rlNDLCF LIBRI DEL MESE|| E di tori A Scienziati scrittori? Intervista a Odile Jacob Il premio Grinzane Cavour per l'editoria, dedicato a Giulio Bollati e ormai giunto alla sua quarta edizione, quest'anno è stato assegnato a Odile Jacob, intellettuale parigina che conduce l'omonima casa editrice. Figlia del premio Nobel per la medicina Frangois Jacob, Odile ha intrapreso il mestiere di editore con l'intento di fare divulgazione scientifica ad alto livello: le Editions Odile Jacob pubblicano oggi centotrenta novità all'anno e vantano un catalogo eterogeneo che spazia da argomenti di fisica e di biologia, a temi di medicina, psicologia e salute pubblica, fino alle scienze umane e sociali. Sono trascorsi poco più di quindici anni da quando, nel 1987, ha fondato la sua casa editrice. Giovane ma agguerrita, si è subito imposta nel panorama dell'editoria francese. In quali circostanze sono nate le Editions Odile Jacob? Con quali obiettivi? E quali ambizioni? Si tratta di circostanze molto particolari, strettamente legate alle mie vicende autobiografiche. Il mio percorso intellettuale è partito dalla ricerca universitaria, per approdare solo in un secondo tempo all'editoria. Quella per la ricerca è stata una vera e propria passione. In particolare, ero profondamente affascinata dalla possibilità di comprendere il funzionamento del cervello umano e lo sviluppo delle facoltà cognitive, come l'apprendimento, il linguaggio e la memoria, tratti distintivi della nostra specie. Erano gli anni in cui cominciava a delinearsi quel progetto di ricerca interdisciplinare che avrebbe preso il nome di "scienza cognitiva". Iniziavano a dialogare tra loro ambiti del sapere prima rigorosamente separati: linguistica, filosofia, psicologia, neurobiologia, intelligenza artificiale. In Europa non c'era ancora niente, tutte le principali ricerche si svolgevano negli Stati Uniti. Così, per seguire la mia passione intellettuale, ho lasciato la Francia all'età di diciassette anni e sono andata a studiare ad Harvard. Qui mi sono formata come ricercatrice e ho avuto occasione di lavorare con i massimi ricercatori del settore, come Noam Chomsky e Jerome Bruner. Ma, all'improvviso, gravi circostanze personali hanno imposto un mio ritorno in Francia. Qui è stato difficile ricominciare. L'ambiente accademico francese mi era del tutto estraneo e mi sentivo assolutamente isolata. La ricerca universitaria era frammentata nelle diverse discipline, ognuna chiusa nella sua specificità e ignara ì'una dell'altra. In verità, il mondo accademico rispecchiava una realtà sociale ben più estesa: tornando nel mio paese mi accorgevo che quello che mancava in Francia, a tutti i livelli, era la circolazione delle idee. Questo insieme di vissuto personale e preoccupazioni intellettuali è stato ciò che mi ha spinta a dedicarmi all'editoria. Ho capito che sarei stata utile diventando editore perché avrei contribuito realmente a far circolare le idee: avrei fatto conoscere argomenti ancora ignoti alla maggior parte dei francesi e, nello stesso tempo, avrei potuto continuare a perseguire i miei personali interessi intellettuali. Sono state queste due cose che mi hanno convinta a fondare la mia casa editrice. Un giorno mi sono seduta a un tavolo e ho scritto il mio progetto editoriale. Le Editions Odile Jacob sono nate così. Passando dalla ricerca all'editoria, si è trovata a condurre una grande azienda in cui, oltre alle capacità intellettuali, contano abilità di tipo imprenditoriale. Come vive questo aspetto del suo mestiere? Lo vivo con molta serenità e naturalezza. Ho scoperto un gusto e un'abilità, che non sapevo di avere, per l'attività imprenditoriale. A differenza del ricercatore, che persegue esclusivamente i suoi propri interessi intellettuali e li condivide con la ristretta cerchia dei suoi colleghi, l'editore deve preoccuparsi di sviluppare e pubblicare idee che funzionino, che siano interessanti per tutti e che ottengano un buon successo di vendita. Il mio progetto editoriale rac- chiude il tentativo di conciliare le mie curiosità intellettuali con l'interesse del pubblico e con le esigenze del mercato. Il vostro ampio catalogo, con più di 2000 titoli, si sviluppa nel senso dell'interdisciplinarità, spaziando da argomenti di fisica e di biologia a temi di medicina, psicologia e salute pubblica, fino alle scienze umane e sociali. Come riesce a realizzare questo dialogo tra le scienze? L'attitudine a seguire percorsi interdisciplinari è radicata nella mia giovanile passione per la scienza cognitiva, che proprio nel dialogo tra diversi ambiti del sapere ha il suo punto di forza. Sì può dire che sia il mio "chiodo fisso", il mio "pallino". Come editore ho due modi per portare avanti questo discorso: da un lato, proponendo nel mio catalogo filoni tematici affrontati da diversi autori, delle più svariate discipline scientifiche, dall'altro, cosa molto più difficile, cercando di fare libri intrinsecamente interdisciplinari, pensati essi stessi in una forma dialogica. Questa seconda via è sicuramente più complicata perché ciò che conta sono le persone, bisogna trovare gli autori giusti e non è facile. È già difficile trovare autori scientifici che abbiano tempo e voglia di fare divulgazione. Uno scienziato non fa lo scrittore di mestiere: pubblicare scienza non è come pubblicare romanzi, c'è dietro un lungo lavoro di contrattazione con gli autori, di revisione dei testi, quando non addirittura di una completa riscrittura. Pretendere anche un approccio interdisciplinare e una forma dialogica è decisamente troppo. Ma io ci provo lo stesso e, in alcuni casi, forse, ci riesco. La sua ambizione di "fare circolare le idee" si estenderà anche oltre ai confini del suo paese? Quali sono i vostri rapporti con il mondo editoriale straniero? Sì, effettivamente ho in progetto di uscire dai confini della Francia e di istituire delle collaborazioni internazionali in Europa. Non si tratta solo della normale prassi di traduzione. Ovviamente, si traduce tanto dall'inglese, anche se sono orgogliosa di dire che riusciamo a tradurre all'estero il 10 per cento del nostro catalogo. In Italia, ad esempio, siamo tradotti da Bollati Boringhieri, da Raffaello Cortina e da Mondadori. Dall'italiano traduciamo poco, ma con delle belle eccezioni: adesso abbiamo in programma la traduzione del libro di Cavalli Sforza, Eevoluzione della cultura, appena uscito presso la casa editrice torinese Codice. Quello che mi piacerebbe, però, sarebbe ottenere delle vere e proprie collaborazioni internazionali su progetti editoriali di ampio respiro. Chissà se in Italia troverò qualche persona interessata? ■ (a cura di Francesca Garbarmi) No alla partita doppia Intervista a Nino Aragno L'editoria italiana, adeguandosi al clima europeo, ha ormai sancito la scomparsa dell'editore. Con l'eccezione di alcuni casi che tenacemente restano ancorati a un'idea del mestiere molto tradizionale, nel senso migliore. La sua casa editrice rappresenta un eccellente esempio di incontro tra il fare artigianale e il respiro internazionale. Come è riuscito a dare un'impronta così particolare e singolare alla Nino Aragno? Nell'editoria italiana oggi si sprecano manager e management con tutto il conseguente armamentario lessicale anglo-bocconiano; Vanni Scheiwiller, di contro, ha dimostrato per più di un trentennio che il mestiere dell'editore di qualità nella tradizione italiana è chiaramente un mestiere da artigiano con una forte attenzione internazionale. A quanto vedo mi pare rimanga molto più innovativa la nostra tradizione editoriale che i nuovi management. Lei ha un rapporto particolare e una diretta partecipazione nel lavoro di prestigiose istituzioni e case editrici. Che cosa l'ha spinta in questa direzione? E che cosa si aspetta da questa collaborazione? Se si voleva, come editore italiano, tentare una via europea non poteva esserci altra soluzione che pubblicare anche in altre lingue (nel nostro catalogo proponiamo opere in almeno quattro lingue). Ne è nata l'esigenza di coedizioni con altri editori (come Les Belles Lettres) e poi con istituzioni di prestigio non italiane. Abbiamo così ottenuto di diventare editori del The Warburg Institut a Londra e anche del Collège de Franee a Parigi, Stiamo ampliando questa proposta editoriale ad altri interlocutori. Ci aspettiamo per questo una particolare visibilità europea. Come si articolano le collane tra filologia e modernità? Come scegliete le ristampe? Come riproponete i classici? Tra filologia e modernità l'unico filo che collega le collane è una particolare e, se si vuole, personalissima idea di qualità. La stessa necessità di qualità impone oggi di ristampare i classici e anche opere significative del Novecento. La Nino Aragnv riserva un'attenzione particolarissima alla narrativa e alla critica italiana, anche contemporanea. Una scelta in controtendenza: dipende dai suoi interessi personali o piuttosto da altre strategie? La scelta di pubblicare, per esempio, tutto il teatro di Manganelli è certamente in controtendenza, visto che si dice che il teatro non vende. L'intento è quello di recuperare, anche attraverso una curatela filologicamente molto attenta, un nuovo classico del Novecento, offrendo al lettore una parte importante e irrinunciabile della sua prosa. È interessante la sua doppia anima di imprenditore e di editore raffinato. Come si incontrano? O meglio, come si scontrano? Si scontrano di sicuro. Non vi è cosa più lontana dall'editoria che il concetto di partita doppia. Sul versante dell'imprenditoria il primo imperativo è che i conti siano sempre di qualità. Sul versante dell'editoria di qualità deve essere il catalogo. I vostri libri sono curati con una meticolosissima attenzione ai dettagli paratestuali: lei crede ancora nel lavoro di redazione? alla necessità della presenza dell'editor? all'usurante lavoro di revisione? Credo che il lavoro di redazione, gli editor, i revisori siano da sempre essenziali. Altro problema è riuscire a trovarli. Da qualche anno buona parte di queste persone che avevano alle spalle tradizione e professionalità sono state puntualmente precarizzate, cacciate e messe a cottimo da brillanti manager calati a guidare le case editrici italiane come elefanti in un negozio di porcellane. Abbiamo così gettato al vento un patrimonio editoriale di valore assoluto. ■ (a cura di Camilla Valletti)