Etologia Sofferenze dimenticate di Carlo Grande Margherita D'Amico LA PELLE DELL'ORSO Noi e gli altri animali pp. 130, € 14, Mondadori, Milano 2007 44 TI ratto è grigio e lucente A e si muove piano, sem- bra non avere idea di dove di- rigersi. Ancor prima di chi- narvi vedete che ha gli occhi rossi e gonfi come bolle d'ac- qua; anche dalla bocca esce sangue. Con un fazzoletto lo raccogliete. Potrebbe accadere anche a voi, intorno a Ferragosto e nel centro di Roma: ora lo tene- te nel palmo, stringe lievemente le zampe attorno al vostro indice. Sarà grande quanto un gattino, contro la mano ne percepite E battito affannoso del cuore e lo sgomento vi coglie". NeU'incipit di questa raccolta (o, meglio, rosario di misteri dolorosi sulle sofferenze che infliggiamo agli animali) c'è tutta la compassione e la vis pugnandi di Margherita D'Amico, scrittrice e giornalista, già autrice dei romanzi Rane, Il secondo di bordo, L'aquila delle scimmie e del reportage Gulu. Una discesa agli inferi, viaggio- testimonianza, con Luca Zinga- retti, tra i profughi deEa guerra civEe in Uganda. L'autrice sa provare compassio- ne: termine desueto, in tempi di violenze e di soprusi ormai deru- bricati a peccati veniali, quando non a virtù dei furbi; la compas- sione, l'empatia, è però termine essenziale per interpretare la nostra epoca e le persone che la vivono. La dichiarazione d'intenti di Margherita D'Amico è chiara fin daUe prime pagine: "Ad Asti, nell'aprile 2006, per colpa di un malore improvviso una povera signora cade dal balcone e muore infEzata su una canceUata. Quando arrivano i soccorrito- ri, trovano una folla di ragazzi a riprenderne l'agonia con le videocamere dei telefoni cellulari. Nessun dubbio che qualcosa non vada? SuUa distru- zione del senso di empatia ha inizio, per dirne un'altra, l'edu- cazione criminale. Non è un caso che i malavitosi insegnino agli eredi a torturare e uccidere in prima battuta gli animali". Gli esempi che E libro offre, con stile misurato, lasciando sem- plicemente parlare i fatti, sono tanti: dagli animali segregati nei canili a queUi che vediamo spe- gnersi fra le sbarre degli zoo ("imprese con largo margine di lucro e imbroglio da parte delle amministrazioni"), dallo sfrutta- mento dei cavalli negli ippodro- mi, o costretti a spezzarsi le zampe nelle sagre di paese, aE'ab- battimento di "Bruno", l'orso del Parco AdameUo Brenta "sconfi- nato" in Baviera nell'estate 2006. Le esistenze degli animali (spe- cie quelli "da carne", giacché non proviamo alcun imbarazzo ad anteporre l'appetito aUa pietà) sono al nostro servizio, le torture quotidiane cui vengono sottopo- sti (nei macelli, ad esempio) sono fondate su un ampio silenzio mediatico. Su di loro riversiamo fiumi di cattiva coscienza. I caval- li attaccati aUe carrozzeEe nelle vie di Roma, ad esempio, "sono per lo più ex trottatori di scarto acquistati dai vetturini, tenuti per concessione del Comune neU'ex mattatoio di Testaccio, in mezzo ai rumori e aEa sporcizia, senza un fazzoletto di verde su cui ripo- sare liberi e aU'aria". Per soprag- giunte zoppie o vecchiaia, aUa fine vengono soppressi. Con i soldi ricavati, il proprietario acquista un esemplare nuovo. Alberto Sordi ci girò un film, Nestore, l'ultima corsa, e riuscì a strappare al sindaco la promessa di trovare un ricovero più adeguato per gli animali. Morto l'attore non se ne fece più nuEa, salvo un accordo tra E sindaco di Val- montone e la Provincia di Roma per istituire un pensionato anziché macellarli. "Ma da queUe parti si aggira ancora una banda di maceEai clandestini - scrive D'Amico - che dopo un primo furto nel 2003, due anni dopo torna, rapisce e uccide altri cinque cavaEi (...). Tutto s'inter- rompe". Per non citare, sempre parlan- do di equini, le fratture, le ferite, gli abbattimenti che gli animali subiscono nelle "giostre" stra- paesane. A Enna, a Bomarzo, in provincia di Ascoli Piceno: "Nel- l'estate 2006, alla corsa della Giostra deU'AgneUo di Serviglia- no, un partecipante si spinge a velocità eccessiva in una curva stretta di terra dura e delimitata solo da un gradino. Nel tentativo di non cadere, l'animale si spezza pastorale e nodeUo. In piedi su tre gambe, viene trascinato a mano dentro a un rimorchio. Per dieci secondi colpi e sussulti, poi nessuno ode più nuEa. Le due pattuglie di carabinieri presenti assistono placide alla scena e nemmeno il sindaco, impegnato fra gli applausi a Elustrare E beUo deUa festa, immagina di sospen- dere la manifestazione. Un altro cavaUo, a cui si è rovesciata la sella, è intanto finito in un diru- po riportando lacerazioni, men- tre il vincitore esce di scena zoppo, con una falange rotta". Altrettante sofferenze sono riservate agli animali esotici (che languiscono in prigionie pubbli- che e private), ai cani e ai gatti abbandonati dai proprietari, aUe cavie sacrificate nei laboratori, alla selvaggina uccisa dai caccia- tori, che alimentano un lucrosis- simo commercio: "Un dossier dell'Archivio del Disarmo - scri- ve l'autrice - dice che le armi registrate alla vendita come civi- li o sportive sono responsabili del 90 per cento dei decessi neUe guerre che stravolgono paesi come E Congo, l'Indonesia, la Sierra Leone". Gli animali, in tutto questo, non hanno facoltà di replica. Come E ratto agonizzante, provo- catorio protagonista del primo racconto: "Quel topo deve aver mangiato E veleno, - scrive D'A- mico - un anticoagulante pensato per causare emorragie interne ed esterne fino alla morte, che sopraggiunge dopo parecchie ore. È E metodo più economico e diffuso fra queUi messi in pratica per sterminare le colonie di rodi- tori, che all'infinito si riproduco- no attingendo aEe colossali disca- riche su cui si eleva la società umana". L'autrice recupera una mezza bottiglia di minerale, depone la bestia fra erba e pietre, le versa E liquido sul corpo: "Lui ne sembra un po' rinfrancato; sfregandosi E muso riesce ad aprire un occhio e scruta attorno (...) si muove e va a infEarsi in un anfratto, scomparendo. Quasi di sicuro non se la caverà. Avete appena saputo aiutarlo a ritrarsi nell'oscurità di un covo, piuttosto che smarrire le ultime forze fra le gambe dei passanti e i pneumati- ci dei veicoli cittadini". Ecco, questa è empatia, per una bestia disprezzata da tutti. Forse, in questo nostro Occidente pro- gredito, non siamo disposti a sopportare l'indole libera che le bestie, mai scacciate dal paradiso terrestre, conservano per istin- to. Siamo come Gilga- mesh, che sale la mon- tagna dei cedri e uccide E guar- diano della foresta, E mostro sacro Humbaba, metafora del taglio della foresta. Gli dei, per il suo sacrilegio, uccidono E suo amico predEetto, Enkidu, e Gil- gamesh torna in città più tor- mentato e infelice di prima, di fronte aE'insopportabile idea di dover morire. La natura, invece, come gli dei, è eterna. Così è per gli animali, condannati a sconta- re una colpa che noi abbiamo dimenticato. ® cario.grande?lastampa.it C. Grande è giornalista Gli manca la parola di Elisa Addessi Vilmos Csànyi SE I CANI POTESSERO PARLARE ed. orig. 2005, trad. dall'inglese di Simona Petruzzi, pp. 394,20 ili, € 18,50, Muzzio, Roma 2007 Se icani vtbm» cuori potessero. 44 /^li manca solo la paro- vJla": quante volte ab- biamo sentito pronunciare questa frase da proprietari di cani sbalorditi dalle capacità intellettive ed empatiche dei loro compagni di vita. Ed è proprio con questo desiderio di tanti cinofili che Vilmos Csànyi intito- la E suo ultimo libro. Fondatore del dipar- timento di etologia dell'Università Eòtvòs Lorànd di Budapest, Csànyi accompagna il lettore alla scoperta della mente canina non solo sulla base dei tanti studi condotti dal suo gruppo di ricerca, ma anche di accurate osservazioni personali sulla quotidianità dei suoi compagni a quattro zampe, Flip e Jerry, indiscussi protago- nisti del libro. Se i cani potessero parlare è un'opera corposa ma scorrevo- le, a tratti avvincente, articolata in cinque parti. Nella prima, l'autore descrive brevemente il processo di domesticazione del cane a partire dal lupo, ipotiz- zando che si sia trattato di un processo di coevoluzione con vantaggi selettivi non solo per E cane ma anche per l'essere nous rovlons paree tfve nous averti e té trahis no"S voufons cTdé^e C&Sfc 3te te c/asse ouvritre umano. La seconda parte illu- stra le somiglianze tra il com- portamento umano e quello canino, soffermandosi sulle analogie nella socialità e nella sfera emotiva, che ci portano spesso a considerare i cani come "persone". La terza parte prende spunto da episodi di "vita vissuta" di Flip, Jerry e lo stesso Vilmos per esaminare sulla base di dati empirici alcuni aspetti del com- portamento del cane, come imi- tazione, comunicazione e ragio- namento deduttivo. La quarta parte offre al lettore l'opportu- nità di andare oltre il compor- tamento del cane e di approfondire dal punto di vista teorico e metodologico alcuni temi classici della psi- cologia comparata. Infine, la quinta parte, dedicata al rap- porto tra umani e ca- ni, racchiude un'im- portantissima serie di consigli pratici sui doveri, purtroppo spesso trascurati, di chi sceglie di condividere parte della pro- pria vita con un compagno tanto leale e intelligente. Spesso combattuto tra l'esi- genza di obiettività scientifica e l'affetto per i cani, l'autore rie- sce a trovare un equEibrio otti- male tra E rigore degli studi citati e aneddoti divertenti, commoventi, talvolta incredibi- li. Particolarmente interessanti le ricerche condotte sulla capa- cità dei cani di interpretare segnali comunicativi umani, in cui si indaga se E cane riesce a individuare (sulla base di indi- cazioni non verbali del proprie- tario, come gesti, cenni della testa o sguardi) in quale di due contenitori identici è stato nascosto, a sua insaputa, un boccone appetitoso. Grazie a migliaia di anni di domestica- zione, i cani sono particolar- mente abEi in questo tipo di compiti e persino i cuccioli mostrano prestazioni di gran lunga superiori a quelle delle scimmie antropomorfe, gli ani- mali evolutivamente più vicini a noi. Purtroppo, questa straordina- ria vicinanza emotiva con gli umani rende i cani particolar- mente vulnerabEi aEa rottura del legame con il proprietario, spe- cialmente quando questi lo interrompe volontariamente. L'autore torna più volte e con notevole sensibilità sul sempre tristemente attuale tema dell'ab- bandono, ricordandoci che un cane abbandonato sperimenta un trauma emotivo paragonabEe a quello dei bambini soggetti a sofferenze analoghe e facendoci riflettere su come sia possibEe che proprio gli umani, che si considerano le uniche creature dotate di morale, siano capaci di compiere atti che di morale non hanno nulla. elsa.addessi? iste.enr.it E. Addessi lavora presso il Cnr di Roma