, l'indice 7 ■■dei libri del mese■■ ' Spirito multidisciplinare e internazionale Intervista a Luciano Maiani di Enrico Alleva La designazione di un fisico nucleare di altissimo lignaggio scientifico, e con la credenziale curricolare di essere stato presidente dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e del Cern di Ginevra, scuote l'universo scientifico italiano, in particolare il Consiglio Nazionale delle Ricerche che esce da un periodo di incertezza e precarietà istituzionale. Come può rassicurare chi ha delle aspettative, soprattutto il personale Cnr di più elevato profilo scientifico, che non prevarrà l'ennesima "riforma incompiuta" dell'Ente? La mia intenzione, naturalmente, è promuovere il merito e il valore scientifico nell'Ente, cercando di riportare il Cnr alle sue tradizioni iniziali, quando era un incubatore di idee nuove, da cui sono partite imprese come la fisica delle particelle, l'astronomia, la ricerca spaziale. Non credo che l'Ente abbia bisogno di ulteriori riforme, se non per qualche piccolo aggiustamento. Riforme in questi ultimi lustri ce ne sono state molte e il rischio - evidenziato più volte dalla Corte dei conti - è che nessuna arrivi mai davvero a compimento. Adesso bisogna valorizzare le persone, vanno sostenuti i gruppi di ricerca e i singoli ricercatori, e va promossa la loro attività. Un'altra cosa che penso debba essere "spinta" nel Cnr è l'organizzazione della ricerca in progetti di grande respiro: la partecipazione a progetti di punta è oggi la chiave del successo, e lo deve essere anche per il Cnr. Questa organizzazione deve essere promossa con maggiore convinzione e, soprattutto, continuità di intenti, mediante progetti quinquennali, decennali, imprese scientifiche di vasto respiro, come è proficuamente accaduto in altri settori. Un altro aspetto è l'internazionalizzazione: mi piacerebbe aprire di più il Cnr ai ricercatori stranieri, facilitarne la partecipazione nelle reti europee e internazionali. della biologia. Anche le scienze storiche e archeologiche, naturalmente, fanno parte delle attività da promuovere. La forza del Cnr risiede proprio nella sua multidisciplinarietà che va dalle scienze umane all'informatica, dalla medicina alla biologia... Anzi: le scienze umane nel nostro Paese, che vanta un immenso patrimonio di tesori di arte e di cultura, vanno valorizzate e sono un elemento importante di riflessione strategica. La divulgazione scientifica e tecnologica, quello che oggi viene definito outreach, cresce d'importanza. Sembra quasi che la scienza, soprattutto quella fondamentale, abbia necessità di trovare una nuova "rispettabilità" agli occhi del cittadino europeo. A suo parere l'Italia fa in qualche modo eccezione? Mi è sempre sembrato alto, in Italia, l'interesse dei giovani per la scienza. Certo, va incoraggiato con forza: bisogna dar corso a iniziative scientifiche di sensibilizzazione e, anche in questo, il Cnr può avere un ruolo propellente. Attraverso la sua rete di istituti può sostenere i musei tradizionali e della scienza, e può promuovere livelli elevati di divulgazione della cultura scientifica e tecnologica. Ma i fisici "pigliatutto" hanno sollevato forti perplessità. Quali sono le sue intenzioni programmatiche, per esempio, in un settore tradizionalmente "forte" nel Cnr, quello biomedico e biologico? Cosa intende proporre, poi, al mondo tradizionalmente meno connesso al Cnr, come per esempio l'economia, le scienze sociali, la psicologia di base e clinica, la giurisprudenza, la storia antica e contemporanea, l'archeologia? Io nasco nel laboratorio di Fisica dell'Istituto Superiore di Sanità, sotto la guida del noto biofisico Mario Ageno, dove sono rimasto per circa tredici anni. Era un laboratorio fortemente interdisciplinare, in cui la fisica delle particelle si mescolava con lo studio dei fa-gi, gli effetti biologici delle radiazioni e così via. Era un laboratorio frequentato da Franco Graziosi e Giorgio Tecce, pionieri della biologia molecolare ira Italia, che vedeva in Rita Levi-Montal-cini, ospite dell'Istituto Superiore di Sanità, uno dei punti di riferimento. Quindi sono cresciuto con l'idea che la fisica sia semplicemente una delle scienze e che non debba avere - non abbia - alcuna pretesa di egemonizzare le altre. In questo spirito, non mi sento tanto male equipaggiato per gestire il Cnr: non parlerei assolutamente di "presa di potere" da parte dei fisici. Questo spirito multidisciplinare in cui sono nato e che mi ha dato l'imprinting, l'ho portato all'Infoi e al Cern, dove ho promosso il trasferimento delle tecnologie dei fisici verso i settori più trainanti della medicina e Storia di un appello a lieto fine Come noto, il presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) detiene la più alta responsabilità di indirizzo e di gestione della ricerca pubblica italiana. Si tratta di una nomina-chiave per chiunque intenda puntare soprattutto sullo sviluppo scientifico ed economico del paese. Per questo è stata importante la scelta del ministro Mussi di imboccare una strada, scontata per altri paesi occidentali, ma del tutto nuova per l'Italia: nominare un apposito search committee del tutto indipendente che proponesse al Governo uno o più nomi per quella carica. Così è maturata la decisione del Consiglio dei ministri del 21 dicembre di proporre alle commissioni cultura del Senato e della Camera la nomina di Luciano Maiani. La nomina, per diventare effettiva, richiede il parere, obbligatorio ma non vincolante, che le commissioni erano tenute a formulare entro il 4 febbraio. Il curriculum di Maiani era tale da non dare adito a dubbi: membro delle più importanti accademie scientifiche internazionali, accademico dei Lincei, presidente e successivamente direttore del Cern di Ginevra dal 1997 al 2003, con credenziali sia scientifiche sia manageriali inattaccabili. Invece, in occasione della prima seduta dedicata all'argomento dalla Commissione cultura del Senato, l'attacco ci fu, ma per quello che potrebbe essere definito un reato d'opinione. Per alcuni senatori di opposizione, Maiani era reo di essere stato tra i firmatari di una lettera tempestiva e riservata (il cui contenuto successivamente venne alla luce) con cui 103 docenti dell'Università di Roma La Sapienza sollevavano riserve sull'opportunità di invitare il Sommo Pontefice della Chiesa cattolica a tenere una lectio magistralis in occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico. Tale presunta colpa, secondo alcuni, non lo rendeva idoneo alla carica. Si trattava di una grossolana ed evidente lesione, addirittura retroattiva, della libertà d'opinione di Maiani. Poiché nel frattempo era caduto il governo, in carica solo per l'ordinaria amministrazione, era anche evidente il rischio che, di fronte a un parere negativo, o anche solo a un silenzio-assenso parlamentare, lo stesso governo non se la sarebbe sentita di perfezionare la nomina, causando un danno grave alla qualità della ricerca italiana. È in questo contesto che sorse in noi la convinzione di dover promuovere e ospitare sulle pagine delT'Tndice" un appello che affermasse il principio di libertà d'opinione e salvaguardasse una decisione preziosa per il valore scientifico e culturale del paese. Il riscontro fu straordinario. Nelle poche ore che avevamo a disposizione, tenuto conto dei tempi lunghi di produzione di un mensile, ricevemmo le numerose e autorevoli firme pubblicate nel numero di febbraio a cui, nei giorni successivi, se ne aggiunsero altre che di seguito pubblichiamo. Restava un dilemma. Avremmo potuto anticipare il contenuto dell'appello alle agenzie oppure aspettare l'uscita dell'"Indice", presumibilmente a vicenda conclusa. A ben vedere, si trattava di scegliere tra una giusta e tempestiva affermazione pubblica e di principio, che comportava però il rischio di esarcerbare la procedura in corso, oppure di perseguire, con opportuna prudenza, il consolidamento di una nomina egregia. Posto in questi termini il dilemma non era più tale. Anziché alle agenzie anticipammo l'appello ai presidenti delle due commissioni, Vittoria Franco e Pietro Folena, affinché, accanto ad altri segnali sicuramente pervenuti al Parlamento, giungessero, in forma diretta, le voci di tanti scienziati, studiosi e cittadini gelosi della libertà d'opinione e attenti ai destini della ricerca italiana. Il 31 gennaio, quando "l'Indice" era già in corso di stampa, Pietro Folena ci ha comunicato che "Il Parlamento ha ascoltato l'appello di tutto il mondo scientifico e internazionale, nominando una persona di grande valore a capo della ricerca nazionale pubblica". Dopo la pubblicazione del nostro appello hanno aderito anche Alessandro Avenali Lorenzo Bencinelli, Doris Berger, Carlo Bernardini, Anna Brawer, Lina Cabib, Rubens D'Oriano, Riccardo Gualdo, Maria Grazia Iachi Bretto, Andrea Levi, Paolo Manzelli, Annamaria Moiso, Valeria Panizza, Raffaella Petrilli, Enrico Pili, Giorgio Segré, Stefano Sicardi. Gian Giacomo Migone Penso in particolare a programmi diretti verso i licei e le scuole medie secondarie, perché quelli sono il serbatoio dei ricercatori del domani. È quella l'età delle scelte importanti a livello universitario e per la vita professionale, ed è lì che dobbiamo affrontare il problema della diminuzione di iscrizioni e lauree nelle facoltà scientifiche. La "casta" dei politici è invisa al cittadino comune, di questi tempi. Come pensa di coniugare l'indirizzo impresso dal Presidente del Cnr e i desiderata dei vari segmenti parlamentari? Questa naturalmente è una domanda difficile. Negli anni novanta, dal '93 al '99, quando sono stato Presidente dell'Info, i rapporti reciproci sono stati tutto sommato corretti. Allora era abbastanza chiaro a tutte le parti in gioco che ci deve essere un livello nel quale la politica non entra e nel quale bisogna valorizzare le persone per quello che sono, senza chiedersi se sono di destra o di sinistra. Secondo me questo livello al Cnr parte dal Presidente: dal Presidente in giù, Presidente incluso, le scelte devono essere esclusivamente meritocratiche. Nel Cern, che è la mia esperienza più recente, c'era un forte problema di nazionalità: li si trattava di bilanciare venti Paesi e tenerli uniti e sinergici, senza inutili conflittualità. Io penso di esserci riuscito, senza arrivare a compromessi bizzarri. Affronterei anche la vexata quaestio della fuga dei cervelli. Perché fuggono? Perché, una volta fuggiti, di solito realizzano risultati brillanti? E il caso di farli tornare, e come? Il caso di Lucio Luzzato a Genova, ora a Firenze, insegna qualcosa? Più in generale, dove, perché e in che modo siamo in ritardo rispetto ad altri Paesi? Certo, perché investiamo poco, ma la mia conoscenza della pubblica amministrazione mi dice che anche dove spendiamo poco riusciamo a sprecare un sacco di soldi. E questo il caso della ricerca? Perché i giovani fuggono? Su questo ho delle idee molto precise. I giovani per realizzare le proprie aspirazioni hanno un tempo limitato, che si può misurare in circa due lustri. I giovani, quindi, fanno il loro bilancio, senza eccessivi romanticismi: se vedono che non ci sono prospettive di realizzare le loro aspirazioni qui, se ne vanno da un'altra parte. Come si può contrastarlo? Fornendo opportunità ai giovani qui in Italia, come dicevo prima, con progetti di grande respiro, progetti avanzati, che pongano sfide attraenti e carriere trasparenti, ovvero la possibilità di avanzare se c'è il merito. Non ci sono altre ricette. Esistono dei settori dove i giovani non fuggivano, fino a poco tempo fa. La fisica delle particelle, che conosco bene, per esempio. Perché restavano in Italia? Perché sapevano che qui si svolgevano dei progetti internazionali nei quali potevano andare avanti, far carriera. Ultimamente, anche la fisica delle particelle è in difficoltà perché non ci sono posti messi a concorso. Ma, ripeto, la sola ricetta è quella di fornire la possibilità di fare in Italia ricerca di primo livello e assicurare una carriera ragionevole e legata al merito. Non vedo scorciatoie. ■ (Adattamento di Daniela Santucci) 3 o o e s SjO gq