Gioco
a perdersi
di Giuseppe Antonelli
Flavio Santi
L'ETERNA NOTTE DEI BOSCONERO
pp. 212, € 16, Rizzoli, Milano 2006
Vampirismo. Io pur prendere questa
voglio
voce
dalle Lezioni accademiche, che stamparonsi in Firenze nel 1746. Denota questa un'opinione insorta in alcuni luoghi della Germania, che i vampiri, cioè i morti redivivi, venissero a succiare il cuore de' vivi; la quale ridicolissima opinione produsse un timore incredibile" (Gian Pietro Bergamini, 1758). Quindi, quando il Goethe di Flavio Santi durante il suo soggiorno in Sicilia del 1787 viene a contatto con questo fenomeno ("vampirismo si chiama, in termini esatti"), non fa che ritrovare e riportare dall'Italia qualcosa che a noi veniva proprio dalla Germania.
Ma non è questo l'unico rovesciamento operato dal romanzo. Goethe parlava del suo viaggio in Italia - Xltalienische Reise, pubblicato solo nel 1828 - come di una rinascita spirituale ("eine wahre Wiedergeburt"); qui una presunta confessione rovescia il senso di quelle pagine: "Altro che paradiso! L'inferno, l'inferno nero". E le conseguenze vanno molto oltre. Proprio in questi giorni, la quarta di copertina di un coraggioso libro di Franco Buffoni ci offre un'immagine di Goethe come icona antioscurantista ("'più luce, padre, più luce', si tramanda abbia detto Goethe con intento illuministico sul letto di morte al volenteroso sacerdote che voleva salvargli l'anima"). Santi, invece, mette in scena un
Goethe che, pochi giorni prima di morire (1832), racconta di essersi perduto negli abissi della più profonda oscurità: dentro l'eterna notte dei Bosconero, appunto. In una onomastica che -come vuole il genere - è molto eloquente, il nome dei Bosconero crea immediatamente un alone di mistero intorno ai due rampolli della casata: Federigo e Adamo. Una coppia ricalcata - più che su quelle archetipiche di Romolo e Remo o Caino e Abele - sulle due metà del visconte dimezzato di Calvino, ma con una distribuzione meno manichea di vizi e virtù.
Il doppio, d'altronde, è la cifra di tutto il racconto; o meglio lo specchio, e dunque la moltiplicazione all'infinito del doppio: "il suo nuovo 'uomo specchio'", "era un dialogo tra due specchi opachi". Il continuo rifrangersi e riflettersi di situazioni e personaggi porta a un certo affollamento, ma "i personaggi di questa storia stanno tutti in un bussolotto, prima o poi tornano"; proprio come l'eco che ritorna a Federigo quando chiama a sé il suo uomo specchio. E quest'eco è il suono che accompagna le passeggiate dei personaggi in letteratissimi boschi narrativi: "passeggiavamo (...) è una zona che conosco poco". Sembra quasi di sentire il Faust esausto che dice: "ho letto tutti i libri". Fin dalle prime pagine, infatti, lo stemma dei Bosconero evoca la selva con cui si apre la Commedia dantesca, poi un lungo inseguimento senza esito trasforma la giovane Nervetta in una sorta di Angelica diabolica e tutto il racconto indulge compiaciuto sui topoi della tradizione gotica.
Il gioco di specchi e di echi ha il preciso scopo di confondere il lettore ("gioco a perdermi") per fargli vivere in prima persona la percezione alterata della realtà propria di Federigo, affetto da amnesia e narcolessia. La narrazione sgretola l'asse temporale ("uccido il tempo"), per calare chi legge nel mezzo dell'eterna notte dei Bosconero ("poteva essere mezzanotte come mezzo-
<t«- *<.' GIARDINI I PAESAGGIO
Maria Pia Q/nico - Paoi aMuscari
GIARDINI NELL'ISOLA D'ELBA
Coni a collaborazioni; nt Alessandra Costiero Ini RonuzioNi: m Iwom o Pizze i n
L'Elba, oggi, è quasi tutta un giardino. Macchia
__ rned (terranea spontanea, libera o potata ad arte,
boschi d i lecci e eorbezzol ì, grandi pin i domestici, ' ',	j3| palme, cipressi e piante ornamentali nelle strade.
nelle aìoie, nei giardini, negli alberghi, piante grasse nei vasi e negli orci. Questo libro descrive la maggior parte dei più
interessanti giardini delnsok. con ricchezza di in^
l'Elba brulla delle miniere a quella delle ville del più recente turismo). Voi. 18 - 2006, cm 17 x 24. xiM SS pp con 287 % tu. € 19,00
ai ari t luise gothein
STORIA DELIARTE DEI GIARDINI
I DAJX'KGITTO AL RfMASCIMKNTO IN ITALIA. SPAGNA t PORTOGALLO 1! DA1..RIN.-VSCIMESTO IN FRANCIA FINO Ai NOSTRI GIORNI
A cura di M. De Vico Faixani e M. Bencivenni Ancora oggi una pietra miliare nella storia dei
giardini, questa prima edizione italiana riproduce
iì testo dell'edizione tedesca del 1925,arricchteoda un saggio introduttivo sulla personalità e l'opera della Gotheiri, da un aggiornamento sui giardini italiani nel 900, e da apparati bibliografici e indici dei nomi e dei luoghi. Voi. 16- 2006. cm l?xK2 tomi di 1192 pagine con fiV figg. tu. Rilegaci. € 98,00
Narratori italiani
giorno"), della sua ossessiva circolarità ("vivo in una specie di eterno presente, sempre nuovo, ed è come se io nascessi e morissi ogni giorno"). Avanti e indietro come uno che s'è perso nel bosco, il movimento oscillante della scrittura divaga tra sentieri appena accennati ("ecco come deviava i discorsi"), inscenando un'af-fabulazione onirica e ubiqua; contagiosa, come nei racconti delle Mille e una notte: "invece cominciò un lungo racconto".
La vicenda principale si svolge tra "un giorno imprecisato di fine agosto 1785" e il 6 aprile 1787, quando in un'osteria siciliana il servo di Federigo comincia a raccontarla a Goethe. Ma può spingersi indietro fino al 1771, per presentarci un personaggio che affoga nel lago e riemerge due giorni dopo, redivivo: "il tempo del lago è più veloce e due giorni valgono una vita intera". L'intercapedine temporale che separa il racconto dai fatti è uno iato, una cesura, una ferita che nel corso del libro avvicina progressivamente i suoi lembi, fino alla completa sutura. E nel finale si chiude anche il perimetro della cornice ("lascio che inizio e fine si uniscano in una sola cosa"): il brano di diario cominciato da Goethe la sera del 16 marzo 1832 si conclude il giorno dopo alle sei del mattino (tutto è inscritto in una notte: l'eterna notte dei Bosconero). All'esterno di questa cornice, tuttavia, c'è n'è un'altra ancora: quella del ritrovamento del manoscritto ("questo polveroso quadernone"), che è alla base anche della sterilizzazione linguistica del testo ("ci siamo impegnati a fornire una traduzione dal tedesco il più possibile fedele").
Nel risvolto di copertina vengono citati D'Arrigo e Camilleri, ma in realtà gli inserti dialettali sono pochi e a volte un po' forzati ("come fossi stato un bambino, un ca-rusieddo"): altro è il dialetto di Santi, che ha saputo fare del suo friulano uno straordinario strumento espressivo, sia in prosa sia in poesia. Anche le invenzioni linguistiche e gli arcaismi rimangono macchie isolate in una scrittura che sceglie una strada diversa dal mimetismo, tenendosi lontana dall'atmosfera linguistica sette-ottocentesca. E sì che la tradizione gotica avrebbe potuto fare da modello anche per questo aspetto (come succede in Di bestia in bestia di Michele Mari) e il falso diario - Goethe conosceva bene l'italiano - suggerire addirittura la via del falso linguistico (come in Io venia pien d'angoscia a rimirarti, dello stesso Mari).
Invece, dopo il folgorante esordio del Diario di bordo della rosa (peQuod, 1999; cfr. "L'Indice", 2000, n. 7),_ Santi decide di spostare il delirio dall'espressione alla percezione, dal come al cosa, sfruttando solo in parte il suo notevole potenziale stilistico. Forse, la macabra testa ritrovata con la lingua mozza a un certo punto del racconto è anche un modo per denunciare il fatto che oggi uno scrittore vero, per entrare alla corte di un grande editore, può vedersi costretto a vendere l'anima al diavolo.	■
giuseppe. antonelliSunicas . it
G. Antonelli è ricercatore di storia della lingua italiana all'Università di Cassino
In un giro
di battello
di Giovanni Tesio
Andrea Vitali OLIVE COMPRESE
pp. 448, € 16, Garzanti, Milano 2006
Indovini un po' il lettore quale doppio senso si celi nel titolo dell'ultimo romanzo di Andrea Vitali, Olive comprese. Quale malizia dietro l'immagine apparentemente innocente del medico di Bella-no (riva orientale del lago di Como) che libro dopo libro è arrivato a conquistarsi, come avrebbe scritto Virgilio Brocchi, il suo posto nel mondo (letterario).
E certo non immeritatamente, perché i romanzi di Vitali hanno la sveltezza franca e l'aguzza malizia del "moralista" che nella specola piccola del suo lago sa pescare con lenze flessibili e ami arguti storie e personaggi, segreti e manie, macchiette e figurine. Una capacità di ritagliarsi - nel genere del romanzo di costume, magari mescolando con altre misture - un teatrino di umoristica vivacità, che la scelta dei tempi d'entrata e la fissità dei caratteri modulano in un'assortita gamma di esiti, dal sorriso (anche amarognolo) alla franca risata, come succede nel mondo maturo di un narratore d'altre sponde lacustri (dal Cusio al Maggiore) come Piero Chiara, del resto da molti critici puntualmente evocato.
Qui il proscenio è quello dell'Italia fascista (tra la guerra di Spagna e la conquista dell'impero che riappare sui colli di Roma-doma), con tutta l'umana fauna dei pavidi e dei prepotenti, dei fatui e dei grotteschi, dei "vitelloni" e dei perbenisti, dei profittatori e dei poveri cristi che s'annidano in una provincia torpida, di noia colloidale, di letargica e larvale consistenza. Un paese (proprio quello di Bellano) che va al di là del suo toponimo e che aspira a essere un paese-mondo, capace di strapparsi al suo cordone ombelicale.
Un notabilato minimo, una borghesia bottegaia e una varia umanità composta da una coppia laconica, da un cacciatore ipovedente, da una vedova né simpatica né antipatica, da un albergatore di rara bruttezza, da un meccanico loquace, da una donna di costumi non proprio specchiati, da un'altra fattucchiera e "divinatrice", senza dire di qualche comparsa di bevitore, di mutilato, di lestofante, di sfaccendato. Un notaio pretino. Un prevosto timorato. Una perpetua manzoniana. Una serva tuttofare. Un filandiere-podestà con la moglie neurotica e credulona. Un ufficiale delle Regie Poste. Un segretario comunale. Un segretario del fascio. Un oste. Un
probo maresciallo. Un medico non meno probo. Quattro giovanotti in vena di trasgressioni da strapazzo, buoni a concepire sfregi da quattro soldi, scherzi da prete e giusto qualche fuga ai bordelli di Lecco (con tutta il loro corredo di tenutarie invitanti e di irremissibili creature gadde-sche, come qui la Drizzona) nelle giornate di festa grande.
Per non dire dell'onomastica fantasiosa, un vero e proprio inventario di destini, capace di rinviare a quei cataloghi che sono per se stessi un'avventura: da Maria Isnaghi a Eufrasia-Eufor-bia Sofistrà, da Anselmo Crociati a Evaristo Sperati, da Luigia Piovati detta Luigina Uselànda, a Ddenia Settembrelli, da Amilcare Camozzetti a Ermete Bo-naccorsi, da Enea Anomali a Er-lando Biancospini, da Giacinta Biovalenti a Evaristo Sperati detto il Risto, da Melchiorre Gira-botti alla figlia Filzina, da Maristella Capa in Maccadò a Rosa Maria Ancella Grigli. Non sono che esempi scelti di un catalogo che a dirlo tutto occuperebbe ancora un bel po' di spazio. Un catalogo che s'incrocia con i toponimi di un orizzonte breve e circoscritto, non disgiunto da una certa malinconia. Da Morcate a Varenna, da Per-ledo a Dervio, da Cernobbio a Menaggio, i nomi di un mondo che sta tutto in un giro di battello, ma è che capace di costituire un palcoscenico di prigioni e di sogni.
Sono gli ingredienti principali di una storia che si dirama in tante storie imbarcando gli enigmi di più morti misteriose, di più vite incrociate, di più fatti collegati a qualche tirante più o meno dissimulato, che trovano alla fine un loro scioglimento più o meno felice. Vitali sa orchestrare il suo mondo con sottile equilibrio di fughe e riprese in capitoli che possono andare da qualche pagina a qualche riga, aprendosi e chiudendosi con calibrata sprezzatura; addentellandosi in una storia che prende dal ritmo - più ancora che dalla trama - la ragione del suo esistere. Un linguaggio affabile e piano che si modula in un parlato e dialogato frequente, non disdegnando i passaggi schietti e bassi della volgarità più vigilata. Nella sua probità narrativa, capace di restituire il suono di una voce educata, Olive comprese ha l'innegabile merito di farsi leggere con gusto.	■
giovannitesìo@tiscalinet.it
G. Tesio insegna letteratura .moderna e contemporanea all'Università del Piemonte Orientale
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...aria nuova nel mondo dei libri !
OLSCHKI 50100 firenze
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