N. 5 15 Il maleficio di Satana di Giovanni Choukhadarian Ferruccio Parazzoli ADESSO VIENE LA NOTTE pp. 123, €13, Mondadori, Milano 2008 ÉÉ/^erto, i politici, come V_^no? Eccoli anche loro con le loro maschere ciniche attraversare la scena, ma an- che loro, confusi e immeschi- niti sotto il maleficio di Sata- na. Ecco l'onesto Zaccagnini, ecco l'inarrivabile Andreotti andare a trovare di nascosto, nella notte, il Papa che veglia in angoscia e cercare di spiegare i motivi per cui sono costretti a non venire a patti con le Brigate rosse, ad abbandonare il Giusto al suo tragico destino. Ma le loro parole passano dal cinismo alla confusione perché è Satana, nel- l'imitazione buffonesca di Dio, a creare la confusione delle lingue: così Zaccagnini finirà per espri- mersi con le fanatiche espressio- ni di un mistico del Seicento e Andreotti con quelle del Mani- festo del Partito Comunista. C'è anche Prodi, naturalmente, con il dito nel piattino della seduta spiritica, che interroga gli spiriti di La Pira e di don Sturzo circa il luogo del sequestro di Moro. Una scena patetica della quale resteranno disgustati gli stessi spiriti evocati che andranno a lamentarsene seduti sul bordo del letto di Paolo VI". Così parla Ferruccio Parazzo- li, intervistato dalla sua agenzia letteraria e quindi in veste di interprete autentico dell'ultima opera sua. Adesso viene la notte è la ricostruzione dei giorni in cui Aldo Moro viene sequestrato dalle Brigate rosse vissuta con gli occhi, l'intelletto e la fede di papa Paolo VI Montini, che del presidente De era amico perso- nale dai tempi di gioventù. In scena c'è quindi un papa, uno statista di rilievo e, perché nulla manchi, Satana. Che a Parazzoli non facciano difetto impudenza e sicurezza di sé lo dimostrano intanto una vita spesa al servizio dell'editoria e una bibliografia delle più ricche (otto romanzi e due saggi dal '97 a oggi). Stavol- ta però ha deciso di superarsi, con questo testo concepito come pièce per il teatro e poi ridotto a racconto lungo o romanzo breve. Il titolo è liberamente tratto da una misteriosa invoca- zione di Cristo prima della gua- rigione del cieco nato (miracolo raccontato solo nel Vangelo di Giovanni, 9, 1-41); e riprodur- rebbe però le ultime parole pro- nunciate da Paolo VI, la sera del 6 agosto 1978, prima di morire. Sul miracolo la produzione di commenti è pressoché stermina- ta (celebre, fra tutte, l'Omelia 44 di Agostino). I testi di riferimento scelti da Parazzoli sono più recenti e, con correttezza di saggista e divulgatore, indicati in una nota priva di titolo e posta in clauso- la di racconto: un paio di memoriali di ex terroristi, due volumi in tema a firma di Jean Guitton, La sconfitta di Dio di Sergio Quinzio e la traduzione italiana della sceneggiatura di Lucida follia, film di Margarethe von Trotta. Un materiale di lavoro spaventevole per chiun- que, salvo che per l'ultimo Fer- ruccio Parazzoli. Faccia testo l'incipit-, "Paolo VI è morto. È morto anche Papa Luciani dopo soli trentatré giorni dall'elezio- ne al Soglio pontificio. Giovan- ni Paolo II ha dato disposizioni per la ripulitura generale degli appartamenti privati che si affacciano sul cortile di San Damaso, al terzo pia- no del palazzo pontifi- cio. Papa Luciani non ha fatto in tempo a eliminare i segni anco- ra visibili, evidenti in maniera imbarazzante per il nuovo Papa polacco, di un'oscura lotta avvenuta in quei locali". La lotta, come detto da Parazzoli nel- l'intervista già citata, è quella fra Paolo VI e Satana. Il papa è al corrente che, nella lotta, sarà il suo nemi- co - nemico dell'umanità, il male fatto persona - a prevale- re. Non su di lui, però, sì invece su un amico, che è appunto il presidente democristiano Aldo Moro. Narratori italiani Attorno a questi due Parazzoli fa muovere, in un grand-guignol certo bene orchestrato, non di meno goffo nelle movenze e le- gnoso nella prosa, personaggi ed eventi della cronaca di quei gior- ni. Compaiono così, in vesti ab- bastanza marionettistiche, Beni- gno Zaccagnini, Romano Prodi (due pagine da una sua audizione del 1981 presso la commissione parlamentare che indagò sui fatti, don Luigi Sturzo, Giorgio La Pi- ra, don Pasquale Macchi, segreta- rio particolare di Paolo VI dal 1954 fino alla morte). Il clima sul- fureo è creato senza lesinare ef- fetti, se non fosse che, con una certa frequenza, Parazzoli svela il suo modello: ovviamente Do- stoevskij, ovviamente i Karama- zov e, dei Karamazov, il capitolo dedicato all'incubo di Ivàn Fèdorovic. Sicco- me tutto, anche e forse soprattutto in un'ope- ra di finzione, ha da tenersi, è proprio su quella pagina che era aperto il capolavoro russo, posato sul tavo- lino di Paolo VI al mo- mento della sua mor- te. Se quest'ultima riu- scita di Parazzoli do- vesse avvicinare qualche lettore al capolavoro russo, anche Ades- so viene la notte avrà avuto un senso. ■ ohannes@katamail.com G. Choukhadarian è consulente editoriale e giornalista Riti di passaggio Nel sistema di Leandro Piantini Andrej Longo DIECI pp. m €D, Adelphi, Milano 2007 D ieci come i comanda- menti, i racconti di An- drej Longo colgono situazio- ni di vita che formano un quadro agghiacciante della Napoli d'oggi: da angolazioni tutte diverse disegnano una mappa del dolore, della vio- lenza, delle assurde condizioni in cui una metropoli vive al limi- te dell'intollerabile. L'autore usa una lin- gua affascinante quasi tutta costituita dal parlato e dal dialetto. Una lingua vivacissi- ma, di grande natura- lezza e gusto letterario e di notevole intensità espressiva. Si direbbe che Longo non sbaglia nulla, i suoi brevi racconti hanno una levigatezza e un nitore da scrit- tore maturo. Sono scene veloci, ricche di dettagli, che raccontano fatti a volte atroci in una maniera calma, quasi ovattata, come a di Francesco Roat Francesco Carofiglio L'ESTATE DEL CANE NERO pp. 172, €14, Marsilio, Venezia 2008 "velocissime e ormonali", in cerca di avventure o forse solo di se stessi. Ma sempre ben attend a scansare il gran cane nero che, secondo le dicerie, "scorazzava libero" senza museruola. Soprattutto Matteo (impressionato dalla lettura del Mastino dei Baskerville di Conan Doyle), il quale sembra di R. ... avvertire un po' ovunque una presenza oscura e acconta la stona di una non compiuta terrifica. Si consuma quindi così, tra puerili timori iniziazione alla vita adulta il secondo e avvisaglie di un erotismo acerbo, l'ultima estate ^iniziazione alla vita adulta il secondo romanzo di Francesco Carofiglio (non Gianrico, che ne è il fratello). Destate del cane nero parla infatti di una stagione cru- ciale per la crescita del protagonista, un ragazzo di nome Matteo, durante la quale egli si trova ad affrontare tutta una serie di veri e propri riti di passaggio, che l'imberbe giovanotto ha gran dif- ficoltà a gestire, a tal punto da doversi poi misu- rare con il loro persistere nella memoria, a distanza di decenni. Così l'io narrante del libro - ormai attempato romanziere - ripercorre quell'estate fatidica in una specie di rielabora- zione mnesica, tentando di chiarire a se stesso e ai lettori ciò che davvero gli accadde nel lontano 1975. Ma già l'incipit del romanzo suona stra- niarne, a indizio di voluto depistaggio narrativo: "Io non lo so se mi ricordo. O se quello che dico adesso è una cosa che ho immaginato". Un'ammissione/anticipazione che fa da pen- dant rispetto all'enigmatica testimonianza nel segno dell'ossimoro, con cui il primo capitolo si chiude: "Ma giuro che dirò la verità, tutta la verità. Anche se me la invento". Certo è invece lo scenario della vicenda, ambientata in uno scampolo di Puglia fra la cam- pagna e il mare, dove Matteo, sua cugina Valenti- na e i coetanei Beppe e Alessandro trascorrono le vacanze estive contraddistinte da un perenne vagare attraverso boschi e uliveti mediante speri- colate "acrobazie vegetali" o a cavallo di biciclette che il ragazzo trascorrerà insieme ai tre amici, dovendo altresì misurarsi con l'amarezza dei primi disincanti (uno dei loro padri tradisce la moglie, una delle loro madri se la fa con il parroco), infine con la perdita definitiva (incidente o suicidio?) di Alessandro e la difficile elaborazione del lutto. Carofiglio è abile nell'illustrare l'ambivalente condizione emozionale del protagonista: ora per- vaso da un infantile senso di onnipotenza, ora afflitto da un complesso d'inferiorità nel sentirsi ancora immaturo. Come nel presentarci le can- gianti e al contempo vischiose atmosfere psicolo- giche che caratterizzano la "stagione del passag- gio" a una nuova fase del cammino esistenziale, rese dolorosamente conflittuali dall'ambiguità e dalla contraddittorietà che il ragazzo coglie con sgomento sia nelle proprie quanto nelle altrui opzioni (o non scelte). E forse il maggior pregio del romanzo sta nel partecipare al lettore con con- vincente abilità introspettiva/narrativa i turba- menti e le incertezze che accompagnano Matteo nella sua fragilità, nel suo non essere mai divenu- to davvero adulto. Anche se in chiusa di romanzo, sia pure a distanza di trent'anni, l'io narrante riu- scirà finalmente a riconoscere e contenere senza esseme travolto le emozioni scatenate dall'identi- ficazione con il bambino mai del tutto cresciuto qual egli ancora si ritiene, per affrancarsi da esso una volta per tutte in un finale liberatorio all'inse- gna della riappacificazione interiore. ■ sottintendere che quei fatti non sono eccezionali ma nor- male amministrazione. L'ele- ganza di questi racconti ha per- fino qualcosa di eccessivo, di imbarazzante, perché si potrebbe scambiare per indif- ferenza morale, dato che rap- presenta il male e la crudeltà con uno stile plastico, con parole messe tutte al posto giu- sto. E invece lo stile oggettivo, "alto" per non dire prezioso, del libro gli dà potenza e capa- cità rappresentativa, fa sì che i fatti parlino da soli senza biso- gno di commenti e di giudizi. Bastano poche pennellate a disegnare un quadro, uno stato d'animo, le strettoie e le costri- zioni, le servitù, che adulti e bambini vivono in una società dove vigono regole spietate. E dove le cosiddette istituzioni non solo contano poco, ma sembra proprio che non esi- stano. Chi ha letto Gomor- ra sa inquadrare i fatti raccontati da Longo all'interno di quell'or- dinamento sociale, che è il vero cardine della società campana, che nella regione viene chiamato il "Sistema", definizione ormai assurta a categoria sociologica. C'è un ragazzo di appena tre- dici anni che fa morire la madre malata terminale perché nella sua disgraziata famiglia è l'unico che ha il coraggio, coraggio che gli nasce dalla pietà, di compiere questo gesto estremo. C'è un padre che fa di tutto perché il proprio figlio non diventi da grande un killer come lui. C'è una ragazza gio- vanissima, rimasta incinta di un padre che abusa di lei, che vediamo mentre va ad abortire da una mammana. C'è un uomo tornato nella città dopo un periodo passato in Afghani- stan che decide di andarsene via per sempre, perché ha visto dei cambiamenti a cui non vuole assuefarsi. Nell'ultimo racconto, il più terribile, tro- viamo un ragazzo che, per ripa- rare a uno sgarro commesso per sbaglio, è costretto a diven- tare un killer, e per dimostrare di essere affidabile deve ucci- dere un amico. Come funziona il Sistema per la bassa manovalanza lo dice nel primo brano un ragazzo, che ha in carcere il padre che lavora per il boss del quartiere. E ragazzo non vuole fare la fine del padre, ma non ci riuscirà. Una sera in discoteca con la fidanzata riesce a liberarsi di altri ragazzi che hanno messo gli occhi su di lei solo perché lo protegge 0 boss. II quale è rispettato "perché una manera o l'altra si abbuscano qualcosa per mezzo suo. Chi a spacciare, chi a nascondere la roba e chi le armi, chi a vendere il falsificato". E i politici? "Sono anche peggio queUi (...) non gliene fotte niente. Niente. Per loro siamo la monnezza del mondo. Questo siamo, monnez- za". Parole profetiche, per un libro uscito nell'ottobre 2007, poco prima che esplodesse E disastro dei rifiuti. ■ leandropiantini@Virgilio.it L. Piantini è insegnante