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Letterature
Hanna Kowalewska, Quell'estate a zawrocie,
ed. orig. 1988, trad. dal polacco di Barbara Delfino,
pp. 217, €11, Edizioni del Gorgo, Ferrara 2008
L'eredità inattesa di una nonna "strega", in
volontario esilio dagli affetti, dalle relazioni e
dal mondo, apre alla giovane Matylda la pos-
sibilità di fare i conti con il passato della pro-
pria famiglia e con se stessa. L'eredità è rap-
presentata da una grande tenuta nella cam-
pagna polacca, a Zawrocie, che contiene
tanti misteri quante chiavi di lettura per inter-
pretarli. Dai diari, dalle lettere ritrovate nell'e-
norme casa, Matylda scopre gli enigmi del
cuore di una nonna incontrata solo una volta
nel corso della sua vita. E man mano che si
diradano le incongruenze e si manifestano le
asperità della vita della nonna, Matylda scio-
glie alcune incomprensioni familiari, recupe-
ra ricordi d'infanzia, rilegge la propria storia
tormentata con il defunto marito alcolizzato,
sposato per incoscienza giovanile. Riesce a
mettere a fuoco l'inconsistenza sentimentale
del suo attuale legame, prova ad approfon-
dire la conoscenza e la confidenza con
Pawef, suo cugino e nipote prediletto della
nonna, inspiegabilmente escluso dal testa-
mento, e con la sua donna, un personaggio
singolare accecato dal dolore e dal risenti-
mento. Romanzo profondamente intimista,
con qualche raro riferimento
alla tormentata storia della Po-
lonia nel periodo che va dalla
seconda guerra mondiale ai
tardi anni ottanta, non sembra
mantenere le promesse iniziali.
Il mistero che, nelle prime pa-
gine, lascia persino presagire
un'ironica storia di fantasmi,
perde smalto nel dipanarsi del
racconto. I segreti e gli enigmi,
che riguardano solo anime Irri-
solte e strane, sono piuttosto
confusi e anelanti verso un lie-
to fine obbligato e, come tale,
esplicitato nelle ultime righe.
Di un certo interesse rimango-
no le descrizioni della campa-
gna polacca, dai grandi oriz-
zonti e, in parte, ancora incon-
taminata, che si contrappone
all'abitare urbano angusto e grigio, al quale,
però, Matylda non saprà in ultimo rinunciare.
Donatella Sasso
Irrngard Keun, La ragazza di seta artificiale,
ed. orig. 1932, trad. dal tedesco di Chiara Duca e
Luigi Reitani, pp. 149, € 15, Forum, Udine 2008
Strana sorte quella di Irrngard Keun: que-
sto suo secondo romanzo ebbe un grande
successo anche all'estero, ma venne poi bru-
ciato l'anno dopo nel rogo dei libri nazista.
L'autrice dovette emigrare (fu per un periodo
compagna di Joseph Roth a Parigi); creduta
morta, rientrò in Germania sotto falso nome
già nel '40, ma nel dopoguerra non eguagliò
più la fortuna delle prime opere. Da questo
romanzo, Julien Duvivier, nel 1960, trasse il
film La grande vie, con Giulietta Masina, che
senza Fellini tendeva alla leziosaggine e co-
munque, a quasi quarant'anni, era poco cre-
dibile nella parte di Doris, una diciottenne
che vuole farsi strada grazie alla sua bellez-
za. Doris viene da una famiglia dell'infima
borghesia di una città di provincia, ha lavora-
to come dattilografa, poi come comparsa in
teatro e infine fugge a Berlino per "diventare
una star", dopo aver rubato una preziosa pel-
liccia. Tiene un diario, in cui risulta curiosa
del mondo e generosa del poco che ha (pas-
sa parecchio tempo con un cieco di guerra a
raccontargli come vede Berlino). Siamo alla
fine della Repubblica di Weimar, si percepi-
sce la crisi economica e dei valori, l'antisemi-
tismo montante e lo stordimento di una so-
cietà vicina al baratro. Il romanzo sembra in-
clinare ali 'happy end, Doris trova un uomo
ze precostituite e si esprime con una malin-
conica ironia, solo apparentemente distacca-
ta. Ne fa fede II concerto dei pesci (in origi-
nale Brekkukotsannàl, "Gli annali di
Brekkukot"), romanzo di formazione del gio-
vane orfano Àlfgrlmur, che all'inizio del ven-
tesimo secolo viene accolto e allevato da una
coppia di anziani nella loro fattoria alle porte
di Reykjavik, dove ospitano gratuitamente
un'eccentrica comunità di sbandati e di an-
tieroi. Il contatto con la capitale, popolata da
arroganti uomini d'affari e ipocriti scalatori
sociali, e soprattutto l'amicizia con il misterio-
so cantante lirico Garóar Hólm, incoraggiano
Àlfgrlmur a individuare e a percorrere il pro-
prio cammino, che lo porterà ad abbandona-
re il proposito di diventare un pescatore co-
me il nonno adottivo e a vivere lontano dai
luoghi dell'infanzia, come gli emigranti di
ogni tempo e luogo in fuga dalla miseria.
Valerio Rosa
Simone Costagli, spazio presente. rlscritture
dell'Europa dell'Est nella letteratura te-
desca contemporanea, pp. 305, € 35, Le Lette-
re, Firenze 2008
Oramai vent'anni orsono cadde il Muro di
Berlino, portando a cambiamenti geopolitici
di enorme rilevanza. Questo ampio saggio
rappresenta, senza ombra di dubbio, una let-
tura illuminante per chi voglia comprendere il
cambiamento nella percezione dello spazio
nella letteratura tedesca degli ultimi anni. Si-
mone Costagli, nella sua ricerca, è partito in-
terrogandosi sulle reazioni di fronte alla ca-
duta dei confini, nel 1989, e al conseguente
ridisegnarsi degli stati e dei luoghi. Prenden-
do spunto da Karl Schlegel, esperto nelle
questioni storiche e culturali dei paesi del-
l'Europa orientale, il giovane ricercatore
scandaglia con profondità critica ecceziona-
le diverse opere letterarie tedesche, dimo-
strando la presenza di un'ambientazione nel-
le regioni orientali. Forte anche il discorso cri-
tico che sostiene l'excursus in romanzi come
Il passo del gambero (Im Krebsgang) di
Gunther Grass e Alles umsonst di Walter
Kempowski, per citarne solo un paio. Costa-
gli porta il lettore a visitare regioni e città un
tempo tedesche, dal Mar Baltico ai Sudeti,
dalla Prussia orientale alla Slesia, e a rilegge-
re il concetto di Heimat, luogo di memoria e
confine. Un libro intelligente, che scopre nuo-
vi orizzonti, spostando verso est il baricentro
culturale europeo.
Maria Giovanna Zini
disegni di Franco Matticchio
che non la sfrutta e non la umilia, ma è anco-
ra così innamorato della moglie che la ragaz-
za se ne va e finisce ancora una volta nella
sala d'aspetto della stazione, dove forse ritro-
verà un ambulante socialista con cui dividere
l'esistenza. Il linguaggio è spontaneo e diret-
to, Keun è una buona osservatrice e vede
con chiarezza i difetti e le debolezze umane,
soprattutto maschili. La seta artificiale del ti-
tolo è una metafora per descrivere quel tipo
di ragazza disposta a tutto pur di fare una vi-
ta comoda e possibilmente lussuosa. Illustri
letterati hanno lodato il testo come Zeitroman,
io lascio il giudizio ai lettori.
Marina Ghedini
Halldór Laxness, Il concerto dei pesci, ed. orig.
1957, trad. dall'islandese di Silvia Cosimini, post-
faz. di Nicola Lecca, pp. 353, € 16,50, Iperborea,
Milano 2008
Per designare il romanzo, gli islandesi
adoperano il termine skàldsaga, che, con l'e-
splicito richiamo ai poeti di corte e alla nar-
razione epica, testimonia il loro attaccamen-
to a un'antica tradizione letteraria, alla quale
Halldór Laxness (1902-1998), padre della
narrativa islandese contemporanea e unico
tra i suoi connazionali ad avere vinto il Nobel
per la letteratura, ha attinto a piene mani nel-
la fase più matura della sua produzione. L'i-
deale germanico della dignità e dell'autosuf-
ficienza dell'individuo, la volontà e la tenacia
contrapposte a una natura ostile e all'imper-
scrutabile scorrere degli eventi, un'etica tol-
lerante fondata su un forte senso di solida-
rietà sono infatti temi ricorrenti in Laxness,
capace tuttavia di reinterpretarli alla luce di
una sensibilità moderna che rifiuta le certez-
Michel Houellebecq, La ricerca della felicità,
ed. orig. 2005, a cura di Fabrizio Ascari, pp. 396,
€ 18, Bompiani, Milano 2008
Incuriosisce il titolo di questa novità Bom-
piani, visto che l'autore ci ha abituato alla sua
visione dell'esistenza come "sofferenza di-
spiegata", dove perfino "il nulla vibra di dolo-
re". All'interno molti inediti per il lettore italia-
no. La realtà è la solita,
"gabbia laboratorio", e l'in-
dividuo, un po' alla Truman
Show, molto cavia e "pedi-
na". Lo sfondo grosso mo-
do quello di Le particelle
elementari: metropoli glo-
bali, immense "ragnatele" e
soprattutto quei luoghi non
luoghi come ipermercati e
posteggi, scenari di una
socialità negata, in cui si
consuma l'angoscia di riti
collettivi svuotati. Insomma
Houellebecq, la sua rivisi-
tazione "epica" del reale,
con angeli che volano nella
stanza, microbi, metallo,
edifici vuoti che rimandano
l'eco dei passi, quella sorta
di gigantismo, horror vacui
e senso di disperante catastrofe che è il mon-
do. Anche se "non abbiate paura, il peggio è
passato, siete già morti". Tutto in modo più
"caotico" del solito, come in un "pastiche" po-
stmoderno. O, se si pensa ai suoi ricoveri in
clinica psichiatrica, in certi deliri o negli incu-
bi, in cui è la tessitura da cui non si riesce a
uscire la sostanza e il pauroso del sogno.
Houellebecq è lucido e consapevole, "secon-
do i medici sono il colpevole". Più che il con-
tenuto del pensiero, scomodo, è il flusso la ci-
fra, qui più che nei romanzi. Anche perché nel
libro, diviso in sezioni, come critico, saggista
e poeta l'autore riesce a scavare e tessere as-
sociazioni, scarti, accumuli ed escheriane va-
riazioni sul tema, spostando piani e cambian-
do linguaggi e prospettiva. "Il luogo magico in
cui la parola è canto non esiste" - come la fe-
licità - "ma noi camminiamo verso di esso". In-
terviste, pensieri su Prévert - un coglione -,
architettura, cinema, digressioni scientifiche,
perfino un titolo come Costruire scaffalature
fanno parte dei cammino. L'autore è solo "di
fronte all'ininterrotta presenza di sé": "nulla in-
terrompe mai il sogno solitario che mi fa da vi-
ta". E ripropone all'infinito i dettagli di quella
realtà frattale e matrigna che è il filtro della
mente, specchio che lo chiude in una "non li-
bertà" di sperimentare. Lui capovolge: "il
mondo è sofferenza perché libero". Donne e
uomini si "incrociano", fatti di saliva, cibo, se-
crezioni, attaccati a tubi, regolati da pulsioni e
dall'arida chimica di neuroni e ormoni, la so-
cietà è fantascienza e decadente deriva di
tentativi abortiti. Nelle poesie sprazzi di quasi
romanticismo, tentativi d'amore e la bellezza
di musica, cieli, luce, natura, ma il ribaltamen-
to è fulmineo: torna la "vecchia" mancanza di
senso e via d'uscita e la "ri/scoperta" è dolore
puro.
Laura Fusco