, riNDICF ' ■■ de libri delmese^i Filippo Brunello, Mi compri una ruspa (vera)?, pp. }9, €6,90, Piemme, Casale Mon- ferrato (Al) 2007 Quando a Milano c'erano i lavori di cablaggio, mio nipote Francesco, di due- tre anni, si incantava davanti a una picco- la ruspa che scavava una buca nella sua strada: "È la ruspina dei bambini" diceva, arrotando la r. Ogni volta che c'è una ruspa al lavoro, intorno si fermano a guar- darla pensionati e bambini con gli occhi incantati. Perché? Forse perché questo moderno mostro meccanico ricorda ai piccoli i giganteschi dinosauri dei libri e dei cartoon che tanto piacciono loro. Pro- prio questa associazione macchina-dino- sauro probabilmente ha ispirato Filippo Brunello a scrivere (pochissime righe per pagina a caratteri stampatello maiuscolo) e a illustrare (con tavole a doppia pagina coloratissime e piene di figure gaiamente tondeggianti) un libretto piccolo piccolo, ma con un grande desiderio dentro: quel- lo di un bambino di avere una ruspa (vera). A cui dare l'olio tutte le mattine, con cui andare a scuola impignando i libri sulla pala (parcheggiando vicino alle auto delle maestre), da cui farsi difendere dai bulli nell'intervallo, su cui portare a spas- so gli amici, accanto a cui, dopo svariati giochi e belle avventure nel corso della giornata, addormentarsi insieme ("come un fratello, anzi meglio"). Un'altra nota di merito non piccola di Brunello, oltre a quella di aver intessuto con semplicità una bella storia che risveglia interessi e curiosità nel piccolo lettore, è di essere andato controcorrente, sottraendosi a una perniciosa tendenza in atto alla "intellet- tualizzzazione dell'illustrazione", cioè a offrire immagini molto raffinate, simboli- che, surreali, astratte, che mirano a pia- cere più agli esperti e ai critici che ai bambini. I quali invece preferiscono stili figurativi più comprensibili, allegramente umoristici e ironici, come è il caso di Bru- nello e della sua ruspa (vera). Fernando Rotondo Tea Stilton, il segreto dell'isola delle balene, pp. 48, € 12,50, Piemme, Casale Monferrato (Al) 2008 Tea Stilton, che fantastica donna! Anzi, sarebbe meglio dire, che fantastica rodi- trice, sì, perché è la parente più strabi- liante che il famosissimo Geronimo Stilton. annoveri tra i suoi. Da poco Tea ha voluto fare un salto di qualità, finora protagonista di una serie di storie del direttore deH"'Eco del Roditore", ora è arrivata a firmare un libro a fumetti, il suo primo graphic novel in compagnia delle Tea Sisters. Una novità vera per la Piemme, che supera il cliché fortunatissimo dei testi stiltoniani con la grafica "rivoluzionaria", che ha accalappiato i bambini di tutto il mondo, per mettere sugli scaffali un libro a fumet- ti. E chi meglio della pirotecnica Tea per inaugurare la serie? L'inviata speciale dell'"Eco del Roditore" è pure docente, ovviamente di giornalismo, al college di Topford, nel Segreto dell'Isola delle bale- ne per la prima volta parla attraverso i disegni. L'avventura non si discosta dalle più tradizionali di casa Stilton e fa passa- re, attraverso la narrazione di una vicenda in cui vince l'avventura, il messaggio delia necessità di salvaguardare ambiente e, soprattutto, animali: nel caso specifico balene. A metterle in repentaglio c'è la perfida Vissia de Vissen, ricca magnate della cosmetica, che le vuole trasformare in animali da attrazione per il suo perso- nale ed esclusivo parco marino. Avventu- ra, ma anche inganno in questa storia. Vissia de Vissen, infatti, finge di accom- pagnare sull'Isola delle balene, sede del college di Topford, i suoi due figli: Vantila e Vik. Ma non è facile ingannare Tea e le Sisters. Saranno loro a ristabilire l'ordine. Carla Colmegna Antonella Capetti, Rosalia Mariani, Grazia Mauri e Luisella Meda, macedonia di ani- mali, ili. di Alessandra Maspero, pp. Ili, €5, Edizioni Didattiche Gulliver, Vasto (Ch) 2008 Emozioni, paure e sentimenti commisti a un tema forte come quello dell'accetta- zione delle differenze e dei propri limiti. Una piccola casa editrice didattica ha varato una collana che ha come guida e nume un nonno, "Le storie di Nonno Fofò". L'età dei bambini a cui è rivolta è all'incir- ca quella delle scuole elementari, in un percorso di lettura ricco e fantasioso, fatto di racconti. Le storie di questo volume, sette in tutto, sono scritte da quattro autri- ci diverse e hanno tutte come protagonisti gli animali, ora felici, ora rabbuiati, ora alle prese con stati d'animo che cercano di decifrare e che, attraverso avvenimenti occasionali, tutti credibili, conducono i let- tori a capire molti perché. Il testo è arric- chito da piccoli disegni che si affiancano alle parole amplificandone il significato e rendendolo più immediatamente coglibile e trasformabile nell'azione che l'animale protagonista sta svolgendo in quell'istan- te. In questo modo, per il piccolo lettore è molto facile immaginare la situazione nar- rativa, anche nelle pagine, poche in verità, dove non c'è un'illustrazione. In calce a ogni racconto ci sono pagine di giochi da seguire ricordando quello che si è appena letto e ascoltato. Si tratta di schede che possono essere anche un supporto didattico, se il libro viene letto in classe, e che si confermano come un modo inte- ressante di prolun- gare il piacere della lettura e dell'ascolto e memorizzare i contenuti dell'av- ventura, un vera macedonia di cose importanti da sape- re, insegnate da ricci musoni, casto- rini litigiosi che bisticciano sul colo- re del cielo o coni- glietti in scala che vogliono tutti entrare nel letto di Tommaso. (C.C.) mi L'ultimo elfo e L'ultimo orco, pur tenen- do presenti le non piccole differenze tra le due scrittrici, si può parlare di una "vìa ita- liana al fantasy". Che, ovviamente, tiene conto della grande lezione anglosassone del genere (da Tolkien e Lewis a Ende e Le Guin), ma sa anche misurarsi con la cultura e la tradizione della nostra lettera- tura per l'infanzia e, più in generale, del fantastico italiano, a partire dalle ambien- tazioni delle storie per giungere alla carat- terizzazione dei personaggi e alla decli- nazione dei valori, in primo luogo la valo- rizzazione della diversità, che poi è l'ele- mento che accomuna veramente le due autrici, peraltro narrativamente e immagi- nativamente molto diverse fra di loro. (F.R.) Moony Witcher, geno e la runa bianca del girifalco d'oro, pp. 432 , € 13,50, Giunti, Firenze 2007 Moony Witcher (letteralmente: Streghet- ta della luna) è lo pseudonimo della gior- nalista Roberta Rizzo, che, dopo aver venduto più di seicentomila copie (con traduzioni in sedici lingue) della quadrilo- gia di Nina, la bambina della Sesta luna, ora ci riprova creando un protagonista maschile, l'undicenne Geno, timido ma ingegnoso e coraggioso, giunto al secon- do capitolo di un'annunciata trilogia. È un genere di fantasy diverso dai soliti: al posto della magia, Nina manipolava l'al- chimia, mentre Geno ha a che fare con la Magipsia (magia, filosofia, psicologia) in un istituto per lo sviluppo delle energie mentali di giovani alchimisti, medium, sciamani, sensitivi dotati di (o predisposti a) poteri straordinari. Geno è alla ricerca dei genitori, creduti morti ma in realtà rapiti e imprigionati dal malvagio Summus Sapiens della Rocca della Mente che vuole estorcere loro la ricetta di una pozione capace di dare superpoteri men- tali. Il nostro scopre che Roi il Falco d'Oro, schiavo del cattivissimo, è suo fratello René, anche lui rapito con i genitori. Le sorprese e i colpi di scena si susseguono a ritmo frenetico. Con Moony Witcher e Silvana De Mari, autrice dei pregevolissi- Jeff Kinney, diario di una schiappa, ed. orig. 2007, trad. dall'inglese di Rossella Berna- scorte, pp. 218, €11,11 Castoro, Milano 2008 Prendiamo il modello diaristico del Giornalino di Gian Burrasca, aggiungia- moci la galleria dei bambini e ragazzini (terribili o imbranati) a fumetti, da Max e Moritz a Charlie Brown e Lucy a Mafalda e a Bart Simpson, ma non otterremo ancora l'effetto suscitato da questo "gior- nale di bordo" del dodicenne Greg. Manca ancora - ma Kinney ce lo mette - il realismo ironico, grazie al candore assoluto del prota- gonista narratore, che si sostanzia nella capacità tutta adolescenziale di guardare con occhi vergini ma già disin- cantati il mondo adulto e insieme di guardarsi con autoi- ronia per ridimensio- nare e sdrammatiz- zare problemi e ina- deguatezze perso- nali, senza autocom- miserazioni o vittimi- smi, perché così va il mondo dei dodi- cenni e così va accettato. L'adolescente imbranato ride di sé, per difendersi dalle frustrazioni, e fa ridere chi legge. Alla terza pagina l'autore riassume mirabil- mente la poetica di questo diario: "Secondo me la scuola media è la cosa più stupida che sia mai stata inventata. Ci sono dei tappetti come me che non sono ancora cresciuti, insieme a dei gorilla che si devono fare la barba due volte al gior- no. E poi si stupiscono che ci sia tanto bullismo nella scuola media. Se fossi io a decidere, farei le classi in base all'altezza e non all'età". E via per altre duecento divertenti pagine scritte in stampatello minuscolo e illustrate con disegni ele- mentari, infantili, e con parchi ma efficaci fumetti. Il Diario di una schiappa, che ha avuto un notevole successo negli Stati Uniti, è stato definito da Luca Raffaelli "un divertente manuale di sopravvivenza per adolescenti e non solo", mentre Dario Voltolini ha parlato di "vignette straordi- nariamente efficaci e (...) scrittura dall'u- morismo amaro e perfido (...) declinato in tonalità squisite". Può essere un bel rega- lo per giovani adolescenti, ai quali sicu- ramente non dispiacerà. (F.R.) sosissimo II mio gatto è proprio matto (Il Castoro, 2006), dove Gilles Bachelet, autore in senso pieno, ossia scrittore-illu- stratore, era alle prese con un gatto dota- to di proboscide (ma questo non vuol dire niente, un sacco di gente ha la probosci- de) e tanto ingombrante da fare i bisogni fuori dalla cassetta (ma che colpa ne ha lui se il signor Bachelet ha comprato una lettiera troppo piccola?). Insomma, un gatto così strano da sembrare matto agli occhi dell'innamoratissimo ma stranito padrone. Ora vediamo la scelta tra la cuc- ciolata nella cesta, il piccolo che beve il latte, si lava energicamente, dorme, il tra- sporto a casa nella gabbia, le prime entu- siastiche ma disastrose esplorazioni, gli alluvionali bagni, i devastanti giochi, fino al regalo di un peluche che il nostro "micio" scambia allegramente con una carota. A raccontarlo così, però, si perde tutta l'allegria delle illustrazioni, l'umori- smo che sprizza dalle situazioni più esila- ranti, ii dinamismo delle figure che creano una vera storia. Il bambino si diverte di fronte all'evidente contrasto tra "dichiara- zioni" dell'autore e immagini dell'effettiva realtà. Il suo è un riso di "superiorità", per- ché lui vede, sa come stanno veramente le cose, mentre l'adulto non ha capito niente. Per il padrone quello è un tenero gatto, come si sa "ogni scarafone è bello 'a mamma soia", ma per il piccolo lettore l'evidenza è quella di un pachiderma in situazioni molto buffe, ridicole, assurde, proprio matte. Se volessimo cercare a ogni costo una morale, potremmo ricava- re un discorsetto sulla relatività dei punti di vista, sulla diversità che sta negli occhi di chi guarda e come guarda. Ma accon- tentiamoci del divertimento di un bambino davanti a un elefante buffo e matto come un gatto (o viceversa). (F.R.) e N JS f CO Gilles Bachelet, quando il mio gatto era piccolo, ed. orig. 2006, trad. dal francese di Renata Gorgani, p. 32, € 12,90, Il Castoro, Milano 2007 Questo libro potrebbe definirsi, con lin- guaggio di moda, un prequel dello spas- Brian Selznick, La straordinaria inven- zione di Hugo Crebet, ed. orig. 2007, trad. dall'inglese di Fabio Paracchini, pp. 542, €18, Mondadori, Milano 2007 Subito colpisce l'intreccio, un mirabile equilibrio di immagini e parole: all'incirca metà delle pagine per le une e metà per le altre. I disegni sono in bianco e nero, a carboncino, pastosi, e scorrono come fotogrammi di un film muto, con un singo- lare incrocio/alternanza dei due codici, scritto e visivo. Perché i disegni non illu- strano le parole e queste non spiegano le illustrazioni, ma il racconto si dipana ora con pagine scritte e ora con altre che disegnano il procedere della narrazione. E il racconto ci riporta proprio alle origini del cinema muto, alla favolosa e poi disgraziata storia di Gorge Méliès, l'uomo che alla fine dell'Ottocento creò una nuova magia, quella del cinema fantasti- co che realizza i sogni del tutto-è-possibi- le. E poi venne dimenticato e finì in mise- ria. Questa storia a poco a poco viene riportata alla luce da Hugo, un dodicenne orfano solo e derelitto (siamo a Parigi nel 1831) che vive nei recessi dimenticati della stazione (un po' come Quasimodo a Nòtre-Dame: vorrà ben dire qualcosa quel nome, non a caso il padre leggeva al bambino i romanzi di Verne e Hugo). Dunque, è un graphic-novel per ragazzi, un thriller, un mystery, un cine-romanzo d'appendice con le sue identità nascoste e rivelate, i misteri della metropoli, i pas- saggi segreti e i nascondigli. C'è soprat- tutto il cinema: il sapiente montaggio di inquadrature, campi medi e lunghi, primi piani, primissimi, dettagli, panoramiche, zoomate, flashback e flashforward, dis- solvenze, fino a un piano-sequenza di straordinaria intensità emotiva e magistra- le costruzione narrativa: Hugo fugge inse- guito dall'Ispettore Ferroviario in clau- strofobici corridoi fin nell'atrio della sta- zione tra la folla. (F.R.)