N. 5 |dei libri delmese| 44 • «à k o SO CQ o CO Gaetano Pecora. Il pensiero politico di Gaetano Filangieri. Una analisi critica, pp- 252, €18, Rubettino, Soneria Mannelli (Cz) 2008 Il libro prende le mosse da una consi- derazione storiografica: il pensiero politi- co di Gaetano Filangieri ha dato adito a interpretazioni contrastanti. L'opera dell'il- luminista napoletano è stata volta a volta elogiata come "uno dei momenti più alti della sapienza liberale", oppure condan- nata come un concentrato di "fermenti assolutìstici e liberticidi". Una simile diver- sità di opinioni (questa la tesi di fondo che l'autore argomenta con eleganza) non può essere spiegata interamente con le variabili stagioni della fortuna di Filangieri, ma rimanda a una contraddizione presen- te nel suo pensiero, sospeso tra un approccio individualista e una tentazione organicista. Le pulsioni liberali, pur forte- mente presenti, non si dispiegano appie- no perché sono intralciate da un diverso impulso. La volontà di riforma efficace e definitiva, che possa dirsi scientifica (e sia pure di una scienza settecentesca e non positivista), produce un ricasco assoluti- sta; il desiderio di perfezionamento trova così stonati accenti perfettisti. Tale oscil- lazione è frutto certo di un pensiero apire- tico. Le analisi contenute nel libro spingo- no tuttavia a una considerazione ulteriore. Forse la mancata sìntesi che si riscontra nell'opera fllangieriana non dipende solo da un difetto concettuale, ma rimanda alla condizione in cui essa venne prodotta. L'Illuminismo, soprattutto quello di una realtà arretrata come quella del Regno meridionale, viveva una condizione dimi- diata in radice. Le proposte di riforma non potevano subire la controprova pratica, né potevano sottoporsi alla critica saluta- re di un'opinione libera. Da qui la tenta- zione della sistemazione definitiva, che non lasciasse residui. Insomma, la con- traddizione del pensiero di Filangieri porta le stimmate della temperie storica in cui fu pensato. Maurizio Griffo nazionale" finisce per ricadere nell'ormai logora tesi dell'unificazione incompiuta, la quale, da un lato, considera scontata la "necessità del riunirsi in uno specifico politico" e, dall'altro, lamenta la mancata formazione di "un vero e proprio carattere nazionale che testimoniasse della nazione finalmente costituita". Federico Trocini Paolo Bagnoli, L'idea dell'italia 1815- 1861, pp. 358, € 23, Diabasis, Reggio Emilia 2008 Rispetto all'insoddisfazione nei confron- ti delle narrazioni tradizionali e, soprattut- to, nei confronti di quella che aveva posto il nazionalismo alle origini dello stato ita- liano, studiosi come Alberto Banti e Paul Ginsborg hanno recentemente riaperto la riflessione sulla "cultura profonda" del Risorgimento, cioè su quella "sorta di pensiero unico della nazione", che, sul piano politico, permise la connessione tra cultura e azione. All'interno della medesi- ma prospettiva sembra collocarsi anche questo lavoro di Bagnoli, il quale, pur non introducendo nel dibattito elementi di novità, offre un'ampia ricognizione sulla genesi culturale delPidea di Italia" e sullo sviluppo delle diverse declinazioni politi- che dei concetti di nazione, patria, iden- tità, nell'arco di tempo compreso tra il Congresso di Vienna e il Regno d'Italia. Pur offrendo un quadro generale articola- to, nel quale Manzoni è idealmente messo in dialogo con Leopardi, Balbo con Gio- berti, Cattaneo con Mazzini, Garibaldi con Cavour, sono numerosi tuttavia gli aspetti del lavoro di Bagnoli che non convincono fino in fondo. A prescindere da alcuni limi- ti, tra cui un'eccessiva girandola di cita- zioni, che talora disorienta il lettore, e un'esposizione che spesso e volentieri diviene involuta e quasi esoterica, sor- prende la totale mancanza di riferimenti al contesto e alle dinamiche socio-economi- che che fecero da sfondo alla formulazio- ne delle diverse "idee di Italia". In questo senso, scarsamente articolata e altrettan- to scarsamente problematizzata, la rifles- sione svolta da Bagnoli sul "discorso Vjaèeslav Kolomiez, Il Bel paese visto da lontano... Immagini politiche dell'Ita- lia in Russia da fine Ottocento ai giorni nostri, pp. 279, € 18, Lacaita, Manduria- Bari-Roma 2008 Com'è noto, l'Italia ha spesso assunto un ruolo particolare nell'immaginario lette- rario e sociale europeo, ben evidente soprattutto nei numerosi racconti di viag- gio che intere generazioni di scrittori hanno consegnato alla storia. Meno cono- sciute sono invece le rappresentazioni pubbliche del nostro paese in terra russa, compito cui tenta di sopperire la ricerca di Kolomiez, che concentra la sua attenzio- ne sull'immagine che delle vicende politi- che italiane giungeva in quelle regioni così lontane. La ricerca si concentra nel periodo che va tra gli ultimi decenni del- l'Ottocento e i giorni nostri, offrendo al let- tore curiosità e spunti di notevole interes- se, e si apre con le reazioni, generalmen- te positive, all'unificazione dell'Italia, per proseguire nel sessantennio liberale con la preoccupazione nei confronti dei feno- meni eversivi e degli atti di terrorismo, spesso enfatizzati dalla stampa e dalle fonti ufficiali. Se la visione dell'Italia fasci- sta sotto il regime sovietico non fornisce forse grandi sorprese, pur nel sopravvive- re di alcuni miti come quello del Risorgi- mento, particolarmente interessante è l'ampio capitolo dedicato al secondo dopoguerra, in cui emergono non solo i giudizi nei confronti del Partito comunista italiano, ma anche l'atteggiamento com- plessivamente benevolo nei confronti di quello socialista che, nonostante avesse presto imboccato una via socialdemocra- tica, era visto dal regime sovietico con favore e fu a lungo destinatario di fondi dalla Russia, almeno fino alla nascita dei primi governi di centrosinistra. È curiosa, infine, la vicenda della recente fama di Berlusconi, dovuta in gran parte allo stret- to rapporto, più volte esibito in pubblico, tra il fondatore di Forza Italia e il presi- dente russo Putin. Francesco Regalzi Donne e libere professioni. Il Piemonte in età liberale, a cura di Patrizia Audenino e Paola Corti, pp. 396, € 28, ErancoAngeli, Milano 2008 Il volume comprende due sezioni. La sezione dei saggi, di impianto storiografi- co, si apre con uno scritto delle due cura- trici in cui la dimensione regionale della ricerca viene confrontata con quella nazionale e internazionale. Segue una messa a punto delle libere professioni femminili a livello regionale. Si tratta tutta- via di un universo tradizionalmente maschile. Dall'istruzione universitaria all'accesso al mercato del lavoro, dalla scelta del settore di inserimento alle pos- sibilità di carriera, dal modo di vìvere l'e- sperienza alla rappresentazione pubblica della professione, è l'appartenenza di genere a segnare i "destini" professionali delle donne. L'accostamento tra fonti pubbliche (gli albi professionali), fonti sta- tistiche locali e nazionali e fonti qualitative (interviste, storie di vita) evidenzia la diffi- coltà delle donne nel conciliare la profes- sione con la vita privata, ma delinea anche i successi sia nell'accesso all'istru- zione universitaria in settori tradizional- mente maschili, sia nella pratica delle pro- fessioni. I saggi forniscono approcci diversi: dall'analisi territoriale alla ricostru- zione quantitativa, dall'approfondimento di singole professioni a singole esperien- ze professionali. Nella seconda sezione sono raccolte interviste a donne, di diver- sa età e di diversa provenienza sociale, che esercitano nel campo dell'avvocatura e della medicina. Seguono poi testimo- nianze di carriere femminili che, pur nella positività dell'esito, attestano le molte dif- ficoltà. Nell'appendice documentaria, infi- ne, sono riportati i dati sugli iscritti e I lau- reati, sulle donne laureate in ingegneria e architettura, sugli ordini professionali delle province di Novara e di Cuneo. Augusta Molinari Nadia Ciani, Da Mazzini al Campidoglio. Vita di Ernesto Nathan, prefaz. di Walter Veltroni, pp. 290, € 15, Ediesse, Roma 2008 La parte più stimolante della biografia di Ernesto Nathan riguarda gli anni che precedono la sua elezione a sindaco di Roma, anni spesi all'interno di tre comu- nità. Anzitutto, la comunità familiare, dominata dalla figura della madre, Sara Levi, ebrea sefardita di origini pesaresi e livornesi, che nel 1836 sposa l'agente di borsa Mayer Moses Nathan e si trasferi- sce con lui a Londra. Qui Sara conosce i più importanti fuorusciti italiani, in partico- lare Mazzini, sposandone le idee. È attra- verso di lei che Ernesto entra nella secon- da comunità, quella politica. Dopo la Breccia di Porta Pia, Mazzini lo invita ad amministrare il nascente foglio "La Roma del popolo"; in seguito, Nathan ricoprirà lo stesso incarico in altri giornali repubblica- ni. Bisogna attendere tuttavia gli anni ottanta per assistere al suo vero ingresso in politica, che non a caso coincide con il parziale distacco da una famiglia cui ven- gono meno, a breve intervallo, il fratello maggiore e la madre Sara. Dopo un'ini- ziale collaborazio- ne con Saffi, Nathan abbando- na la prerogativa astensionista, avvicinandosi ai radicali. In questo periodo entra nella terza comu- nità, la massone- ria, che nel 1896 lo sceglie quale gran maestro. Intanto, l'attività politica procede fra alti (è consi- gliere della provin- cia di Pesaro e assessore comu- nale a Roma) e bassi (per tre volte si can- dida a deputato, ma viene puntualmente sconfitto). Nel 1907 la svolta, con il bloc- co popolare che, battuti i clerico-modera- ti, lo elegge sindaco della capitale. Da qui muove un'altra storia, interessante quanto conosciuta, ovvero quella di Nathan alla guida del Campidoglio. Una storia che, così come accade per le fasi precedenti, questo libro illustra non sempre mostran- do un'adeguata distanza dall'oggetto di studio, peraltro indagato quasi esclusiva- mente sulla scorta di fonti secondarie. Roberto Giulianelli destinata a un pubblico più vasto di quel- lo degli specialisti, senza per questo mostrare accondiscendenza verso le numerose leggende maturate negli anni intorno al dittatore tedesco. Partito come "bohémien sfaccendato" a Vienna, volon- tario nella fanteria bavarese sul fronte delle Fiandre nella prima guerra mondia- le, poi rappresentante del proprio batta- glione nel movimento consiliare a Monaco nel 1919, Hitler, il cui progressivo convin- cersi circa la propria missione salvifica è ben illustrato dall'autore, si impose per l'a- bilità oratoria, il dinamismo organizzativo e strategico, le poche ma precise idee- guida. Fondò "la prima vera Volkspartei nella storia tedesca", tanto da spingere Corni a giudicare discutibile la collocazio- ne dell'hitlerismo "alla destra dello spettro politico", pena la sottovalutazione della sua componente eversiva. Deciso a rea- lizzare il proprio progetto politico, governò in modo erratico sentendosi, prima di tutto, un condottiero militare. La trattazione si avvale di ampie citazioni dai discorsi e di costanti richiami al dibattito storiografico. Vengono enucleati in modo molto brillante i punti più significativi della parabola di Hitler, come la gestione della leadership e della guerra stessa, l'occul- tamento dello sterminio "sotto una coltre di metafore", l'alienazione finale. Daniele Rocca Gustavo Corni, Hitler, pp. 221, € 12, il Mulino, Bologna 2007 Già autore di importanti studi sulla Ger- mania nazista, Gustavo Corni dichiara fin dalle prime pagine di questo agile ed essenziale volumetto di non voler emulare le colossali imprese di un Fest o di un Ker- shaw, i più illustri biografi di Hitler. Si ripropone piuttosto di chiarire alcuni nodi tematici di particolare rilievo, in un'opera Gabriele Nissim, una bambina contro sta- lin. L'italiana che lottò per la verità su suo padre, pp. 278, € 18, Mondadori, Milano 2007 Iniziamo con il dire che si tratta di un libro onesto perché scritto con viva parte- cipazione. E aggiungiamo che gli effetti del 1989, quanto meno sul versante pub- blicistico prima ancora che storiografico, iniziano a farsi sentire solo adesso. Con risultati ambivalenti: al recupero delle memorie indivi- duali fa da riscon- tro l'evanescenza, nel discorso pub- blico, della dimen- sione più propria- mente storica dei macrofenomeni in cui le vicissitudini soggettive si inse- riscono. Lo dicia- mo a margine di questo e di altri volumi, che hanno una dignità pro- pria e che posso- no aiutarci a capi- re quel che è accaduto, a patto ovviamente di riuscire a mantenere un adeguato rapporto tra dimensione affetti- va e processi storici. L'autore, Gabriele Nissim, saggista, da molti anni è impe- gnato sul versante della valorizzazione della memoria storica delle opposizioni allo stalinismo come a ogni totalitarismo. La storia che racconta con questo suo ultimo volume è quella del destino di un uomo, Gino De Marchi, ma anche e soprattutto della moglie Vera e della figlia Luciana. La categoria di riferimento di Nissim è il tempo, nel quale colloca la faticosa e sofferta acquisizione e difesa della dignità di coloro che furono travolti da qualcosa di molto più grande, e quin- di incomprensibile, di loro stessi. Gino è uno di quei comunisti che nel 1937 viene letteralmente "ingoiato" dall'apparato repressivo di Stalin. Di lui non si sarebbe saputo più nulla se la figlia non avesse fatto della lotta per recuperarne la memo- ria la ragione prima della sua vita. Un libro che è prima di tutto un "interno di famiglia", dove le donne si rivelano tena- ci e determinate, sapendo resistere al silenzio del potere e dando voce ai vinti. Claudio Vercelli