« L'INDICF 6 ■■dei libri del mese■■ ° Atei distruttori di Michele Luzzatto e •rO se o e o o co • K> So e 0 CQ 1 •io e £ CO Una violenta sfuriata antidarwiniana. Un prolungato, reiterato, sfiancante attestato di superiorità della "civiltà ebraico-cristiana", dove il prefisso "ebraico-" il più delle volte risulta inutile e improprio. Un libro elementare, sintatticamente inelegante, pieno di strafalcioni, di pennellate colpevolmente semplificanti, di citazioni non necessarie e talvolta ridicole a fronte di mancate citazioni necessarie ma assenti. Insomma, un brutto libro, arrogante e rancoroso, riassumibile con una citazione: "Ciò che fanno gli apostoli del darwinismo, che con la clava dell'ateismo cercano di abbattere Dio, non è solo un atto pietoso e puerile, ma, come direbbe Benedetto Croce, è un atto di empietà". Tutte le pagine ripetono all'infinito questo piccolo concetto. Ma perché una sociologa parla di darwinismo? Avrà studiato, pensiamo a tutta prima. E invece a p. 87 l'autrice ammette candidamente il contrario: "Premetto che non ho la pretesa di confutare la teoria darwiniana, almeno per tre motivi. Il primo: non è di mia competenza". E questo in effetti si nota. Sarebbe già sufficiente per fermarsi qui, chiudere il libro e passare a qualcosa di più costruttivo, ma incuriositi proseguiamo: "Il secondo: vi è stata una serie di studiosi che si sono dedicati a ricostruire il percorso evolutivo, teorizzato da Darwin, riscontrandovi molte falle". Tirati per la giacca, lasciamo da parte il terzo motivo e corriamo a vedere in bibliografia i nomi di questi "studiosi" che avrebbero messo in crisi Darwin. Ma scopriamo che la bibliografia è straordinariamente scarna: lasciando da parte le citazioni che non hanno nulla a che fare con il tema, l'autrice cita Pievani, Eldredge, Sermonti, due teologi e un paio di articoli di giornale di secondaria importanza. Un po' pochino per archiviare una tradizione scientifica lunga centocinquanta anni. Rosa Alberoni (Il Dio di Michelangelo e la barba di Darwin, pp. 327, € 18, Rizzoli, Milano 2007) sostiene però di aver letto i testi di Darwin e infatti ne cita tre, anche se uno di questi, buffamente, viene citato sia come fonte primaria, sia come "citato in" un altro libro. Altri libri di "numerosi studiosi", promessi nel testo, non vengono mai citati. Comunque, dopo tanto studiare, l'autrice ci dice che per Darwin: "La giraffa sopravvive soprattutto perché ha vinto la lotta per l'esistenza, il sopravvivere è dovuto allo sterminio di altre specie che si opponevano ad essa o semplicemente perché più deboli e gracili". E il solo brano del libro nel quale si intravede un timido tentativo di spiegazione della teoria darwiniana, e ci permette di trarre due conclusioni: o Alberoni non ha davvero letto Darwin o l'ha letto e proprio non l'ha capito. In ogni caso, uno studente di Hceo che spiegasse la teoria darwiniana in questi termini meriterebbe un sonoro "due". Per dare un'idea del tenore della prosa riportiamo qualche citazione: " [Per i darwinisti] l'uomo è sguarnito dell'Essere, cioè della ragione, della coscienza, della spiritualità"; "Non avendo una matrice, il mulo non può che essere il risultato di un accoppiamento promiscuo" (matrice?); "Il confronto, fra il cervello dell'orango e quello dell'uomo, potremmo liquidarlo dicendo che Dio (...) ha uno stile e di conseguenza tutte le sue opere ne portano l'impronta" (geniale); "La scrittura si rivela un deposito extracranico del sapere" (molto fine); "Il fegato (...) non può rifiutarsi di svolgere il compito assegnatogli, per timore di annientarsi insieme al corpo" (fegati paurosi); "Il bambino appena nato ha la conoscenza incosciente dell'istinto" (cono- scenza incosciente?); "Una materia inorganica, come il legno" (la nuova chimica); "L'istinto sociale è dell'uomo, non degli animali" (chi lo dirà alle api?); "La società multietnica, che osannano i distruttori di oggi, è il prodotto di una somma di civiltà diverse, quindi il dialogo è impossibile" (esempio di dialogo interreligioso); "Cos'è il Caso?!, ti domandi. Non ne vieni a capo" (dunque l'autrice non ha davvero letto Darwin): "Prima si presentavano come difensori della ragione, poi come socialisti, comunisti, infine come nazisti. Ed oggi come no-global-animalisti-pacifisti-scientisti-adoratori di Darwin. Sono i soliti atei distruttori, che hanno lo stesso ossessivo scopo: cancellare Cristo, distruggere la civiltà ebraico-cristiana, dopo averne succhiato il sangue e l'essenza" (esplicito); "Lo scienziato autentico è un uomo che scopre quel che può, e con onestà ed intelligenza non osa contrapporsi a Dio" (Rosa Alberoni epistemologa); "Al posto della parola di Dio (...) essi pongono una cellula, che chiamano eu-cariota" (credo intenda procariota, ma l'intera pagina è piuttosto confusa); "Nel Novecento arriva la scoperta di Einstein (...) che indica il mondo come portatore dei propri orologi che ci permettono di riconoscere (...) un cammino che va dalla Creazione alla Redenzione" (relatività provvidenziale); "Alla selezione naturale non crede più nessuno, perché la storia ha dimostrato che la selezione, quando è avvenuta, è stata programmata da esseri umani assetati di dominio" (francamente mi sono perso: di cosa stiamo parlando?). Fino a qualche anno fa, i libri di questo tipo venivano pubblicati da editori di nicchia, distribuiti in poche copie e recensiti su fogli politici "ciclin-prop". C'era un motivo: erano libri deboli, fortemente ideologici e generalmente poco informati. In questo caso, invece, il libro di Rosa Alberoni viene pubblicato da un grande editore, recensito in toni entusiastici dal principale quotidiano del paese, prefato da un alto cardinale, presentato in pompa magna in un convegno alla Pontificia Università Lateranense (alla presenza di un ex ministro della Repubblica) e perfino reclamizzato con tanto di servizio al tg2. Che cosa sta succedendo all'Italia? Possibile che non ci sia più nessuno in grado di fare un po' di filtro e porre un limite - anche labile e incerto - tra la cultura e il marketing? La quarta di copertina recita: "Cristiani, genitori, difendiamo i nostri figli da chi avvelena la loro mente". Sono d'accordo; su, editori, uomini di cultura, giornalisti, un sussulto d'orgoglio: difendiamo i nostri figli. ■ mluzzatto@libero.it M. Luzzatto è editor scientifico Il peccato degli angeli di Franco Pezzini Secondo uno che se ne intendeva, Alberto Magno, la demonologia "è insegnata dai demoni, insegna sui demoni, conduce ai demoni": e, viste come sono andate le cose con le streghe, pare una calamità non averlo ascoltato. Ma non tutto precipita lungo questa china: e l'uscita 2007 di un dittico di volumi - autonomi, ma felicemente accostati - per Utet Libreria, mostra come il discorso sul principe delle tenebre possa guardare a orizzonti assai più ampi sia sul piano teologico che su quello storico-antropologico. Due testi, va detto, con taglio diverso e ottiche un po' differenti: il primo dei quali, una bella Antologia diabolica. Raccolta di testi sul diavolo nel primo millennio cristiano (pp. 677, € 25) è frutto della fatica di Renzo Lavatori, membro della Pontificia accademia di teologia e docente di teologia dogmatica presso varie università ecclesiastiche. Vagliando un'imponente messe di materiale (da testi canonici, apocrifi e scrittori dell'area giudaica, attraverso gli apologisti e la patristica e fino agli scrittori più tardi), l'autore offre un affascinante repertorio dei problemi posti dalla vivace riflessione di quei primi dieci secoli. Una riflessione che da un lato interpella i rapporti del cristiano con il mondo, come nelle invettive contro gli spettacoli, la poesia profana, i miti del paganesimo, persino la medicina, a denunciare oggettive opposizioni alla morale evangelica o invece nervi scoperti e crisi d'epoca; dall'altro guarda a un immenso lavoro d'interpretazione dei testi sacri e di approfondimento di una psicologia spirituale con esiti talora di straordinario spessore. Dalla sobrietà dei riferimenti scritturistici - e invece dall'immaginosa sovrabbondanza di certi apocrifi - si sviluppa così un lungo cammino di ricezione della demonologia mediorientale in un contesto peculiarmente cristiano: anche se, come accennato, la scelta dell'antologista non tralascia esperienze in termini di varia autonomia, come la gnosi o (a cenni) la dottrina coranica. Su alcuni temi possiamo così seguire il lungo dibattito, come sulla natura della colpa che avrebbe condotto alla caduta o sull'interpretazione del problematico episodio biblico dei "figli di Dio" e delle "figlie degli uomini" (Gen 6,1-8), in ultimo demitizzato riferendo le espressioni alle stirpi tutte umane di Set e di Caino e rifiutando l'idea di un peccato carnale degli angeli. E in parallelo agli sviluppi di una riflessione dogmatica sul male condotta dai padri attraverso un'approfondita conoscenza delle ragioni dei contraddittori, assistiamo all'elaborazione di strategie di difesa dell'anima che in fondo mantengono interesse contro le seduzioni "demoniache" del mondo di internet. A fronte della rigorosa ortodossia di questo testo, il secondo mostra un taglio fecondamente provocatorio. In effetti Satana, una biografia (ed. orig. 2006, a cura di Massimo Scorsone, pp. 356, € 26) rappresenta il denso precipitato di un cammino di studi che il filologo Henry Ansgar Kelly conduce almeno dal '68, quando apparve il suo breve saggio The Devil, Demonology and Witchcraft, tradotto in Italia l'anno successivo per Bompiani con il titolo La morte di Satana. Erano gli anni àelYAb-schied vom Teufel, il "commiato dal diavolo" proclamato dal teologo Herbert Haag nell'omonimo pamphlet del '69 e ribadito nel '74 con uno studio più corposo, anche se la demitizzazione proposta da Kelly batte una via un po' diversa. Contrapponendo alla nuova biografia di Satana (elaborata a partire dai tempi della prima patristica e via via arricchita nella figura "tradizionale" del demonio) quella biografia originale che emerge dalle Scritture, così che dalle prime, ambigue maschere di "satani" veterotestamentari e attraverso un progressivo approfondimento nei secoli, il viso che affiora ha i connotati di un'antipatica creatura angelica della corte divina, un accusatore destinato all'estromissione finale, ma tuttora attivissimo e non ancora "caduto". Una funzione di Dio? Kelly non arriva a dirlo, ma certo il suo affresco fa comprendere maggiormente l'affinità tra questo "grande verificatore" e altre presenze angeliche della tradizione d'Israele: un tema peraltro, quello dell'angelologia, che resta come ai margini del messaggio e interpella la teologia con la fragilità e il mistero delle categorie analogiche. Evidentemente la forza delle argomentazioni di Kelly suona diversa a seconda che il lettore abbracci o meno la linea della Sola Scrittura, e alcune affermazioni possono suonare azzardate: ma il richiamo ai fondamenti della maschera-funzione teologica di Satana giunge quanto mai opportuno nell'età del diabolico da chiacchiericci televisivi. Sicuramente l'autore provoca anche attraverso un linguaggio frizzante, che può spiacere a taluni ma conduce godibilmente gli altri attraverso un percorso teologico di millenni: e la serietà filologica dell'approccio è garantita dalla controllatissima traduzione e dalle ricche, appassionate notazioni del curatore Massimo Scorsone. ■ franco.pezzinil@tin.it F. Pezzini è saggista e redattore giuridico