Narratori italiani Se non sei come loro di Massimo Arcangeli Ivan Cotroneo LA KRYPTONITE NELLA BORSA pp. 210, € 14,50, Bompiani, Milano 2007 Napoli, 1973. Peppino Sansone, sette anni. Ro- saria, la madre, già aspirante insegnante e ora segretaria in uno studio di commercialisti, e Antonio, il padre, prima commesso e poi direttore in un negozio; i genitori campa- ni di lei (Carmela e Pasquale), quelli friulani di lui (Rosa, un bel giorno, viene colta in flagrante dalla nuora: ha legato il nipote a una sedia per farlo star buono); Titina, Federico e Salvatore, i tre fratelli (minori) di Rosaria. E poi Gennaro de Cicco: in abito da Superman s'improvvisa portiere di retroguardia nel caseggiato in cui abita Peppino (si apposta in cima alle scale e intima ai condo- mini di aprirgli la borsa: vuol vedere se contiene kryptonite); una sera va a trovare come al solito E cugino Michele, si denu- da completamente, gli rivolge ima disperata richiesta d'aiuto ("Spogliati pure tu. Fammi vedere se sei uguale a me") e, quando fa per toccarlo, ne riceve un'"occhiata feroce"; l'indoma- ni si getta sotto le ruote di un autobus, portando con sé le sue domande senza risposta. > E E perno di tutta la storia questo tenero e infelice Nembo Kid; scioglie in tragedia l'attrazione per il suo stesso sesso, ma sopravvive nondimeno neU'immaginazione di Peppino, che prende per mano lungo il racconto per renderlo consape- vole deEa sua diversità: "Tu sei fatto come me. Non sei uguale a loro", gli dirà aUa fine prima di caricarselo sulle spaEe e di solle- varsi in volo su una magica Napoli notturna; il piccolo ado- ra capisce: "Pensò a tutta la vita che doveva ancora venire, dopo queUa notte, e improvvisamente si sentì febee". "Loro" sono i parenti, gli amici, i conoscenti. "La gente". Ma non sono pochi i "diversi" come Gennaro e Peppino. Si muovono come marionette sulla scena del piccolo mondo anima- to che scorre vivace davanti agb occhi ingenui e stupefatti del bambino: la zia Titina, troppo disinvolta in materia di sesso agli occhi di Rosaria ("La libertà ses- suale di sua soreEa la indispone- va. Il percorso diverso andava bene, ma precisamente a quanta distanza si situava dal percorso della zoccola?"); lo zio Salvato- re, E più piccolo dei quattro Sansone, che porta collanine vivaci, indossa pantaloni a zampa d'elefante bassi in vita, si passa E mascara colorato sugli occhi come l'aheno, glam Ziggy Stardust di David Borie e, pur non capendo quasi nuEa d'ingle- se, sa a memoria le canzoni dei Beatles; la sorella deUa sua mae- stra Lina, che piomba in classe abbigbata e acconciata come un uomo ("capelb brizzolati tagbati corti, giacca, gEet e pantaloni marroni, una camicia a righe con una cravattina stretta pure mar- rone, e scarpe di peEe bicolore con i lacci"); lo zio Bambiniello, "che tutti chiamavano 'A Bam- binella a causa deUa sua predEe- zione per gli abiti femminib". La diversità è d'altronde il tono fondamentale deUa poetica di Cotroneo, dal vitreo Re del mondo, sorprendente nell'im- provvisa, finale virata verso E noir - l'efferato omicidio di un bisessuale Andrea ai danni di Martina, dettato nel profondo daE'ossessivo desiderio di diven- tare un attore famoso - e però troppo compromesso dai debiti contratti verso gli scrittori ame- ricani (e la nostra Santacroce), aUe Cronache di un disamore, protagonisti Luca e Maurizio, dove già s'intravedeva lo scritto- re di vagfla. Quel tono, in questa Kriptonite nella borsa, moltipbca le sue presenze proprio grazie al potere evocativo del sopranno- me, nella migliore tradizione popolare (viene però in mente anche l'Aldo Busi del Seminario sulla gioventù), che ci fa appari- re diversi anche da noi stessi; come quando, uomini e donni, dorme e nomine deH'era digi- tale, ci inventiamo più moderni nìcks o ci affidiamo all'identità posticcia di un avatar. I sostituti del nome comandato investono soprattutto la teoria interminabile degli zE di casa Sansone, con una sarabanda di nomignoli, nomi "di riserva", ipocoristici: nomina actionis, come la zia Pensaeriflettibene ("così detta perché prima di prendere una qualsiasi decisione si portava l'indice della mano sinistra alla tempia ed esortava se stessa a un momento di rifles- sione, ripetendo a voce alta quel- l'invito alla meditazione"); nomi di professioni e di mestieri (lo zio Beccaio, la zia Cantante, la zia Sensale), magari suggeriti meto- nimicamente dalla determina- zione di quelfl battesimali (lo zio Gigino delle Sedioline, "che aveva un'attività di commercio di sedie impagliate all'Annunzia- ta", e la sua gentile consorte, la zia Enzina delle Sedioline), o metonimici senz'altro (la zia Cas- seforti, daUa merce trattata nel suo negozio, e la zia Bellablù, daE'insegna "della sua boutique di vestiti"); appellativi affibbiati per contrappasso (lo zio Sette- bellezze, "a parere concorde di tutti E più brutto") e dichiara- zioni di stato sociale o civile (la zia Zitella e le zie Signorine, la zia Vedova e la zia Orfana)-, nomi normali assegnati solo per distinguere (la zia Adele-, in realtà Antonietta, ma occorreva evitare di "confonderla con un'altra parente") o ricavati dal luogo di provenienza (lo zio Conte, "che non vantava titoli nobEiari ma abitava ai Gradini Conte di Mola"); designazioni metaforiche: lo zio Prevete, per- ché "fin da piccolo aveva avuto un aria sena e misteriosamente compunta", e la zia Monaca, la cui motivazione, non resa espli- cita, pure s'intuisce; lo zio Biril- lo, "così detto perché andava in giro impettito e solenne sulla sua vespa grigia"; la zia Spagnola, "che era napoletana da quattro generazioni ma indossava soven- te gb scialli"; lo zio Scienziato, "l'unico, almeno nel ramo coba- terale deba famiglia a cui appar- teneva, ad avere conseguito la licenza media". Ma i sopranno- mi tracimano un po' ovunque, coinvolgendo figli, nipoti e quant'altro: quando Pasquale acquista cinque pulcini colorati e tre di essi (Primo, Secondo e Terzo, così li chiama), contraria- mente al solito, reggono eroici al freddo ambiente notturno di casa Sansone, ricevono l'"epico nome" di Sopravvissuti-, tante le vie, le piazze, le zone di Napoli che nessuno è avvezzo a indicare con E nome imposto daUa topo- nomastica; il futuro maestro Ric- cardo Muti, compagno di liceo di Federico e "riservato ai limiti della misantropia", viene chia- mato da tutti il Musichiere. SuEo sfondo gb anni settanta. Così pieni di fermenti, seppure avari di buona letteratura. Aerei e trasognati, quasi impalpabEi, di una leggerezza disarmante e ben diversa da quella equivoca di Culicchia (Il paese delle meravi- glie). Anni nei quab, ci aiuta a ricordare Cotroneo, Raffella Carrà intonava Rumore e Maga Maghella-, la famiglia italiana media con bambini in età sco- lare comprava carton- cini bristol e pennarebi Carioca e non poteva fare a meno di riservare un posto in libreria ai Quindici-, mamma e papà leggevano i gialli Mondadori (Rosaria ama queUi di Patrick Quentin) mentre i figli più grandicelb divoravano gb albi di Kriminal e le storie dell'Intre- pido, ascoltavano i Dik Dik e le Orme, giocavano al flipper; si sorseggiavano Vov e Zabov, E Mandarinetto Isolabella e il bquore Strega, la Sambuca Mob- nari e Cambusa One l'Amarican- te; si sfogliava E "Radiocorriere" e si guardavano in tv le pubbbeità di Carosello, gb sceneggiati e le operette, i film al lunedì e al mer- coledì sul primo e sul secondo canale; si andava tutti insieme aba fiera o al mercato. Non so se a un critico è lecito più di tanto commuoversi, fino a gettare le armi. A me è capitato, come mai in anni recenti. Sarà stata la febeità possibEe prospet- tata nell'explicit al "diverso" Peppino (la stessa sorte toccata ai suoi due predecessori: Andrea, rinchiuso in carcere dopo l'assassinio, è "contento e finalmente sorride", Luca si lascia dietro di sé E "disamore" e sorride anche lui, abe cose "bebe" e "abegre" che lo atten- dono). O forse, arrivati al fatidi- co giro di boa, si cede più facE- mente. Lo scrittore però è gran- de. E poi c'è la kryptonite: se ha la megbo su un supereroe può avere facilmente ragione di un comune mortale. ■ maxarcangeli@tin.it M. Arcangeli insegna linguistica italiana all'Università di Cagliari Un enorme centro commerciale di Mario Marchetti Elena Stancanelli A IMMAGINARE UNA VITA CE NE VUOLE UN'ALTRA pp. 176, €11, minimum fax, Roma 2007 Con un titolo che è un ver- so di una poesia di Victor Cavallo (romano o, per me- glio dire, della Garbatella), Stancanelli ha pubblicato nel- la collana "nichel" di mini- mum fax un libro dedicato a Roma, sua città d'elezione, dopo avere fatto i conti in Firen- ze da piccola (Laterza, 2006) con la sua città di imprinting etico e famihare. I due Ebri strettamente connessi (vi tornano temi, rifles- sioni e personaggi) insieme costi- tuiscono una sorta di autobiogra- fia individuale e di generazione. La mano di Stancanelb, in questo tipo di scrittura, è particolarmen- te febee e certi grovigli affrontati nei romanzi (Benzina, 1998 e Le attrici, 2001), come l'identità ses- suale, l'autonomia femminEe, E rapporto amatodioso con E tea- tro paiono qui trovare un più agEe svEuppo. StancaneEi è nata nel 1965, e E fatto cronolo- gico diventa un fatto di generazione e di visione del mondo: è adole- scente e poi giovane negb anni ottanta, quel- li da bere. Deba conte- stazione, ricorda E cal- pestio dei giovani in fuga per via Calzaiuoh, il fumo deUe molotov, le cariche deba pobzia, mentre con le amichette si gusta un gelato. Lo spirito del tempo, queUo evenemenziale, la ha solo e sempre sfiorata o lo ha solo e sem- pre sfiorato, vuoi per motivi bio- grafici vuoi per naturale ritrosia. Ma E retaggio mentale e di costu- me del '68 è per lei un fatto ama- bilmente (e incontrovertibilmen- te) scontato. Non c'è da discuter- ne. L'individuo donna ha in pugno se stesso, come qualsiasi altro, o come qualsiasi altro ha i suoi tremori. L'empatia per perso- naggi come Absolute Bjork, la facinorosa star punk islandese, o come Elfriede Jelinek, la Nobel austriaca terribilis, la dice lunga suEa sua idea di donna e, dunque, di uomo e, dunque, di individuo. StancaneEi, laureata in lettere moderne, lascia Firenze - città tra- cimante di haughty contempt ma provinciale e vittima consenziente di un turismo miasmatico — per Roma e l'Accademia d'arte dram- matica. Ma prima di abbandonare l'altezzosa e inibente città, Diquaddarno, occorre ricordare la beEissima ultima sezione di Firenze da piccola dedicata a Gior- gio La Pira, a don Mazzi e aE'Iso- lotto, cioè aE'altra Firenze, a DEaddarno, a cronotopi anch'essi sfuggiti all'esperienza diretta del- l'autrice, ma a lei, come biografa di città, trasversalmente pervenuti con la loro suggestione. Ma adesso: A Roma! A Roma! La città, aE'inizio, verrà vissuta da Stancanelli studentessa fuori sede come una sorta di "enorme cen- tro commerciale dove acquistare opportunità", senza spessore, senza rizomi, senza un fuori. Solo più tardi, con ormai aUe spalle i due romanzi citati, avrà per lei inizio l'avventura esistenziale destinata a confluire in A immagi- nare una vita ce ne vuole un'altra, la scoperta del corpaccione diffu- so dell'urbe, con i suoi non luo- ghi, i suoi ipo-luoghi, i suoi iper- luoghi. Stancanelb aveva deciso di "dimettersi daba vita" e di avere una stanza tutta per sé, consa- crandosi unicamente alla scrittura d'immaginazione. Impossibile. Così, con la comphcità deba reda- zione romana di "Repubblica" e deba rivista "Accattone" (2003- 2004), nasce l'idea di "un modo di raccontare la cronaca [e, aggiungerei, la città] che non fosse E giornahsmo", insomma, di scardinare i codici. E così iniziano le incursioni in vespetta Primave- ra deEa novella Alice (miope) oltre lo specchio. Scopriamo E Tufello e la Garba- tella di oggi, i quartieri residenzia- li di Axa e Casalpalocco per cal- ciatori, mogh appetitose e pigre, & affini. Torniamo a Primavalle, con le tracce dei suoi roghi del 1973 e le sue scritte del tipo "Nesta come Versace: frocio morto", cioè l'e- terna Roma di camerati e compagni, e deh'o- mofobia gridata. Ci sono la Cartonopoh di CoEe Oppio, dove stra- nieri di tutto E mondo vivono in loft immagini- fici fatti di materiab precari, l'incredibEe Museo della Anime Purganti, con i suoi dieci cimeh a testimonianza dell'e- sistenza oltre la morte, è l'affasci- nante Museo Agostinelh a Drago- na che accumula infinite raccolte di oggetti "inutEi", come bastoni da passeggio, animah impaghati, Mein Kampf in taschino. E tante altre cose, il Verano, E Portonaccio, vEla Palombara, Ikea, McDonald, e tante vere presenze, da Cristina Campo, a Pasolini a Vespignani a Medici contro la tortura. E, infine, l'ou- tlet di Castel Romano, un non luogo emblema della nostra epoca, rassicurante, irredimibEe, dove il tempo è immobEe e non può accadere nulla di definitivo (la morte ne è stata espulsa): sito perfetto per i nati negb anni ses- santa, "quebi dell'interraE e dei cartoni animati giapponesi, del- l'immigrazione alla Kureishi e di Giochi senza frontiere". Ultimo messaggio dell'intre- pida Stancanelb: non c'è solida- rietà senza godimento (recipro- co), vedi l'Orchestra di Piazza Vittorio (Roma). Ok. Anche qui, scardiniamo i codici! Un libro, il suo, che è un compen- dio in miniatura della moder- nità (quella della cosiddetta fine della storia, ma che della storia conserva tracce interra- te), un prontuario per orientar- si nel mail in cui siamo immer- si, e discernere anche qualche ivay out. ■ mariomarchetti@libero.it M. Marchetti è insegnante e traduttore