Debordi l'Italia laboratorio dello spettacolare integrato La società delle leggi che dormono di Mario Pezzella Nel suo libro maggiore, La società dello spettacolo (1967), Guy Debord aveva distinto due forme di regime: lo "spettacolare diffuso" e quello "concentrato". Non è qui possibile un'estesa analisi dei loro diversi caratteri: basti dire, con qualche approssimazione, che il diffuso vede il prevalere assoluto della forma di merce e del consumismo. Al potere del mercato si affianca una forma "soffice" di dominio politico: una democrazia rappresentativa, formalmente egualitaria, anche se segnata da profondi conflitti e disuguaglianze sociali. Lo spettacolare concentrato è invece un regime totalitario, ove prevalgono un'autorità politica sacralizzata, l'uso esplicito della violenza, il dominio della burocrazia e del suo capo carismatico (Debord considera soprattutto la sua variante staliniana e, più brevemente, quella fascista). Quando Debord scrive, nel 1988, i Commentari alla società dello spettacolo, le sue aspettative rivoluzionarie sono state crudamente disattese. Debord deve giustificare il fallimento delle sue precedenti previsioni: lo spettacolare diffuso e quello concentrato sono effettivamente entrati in uno stato di crisi e di precarietà, ma il risultato non è quello sperato. Il capitalismo si è rinnovato, creando un nuovo modello di spettacolo, caratterizzato da un inedito connubio delle forme precedenti, lo "spettacolare integrato": "Successivamente si è costituita una terza forma, attraverso la combinazione ragionata delle due precedenti, e sulla base generale di una vittoria di quella che si era mostrata più forte, la forma diffusa". Nei Commentari, Debord indica la P2 italiana e le sue diramazioni come il prototipo sperimentale di un simile sistema di comando. L'Italia diviene - per ia seconda volta dopo il fascismo — il laboratorio di sperimentazione di un regime autoritario e gerarchico. Nello spettacolare integrato la forma di merce mantiene la sua preminenza: ma rappresentazioni fondamentalistiche, etniche, razziste vengono a coesistere con il suo feticismo fantasmatico. Lo spettacolare integrato tenta di articolare insieme l'essere della merce con forme arcaiche e ormai puramente illusorie di appartenenza. Se, effettivamente, "le diverse identità che hanno segnato la tragicommedia della storia universale stanno esposte e raccolte in una fantasmagorica vacuità", appare invece come possibile la loro rinascita: come se le società capitalistiche occidentali potessero nuovamente riconoscersi in un nucleo identitario roccioso e irreversibile. Quanto più il dominio finanziario e astratto della forma di merce produce disappartenenze, lacerazioni, crisi di identità, tanto meno lo spettacolare diffuso è in grado di contenere i conflitti che sorgono al suo interno o ai suoi margini, nelle aree povere del mondo; il surplus di violenza e controllo, ormai indispensabile, viene allora affidato alle vecchie forme dello spettacolare concentrato. In una certa misura, l'iperappartenenza mitica caratteristica dei regimi fascisti viene ora riproposta e aggiornata. Quanto più la diffusione della forma di merce dissolve le radici stesse dell'esistenza individuale, tanto più viene a questa offerta la consolazione dell'abbandono di sé e della fusione: nella micropatria etnica, in corpi militarizzati, in sette di ogni tipo, nell'odio comune contro i "nemici", che turbano la felicità possibile dell'ordine spettacolare. Lo spettacolare integrato non è - letteralmente - una forma di totalitarismo. L'identificazione mistica con il capo si decentra in quella con i "personaggi eminenti" imposti dalla macchina spettacolare (eroi, politici, guitti, ballerine, papi o calciatori). Tuttavia, al potere spettacolare diffuso si affiancano ora organi di decisione concentrata, capaci di gestire un'emergenza dichiarata o l'uso aperto della violenza. Il regime democratico viene integrato da centri decisionali ufficiosi, servizi e associazioni parallele, che si diffondono in una molteplicità frammentata. Questa attività in ombra affianca la celebrazio- ne pubblica dello spettacolo. Essa si dispone accanto alle istituzioni, alle leggi e agli ordini professionali visibili. L'apparato giuridico e istituzionale resta apparentemente intatto: ma le decisioni spettano effettivamente al potere concentrato che agisce parallelamente. Non si tratta solo di interventi clamorosi e violenti orchestrati dai servizi segreti "deviati", ma anche di misure che riguardano l'ordinaria quotidianità. I concorsi pubblici sono sostituiti da riunioni preliminari ufficiose; la libertà di stampa viene controllata prima di ogni censura da comitati editoriali che scelgono i giornalisti affidabili; molti reati finanziari sono di fatto depenalizzati, anche se le leggi che dovrebbero punirli restano ufficialmente in vigore. Questo regime determina la divergenza sistematica tra la regola pubblicamente ammessa e il centro decisionale occulto: cinismo, ipocrisia oggettiva, menzogna divengono comportamenti sociali indispensabili per orientarsi in questa sorta di doppio comando sociale permanente. Chi resta legato ingenuamente all'apparenza pubblica dello spettacolo (e, per esempio, si oppone a una decisione di fatto in nome di una norma del diritto) viene piegato, comprato, intimidito e, in casi estremi, eliminato. Lo stesso programma della P2 - pienamente realizzato, mentre gli affiliati sono giunti alle più alte cariche di potere - prevedeva una serie di misure precise per porre sotto controllo i settori di resistenza (televisioni, giornali, magistrati ecc.). La mafia diviene, secondo Debord, un modello attuale di funzionamento associativo segreto: non dunque una sopravvivenza arcaica, ma un organismo a pieno titolo esistente entro lo "spettacolare integrato". La mafia scorre, per così dire, accanto al simulacro del potere pubblico, lasciandolo il più possibile intatto, colpendo le persone che volessero farlo funzionare oltre un livello semplicemente formale. Il suo modello è seguito dai centri decisionali che ormai sostituiscono i poteri formali dello stato: "La mafia trova dappertutto le condizioni migliori sul terreno della società moderna. La sua crescita è rapida quanto quella degli altri prodotti del lavoro col quale la società dello spettacolare integrato plasma il suo mondo. La mafia aumenta con gli enormi progressi del computer e dell'alimentazione industriale, della ricostruzione urbana integrale e delle bidonville, dei servizi speciali e dell 'analfabetismo ". Ipoteri paralleli e i servizi segreti proliferano comunque in una molteplicità caotica, producendo eventi altrimenti inspiegabili (aerei che scoppiano misteriosamente in volo, incidenti ripetuti e sincronici, faide di cui non si sospetta l'origine): dopo tutto, essi non procedono secondo un piano unificato e omogeneo, non convergono in modo piramidale come accadeva nello spettacolare concentrato. Se la modalità d'azione e l'effetto politico sono in certa misura comuni (lo svuotamento interno e sostanziale del diritto e della democrazia), i diversi centri decisionali possono eventualmente contraddirsi e confligge-re. "Occorre concludere che è imminente e ineluttabile un ricambio nella casta cooptata che gestisce il dominio e in particolare dirige la protezione di tale dominio. In tale campo, ovviamente, la novità non sarà mai esibita sulla scena dello spettacolo". Se la decisione è ora presa in organismi paralleli, il diritto pubblico agisce come una semplice messa in scena. Perfino nel caso di reati gravi, esiste un codice ufficioso in cui viene determinato chi può essere imputato e per quale motivo: "Nello spettacolare integrato le leggi dormono; perché non erano state fatte per le nuove tecniche di produzione, e perché sono stravolte nella distribuzione da intese di nuovo genere". Se non ha più corso la legalità astratta, impersonale, uguale per tutti del diritto, allora le gerarchie, i ruoli, le funzioni devono essere attribuiti su base diversa. Prevalgono così la cooptazione e l'affilia- zione diretta entro gli organismi paralleli, e cioè un sistema di "dipendenza personale" che tuttavia non è proclamato pubblicamente, che ha le sue regole e i suoi codici non scritti: la cui semplice conoscenza è già un segno di familiarità e di possibile accettazione entro le élite del potere. Queste regole, a loro modo inflessibili, segnano il tramonto della "legge scritta" che, almeno in teoria, veniva considerata una delle maggiori conquiste della democrazia occidentale: "Si tratta in ultima analisi dello sviluppo particolare scelto dall'economia del nostro tempo, che arriva a imporre ovunque la formazione di nuovi legami personali di dipendenza e di protezione". Nel sistema giuridico classico lo stato d'emergenza permetteva il ricorso alla dittatura e la sospensione del diritto abituale; nello spettacolare integrato emergenze simulate e ingigantite con tutti i mezzi mediatici divengono una pratica alternativa e ricorrente della democrazia: "I procedimenti d'emergenza diventano così procedure di sempre". In un saggio di qualche anno fa, il collettivo della rivista "Luogo Comune" ha indicato affinità e differenze tra il fascismo storico e quello che esso definisce "nuovo fascismo", e produce fenomeni simili a quelli descritti da Debord. Il primo fascismo è stato caratterizzato da un'intromissione dirompente dello stato nell'economia e nella quotidianità; il nuovo fascismo "è una risposta patologica alla progressiva dislocazione extrastatale della sovranità. (...) Della socializzazione extralavorativa fa un ambito sregolato e ferino, predisposto all'esercizio del dominio personale; vi insedia i miti dell'autodeterminazione etnica, della radice ritrovata, del 'suolo e sangue' da supermarket; ripristina tra le sue pieghe vincoli familisti, di setta o di clan, destinati a conseguire quel disciplinamento dei corpi cui più non provvede il rapporto di lavoro". Il dominio astratto dell'economia e della merce (tipico del vecchio spettacolare diffuso) subisce una correzione, con l'affermarsi dello spettacolare integrato, che ripropone rapporti di potere personali, forme di dipendenza servile, figure mitiche di soggettività. In primo piane, nella scena pubblica, restano le relazioni formali del diritto e del mercato; ma, contemporaneamente, si sovrappone a esse la personalizzazione dei rapporti di potere. Una "decisione politica" viene a sovrapporsi al funzionamento "puro" del diritto e del mercato, per gestire gli stati di emergenza che continuamente si riproducono ed esigono l'intervento di un potere diretto e personale. Una mistura di astrazione giuri-dico-economica e personalità autoritaria caratterizza il regime spettacolare integrato: destinato al governo di una politica che procede per decisioni immediatamente esecutive e non più attraverso una legislazione parlamentare. Questo controllo sempre più soffocante sulla vita si associa però a una festa spettacolare in cui non ne rimane traccia: il mondo della rappresentazione è più che mai e sempre di più quello della libertà universale e senza limiti, promessa dall'ideologia della merce. In questo senso, la società dello spettacolo resta fedele alle sue origini e alla sua essenza: essa fornisce un surrogato tanto più forte, splendente e affermativo della vita, quanto più manca o deperisce la sua esperienza reale. "Tutto ciò che era direttamente vissuto si è allontanato in una rappresentazione": questa inversione sistematicamente praticata costituisce più che mai la legge generale dello spettacolo, in tutte le sue forme. Ognuno può giudicare dell'attualità di queste considerazioni. Al di là delle quali a noi spetterebbe di pensare una nuova figura di diritto e democrazia, una forma radicale di giustizia e libertà. ■ m.pezzella^sns.it M. Pezzella è ricercatore di storia del cinema alla Scuola Normale Superiore di Pisa