Il premio intitolato a Italo Calvino è giunto nel 2007-2008 alla sua ventunesima edizione. Pubblichiamo di seguito un brano tratto dal romanzo vincitore Quaranta di Gabriele Caprioli e un racconto tratto da Cronache dalla valle di Antonio Bortoluzzi, segnalato dalla giuria del premio. Quaranta di Gabriele Caprioli 40 Incipit anni. 'Non ho niente da festeggiare e così accendo 40 candele IKEA, la mia festa a rovescio, 40 can- dele in un sacchetto di plastica trasparente, 100% paraffina, allineate ad una spanna l'una dall'altra. Vanno dalla porta di ingresso fino alla finestra che sta all'altro capo della stanza. La stanza è ret- tangolare, completamente vuota, sono nel mio futuro lussuoso soggiorno, per il momento si può solo sbattere la testa sulle pareti rosso pompeiano e il culo sul pavimento in legno scuro. Le candele, timide, cominciano a sollevare un po' di luce, è l'ora del crepuscolo, l'ora in cui le persone sole vengono a galla e si sfiniscono davanti alla telede- pressione organizzata. Ascolto le pareti mute, i miei passi rimbombano, un suono per niente ami- chevole. Qualcuno mi ha detto che ho pagato trop- po per queste assi. Dovrebbero vedere il preventi- vo dell'architetto. E il punto a cui non volevi arri- vare mai, la riga gialla da non oltrepassare, il momento in cui venderesti l'anima per tornare indietro, ad avere ancora anima. Anima, cuore, fegato, polmoni, testa, palle. A quarantanni fai l'inventario di quello che ancora funziona, di solito il cazzo non ti ha tradito più di un paio di volte, per il resto hai ben poco da vendere, se ti dice bene hai abbastanza denaro da comperare un attico come questo, centoventi metri quadri, due bagni, doppia esposizione. Per la prima volta in vita mia ho due bagni in casa. E sono solo. Eravamo entrambi troppo lontani da Cuba quel giorno Io e Che Guevara. 9 Ottobre 1967, lui veniva ucciso in Bolivia, io nascevo in Lombardia, all'ospedale di Varese. Proprio in quei giorni mio padre stava finendo di costruire la casa nuova, la stava proprio costruen- do lui insieme ai muratori, mattone su mattone, acqua e malta. Era la classica casa quadrata, con un piccolo giardino davanti e una tettoia dietro, si trovava un po' fuori mano, in una frazione di un paese di duemila anime, all'epoca non c'era la stra- da asfaltata, non c'erano le fogne, il telefono e il resto. Ci ho passato tredici anni. Mio padre all'epoca era poco più giovane del Che, quattro o cinque anni di differenza, mi aveva aspettato così tanto che non ci credeva più e ce la metteva tutta con la nostra nuova casa, voleva il meglio, voleva una famiglia numerosa, questo mi ripeteva, ma non era mica colpa mia se io ero primo, ultimo, unico figlio, voleva una vita felice e un mondo onesto, che pretese. Stavano tirando su E tetto quel giorno e lui ha preso la sua Lambretta bicolore e si è precipitato all'ospedale, la raccontava così, io ero dietro un vetro, ciccione e scuro, poi è ritornato al paese senza nemmeno avere E tempo di prendermi in braccio che c'era da risolvere una grana con le tegole e in tutto quel casino è sicuro che della fine di Che Guevara non ha saputo niente, troppo lon- tani da Cuba. E poi mio padre non era E tipo, non era E tipo da pugno chiuso e rivoluzione proletaria, era uno che andava in chiesa tutte le Domeniche con la spilletta dell'Azione Cattolica sul bavero della giacca e che ci ha creduto ai democristiani finché non si è dovuto arrendere all'evidenza, uno che metteva da parte i soldi per guadagnarsi un mini- mo di paradiso borghese, la casa nuova, la moglie al fianco, magari la macchina per andare in vacan- za, un figlio laureato, non penso che avesse niente di speciale da dire su Che Guevara, però mi dispia- ce lo stesso non averglielo mai chiesto. ■ Cronache dalla valle di Antonio Bortoluzzi La vigna L? uomo correva ingobbito sotto i fEari delle vi- ti, abbassando la testa e allungando E passo. Aveva preso una linea retta, pericolosa e insensata dato che non c'era nessuno che lo inseguisse. Co- minciò a slacciarsi la cintura delle braghe e aprirsi i bottoni. S'accovacciò ansimando sotto una vite e mollò tutto prima ancora d'essere ben saldo sulle ginocchia. Non sembrava ci fosse un motivo parti- colare per stare proprio sotto quella vite. Poi pre- se una foglia e si pulì, poi un'altra e un'altra, ba- dando di tenere le venature dalla parte del palmo della mano: Iaco Dei Siori, in 39 anni di vita, non aveva mai cagato fuori dal confine di un suo prato, vigna o campo che fosse. Iaco guardò le sue viti. Era ora di cominciare a potare. Poi E suo sguardo corse lungo E colle. La Famosa vigna Dei Siori era divisa in due da una linea di giovani salici che, partendo dal torrente, saliva dritta attraverso i terrazzamenti fino al sen- tiero. Il suo vigneto confinava da una parte con quello di Aldo Sasét, e dall'altra con quello di suo fratello Bertìn. Quel gran bastardo di Bertìn. Anche Aldo Sasét era un figlio di vacca che spo- stava i confini di notte, però non era un bastardo come Bertìn. Il prete raccontava spesso di Caino e Abele e di come era andata a finire tra i due fratelli. Diceva anche di porgere l'altra guancia, ma era sempre di domenica mattina e tutti avevano E vestito buono e poi, dopo la messa, andavano daEa vecchia Lisa a bere vino. Ma vivere neEa VaEe non era come la domenica mattina in chiesa e nessuno avrebbe mai dato la seconda guancia a chi l'avesse schiaffeggia- to: ti do una sberla che il muro te ne dà un'altra! Questo si diceva a proposito di sberle. Perché la vita neEa Valle era una lotta daU'alba al tramonto: le vacche, il fieno, E letame; e poi portare il latte in latteria, far formaggio e curarlo; vangare e semina- re e togliere l'erbaccia dai campi. Coltivare patate, fagioli, orzo, canapa, e la vigna... Iaco Dei Siori doveva fare tutto da solo. Sua moglie Nina era morta e lo aveva lasciato solo con Maria e Maria era una ragazza talmente strana... aveva paura di tutto e si vergognava di tutto e non voleva farla sotto le viti e si chiudeva nella staUa. Ma era mai possibile? Chiudersi nella staUa perché nessuno la vedesse! Solo le vacche la fanno nella stalla, i cri- stiani la fanno sotto le viti! Iaco Dei Siori pensò che stava viziando sua figlia, questo era poco ma sicuro. Le ragazze viziate andavano a servire a Venezia e tutti sapevano quanti casìn e le malattie che c'erano e una famiglia era rovinata per sempre. Iaco Dei Siori si avviò verso casa, lungo E sen- tiero in salita, e pensò a suo frateEo Bertìn e ai suoi quattro figli che avevano una forza come torelli e cagavano certi affari duri che rimanevano sotto le viti anche un mese, se non pioveva. Suo frateEo aveva quattro maschi e una moglie, due maiali e sei vacche. A parte la vigna che era stata divisa a metà, gli erano toccati in eredità le staEe, i prati e i campi migliori. Però anche suo padre... perché aveva fatto così male le divisioni tra loro? Gran bastardo anche suo padre, o forse solo un po' mona e Bertìn, furbo come un ladro, gli ultimi anni l'ave- va tirato dalla sua. Da ragazzi non erano così, no, erano una fami- glia vera e si volevano bene e si rispettavano e quel gran bastardo di Bertìn gli aveva portato via tutto! Anche queUa cosa di quando erano ragazzi e si volevano bene e avrebbero dato la vita l'un per l'altro e anche se era da andare in guerra sarebbe- ro andati tutti e due insieme. Iaco Dei Siori affondò le mani nelle tasche e sotto al fazzoletto e alle nocciole sentì E manico d'osso della hrìtola e pensò d'affondarla nella pan- cia di suo fratello, e poi sentì che gli mancava il fiato per quella cosa che aveva pensato ed ebbe ancora voglia di bere. H Il bando del premio per la vendiduesima edizione (2008-2009) verrà pubblicato sul prossimo nume- ro dell'Indice e sul sito www.premiocalvino.it Il comunicato della giurìa La giuria decide di assegnare il premio a Quaranta di Gabriele Caprioli. Il romanzo, attra- verso biografie di personaggi reali e immaginari colti nel momento emblematico del qua- rantesimo anno, costruisce un ritratto di generazioni diverse in un arco di tempo che va dal dopoguerra a oggi. In un quadro strutturale e stilistico di tipo modernista, l'autore, mescolan- do modelli e linguaggi di diversa provenienza, ottiene un risultato vivace, mobEe e a tratti umoristico, capace di suggerire angolature nuove nella rappresentazione della realtà attuale. La giuria decide inoltre di segnalare l'opera di Antonio Bortoluzzi, Cronache dalla valle, per la pre- cisione stilistica e la spregiudicatezza di sguardo su una claustrofobica realtà isolata dal mondo contemporaneo. La giuria: Alberto Casadei, Franco Cordelli, Pietro Grossi, Laura Pugno, Elena Stancanelli. Fra i testi pervenuti, E comitato di lettura ha segnalato alla giuria i seguenti: Gerico 1941 di Igor Argamante, Le pietre parlanti di Angela Bubba, Il male è chiaro di Pierpaolo Fiorini, Sot- tochiave di Emanuela Fontana, Caldi, vuoti e veloci di Gianni Garamanti, I sogni in fuga di Claudio Garavini, Harry Potter non esiste di Marco Prato, Una poca cosa di Gabriella Repaci, KGB.IT di Fuca Serra. Il comitato di lettura è composto da: Anna Baggiani, Anni Barazzetti, Chiara Bongiovanni, Alberto Cavaglion, Emanuela Dorigotti, Laura Ghisellini, Gabriella Leone, Claudia Manselli, Mario Marchetti, Laura Mollea, Franco Orsini, Massimo TaEone, Paola Trivisano. Presidente del Premio: Delia Frigessi