N. VILLAGGIO GLOBALE da BERLINO Irene Fantappiè Due libri usciti negli ultimi mesi hanno fat- to discutere a lungo sull'opportunità di pub- blicare materiali inediti che rivelano parti di biografie di grandi scrittori. Max Frisch aveva chiaramente espresso la sua volontà di tenere per sé i propri "appunti per un terzo diario", opponendosi in ogni modo a qualsiasi proget- to editoriale e addirittura distruggendo il ma- noscritto in suo possesso. Recentemente, una copia non autorizzata di questi materiali di- sorganici è saltata fuori dalla soffitta della sua ex segretaria e il germanista Peter von Matt ne ha curato l'edizione presso Suhrkamp con il titolo di Entwùrfe zu einem dritten Tagebuch. Possono un critico e una casa editrice con- travvenire alla manifesta volontà dell'autore? Inoltre, il libro è problematico anche sul pia- no dei materiali stessi: si tratta per lo più di ap- punti su fogli sparsi o di trascrizioni di pensie- ri slegati che erano stati affidati a un nastro. Frisch registra osservazioni estemporanee sul suo loft americano e sulla casa ticinese, sulla giovane amante Alice e su un amico morente, sull'alcol e sul sesso, sulla bomba a neutroni e la guerra delle Falkland. E opportuno racco- gliere in un libro materiali tanto disorganici? Di certo il curatore non rifugge la questione, bensì motiva esaurientemente la propria scel- ta, considerando la disorganicità degli appun- ti di Frisch non come un problema ma come un elemento portatore di senso. Le carte rac- contano di una visione del mondo che va in frantumi, di un uomo che parla della realtà at- traverso il filtro di chi è troppo melanconico e stanco dell'esistenza per voler strutturare le proprie riflessioni in un sistema solido. In- somma: it's not a bug, it's a feature, e la pub- blicazione di questi materiali risponde al do- vere di cronaca di un crollo esistenziale. Sem- pre da Suhrkamp è uscito poi il piccolo "dia- rio di guerra" (Kriegestagebuch) di Ingeborg Bachmann, accompagnato da undici lettere che il soldato inglese Jack Ha- mesh inviò da Tel Aviv alla scrittrice tra il 1946 e il 1947. Ebreo viennese giunto in Inghilterra su uno dei cele- bri treni che trasportavano bambini, Hamesh era stato poi inviato nel mag- gio del 1945 in Carinzia, dove aveva incontrato la giovane Ingeborg. Nel diario di Bachmann i pensieri dell'a- dolescente innamorata si mischiano al ricordo delle conversazioni su Tho- mas Mann, Schnitzler, Stefan Zweig, Hofmannsthal; soprattutto, vi si legge la particolarità dell'incontro tra un'austriaca figlia di un uomo forte- mente compromesso con il nazismo e un giovane ebreo viennese scampato per un soffio alle persecuzioni. Nelle lettere di Hamesh, invece, la fascina- zione per la giovane Ingeborg convive con acute analisi politiche sulla realtà della guerra e sulla problematicità della politica di Israele. Un libro che fa rilevare, ancora una volta, come sia sottile il confine tra letteratura auto- biografica e trasformazione delle bio- grafie in segni interpretabili con i cri- teri e gli strumenti della letteratura. da PARIGI Marco Filoni Come ogni anno tra fine mese e ini- zio settembre arriveranno in libreria oltre settecento novità, contando i so- li romanzi. E come ogni anno cerchia- mo di spulciare le promesse di questa rentrée. Al primo posto, senza alcun dubbio, il nuovo Houellebecq: nessu- no l'ha letto e già si grida al capolavo- ro. Ciò che si sa è: il titolo, La carte et le territoire-, il fatto che fra i protago- nisti c'è lo scrittore stesso e un artista che espone carte Michelin (da cui il ti- tolo); la mole (non proprio esile) di 460 pagine; l'editore Flammarion che stampa solo 80.000 copie di lancio (dopo il bi- done preso con il romanzo precedente) e la si- curezza che vincerà il - prestigioso? - premio Goncourt. Staremo a vedere. Fra gli altri libri di sicuro successo c'è l'immancabile Amélie Nothomb, sempre puntuale all'appuntamen- to, che in Une forme de vie darà vita a uno scambio epistolare fra se stessa e un soldato da sei anni sul fronte irakeno. Anche Eric-Em- manuel Schmitt uscirà con il nuovo romanzo, dal titolo che è già un programma: Quand je pense que Beethoven est mort alors que tant de crétins vivent. Toma anche la (ex) scandalosa Virginie Despentes, che racconterà un'adole- scente difficile e in rotta con la società insegui- ta dalla detective privata incaricata di riportar- la a casa: il tutto in Apocalypse bébé, da Gras- set. In casa Gallimard si punta molto sul se- condo romanzo di Jean-Baptiste Del Amo: co- ronato dal Goncourt con il suo primo Une éducation libertine, l'autore torna con Le sei, scritto nel soggiorno romano di Villa Medici: speriamo che la "soave" aria italica gli abbia giovato un po' nell'alleggerire il suo stile. Lo stesso editore può contare su Alain Ma- banckou, Demain j'aurai vingt ans, un roman- zo di formazione nel Congo degli anni settan- ta; e su Marie Nimier, che con Photo-Photo scrive tutto un libro su una seduta fotografica con lo stilista Karl Lagerfeld. Ma c'è da scom- mettere che a rubare la scena a tutti sarà il rac- conto in prima persona di Ingrid Betancourt, Meme si le silence a une fin, aggiunto all'ultimo momento alla lista delle novità nella prestigio- sa "Collection Bianche". Fra coloro che saran- no ampiamente commentati e recensiti, e dai quali gli editori si aspettano almeno 50.000 copie, vi sono: L'Enquète di Philippe Claudel (Stock), Ouragan di Laurent Gaudé (Actes Sud) e Le Coeur régulier di Olivier Adam (L'Olivier). Infine, il nostro personalissimo coup de coeur, sulla fiducia, al nuovo Jean Echenoz: con Des éclairs, sempre presso Mi- nuit, si conclude la "trilogia delle tre vite" (Ra- vel e Correre i due volumi precedenti, entram- bi in italiano da Adelphi ed Einaudi). Stavolta a ispirare lo scrittore è la vita dello scienziato croato Nikola Tesla, uno dei più grandi inven- tori della fine del XIX secolo e la prima metà del XX. E stato l'ispiratore, se non l'inventore materiale, di settecento brevetti, fra cui quello del radar. Eppure è sempre rimasto nell'om- bra, in particolare di Thomas Edison, di cui era uno degli ingegneri, anche piuttosto invi- so. Insomma, un genio con poca dimestichez- za con i soldi e nessun senso dell'affare: gli in- teressava soltanto la scienza e non il profitto. Ci sono tutti i presupposti affinché Echenoz ci offra un'altra piccola perla di narrazione. da LONDRA Florian Mussgnug Oggi in Gran Bretagna, fra le iniziative editoriali più interessanti, troviamo la serie "I Miti" della casa editrice Canongate, che rac- conta i grandi miti del passato in veste con- temporanea. Inaugurata da Margaret Atwood con The Penelopiad (2005), la serie include opere di David Grossman, Victor Pelevin, Dubravka Ugresic, Ali Smith. L'ulti- mo contributo, a opera del popolarissimo ro- manziere Phillip Pullman, è anche il più con- troverso. The GoodMan Jesus and the Scoun- drelChrist (aprile 2010) divide il personaggio di Gesù Nazareno in due fratelli gemelli: Ge- sù e Cristo. La trovata, un po' prevedibile, ha qualcosa di didattico e parte del romanzo se- gue questo schema. Gesù è un bimbo sano, Cristo un bimbo introverso e malaticcio. Ge- sù diventa un uomo pieno di passione e dal- le idee chiare, che crede nella bontà della gente; Cristo non riesce a credere nel regno di Dio e sogna una chiesa for- te in grado di durare nei secoli. Men- tre la storia si snoda, vediamo Cristo interpretare le parti di Satana nel de- serto e, più avanti, di Giuda che tra- disce. Al tempo stesso, però, Cristo appare più consapevole della soffe- renza della gente comune e fa presa sul lettore quando, come il Grande Inquisitore dei Fratelli Karamazov, avanza il sospetto che la moralità del fratello sia un fardello troppo pesan- te per l'umanità. Definito dalla de- stra religiosa come "propaganda an- ti-cristiana per ragazzi", il libro di Pullman è stato letto da molti come l'ultima espressione di un filone mol- to inglese di ateismo, che trae ispira- zione da Richard Dawkins e ha il suo portavoce più radicale in Chri- stopher Hitchens. Pullman, tuttavia, in un'intervista della Bbc ha dichia- rato che era sua intenzione trattare seriamente la storia di Cristo come uno dei grandi miti: "Qualcosa di cui avevo il diritto di parlare come ho il diritto di raccontare la storia di Orfeo ed Euridice". E si direbbe che il desiderio dello scrittore di trattare le grandi questioni esistenziali finisca con il prevalere sulle ragioni della polemica o della satira. L'eresia prin- cipale del libro è la descrizione della resurrezione come falso, con Cristo che interpreta la parte del presunto fratello risorto. Ma la scena più me- morabile è la preghiera di Gesù nel giardino di Getsemani, sottile cele- brazione di un mondo che deve im- parare a vivere senza il suo creatore: "Di tanto in tanto ti ricorderemo, come un nonno che abbiamo amato (...), e racconteremo storie su di te (...) e accoglieremo gli stranieri e ac- cudiremo i bambini e assisteremo i malati e conforteremo i morenti e quando arriverà la nostra ora ci di- stenderemo senza fremito, senza paura e torneremo alla terra". "Nel mondo di internet, forse una pausa ci vuole: un libro è differente". La casa editrice Miraggi (collane di narrativa, viaggi, testimo- nianze) ha aperto nel febbraio 2010 e, nel grande agitarsi che l'arrivo dei reader e degli i- Pad provoca nell'editoria portando con sé l'atte- sa dell'inesorabile smaterializzazione del libro, ha chiaro dove vuole schierarsi. Non è indif- ferente il fatto che questo "gruppo di ragaz- zi nati negli anni '70" curi molto la parte anche materica dell'oggetto (una sovracoperta color carta da pacchi fascia il libro, l'illustrazione, a tutto campo, è svuotata di colore e ridotta ai segni neri di contorno; un foro permette un affaccio alla copertina sottostante, do- ve la medesima immagine è riprodotta a colori): se i te- sti vanno incontro a un destino di sempre maggiore ac- cessibilità e insieme verranno denudati della loro forma materiale, l'editoria (mentre velocemente salgono le quotazioni delle prime edizioni sul mercato antiquario: improvvisamente evidenti nel loro valore testimoniale di ciò che non può tornare) sembra reagire, nel campo car- taceo, in due direzioni, con caratteristiche comuni. Mentre ancora resiste l'idea dell 'one-shot, e, in Italia tardivamente, si assiste alla sparizione dei marchi dalle copertine (GeMS in questo è alfiere: la campagna pub- blicitaria per l'estate presentava a luglio sui quotidiani una pagina intera, con la riproduzione di dieci coperti- ne del gruppo, i cui singoli marchi - Longanesi, Ponte alle Grazie, Chiarelettere, Nord ecc. - erano indistin- guibili se non con una lente; lo stesso marchio del grup- po era assente, l'unico rimando era al sito ilLibraio.it), il senso di un cambiamento imminente e irreversibile si nota nel ritorno a confezioni editoriali curate, carte ben scelte, una certa preziosità della confezione e della cura, in direzione innovativa o nostalgica (quasi sempre in ter- mini citazionisti); così, per esempio, il grande uso della vergatina per le copertine (le "Letture" Einaudi), la car- ta porosa ("Gog", da Nutrimenti, in questo caso con un complesso apparato nella scelta delle illustrazioni - ine- dite, di giovani autori selezionati da Pablo Echaurren - che si estendono all'interno dei risvolti, e in colore è an- che la pagina dell'occhietto), i caratteri che evocano fa- sti passati (gli italic che sembrano "Coralli"), le stesse legature ("La Scala" Rizzoli, con i piatti / in cartoncino e il dorso in tela), o le ironiche copertine di Isbn, dove i caratteri, che sembra- no ricalcati a mano da una copertina originale, giocano con la pulizia dei programmi di grafica e rendono incerto il loro statuto di riproducibilità. Accanto alla linea nostalgica, che evoca un passato, anche recente, dove la fisicità del li- bro non era da affermare, c'è una linea che tende a innovare l'oggetto, insistendo sempre sul valore materiale, sulla sua evidenza fisica, che possa marcare una differenza e affermare la propria necessità in con- fronto allo spauracchio intangibile e inafferrabile del te- sto in rete, anche proseguendo tendenze già in atto: l'a- bitudine a solcare le copertine di strilli e citazioni pub- blicitarie è radicalizzata da Isbn nei sorprendenti "Spe- cial Books" disegnati da Alice Beniero, che portano sul- la copertina il massimo di informazioni possibili (nuova collana di narrativa contemporanea straniera, prevede sette uscite annue; sono volumi spessi e compatti, il te- sto molto ben composto, in caratteri piccoli ma spazia- ti, accessibili anche a viste attenuate, con margini ariosi; in brossura, senza risvolti, con un buon rapporto fra pa- gine e prezzo); la copertina, e la quarta, in cartoncino opaco bianco, sono pensate come pagine di una rivista, e i testi, fitti, divisi in colonne, come un articolo, diffe- renti nei caratteri e nell'impostazione per ogni uscita: te- sto, titolo e autore come strilli, in un caso il nome della collana come una testatina. In bianco e nero più un co- lore (oltre alla radicalità dell'impostazione, che trova nella coerenza concettuale la continuità forte tra i volu- mi e nella mutevolezza titolo per titolo l'adesione alla re- torica dell 'one-shot) la necessità tangibile dell'oggetto, la preziosità materica, è data dalla stampa a rilievo: imme- diatamente percepibile al tatto rivela un verso bianco, colmo di ombre tipografiche, sorprendente e prezioso (Isbn ha anche aperto una collana di ristampe di propri autori, "Reprint", copertina con illustrazione fotografi- ca a tutto campo, bianco e nero, fondo scuro, titolo co- me graffito in rosso; nel panorama raffinato e intelligen- te della casa, un episodio minore).