Diritto La fisiologia del debito di Gaetano Presti Lorenzo Stanghellini LE CRISI DI IMPRESA TRA DIRITTO ED ECONOMIA Le procedure d'insolvenza pp. 371, €27,50, il Mulino, Bologna 2007 v E raro che una monografia giuridica riesca a rivol- gersi contemporaneamente al pubblico degli specialisti e a quello dei non addetti ai lavo- ri. La pigrizia a rimettere in discussione le questioni che nel- l'orticello chiuso del giurista sembrano ovvie e il vezzo di un linguaggio spesso inutilmente esoterico frequentemente impe- discono ai giuristi di instaurare un dialogo fruttuoso con gli eco- nomisti e, più in generale, con tutte le persone che, pur non avendo una formazione legale, sono tuttavia interessate ai profi- li istituzionali dell'attività econo- mica. Il libro di Stanghellini che, dichiaratamente, si propone di "gettare un ponte fra giuristi ed economisti" nella materia della regolazione della crisi di impresa è una felice eccezione che dimo- stra come, quantomeno in ambi- to giuridico, non esistano argo- menti che non possano essere esposti in modo chiaro e com- prensibile al lettore, anche "lai- co", senza con ciò rinunziare a una trattazione scientifica di al- tissimo livello. L'argomento del libro è di straordinaria attualità perché ul- timamente il diritto della crisi di impresa (o, come tradizional- mente viene ancora chiamato, il diritto fallimentare) ha vissuto ovunque cambiamenti radicali. All'estero, in paesi a noi cultu- ralmente vicini (Francia, Ger- mania, Spagna, Stati Uniti, Re- gno Unito), nell'ultimo decen- nio, sono entrate in vigore nuo- ve, e assai innovative, discipline dell'insolvenza. In Italia, nel giro di pochi anni prima, sull'onda del caso Par- malat, sono stati introdotti, qua- si in via sperimentale, nuovi isti- tuti e poi vi è stata una riforma organica che ha generalizzato quegli esperimenti inserendoli in un rinnovato contesto normati- vo nel quale, abbandonata la vecchia premessa secondo cui in ogni fallimento "avvi corpo di delitto", si sono valorizzati il mercato e i soggetti che in esso operano realizzando quell'inces- sante processo di distruzione creativa tipico del capitalismo. Dalla constatazione che per l'impresa il debito è fisiologico, Stanghellini deduce che l'im- prenditore, in definitiva, scom- mette sul differenziale tra il co- sto del capitale e il rendimento atteso dall'attività economica. E una scommessa, inerente all'e- conomia di mercato, che può essere vinta o persa. In questo secondo caso, l'imprenditore (che non abbia commesso illeci- ti) non merita gogna o sanzioni; anzi, può addirittura ottenere il vantaggio di estinguere definiti- vamente i suoi debiti con quan- to, tanto o poco, verrà realizza- to in sede concorsuale e riparti- to tra i creditori (in questo sen- so si veda anche la recente co- municazione 5 ottobre 2007 della Commissione europea si- gnificativamente intitolata "Su- perare la stigmatizzazione del fallimento aziendale. Per una politica della seconda possibi- lità"). Merita però che il con- trollo dell'impresa passi a que- sti ultimi che, ormai, sono i soggetti più direttamente inte- ressati alla massimizzazione del valore dell'impresa la cui struttura finanzia- ria si è ridotta a solo debito. La circostanza della crisi, peraltro, di per sé non significa che necessariamente la so- luzione preferibile per i creditori sia la liqui- dazione dell'impresa e la vendita dei cespiti aziendali. L'insolven- za, infatti, dipende dalla valutazione negativa del mercato sulla capacità dell'im- prenditore di rimborsare rego- larmente il debito esistente, ma l'impresa - "depurata" dallo stock di debito accumulato nel passato - può avere un valore prospettico positivo e la sua so- pravvivenza essere, quindi, fun- zionale all'interesse dei credito- ri. Carattere comune delle pro- cedure di insolvenza è, pertanto, quello di risolvere un tipico pro- blema di azione collettiva orga- nizzando il passaggio del con- trollo dell'impresa dall'impren- ditore ai creditori ai quali, di fat- to divenuti titolari della cosid- detta pretesa residuale, compete la scelta sul futuro dell'azienda. Tuttavia, proprio l'intento di as- sicurare il massimo soddisfaci- mento possibile dei creditori, paradossalmente, rimette in gio- co l'imprenditore: chi più di lui è a conoscenza di tutte le infor- mazioni utili per la ristruttura- zione dell'impresa nell'interesse dei creditori? Chi più di lui è in grado di cogliere i primi sintomi di crisi avviando tempestiva- mente una procedura riorganizzativa per la quale, com'è intuitivo, il fattore tempo è es- senziale? Da qui un profilo delicatissimo, giacché il ruolo che al momento della crisi può - e realisticamen- te, talvolta, deve - es- sere riconosciuto (e compensato) al debi- tore non deve trasfor- marsi in una comoda rete di si- curezza tale da vanificare, anche nella percezione ex ante, il ri- schio d'impresa. In generale Stanghellini sinte- tizza i sistemi normativi dei paesi esaminati in uno schema binario. Quasi ovunque, infatti, la legge prevede un primo round in cui l'iniziativa per la rimozione/pre- venzione della crisi spetta in via esclusiva al debitore, al quale, se faccia tempestivamente emerge- re il dissesto e operi in modo di aumentare il valore complessiva- mente disponibile, può essere of- ferto l'incentivo di recuperare in parte l'investimento perduto, an- che sacrificando il tradizionale principio della priorità dei credi- tori; e poi, in caso di mancanza o di insuccesso del primo, un se- condo round in cui invece il ruo- lo fondamentale nel governo del- la crisi spetta ai creditori. Sche- ma che ben si adatta al nuovo si- stema italiano, nel quale il con- cordato preventivo è governato dall'impulso dell'imprenditore mentre il fallimento (ivi inclusi i suoi possibili sviluppi concorda- tari) è retto dall'iniziativa e dal controllo dei creditori. L'analisi dell'autore si chiude con l'inventario critico, a livello comparatistico, dello strumen- tario tecnico di cui le procedure di insolvenza si avvalgono per il raggiungimento dei loro fini (dal principio maggioritario per le decisioni dei creditori all'inef- ficacia degli atti compiuti dopo la dichiarazione di insolvenza, dal divieto di azioni esecutive al- le azioni revocatorie, dalla sorte dei contratti pendenti alla pre- deduzione delle spese di gestio- ne delle procedure e alle moda- lità di liquidazione dell'attivo) e con la rassegna delle tipologie di soluzioni stragiudiziali della cri- si ammesse nei diversi ordina- menti. Alla luce di tutti questi ele- menti, è infine offerto al lettore un panorama critico dell'evolu- zione del nostro sistema concor- suale, con una valutazione, com- plessivamente positiva ma non esente da rilievi, delle recenti riforme, che si avvale anche del- l'esperienza diretta dell'autore in alcune delle commissioni e dei gruppi di studio che se ne so- no occupati. Gli stimoli che la lettura del saggio propone sono innumere- voli, come è naturale che sia per un'opera che non si concentra sulla capocchia di uno spillo, ma offre una visione sistematica ge- nerale di un intero settore del diritto e dei suoi rapporti con l'esperienza economica. Fra i tanti, vale la pena sottolineare il profilo, trattato nel cap. V, rela- tivo all'ambito soggettivo di ap- plicazione delle procedure con- corsuali che, in Italia, anche do- po la riforma, sono riservate al solo imprenditore commerciale non pubblico che superi deter- minate soglie dimensionali. Al riguardo, tenuto presente che oggi l'assoggettamento a una procedura di insolvenza non è più soltanto un rischio ma anche, e forse soprattutto, un'opportunità che consente di mettere un pietra tombale sul- l'insuccesso del passato conce- dendo una seconda chance (il fresh start nella terminologia americana), tale ristretto ambi- to di applicazione può essere ri- messo in discussione. Non solo con riguardo all'imprenditore agricolo (per il quale si fatica assai a comprendere quali siano oggi i motivi, diversi dal privile- gio politico, di un trattamento particolare) e a quello commer- ciale che non raggiunga le di- mensioni minime previste dalla legge (per il quale, più che l'e- sclusione dalle procedure con- corsuali, sarebbe stata opportu- na la previsione di una proce- dura ad hoc), ma più radical- mente per il soggetto non im- prenditore. La tesi che il ricorso al debito è fisiologico solo per l'imprendi- tore, infatti, coincide sempre meno con la realtà. E sotto gli occhi di tutti l'esplosione del credito al consumo: una volta, ti- picamente, i non imprenditori ricorrevano al debito solo per l'acquisto della casa, oggi anche per investimenti meno durevoli o addirittura per consumi volut- tuari. In sostanza, è sempre più forte - e l'esperienza straniera ci indica chiaramente il trend di sviluppo - la tendenza delle fa- miglie all'indebitamento per scambiare gli attesi flussi futuri di reddito con potere di acquisto attuale: con 0 connesso rischio che, per i rovesci della vita (si pensi alla perdita del lavoro o al- la separazione dal coniuge), i flussi attesi non si avverino ovve- ro non siano più adeguati per sorreggere il rimborso program- mato del debito. In questa situa- zione riservare le procedure di insolvenza al solo imprenditore commerciale appare più un os- sequio alla tradizione che una reale risposta ai problemi emer- genti dalla società. ■ gaetano.presti?unicatt.it G. Presti insegna diritto commerciale all'Università Cattolica di Milano jfffi l a* crisi di impresa '<< - fra diritta ed economia tà-prwwtorw Itwhvtita Ixnvn/nStùnglvllini Stortt-Wtwttoc