da BUENOS AIRES Francesca Ambrogetti Evita è il titolo del libro con il quale Felipe Pigna, attualmente il più noto storico argentino, ha deciso di riproporre in questo periodo natalizio il personaggio di Eva Peron. Lo ha fatto in una chiave nuova, descrivendola attraverso una serie di immagini, molte delle quali inedite. C'è anche spazio per un testo bilingue in spagnolo e in inglese, una scelta legata al boom turistico che sta vivendo l'Argentina e all'interesse che suscita in tutto il mondo la mitica moglie di Peron. Il lettore vede la trasformazione di Cholita, una bambina timida con lo sguardo sofferente anche per il marchio, terribile a quell'epoca, di figlia illegittima, in Eva Duarte, una giovane bruna e magrissima, un po' impacciata ma decisa a farsi largo a ogni costo nel mondo dello spettacolo. Nelle pagine seguenti si vede l'attrice affermata, una bella donna bionda sicura di sé. La stessa che conquista Peron e diventa la first lady, un ruolo che ricopre indossando abiti e gioielli degni di una regina. Poi le immagini del viaggio in Europa, un'apoteosi internazionale e la trasformazione al ritomo. Diventa la compagna Evita, la portabandiera degli umili, che mette da parte gli sfarzi per stare ore e ore nella sua fondazione vestita con tailleur molto semplici, ad ascoltare i bisognosi. E infine, nell'ultimo periodo, una donna fragile e sofferente che continua però a stare vicino al marito e a partecipare alle manifestazioni di massa. Non mancano le immagini del cadavere imbalsamato e il racconto dell'odissea della salma, che finì perfino in un cimitero di Milano sotto falso nome. "È l'unica della quale anche dopo morta abbiamo avuto paura", dice un militare nel libro per giustificare i tentativi di nasconderla. Felipe Pigna non ha scelto a caso il momento per pubblicare il suo libro, che è apparso pochi giorni prima dell'insediamento della prima donna presidente eletta in Argentina. Cristina Kirchner, nel suo discorso inaugurale al parlamento, ha ricordato la figura di Eva Peron e ha detto che avrebbe meritato molto più di lei di diventare capo dello stato del suo paese. Autore di una trilogia di grande successo, Los mitos de la bistorta argentina, Pigna ha fatto di nuovo centro con questo volume, nel quale racconta con parole e immagini verità, leggenda, miti, amori e odi di una donna dai mille volti, che in soli trentatré anni di vita è riuscita a entrare per sempre nella storia argenti- VILLAGGIO GLOBALE to, se il libro dovrà riscuotere in questi due paesi le stroncature già annunciate, non sarà un buon inizio per il lancio sul mercato americano. A questo si aggiunga la recente questione dei contributi francesi alle traduzioni estere. Molti editori stranieri, quando traducono un libro francese, sono soliti chiedere una sovvenzione al Centre national du Livre di Parigi, dove un'apposita commissione esamina ogni richiesta e (molto spesso) elargisce una somma come contributo alla circolazione della cultura francese nel mondo. Per Littell invece, notizia di qualche giorno fa, hanno deciso di non sborsare nemmeno un euro. Una lettera scritta dalla commissione agli editori che avevano chiesto l'aiuto finanziario, motiva così il diniego: "In questi tempi di ristrettezze di budget, e tenendo conto dell'anticipo particolarmente considerevole che voi avete versato all'autore, il Ministero della Cultura considera che questa pratica non è annoverata fra i suoi progetti prioritari". Che tradotto significa: visto che hai avuto la possibilità di versare un sacco di soldi a Littell, non hai certamente bisogno di un contributo economico per far uscire il libro. Gli editori invece rispondono che proprio perché si sono già svenati per comprare i diritti d'autore hanno bisogno del loro aiuto. Ma la commissione è irremovibile: meglio aiutare i piccoli editori che magari pubblicano libri poi difficili da vendere. Del resto siam francesi: non si presta denaro ai ricchi, e i soldi pubblici non devono far arricchire i priva- na. da PARIGI Marco Filoni Gli editori stranieri del romanzo Le benevole non sono affatto contenti. Il libro che ha spopolato in Francia e ha fatto il pieno nelle casse di Gallimard continua a far discutere. Del romanzo di Jonathan Littell si è detto tutto e il contrario di tutto. Ora scopriamo che costa anche caro. Gli editori che ne hanno acquisito i diritti, secondo non troppo celate indiscrezioni, hanno infatti sborsato cifre consistenti. Come se non bastasse, l'edizione americana sta incontrando non poche difficoltà. Si sa, Littell è americano (anche se ora ha cittadinanza francese) e quindi perfettamente bilingue. Ha ricevuto e letto la traduzione del suo libro, arrivata circa a metà. Non contento del lavoro, ha rispedito indietro il plico all'editore pretendendo che fosse sostituito il traduttore. Questo implicherà un notevole ritardo dell'uscita in libreria rispetto ai tempi stabiliti. Tempi che dovevano coincidere con le edizioni tedesca e israeliana: qui infatti alcuni critici e recensori attendono il libro con molta ansia e un certo interesse - e, stando alle cronache dei giornali, anche con il fucile carico pronto a sparare a zero! Cer- La striscia del Calvino, 8 Da Torino, una macchina gioiosa Massimo Tallone (pessimistica data di decesso annunciata, 2044), membro del comitato di lettura del Premio Calvino e teorico intelligentemente divertito della letteratura inedita (cfr. "L'Indice", 2007, n. 11), ha fatto il grande salto. Senza cedere in nulla, però. Complici i fratelli Frilli di Genova (quelli che hanno già pubblicato il "nostro" Vigile Rollo, quelli del detective Bacci Pagano) e complice la Fiera torinese del libro 2007. Il manoscritto è stato noncurantemente affidato, e con pari leggerezza fiutato e accolto. I Frilli si sono così espansi dal loro terrori ligure verso Torino, luogo di esistenza e di elezione di Massimo T. Piombo a Stupinigi. Ribò e i guai del Cardo, a voler essere esatti, non è il primo romanzo pubblicato da Tallone. Si tratta infatti del prequel di un'edizione quasi clandestina (di fatto, un inedito) del 1998: Ribò e il cadavere volubile (CeT, Torino). Avventure rocambolesche, sempre, di Ribò, taciturno poliziotto wittgensteiniano ("di ciò di cui non si può parlare, si deve tacere") e del Cardo, pittore, ovviamente autodidatta, di trompe-l'oeil e profondo filosofo naif. Tutto si svolge in uno scenario subalpino-sabaudo che da piazza Vittorio spazia a Stupinigi e alle colline della bassa vai di Susa, tra piole e boc-ciofile, senza trascurare locali della nuova Torino da bere. Si respira un'atmosfera alla Buscaglione, o alla Fusco (Giancarlo): un mondo marginale di puttane coscienziose pronte a fare lo sconto affezione, di papponi un po' grezzi un po' gelosi un po' boy-scout (si fa per dire), di bevute non sempre vintage. Ma anche di amanti, alla Pautasso, del proprio mestiere (vedi Ribò e, perché no, il Cardo). E anche di rampanti chirurghi dallo stile di vita suvista, pronti a tutto per un conto in banca a enne zeri. Le vere avventure sono tuttavia quelle della lingua. Una lingua ricca, viva, metastatica, di baldanzose metafore/comparazioni che avvicinano oggetti in stile Duchamp ("gli occhi tondi delle cesoie spuntano dalle tasche del grembiule come quelli di un cucciolo di lemure"), che si immergono nello scatologico, nell'indecente (parlare a Ribò è come "parlare alla tazza del cesso", notoriamente logor- roica; strappargli un complimento è come "chiedere un bacio a una puttana"), con scarti verso l'assurdo. La lingua straborda. Per plagiare Tallone, "si svuota, evacua, si scarica, si sgrava, si alleggerisce, si libera". All'io narrante, ovvero al Cardo (che avrebbe da ridire su tale pretenzioso concetto, quasi come nei confronti dell'aborrito termine di "ta-vernetta"), nel delirio/divertissement espressivo spesso si sovrappone, senza troppo parere, l'autore. E così, tra le innumerevoli figure retoriche, nella full immersion in una "lingua grassa", si susseguono nessi surreali, accumuli, ripetizioni, eccessi, elenchi rabelaisiani, raffiche di sinonimi. Si è presi da un senso di piacevole e gioioso spaesamento. E arriviamo qui a un altro tratto accattivante di questo oggetto di lettura, per il quale non possiamo che essere grati all'autore: la meravigliosa joie de vi-vre che ne promana - peraltro Tallone ce l'aveva già fatta gustare nel suo Andar per ombre (Corte, Torino 2001), guida alle osterie e ai cicchetti veneziani, introvabile cult da intenditori. Joie de vivre a livello zero di romanticismo: all'amore con l'A maiuscola il Cardo, bisogna dirlo, preferisce qualche affettuosa operazione, onestamente mercenaria, con l'Angela di Stupinigi, (il Cardo è fatto così: forse non troppo politicamente o femministicamente corretto, ma il mondo, come si sa, è vario). Sotto traccia, il nostro è anche (o soprattutto?) un manuale di ecologia della mente e della vita, ad alto tasso di anarchismo diffuso (per intenderci, possiamo pensare al tintobrassiano Chi lavora è perduto) senza farci la lezione: qui non hanno spazio pregiudizi, sprechi di beni primari (il Cardo non si lava dal '91, e se ne vanta), compromessi con bollette o sportelli bancari. Il Cardo voterà? Ci pare altamente improbabile. In compenso, pur non praticando contro natura, diversamente dalla cattolicissima e votante senatrice Binetti non ha niente da ridire contro gusti diversi dai propri. Non vorrei dimenticare che si tratta di un giallo, comunque, con tutti gli ammennicoli e i parafernali del caso. Che induce al riso, per di più. Mario Marchetti ti. Nel frattempo arriverà in libreria il 31 gennaio la versione tascabile del romanzo: ben 1.456 pagine al costo di 12 euro. E qui Littell ha apportato qualche correzione: a parte qualche refuso e aggiustatina ai nomi, ai luoghi e alla sintassi, la variazione più importante riguarda una delle scene più criticate dell'ultima parte del libro. Nella prima versione il protagonista Max Aue, nel bunker del fuhrer, torceva il naso a Hitler. Molti hanno utilizzato questo esempio per denunciare la buffoneria e il lato kitsch del romanzo. Nella nuova versione invece la scena è cambiata con un morso al naso. Come ha scritto Pierre Aus-souline, l'insolente Littell ha sempre fatto marameo (pied-de-nez) ai suoi critici. da LONDRA Pierpaolo Antonello Hanno causato un certo sconcerto in Gran Bretagna le statistiche pubblicate lo scorso mese dal Progress in International Reading Literacy Study (Pirls) sullo stato dell'alfabetizzazione giovanile nel mondo. Durante il 2006 sono stati interrogati 215.000 bambini dell'età di dieci anni in 45 paesi, sia avanzati che in via di sviluppo. In cinque anni il sistema scolastico britannico è passato dal terzo posto delle classifiche internazionali al diciannovesimo, al di sotto anche di quello statunitense, da sempre sorta di pietra di paragone negativa per i livelli di lettura dei bambini nei paesi occidentali. Solo la Romania e il Marocco hanno registrato nell'ultimo quinquennio un declino più drammatico di quello inglese. L'altro dato apparentemente sorprendente di questa classifica è dato dall'ottavo posto dell'Italia, che sopravanza sistemi scolastici di paesi ben più organizzati e con molte più risorse, come Svezia, Germania, Olanda (gli strali degli apocalittici nostrani nei confronti del declino della scuola italiana e le lamentele sulla pervasività della televisione nella costruzione della nostra cultura nazionale forse dovrebbero essere un po' stemperati, se analizzati in termini comparativi). Le colpe sono state sommariamente imputate dai commentatori inglesi alla mancanza di programmi di promozione della lettura all'interno delle scuole di vario livello e grado, ma anche ai cambiamenti occorsi in questi anni rispetto al consumo di intrattenimento domestico, con il 37 per cento dei bambini inglesi che passano almeno tre ore al giorno con i video-giochi (dimenticavano che forse fino al 2001 quelle tre ore erano passate semplicemente davanti alla tv). Il ministro dell'Istruzione inglese ha immediatamente annunciato uno stanziamento di cinque milioni di sterline a favore di nuovi programmi di promozione e per l'acquisto di libri da distribuire nelle scuole, a partire dagli asili. Un piccolo aiuto finanziario alle istituzioni inglesi e ai programmi di diffusione della lettura verrà comunque dai proventi della vendita della recente raccolta di racconti curata da Zadie Smith, The hook of other people (Hamish Hamilton), in cui la giovane scrittrice britannica, che nel 2001 aveva già curato una raccolta di racconti erotici, Piece of Flesh, ha chiamato a raccolta vari amici scrittori, tra cui Nick Homby, Hari Kunzru, Toby Litt, David Mitchell, George Saunders, Colm Tóibin e altri. Senza scomodare ingombranti apparati critici o di teoria testuale, l'intento di Smith è stato quello di costruire un libro semplicemente dedicato ai "personaggi", visti come centro pulsante di ogni forma di narrazione, letteraria e non, personaggi in scala ridotta ovviamente, costretti dai vincoli imposti dal racconto breve, presentati attraverso una loro evocazione memoriale e visiva.