmente, a rispondere alla massiccia liquidazione dell'esperienza sovietica attraverso il prisma del Great Terror (che era rose e fiori al confronto del Libro nero del comunismo), ma a ritradurre il problema assillante dello stalinismo in una serie ben articolata di questioni che involgevano l'intero capitolo post 1917. Tra i volumi tradotti in italiano merita d'essere citati di Roj, Lo stalinismo (Mondadori, 1972), nel quale l'origine del potere del Vozd era collocata negli anni venti e messa in relazione negativa con il progetto di Lenin, e la sua configurazione come sistema nel decennio successivo veniva ricondotta non a esigenze di modernizzazione industriale, ma alle richieste di una nuova e manipolata base sociale semiproletaria. Dal canto suo, il fratello Zores pubblicava un libro su Ascesa e caduta di T.D. Lysenko (Mondadori, 1971; sullo stesso tema si legga nel presente volume il nuovo saggio Stalin e Lysenko) e si preparava ad altri interventi in materia di scienza e politica. Restando in qualche modo nel solco del marxismo, i due autori, fermi sostenitori dell'autonomia della ricerca, hanno però via via sottoposto al vaglio critico la nascita e la natura dello stato postrivoluzionario dal punto di vista della legittimità storica del 1917, ma anche delle debolezze che il processo rivoluzionario ritraeva sia dalle condizioni internazionali della lotta di classe, sia dai suoi propri errori di strategia e di prospettiva. Per non ridurli nel figurino della socialdemocrazia pura possiamo considerarli epigoni indiretti dell'austro-marxismo, forse con qualche priorità "occidentalistica" in Zores, se egli discorre di "comunismo" riferendosi alla politica sovietica e attribuisce alla paura del terrore e del gulag, e non a motivi di sistema economico-sociale, la percezione di minaccia suscitata dall'Urss in Occidente. L'uso, diretto o indiretto, degli archivi sovietici ora disponibili, oltre che delle interviste e testimonianze spesso da loro stessi raccolte, è uno dei motivi di interesse del volume. I Medvedev non hanno però potuto consultare l'archivio privato di Stalin, oggetto di uno dei saggi più appassionanti del volume: infatti "una parte significativa delle sue carte fu deliberatamente distrutta dai suoi eredi politici", per motivi e in circostanze che essi ricostruiscono accuratamente. La distruzione non si limitò alle cose del leader: dopo il XX congresso Chruscèv fece distruggere i documenti della sua precedente attività repressiva; condannati alla dissoluzione, o smembrati, in una furiosa libido di cancellazione, furono poi gli archivi di Mikojan e di altri dirigenti, in particolare dei vecchi bolscevichi. Nonostante la frammentarietà, e una partizione che non segue criteri cronologici né sistematici, possiamo individuare una linea di collegamento dei saggi più propriamente dedicati al ruolo di Stalin nella storia dell'Urss durante e dopo la seconda guerra mondiale. E questo il tema più trattato, mentre la guerra fredda, a parte la questione atomica, è purtroppo totalmente assente come problema specifico. Ciò non significa che altre parti di Stalin sconosciuto, oltre allo scritto sull'archivio privato, non siano importanti: ad esempio Enigmi sulla morte di Stalin (di Zores) - che tuttavia non arriva a includere l'eliminazione di Berija - e II XX congresso del partito: prima e dopo (di Roy), che rileva la "trasformazione enorme" della psicologia e dell'opinione collettive, "un processo che si dipanò nel corso degli anni, anzi dei decenni". Dei saggi sulla guerra (Stalin e il Blitzkrieg, a quattro mani, e Stalin e Apanasenko, di Roy, sul fronte estremo-orientale) Panaccione, sempre nella postfazione, rileva l'equilibrio tra la celebrazione patriottica e l'aggressività dei nazionalismi "minori" dell'Unione; a noi sembra che la rivendicazione della parte determinante avuta dall'Urss nella sconfitta degli stati fascisti possa giovare al ristabilimento di una realtà storica che in Occidente è stata mistificata e capovolta in funzione antisovietica. In materia, Roy giunge a riabilitare le doti di direzione politica e di comando di Stalin, reagendo alla completa liquidazione che ne aveva fatto il rapporto segreto al XX congresso e alla ricostruzione critica di Nekric. Ne esce riveduto e corretto il giudizio sull'imprevidenza di Stalin - la cui strategia temporeggiatrice nei confronti della minaccia tedesca e poi dello scatenarsi dell'Operazione Barbarossa sarebbe stata il frutto d'una superiore visione geopolitica della crisi: "In diretto contrasto con l'attività dello Stato maggiore e degli alti comandi dell'Armata rossa che si concentravano sulla situazione al confine, gli sforzi di Stalin erano diretti verso gli sviluppi internazionali, usando tutti i mezzi a sua disposizione per evitare la guerra". Ne escono reinterpretate anche le prime settimane di guerra. Razionale fu la decisione di Stalin (formalmente: del Gko, il Comitato per la difesa dello stato, che sostituì allora il Politbjuro ed era composto dei soli Stalin, Molotov e Vorosilov) "di mantenere il grosso dell'esercito sovietico a duecento-trecento chilometri dal confine", distribuendo la sua potenza "in profondità all'interno del paese". Se Stalin sbagliò, il maggior errore fu nel concentrare l'Armata rossa sul fronte sud, nella previsione che l'offensiva tedesca avrebbe puntato sull'Ucraina e il Caucaso invece che verso il cuore politico dell'Urss, Mosca e Leningrado. Ovviamente, le obiezioni possono essere molte, non essendo tra l'altro le tesi di Chruscèv e Nekric le uniche in campo nel dibattito tra gli storici russi e in Occidente. Non è oggetto del volume il patto con la Germania dell'agosto 1939, citato solo di sfuggita come evento che sconvolse le speranze anglo-francesi di attacco tedesco a est e i disegni giapponesi di offensiva simultanea in Estremo Oriente. Questa visione può essere condivisa, ma i due non chiariscono qui come la lungimiranza a un tempo politica e militare di Stalin abbia potuto, nel 1938-39, decimare i quadri direttivi dell'Armata rossa, nel 1941 non dare il giusto peso alle numerose segnalazioni dell'attacco imminente, tra l'estate e l'autunno non evitare una débàcle strategica che costò perdite gravissime e milioni di prigionieri, e durante tutta la guerra conciliare l'appello all'unione patriottica con operazioni di trapianto demografico già sperimentate negli anni della "collettivizzazione". Una spiegazione unitaria dello stalinismo forse è impossibile, ma richiede comunque che sia unitario e coerente il discorso che la nega. A maggior ragione se lo stalinismo, come in questi saggi, è in primo luogo dispotismo personale e accentramento di potere assoluto, esso deve essere politicamente analizzato nella sua intera durata: e qui il "secondo stalinismo" appare in sostanza la continuazione radicalizzata del "primo". Non si possono poi trascurare i tre saggi di Zores su Stalin e le armi nucleari (il primo sull'atomica sovietica, il secondo sulla bomba all'idrogeno, il terzo sul "gulag atomico"). Materia non nuova, sulla quale però si forniscono nuovi documenti di grande interesse. Anche su quei capitali problemi la direzione staliniana ebbe un carattere assoluto. Ma - proprio per l'importanza della sfida nucleare -su questo terreno Stalin lasciò agli scienziati ampia libertà. La contraddizione più lacerante fu quella tra il consapevole avanguardismo della ricerca, la sua valenza epocale e il lavoro forzato di massa dei detenuti e deportati. Ma era quella, in larga misura - data la cultura politica dello stalinismo -, una soluzione obbligata, se si considera il ritardo dell'Urss in materia di tecnologia nucleare. Il principale contributo di questa parte del volume risiede tuttavia altrove; cioè nella immediata comprensione da parte di Stalin (perfettamente al corrente del progetto atomico angloamericano, del quale gli riferivano i servizi segreti) di quanto gli fu detto da Truman a Potsdam e nell'altrettanto pronta mobilitazione degli scienziati atomici sovietici. Scrive al riguardo Zores che "l'intelligence sovietica informò Stalin del test nel New Mexico il 20 o il 21 luglio, circa tre giorni prima che il presidente Truman annunciasse a Stalin e Molotov che gli Stati Uniti possedevano una nuova arma superpotente". Nel contesto l'autore chiarisce il ruolo che il monopolio dell'informazione aveva nell'alimentare il potere di Stalin e il "culto della personalità". Se il filo dello Stalin nazionalista russo di Zores resta centrale nella biografia intellettuale del georgiano, quella della metodica costruzione del proprio potere vi si intreccia indissolubilmente. È una notazione tecnica, più che politica e sociale: ma ha una grande importanza, e pensiamo che lo "Stalin sconosciuto" andrebbe rivisitato anche da questo punto di vista fin dai primi anni venti. ■ redazionegiano@fastwebnet.it L. Cortesi è professore di storia contemporanea all'Università Orientale di Napoli nel fascicolo in libreria DOSSIER / IN VITRO VERITAS Le alternative alla sperimentazione animale disponibili e quelle che verranno. Grazie alla genetica e all'informatica. Interventi di: Flavia Zucco, Annalaura Starnutati, Claude Reiss COMPUTER IN BATTAGLIA Deludenti le prestazioni dei Patriot nella Guerra del Golfo ALTA MURGIA Il Parco Nazionale è ai nastri di partenza. 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