; L'indice ' ^ Ibdei libri delmese|h • fO s k • rO C3 o co Chiara Santini, Il giardino di versailles. Natura, artificio, modello, pp. 284, €28, Olschki, Firenze 2007 Partendo dall'assunto che il giardino storico è un processo complesso frutto dì conoscenze e tecnologie date a un certo momento, l'autrice si serve di un approc- cio pluridisciplinare per condurre una ricerca in ambiti finora poco praticati dalla letteratura sui giardini storici. Gli otto capi- toli trattano della formazione dei tecnici, l'impatto territoriale di un progetto che riscrisse la geografia di un'intera regione, la nascita di una nuova figura professiona- le, quella dell'architetto del paesaggio, la gestione del cantiere e la complessa mac- china amministrativa della Surintendance des bàtiments du roi, i giardinieri, il siste- ma idraulico, i fontanieri, l'approvvigiona- mento del patrimonio vegetale e le tecni- che colturali. Attraverso un approfondito studio su nuove tipologie di fonti e "grazie a un approccio metodologico che ha con- centrato l'analisi più sui metodi e gli stru- menti impiegati per la costruzione del giar- dino che sul giardino costruito", questo lavoro mette l'accento sull'evoluzione delle figure professionali e su come, attraverso la realizzazione di questo grandioso pro- getto territoriale, competenze tecniche e figure professionali si siano evolute, spe- cializzate e create. Alla luce del dibattito scaturito dalla Carta di Firenze (1981) e dalla Convenzione internazionale per il paesaggio (2000), questo studio, comple- to e approfondito, fornisce strumenti e nozioni che possono assicurare la scienti- ficità di interventi di restauro e ripristino di giardini storici; inoltre, avendo per oggetto il giardino di Versailles, può servire da linea guida per l'indagine dei maggiori giardini europei della prima metà del XVIII secolo, realizzati sul modello di quello che divenne l'archetipo del giardino alla frangaise e che Influenzò il vocabolario formale dell'arte del giardino occidentale sino a oltre la prima metà di quel secolo. Stefano Olivari na, segnando mode ed esigenze specifi- che, non ultima la produzione di frutta e ortaggi destinati alla mensa ducale e alla vendita. Ecco allora l'analisi degli elemen- ti costituenti l'ossatura stessa del giardi- no, ragnaie, cerchiate, boschetti, frutteti, giardini di fiori e agrumeti, non trascuran- do le modalità e i mezzi per la loro forma- zione e soprattutto ponendo grande attenzione sui veri artefici di questo pro- cesso: i giardinieri succedutisi nella cura di Boboli. Fulcro di tali attività era il jardin potager, l'antico giardino degli ananassi, luogo di collezioni botaniche e colture complesse, poi trasformato in orto botani- co vero e proprio con i Lorena. Un certo spazio viene dato all'esame delle antiche colture di agrumi, vanto e orgoglio della famiglia medicea, oggi in gran parte per- dute, ma faticosamente in via di recupero, analizzandone non solo la composizione varietale, ma soprattutto le costose e ingegnose tecniche di coltivazione in un clima poco favorevole come quello fioren- tino: cerchiate, spalliere e soprattutto vasi e tinozze ricoverati in strutture costruite appositamente. Luca Riccati naia Grande a Boboli come spazio espo- sitivo. Di questa mostra, basata su una divulgazione spettacolare e fitta di reperti di altissimo valore (fra gli altri: gli affreschi dalla Casa del bracciale d'oro a Pompei) presentati fianco a fianco a ricostruzioni e allestimenti anche interattivi, il catalogo rappresenta il momento più pianamente scientifico, molto utile anche ora, a mostra chiusa. I saggi sono divisi in tre capitoli, rispondenti all'organizzazione della mostra: Il mondo mesopotamico, Il mondo greco, Il mondo romano, riservando a quest'ultimo la maggior attenzione. Segue il catalogo vero e proprio, che repertoria con un'ampia scheda ogni pezzo in mostra. Federico Novaro Domenico Filardi, L'orto de' pitti. archi- tetti, giardinieri e architetture vegeta- li nel giardino di boboli, pp. 143, € 35, Centro Di, Firenze 2007 Domenico Filardi ci offre un ulteriore contributo alla conoscenza di un sistema architettonico complesso, quale è il giar- dino di Boboli. La vegetazione è la vera protagonista delle vicende del giardino, dall'antico orto de' Pitti al parco dei Lore- II giardino antico da Babilonia a Roma. Scienza, arte e natura, a cura di Giovanni di Pasquale e Fabrizio Paolucci, pp. 351, € 35, Sillabe, Livorno 2007 Dal 1998 Sillabe, casa editrice livorne- se specializzata in edizioni d'arte, pubbli- ca tutti i materiali informativi dei musei fiorentini sta- tali. In questo pro- gramma sono negli anni apparsi volumi, più o meno grandi, tesi a illustrare aspetti diversi dei giardini di Boboli, seguendone da presso l restauri, con esiti alterni, talora divulgativi, talora più speciali- stici, a cominciare dalla Guida ufficiale e dalla serie "Boboli arte e natura", inau- gurata nel 2007 con II giardino degli ana- nassi dì Boboli, a cura di Francesca Volpi. Preceduta nel 2006 dalla mostra 1931: Il giardino italiano in mostra, che ricostruiva la storica mostra fiorentina curata da Ugo Ojetti, Il giardino antico da Babilonia a Roma ha inaugurato, nel 2007, la Limo- potrà così paragonare - con le suggestive parole che Kurosawa mette in bocca a Van Gogh in Sogni (1990) - a un quadro che "la natura dipinge per me": in questo modo è il cinema a spingersi al di là della semplice descrizione per mettere in questione il rap- porto natura-cultura, per cosi dire, dall'in- terno. Alla premessa generale sul "giardino metaforico" il volume, in un percorso che si snoda attraverso un materiale davvero imponente, fa seguire tre parti, dedicate alla cura del giardino, al parco e ai luoghi fantastici, immaginari, incantati. Un registro sistematico della filmografia che ha fatto storicamente riferimento, in modo più o meno esplicito, al tema del giardino in una prospettiva estetico-simbolica costituisce infine l'appendice del volume. Gianluca Garelli Laura Falqui e Raffaele Milani, L'atelier naturale. cinema e giardini, pp. 148, € 12, Cadmo, Firenze 2008 Ritrovare il giardino e la sua ricorrenza nella storia dell'estetica cinematografica, secondo il progetto di Laura Falqui (studio- sa di arti visive, cinema e teatro) e Raffae- le Milani (docente di estetica all'Università di Bologna), significa fare i conti con l'im- magine di una natura modellata dall'indivi- duo attraverso la tecnica: l'immagine, per dirla con un maestro dell'estetica del giar- dino come Rosario Assunto, di un'"esteti- cità raccolta" il cui significato è legato indissolubilmente alla cultura, alla storia, alla scienza. Il nucleo propriamente filoso- fico della questione risiede nell'individua- zione del "giardino" come spazio metafo- rico non solo per la realizzazione del disegno registico in generale, ma anche allo scopo di "consi- derare l'insieme delle componenti visive e narrative" del film, tenendo nel debito conto ele- menti abitualmente considerati come "non essenziali", e nondimeno meritevoli di una debita conte- stualizzazione concettuale. Quando la macchina da presa si insinua nei segreti del giardino, questo va inteso così non solo come cornice, ma come particolare "testi- mone" delle azioni e delle presenze umane che in esso si muovono e agiscono. Il lavo- ro che la cinepresa compie nel giardino si Anna Lambertini, giardini in verticale, pp. 236, € 50, Verbavolant, Siracusa 2007 Questo libro, in una veste accurata, fa il punto sui tentavi di creare giardini il cui supporto e sviluppo trovano espressione nella dimensione verticale. Il libro porta una trentina di esempi, illustrati da nume- rose immagini, suddivisi in cinque sezioni: sperimentazioni, combinazioni, rivesti- menti, integrazioni, metamorfosi urbane. Il volume si concentra principalmente sulle creazioni di Patrick Blanc, a cui sono dedi- cati otto esempi; queste realizzazioni sono ispirate all'attività biologica della parte superiore della foresta tropicale, dove le piante, spinte dalla ricerca di luce e grazie all'elevato tasso d'umidità, mettono in atto strategie che permettono loro di vivere a diverse altitudini senza contatto diretto con il suolo. Gli studi di Patrick Blanc e Francis Hallè degli anni novanta condotti nelle foreste tropicali attraverso il radeau des cimes, sorta di dirigibile ancorato a livello della canopea, hanno apportato numerose informazioni sulla stratificazione vegetale a livello verticale, in particolare sulle piante epifitiche e parassitarie. A par- tire da queste ricerche si sviluppano i murs végétaux, disposizioni verticali di piante che normalmente crescono a livello del suolo, su un substrato inerte che con- sente la coltura idroponica. L'elemento vegetale viene astratto e assunto nelle sua dimensione pittorica e decorativa per rin- verdire lo spazio urbano. Gli altri esempi si concentrano su differenti tipologie e speri- mentazioni di rivestimenti vegetali adattati a contesti diversi, come sculture, installa- zioni, parcheggi, abitazioni, scuole. (S.O.) * IO e £ o Luca Maroni e Sergio Valzania, amare il vino. Arte natura tecnica estetica, pp. 207, € 12,50, Lm, Roma 2007 La mitologia del vino e i suoi fondamen- ti culturali hanno oscillazioni talmente variegate da comprendere in una conver- sazione salottiera gli spazi tra le ubriaca- ture di Noè e di Polifemo, fino ai guasti del metanolo e ai trucioli che vengono mischiati al vino per rivenderlo come se fosse stato alloggiato in aromatiche barri- ques. Pezzi di legno nel vino? Il vino del falegname? E lo zucchero nel vino? E i mosti surgelati? Chi ha avuto l'onore di assaggiare un Malaga del 1790 coetaneo di Mozart? E i saperi filosofico-scientifici legati al grappolo d'uva? Per mettere ordi- ne a tanto articolate discussioni, ecco questo prezioso volume. Luca Maroni informa di avere degustato oltre cento- ventimila vini e dimentica di dare la notizia sul calibro della degustazione, ma essen- do stato collaboratore di Luigi Veronelli si accredita come palato credibile. Sergio Valzania, direttore dei programmi radiofo- nici Rai, con onestà confessa di avere avuto con il vino un rapporto astratto, un atteggiamento platonico, mutato con l'in- gresso nel mercato internazionale di vino prodotto e costruito da culture lontane e diverse. Il libro offre una chiara esposizio- ne di tutte le problematiche tra arte e scienza che avvolgono la sapienza intor- no ai frutti della vite. Certamente si parla del miracolo di Cana, si parla del poeta persiano Omar Khayyam, che desidera avere una bara al suo funerale intagliata nel legno della vigna, si ricordano Car- ducci e poi l'alunno Pascoli che scrive in una poesia dei Canti di Caste/vecchio: "Il babbo mise un gran ciocco di quercia / su la brace (...) E mescè piano / piano, per- ché non croccolasse, il vino". Croccolare, qualunque cosa voglia dire, ha il giusto rumore e sapore del sorso di vino che cade in gola. Ma il libro è soprattutto un viaggio rigoroso e geometrico che parte dalla fatica del piantare le piccole barba- telle, di cui il Friuli è uno dei maggiori pro- duttori al mondo, fino al gesto finale di tappare, per chi ne è produttore, le botti- glie. Ma quanti tormenti, quante curiosità svelate a tutti i gioiosi bevitori, che con il giusto calice scelto per il rito sanno trova- re un piacevole brindisi festaiolo e cele- brativo. Scontato il The End, che recita un mesto "Prosit!". Perché non "Evviva il vino scintillante"? Matteo Lo Presti Simone Cinotto, terra soffice uva nera. vltivinicoltori piemontesi in california prima e dopo il proibizionismo, pp. 193, € 35, Otto editore, Torino 2008 Lo studioso Simone Cinotto, prima di rico- struire la storia dei piemontesi emigrati in California nella seconda metà dell'Otto- cento e là divenuti artefici di grandi azien- de vitivinicole (la "E. & J. Gallo Vinery" è oggi un colosso internazionale), ridimen- siona il "mito pavesiano" del contadino piemontese a suo agio in California. Appe- na giunto tra le colline californiane, l'emi- grato del romanzo La luna e i falò sospira: "sono a casa!". In realtà, il farmacista di Dogliani Pietro Carlo Rossi, alla guida del- l'Italian Swiss Colony, nella Sonoma County, il figlio di panettieri di Mombaruz- zo d'Asti Secondo Guasti, creatore dell'l- talian Vineyard Company, nella San Ber- nardino Valley, il figlio di macellai di Fos- sano Giuseppe Gallo, che avviò alla vigna i figli Ernest e Julio, i quali fondarono la loro cantina a Modesto, non poterono mai dire, come l'eroe pavesiano, che "non si zappa in California. Sembra di fare i giar- dinieri, piuttosto". Perché, invece, la fatica fu tanta: i terreni erano in origine sterposi, sabbiosi, sferzati dal vento; gli iniziali e vitali finanziamenti bancari furono spesso risicati; la California era puritana e venata di xenofobia; nonostante la forza arcaica dell'endogamia come strategia di consoli- damento aziendale, la coesione familistica interna fu non di rado fragile e contrastata. Questo prezioso, denso saggio storico testimonia come il successo che arrise ai Rossi, ai Guasti e, soprattutto, ai Gallo, si fondò, paradossalmente, sulla negazione del mito pavesiano: chi andò per vigne in California lo fece rompendo con le fami- glie di origine e, pur portandosi dietro una paesana competenza commerciale e mer- cantile, fu spinto da una molla di afferma- zione poco "pavesiana" e contadina: affer- marsi come imprenditori nella terra della nuova frontiera e non tornare mai più. Silverio Novelli