N. 9 da BUENOS AIRES Francesca Ambrogetti Lui, Adolfo Bioy Casares, è considera- to con Borges ed Ernesto Sabato uno dei grandi della letteratura argentina del se- colo scorso; lei, Silvina Ocampo, meno nota, è giudicata anche un'autrice note- vole. Un libro pubblicato in questi giorni a Buenos Aires, Los Bioy, racconta con particolari spesso inediti la loro lunga e tormentata storia d'amore. Lo hanno scritto a quattro mani la fedelissima go- vernante Jovita Diaz, forse la persona che è stata più vicina alla coppia, e la giorna- lista Silvia Renée Arias. Entrambi appar- tenenti a famiglie bene della cosiddetta aristocrazia terriera argentina, erano uni- ti dall'amore per la parola scritta, ma se- parati dalla differenza di età - Bioy Casa- res aveva undici anni meno della moglie - e dalla "dipendenza" ammessa dall'au- tore dell 'Invenzione di Morel per il sesso opposto. Jovita raccoglie nel libro una frase di Bioy Casares che descrive la si- tuazione: "Ho un difetto, una debolezza molto grande: mi piacciono tanto le don- ne che se a un manico di scopa lo vesto- no da donna, io vado appresso al manico di scopa". Silvina Ocampo era anche una brava pittrice, e quando Adolfito - così era chiamato lo scrittore da parenti e amici - cominciò a frequentare molto giovane e alle prime armi il suo atelier, pare fosse in realtà attratto da una mo- della. Ma poi, sulla spinta di una forte at- trazione intellettuale, fra i due nacque l'amore e dopo sei anni di convivenza de- cisero di sposarsi. Uno dei testimoni fu Borges. Molte pagine sono dedicate al racconto della storia segreta dei tradi- menti più clamorosi dello scrittore. Tra i suoi tanti grandi amori vi furono varie amiche della moglie e perfino una sua giovane nipote, figlia di una sorella di Sil- vina, che comunque sopportò tutto e ac- cettò perfino di adottare Martita, frutto di una delle tante relazioni extraconiuga- li dello scrittore. Ne Los Bioy la gover- nante accenna anche alle voci di una pre- sunta omosessualità di Silvina Ocampo, ma afferma di non avere personalmente mai notato nulla che lo confermasse. Ri- corda però il rapporto con un'altra nota scrittrice argentina, Alejandra Pizarnik, che scrisse appassionate lettere d'amore alla moglie di Bioy e che si suicidò nel 1972, pochi giorni dopo una visita alla casa di Silvina che non volle riceverla. Jo- vita Diaz racconta come testimone diret- ta anche il profondo dolore di Bioy per la scomparsa della moglie, il suo pentimen- to tardivo per i tanti tradimenti e la tra- gedia, appena venti giorni dopo, della morte della figlia in un incidente strada- le. E anche come lo scrittore, dopo una vita di viaggi e di sperperi, dovette ven- dere una macchina fotografica per avere un po' di contanti e, in crisi con il secon- do marito della figlia, rischiò lo sfratto dalla casa dove aveva sempre vissuto nel cuore della Recoleta, il quartiere più ele- gante di'Buenos Aires. da MADRID Franco Mimmi Famoso e quasi leggendario nella sto- ria di Spagna, il tempo in cui visse e le vi- cende delle quali fu protagonista lo inse- riscono d'obbligo anche nella storia d'I- talia, condottiero tra i condottieri: Gon- zalo Fernàndez de Cordoba, el Gran Ca- pitan, fu il comandante che concluse la reconquista, riprendendo agli arabi il re- gno di Granada, e l'eroe di Cefalonia e di Napoli, guidando l'esercito spagnolo contro i turchi nel primo caso e contro i francesi nel secondo. Gli ha dedicato una biografia {El Gran Capitan. Retrato VILLAGGIO GLOBALE de una epoca, edizioni Penunsula) il cat- tedratico José Enrique Ruiz-Domènec, il quale con una prosa quasi da romanzo segue anche le tracce che il Gran Capita- no, già leggendario in vita, lasciò nella letteratura spagnola. In mancanza di me- morie o note autobiografiche, l'autore si è calato nelle cronache del tempo cer- cando di sfrondarle dal mito. Ne è emer- sa una panoramica dell'epoca dei Re Cat- tolici in cui risalta, dei due, soprattutto Ferdinando d'Aragona: questi, parente di Gonzalo di Cordoba, ne fu il primo sostenitore ma in seguito anche colui che, per gelosia dei suoi successi nel re- gno di Napoli, lo costrinse a un malinco- nico ritiro. da NEW YORK Andrea Visconti A soli ventisei anni Jonathan Safran Foer è già stato salutato dal "New York Times" come uno scrittore dotato di "brillantezza e brio, come non si vedeva da quando Anthony Burgess scrisse Arancia Meccanica". Everything is Illu- minated è il primo romanzo di questo autore che si è lasciato ispirare da un viaggio in Ucraina alla ricerca della don- na che salvò suo nonno dai nazisti na- scondendolo in casa sua. Tematica seria e ponderosa? Niente affatto. Foer (si pronuncia come il numero quattro, four) non riuscì a rintracciare la misteriosa donna. Anzi, raccolse così poco materia- le durante il viaggio che dovette lavorare di fantasia per avere qualcosa da scrive- re. Ed è proprio il suo racconto fantasio- so ad aver creato uno dei casi letterari più discussi quest'anno. Everything is II- luminated racconta di un'insolita agenzia di viaggi statunitense che organizza viag- gi nei paesi dell'Est per ebrei americani alla ricerca delle radici. A fare da tradut- tore c'è un giovane ucraino che parla un inglese maccheronico, ed è proprio il suo linguaggio, pieno di storpiature di modi di dire americani, a scatenare un brillan- te senso dell'umorismo nelle 276 pagine scritte da Foer. I critici hanno applaudi- to in particolare l'abilità dell'autore di immedesimarsi in un ragazzo che parla inglese come lo parlerebbe un ucraino mai uscito dall'Ucraina. Di grande effet- to nella narrativa dello scrittore venticin- quenne è anche l'uso delle lettere maiu- scole, il corsivo, le parentesi e i termini onomatopeici. aglnews@aol. coiti Questo numero L'Aldo Moro disegnato da Tullio Pericoli in copertina si richiama al riferi- mento fatto da Giovanni Borgognone, nel suo pezzo su "Politica e antipolitica in Italia", alle ultime lettere dello statista assassinato. Nel Primo piano di que- sto mese facciamo il punto sul contesto internazionale tra un islam più occiden- talizzato di quanto immaginiamo e una globalizzazione dai tratti sempre più ambigui. Nei Narratori italiani l'attenzione si concentra soprattutto sulla raccolta dei romanzi di Volponi, sull'intenso libro dedicato da Affinati a Bonhoeffer e sulla riedizione di Ragazzo di Jahier. Andrea Cortellessa recensisce tre attualissimi volumi di critica letteraria: Pianura proibita di Cesare Garboli, La prova nasco- sta di Raffaele Manica e Sottotiro di Enzo Golino. Tra gli autori affrontati nelle pagine di Letterature, segnaliamo Stendhal, Dumas, Lawrence, Grass, Diirren- matt, Sebald e Angela Carter. L'interpretazione adorniana di Beethoven è affrontata per noi da un filosofo e da un musicologo. Ettore Casari rilegge invece la Filosofia dell'aritmetica di Husserl. Ampio spazio riserviamo a un volume di difficile reperibilità ma di sicu- ro interesse dedicato al teatro dijerzy Grotowski. Sulla storia tragica e non anco- ra conclusa di Cernobil' interviene Maria Nadotti affrontando lo sconvolgente reportage di Svetlana Aleksievic. A partire da questo numero inauguriamo un nuovo spazio dedicato a un os- servatorio sugli "altri volti" di un'Europa in continuo cambiamento. I Segnali sono aperti dall'accesa e accorata denuncia di Mario Tozzi riguardo al ponte sullo stretto di Messina. Seguono il bicentenario di Bellini, la riflessione di Bernardo Secchi su welfare e politiche urbane, un ricordo di Stephen Jay Gould e lo Spider-man di Sam Raimi. Chiudono come di consueto le pagine delle Schede. da PARIGI Fabio Varlotta Un libro da ascoltare, da godere visceral- mente: Un soirau club, undicesimo roman- zo di Christian Gailly, 59 anni, ex sassofo- nista jazz che aveva studiato psicologia e si era adattato a fare il collaudatore di caldaie prima di scoprire il talento letterario, è il successo dell'estate in Francia. I suoi libri, nei quali trasfonde non l'amore per la mu- sica, ma il ritmo, le pause, le sincopi, le sfu- mature di uno spartito, hanno abituato i lettori a uno stile originalissimo. Uscito due anni dopo il buon successo di Nuage Rouge, Un soir au club ha definitivamente consacrato Gailly - che fra l'altro è nato a Belleville, il quartiere parigino in cui sono ambientati i romanzi di Daniel Pennac. La storia è tutto uno swing. Il protagonista si chiama Simon Nardis, ed è il primo mes- saggio chiaro per chi conosce l'abc del jazz: Nardis è un celebre pezzo di Miles Davis, suonato e risuonato in tutti i club del mon- do. La figura del protagonista è ispirata dalla storia stessa dell'autore: pianista delu- so, dopo anni trascorsi a intrattenere sale fumose per notti intere, aveva ripiegato sul mestiere di collaudatore di caldaie. Inviato nel Nord della Francia per un sopralluogo, viene accolto da un ingegnere che, dopo il lavoro, lo invita a finire la serata in un jazz club, per ingannare l'attesa del treno che lo dovrebbe riportare a casa, dalla moglie Su- zanne. Invece, nel buio della sala, Simon Nardis si riaccende, non può fare a meno di riavvicinarsi ai tasti del pianoforte, e Debbie, che lavora nel locale, si mette a cantare con lui. L'incanto fra due mondi perduti e rimpianti che si ritrovano è nella passione che travolge Simon e Debbie, nel- lo scomparire all'orizzonte - come un tema musicale che sfuma - della moglie Suzan- ne. Gailly dipana il romanzo come se aves- se davanti un pentagramma. La musica è ovunque, nel corpo della donna amata, nella schiuma delle onde del mare, nel si- lenzio. La voglia di camminare di nuovo sul filo, di rischiare fra vodka e notti bian- che, di non ritirarsi nelle sicurezze, è tutta nello swing. Simon Nardis sceglie la sua ispirazione giovanile, la passione. E stavol- ta, a differenza della prima, vince. Perché, spiega Gailly, capisce di avere "uno stile", la chimera di tutti i musicisti. Le immagini Le immagini di questo numero so- no tratte dal volume: Mode in China di Rhodri Jones (introd. di Hong Ying e Philip Jones Griffiths, testo in- glese a fronte, pp. 176,115 ili. in b/n, € 39, Logos Art, Modena 2002). A pagina 4, lavoratore edile sul fiu- me Yangtze, nell'Hubei. A pagina 5, le aste per la preghiera del monte dei giovani amdo nel Gan- su, in Tibet orientale. A pagina 6, un contadino uighur mostra il suo orologio che segna l'ora locale (due ore indietro rispetto a quella ufficiale). A pagina 12, giovane kampa nelle pianure dell'Oinghai centrale. A pagina 29, la "Nuova zona eco- nomica" di Shanghai. A pagina 33, padre e figlio uighur nel nuovo insediamento di "Chulan", parte di un progetto di ripopolamento delle zone desertiche, nello Xinjiang. A pagina 37, bambini che giocano davanti ai pozzi di petrolio della città di Daqing, nell'Heilongjiang. A pagina 39, pastore alla periferia di Kunming, nello Yunnan. A pagina 42, contadina miao nel Guizhou.