N. 12 Un comune delle Marche modello di imprenditoria L'archeologia preventiva dell'Italia che reagisce di Tana De Zulueta •N ce fcl I • i««à So GQ Mentre i pesi massimi dell'archeologia nazionale si accapigliano sulle pagine dei più grandi quotidiani sul valore o disvalore dell'attività di tutela della rete delle soprintendenze archeologiche del paese, può essere istruttivo vedere e conoscere un esempio positivo di tutela dinamica. Un bell'esempio di "Italia che reagisce", come la definirebbero le due voci del programma radiofonico Caterpillar in onda su Radio2 della Rai, Massimo Cirri e Filippo Solibello, autori del libro Nostra Eccellenza. L'Italia che reagisce. Sindaci, imprenditori, insegnanti, preti, vigili urbani, medici, cittadini (cfr. scheda qui accanto). La mostra Potere e Splendore. Gli antichi Piceni a Matelica (catalogo a cura di Mara Silvestrini e Tommaso Sabbatini, pp. 278, € 150, L'Erma di Bretsch-neider, Roma 2008) è un raro esempio di felice collaborazione tra una comunità, rappresentata dai suoi amministratori, ma anche da qualcuna delle sue imprese, e l'ente di tutela, la Soprintendenza per i beni archeologici delle Marche. Aperta ad aprile nella cittadina marchigiana di Matelica, e ora prorogata sino alla fine dell'anno, la mostra è il frutto di quindici anni di ricerche archeologiche nel territorio di questo piccolo comune finora meglio conosciuto per il suo vino. Quindici anni di lavoro su un pezzo di territorio che hanno portato alla luce tratti inediti della civiltà che si è sviluppata in questa parte d'Italia tra il IX secolo a.C. e l'avvento dell'egemonia romana. La civiltà che chiamiamo, per comodità, "Piceni", e che viveva sul versante adriatico dell'Appennino. I materiali in mostra provengono in maggioranza da scavi aperti e chiusi negli ultimi dieci anni, quelli in cui l'attuale sindaco, Patrizio Gagliardi, ha potuto dispiegare con efficacia il suo metodo di "archeologia preventiva". Con questo metodo i ritrovamenti casuali, che a Matelica sono stati numerosissimi nel corso dell'espansione della zona industriale e commerciale della città, invece di essere rimasti soltanto un fastidio per le imprese, sono diventati il volano di un modello inedito di valorizzazione territoriale. A Matelica vige un'ordinanza comunale che obbliga chiunque apra uno scavo a comunicarne preventivamente al Comune la data e l'orario, in modo che un funzionario sia presente. Questo a titolo preventivo, per ovviare al rischio, purtroppo reale in Italia, che l'impresa distrugga un ritrovamento archeologico per non incappare nella dichiarazione di un vincolo e nel blocco, spesso a tempo indeterminato, dei lavori. Ma in cambio di tanta vigile severità, il Comune ha facilitato scavi veloci, buona pubblicità, e, come dice il sindaco, "chiarezza di rapporto". Nel nome di questa chiarezza, il Comune ha stabilito che l'onere dello scavo archeologico esplorativo è a carico del titolare della concessione edilizia. Il quale riceverà come pagamento, se va bene e con i tempi della burocrazia statale, solo un eventuale "premio di rinvenimento", nel caso di scoperte di valore. Quello che sorprende è che siano stati consenzienti. Anzi, in qualche caso così entusiasti da diventare sponsor della mostra in corso. Gagliardi è convinto di avere il sostegno della sua città. La sua elezione, prima come assessore e poi, due volte, come sindaco, sembra dargli ragione. L'archeologia è diventata fonte di valore, per il commercio e per il turismo, ma anche motivo di orgoglio cittadino. Il sindaco fa notare che, ancora prima della mostra, la città aveva ottenuto un risultato concreto da que- sta politica di investimento culturale: l'apertura di un piccolo ma pregevole museo archeologico nelle sale dell'elegante palazzo Finaguerra. In questo museo rimarrà buona parte della straordinaria collezione della mostra, confermando la nuova nomea della città come polo d'attrazione per il turismo archeologico. Se l'entusiasmo e la ferma volontà del sindaco hanno fatto tanto, il successo della sua politica deve molto anche alla fortuna di avere trovato un partner convinto nella Soprintendenza per i beni archeologici delle Marche, in particolare nella persona dell'archeologa e curatrice della mostra Mara Silvestrini. Grazie all'inedita regola che carica l'onere dello scavo e della pubblicistica sulle imprese, a ogni rinvenimento sono seguiti scavi veloci e la tempestiva pubblicazione dei risultati. La ricaduta scientifica è stata notevole, come testimonia il catalogo della mostra, a opera di un gruppo di studiosi, principalmente collaboratori esterni della soprintendenza, che hanno potuto cogliere una rara opportunità di ricerca. L'area esplorata è infatti immensa, costituita da vari ettari di terreno nei dintorni della città, ma anche del centro storico. Ed è forse grazie a questa estensione che il quadro di conoscenze emerso è così completo. Dalla mostra, e dal catalogo, scopriamo un'immagine inedita del popolo che abitava questa zona interna, ma tutt'altro che isolata, dalla fine dell'età del bronzo fino all'avvento dei Romani, tra 1'-VIII e il IV secolo a.C. Sono state scoperte aree estese di abitati e necropoli che nel loro insieme costituiscono una tra le più importanti testimonianze Fatti non foste a viver come bruchi C?era una volta, non molto tempo fa, un settimanale satirico dalle pagine verdoline diretto da Michele Serra. Si chiamava "Cuore" e in qualche modo, pur facendo un altro mestiere, costituiva la piccola patria (amata perché scelta) di un'Italia informata, appassionata di politica, attenta ai destini della cosa pubblica, di parte, ma non del tutto rappresentata nei riti consolidati e stanchi del tramontante PCI e nei suoi noiosissimi dibattiti. Si definiva giornale "di resistenza umana" perché la distanza dall'Italia del Caf era un'estraneità culturale, etica, estetica e ideale ancor prima e più istintivamente che un'opposizione politica (si veda Non avrai altro "Cuore" all'infuori di me. Vita e miracoli di un settimanale di resistenza umana, pp. 338, € 27,50, Rizzoli, Milano 2008). Ci sono molte evidenti somiglianze tra quelle pagine e la trasmissione radiofonica "Caterpillar" condotta su Rai 2 da Massimo Cirri e Filippo Solibello (Nostra eccellenza. L'Italia che reagisce, pp. 181, € 12, Chiarelettere, Milano 2008): il registro espressivo (nel libro l'affinità è ancor più evidente); lo spirito militante, dichiaratamente e gioiosamente militante, con cui l'avventura è condotta; la vicinanza e il senso di comunità che si crea tra i loro affezionati fruitori-partecipanti; l'esistenza di un appuntamento annuale (le Feste di Cuore e il Cateradu-no), sorta di rituale bagno di folla in cui coloro che conducono l'impresa (redattori, conduttori, direttori) si mischiano, confondono, discutono, cantano, bevono e giocano con il loro "popolo". Probabilmente, se si approfondissero le biografie dei conduttori, oltre alle somiglianze di stile e metodo appena descritte, si individuerebbero veri e propri incroci di percorso: Cirri e Serra, ad esempio, sono stati entrambi collaboratori di "Tango", ma le disanalogie tra queste due felici esperienze sono forse ancora più interessanti e si possono condensare nelle parole chiave che hanno scelto per connotare le loro missions. "Cuore" era un giornale di resistenza umana, —:ii—» —-—~ ei fa cassa di risonanza di voci dell'Italia che reagisce. "Cuo- Caterpillar" raccoglie e si re" metteva alla berlina l'Italia che in modo rampante, futile e arrogante si stava corrompendo e involgarendo. Le rubriche Braccia rubate all'agricoltura, Botteghe oscure e Chissenefrega denunciavano settimanalmente casi esilaranti di stupidità nostrana, lasciando solo all'improvvisato Giudizio universale le ragioni, liberamente votate, per le quali vale la pena di vivere. "Caterpillar" è venuto dopo (1997). Il Caf ha lasciato la scena a un'Italia addirittura peggiore in cui scarpoteche, mestieri inutili, ineffabili celebrità televisive sono diventati parte del paesaggio comune gli uni e classe dirigente gli altri. Hanno colonizzato questo paese e lo rappresentano con il loro stile: le trincee dei resistenti sono state sfondate dalla forza del consenso e dei numeri. La maggioranza un tempo silenziosa (e ben educata) è diventata berciarne e padrona. "Caterpillar", in questo contesto, non ha smesso di fare esilaranti parodie delle emergenze e delle tante declinazioni possibili del malcostume italico. Ma si diverte soprattutto a scovare, in questo panorama desolante, casi eccellenti, cioè persone che battono sentieri nuovi capaci di coniugare razionalità e fantasia: isole felici di idee buone e di buon uso delle risorse pubbliche e private. Ecco la differenza: anziché limitarsi a deridere i pessimi stili di vita ormai imperanti, Cirri e Solibello accendono i riflettori (a basso consumo naturalmente) sui modi in cui varrebbe la pena di provare a vivere. Per farlo, non stendono un manifesto dei valori, ma scovano gli eroici e spesso eccentrici amministratori, pubblici dipendenti e cittadini che allietano le nostre serate e popolano le pagine del loro libro, per farceli conoscere e diffondere via etere il loro microscopico: "Yes, we can". Tiziana Magone di questa civiltà. Gli scavi archeologici su un'area così estesa sono il risultato del patto, sancito dall'amministrazione comunale, tra soprintendenza e imprese. Un patto che ha consentito la progressiva messa in luce di interi villaggi, costituiti, per la maggior parte, da capanne sorrette da pali di legno, alcune delle quali raggiungevano i venti metri di lunghezza. Ma le scoperte più straordinarie, quelle che maggiormente contribuiscono a ricostruire l'organizzazione sociale degli antichi abitanti della valle, provengono dallo scavo delle necropoli scoperte in quasi tutto il territorio comunale, spesso in relazione agli antichi villaggi. In una sola località, denominata Cavalieri, sono state scoperte sette necropoli con centinaia di tombe. I corredi delle tombe ci restituiscono l'evidenza di una vera e propria aristocrazia locale, con gusti raffinati e manufatti originali. Questi signori locali commerciavano con i loro vicini etruschi, ma anche lungo un corridoio adriatico finora poco esplorato. Fra i tesori delle tombe in mostra nelle belle sale dell'antico palazzo Ottoni, sulla piazza principale, spicca uno straordinario uovo di struzzo inciso, e anche un gran numero di gioielli di ambra, entrambi materiali arrivati da lontano. Si può vedere anche uno dei carri da guerra rinvenuti, ricostruito a partire dalle parti in ferro o in bronzo. Le armi che giacevano accanto ai loro padroni nelle tombe erano in molti casi talmente belle e minuziosamente decorate da apparire più da parata che da combattimento. Onnipresenti gli oggetti per banchetti, presidiati sia da uomini che da donne. Il nucleo principale della mostra è costituito dai corredi funerari di due personaggi principeschi, un uomo e una donna, scoperti nel 2004 e 2005. Il restauro rapido e un'altrettanto puntuale pubblicazione sono due aspetti qualificanti del metodo sperimentato. "Volevamo lanciare un segnale", dice Silvestrini. La qualità dei restauri in mostra testimonia della perdurante eccellenza nazionale in questo campo. Forse l'oggetto più originale della mostra è un "vaso multiplo" a due piani, decorato con figure di animali e uccelli, con ben cinque fila di contenitori da bere appesi intorno. Un oggetto che magnifica il ruolo della padrona del ricco corredo, mentre evoca banchetti come quelli celebrati da Omero. Chi si spinge fino al museo cittadino troverà altri materiali, a dimostrazione della straordinaria stratigrafia cittadina che ha restituito oggetti che vanno dal neolitico all'alto medioevo. Se a guidare 0 visitatore fosse il sindaco Gagliardi potrebbe fargli vedere l'orologio solare di epoca romana, fatto con una sfera di marmo, che da solo giustificherebbe una deviazione. Scoperto durante i lavori di ristrutturazione del Palazzo del governo, fu materialmente recuperato da Gagliardi, allora assessore alla Cultura, dall'armadio delle maestranze dove era stato infilato da qualcuno che ne aveva intuito il valore. L'orologio, sul quale sono segnati con precisione meridiana, equatore, i segni zodiacali in caratteri greci e le ore del giorno, fu apparentemente realizzato per essere collocato a una latitudine molto vicina a Matelica (l'unico esemplare simile conosciuto è stato ritrovato in Grecia). Uno strumento di astronomia greca a Matelica? Vedere per credere. ■ T. De Zulueta è stata vicepresidente della Commissione Esteri della Camera nella XV legislatura