N. 5 5 Idei libri del mese| e o so CO * rO e È 1 IO 3 £ tuo co Come cambiare le città in Europa Milano: una trasformazione per episodi di Maria Vittoria Capitanucci A chi si chieda cosa ne sarà di Milano, cosa sta effettivamente verificandosi tra gru e grandi voragini dei cantieri in questa città che per anni ha rappresentato lo sguardo italiano verso l'Europa, si potrebbe rispondere: tutto e nulla al tempo stesso. La domanda fondamentale potrebbe dunque essere se esista effettivamente un progetto generale di sviluppo urbano e territoriale per una città che negli ultimi venti anni sembra aver ricevuto una battuta d'arresto senza ritorno. Quesito a cui, da un punto di vista burocratico-amministrativo, non si può che rispondere affermativamente, data la fase finale di quasi approvazione a cui è giunto l'ormai famigerato Piano del governo del territorio (Pgt) e le proposte analitico-progettuali in corso nella prospettiva della prossima Expo internazionale del 2015. Tuttavia, se si osserva la densa costellazione di progetti che stanno segnando, più che disegnando la città, Milano sembra dichiarare esattamente il contrario. Con l'assoluta mancanza di coralità degli interventi, non solo da un punto di vista linguistico, cosa comprensibile in era di globalizzazione, ma nel senso di una visione che aspiri a un disegno urbano. L'autismo entro cui ciascun progetto, anche se non tutti, sembra arroccarsi, fa emergere un'evidente trasformazione per episodi che solo talvolta guarda al territorio oltre che ai propri confini. Dal punto di vista del governo territoriale, molti strumenti sono stati rivisti e modificati negli ultimi anni (il Documento di inquadramento, 0 Pgt; la Revisione del regolamento edilizio). A questi, in tempi recentissimi si è aggiunto il criticato Piano casa che, certamente, più che in quella intra-moenia, avrà un peso microchi-rugico nella città diffusa. Insomma le strategie progettuali diventano documenti amministrativi come è giusto che sia, e la speranza è che siano in grado di gestire i grandi cambiamenti in atto. La pianificazione della mobilità urbana e il sistema del verde come risorsa del territorio, e non come semplice cristallizzazione ossigenante di essenze boschive, avranno la rilevanza dovuta? Evidentemente l'appuntamento con l'Expo 2015, con una previsione di trenta milioni di visitatori, rappresenta un momento importante per l'industria edilizia milanese. L'area prescelta per l'evento, in mano attualmente al team di "saggi" nominati per la definizione del masterplan (Stefano Boeri, Richard Burdett, Herzog & de Meuron, William McDo-nough, Joan Busquets), è di un milione di metri quadrati ed è ubicata a nord-ovest della città, non distante dalla prossima sede degli uffici di Fiera Milano dei 5+1, dal nuovo polo fieristico di Massimiliano Fuksas e dalle due suggestive torri-alber-go inclinate di Dominique Perrault. Un sistema che potrebbe funzionare se, a breve, raccordato da un'adeguata rete infrastnitturale - metropolitana e nuova stazione ad alta velocità (Tav) - nonché da quella che è stata definita dall'amministrazione cittadina, una "mobilità dolce". Non è sicuramente questo il luogo per ripercorrere la vicenda urbanistica e costruttiva del capoluogo lombardo, ma di certo sembra che alcuni piani storici, ottocenteschi, abbiano saputo costruire scelte e segni indelebili su quello che è stata e sarà la città futura. Le problematiche di Milano tornano ciclicamente, indipendentemente dalle epoche; le direttrici delle grandi trasformazioni continuano a essere le medesime e il nuovo Pgt non fa che confermare la sua vocazione storica allo sviluppo verso nord, dopo le realizzazioni della Bicocca, della Fiera Rho-Pero e dell'aeroporto di Malpensa. Dando per scontato che la grande Milano superi ormai da tempo i suoi stessi confini amministrativi, si può sostenere che essa abbia scelto in tempi non sospetti di essere una medusa dai tentacoli allungati sul territorio, pur continuando a mantenere un "corpo" concentrato, e persino troppo contenuto nelle sue dimensioni, rispetto alle altri grandi città europee. Gli interventi di maggior portata riguardano così aree ex industriali distribuite tra la periferia storica o la "Grande Milano", come nel caso Alfa Romeo al Portello, Ansaldo e Riva-Calzoni in zona Tortona, Carlo Erba in piazzale Maciachini, Candiani in Bovisa, Milanofiori (nord e sud), l'area industriale di Largo Inarco (nuova sede della Fondazione Prada commissionata a oma-Rem Koolhaas), a cui si affiancano operazioni nel cuore della città, come la fitta pianificazione dell'area Porta Nuova Varesine a opera del gruppo Hines, in una zona dalla storia complessa e irrisolta che, in parte, ha riguardato anche il quartiere Isola. In questa selva di novità, tra l'altro, un monumento unico in città è stato quasi soffocato: la stazione Garibaldi. Già manomessa da una forte recente ristrutturazione, questa piastra iper-contem-poranea, ideata nel 1957-63 da Tedeschi, Minolet-ti e Tevarotto, avrebbe potuto essere un modello non solo per il valore architettonico del manufatto, essenziale e complesso al tempo stesso, ma soprattutto per il disegno urbano, per lo studio accurato dell'accessibilità e della relazione tra il centro direzionale e lo scalo Farini. Assecondando presenze storiche, poco distanti, come il grattacielo Pirelli e la torre Galfa, cui va a fare anche da controcampo, si staglia qui anche la nuova sede della Regione Lombardia, dove all'aspirazione all'altezza è stata coniugata l'idea della piattaforma e dello spazio pubblico. Un ulteriore fenomeno che si sta facendo avanti in questi ultimi anni è quello della bonifica: la ristrutturazione di edifici, il più delle volte desti- nati a terziario, risalenti agli anni cinquanta-ses-santa. Strutture di qualità, ma superate da un punto di vista del risparmio energetico. Edifici non più a norma di cui si tende a non stravolgere l'impianto e i caratteri costitutivi, ma che vanno assolutamente aggiornati. Non è solo nel gigantismo degli edifici alti che si esprime la trasformazione "mediolani", ma anche in tipologie dimenticate o assopite che sembrano aver ripreso avvio. Sul fronte culturale con, ad esempio, primo fra tutti, l'intervento destinato a divenire un'icona della nuova Milano, così come è stato per l'edificio ex Palmolive di Luigi Moretti in corso Italia per il dopoguerra: la nuova sede dell'Università Bocconi di Grafton Architects. Una rottura con la scontata continuità della cortina edilizia milanese, in un dialogo serrato e non emulativo con la città. Ma è soprattutto il ritorno alla centralità del tema dell'abitare, a lungo rimasto all'ombra del terziario, che sembra essere la grande novità di questi ultimi tempi. Prima con interventi diffusi in aree industriali dimesse, poi, più in generale sul piano "speculativo" e su quello dell'edilizia sovvenzionata. La tendenza è comunque quella di avere aree a destinazione mista, come nel caso dell'area Porta Nuova Varesine (290.000 mq), dove tra una conchiglia di Nicholas Grimshaw, grattacieli firmati e piattaforme, sorgono le torri per abitazioni di Arquitectonica, il bosco verticale di Boeri Studio e le stecche articolate di Cino Zucchi Architetti, tutto a destinazione abitativa. Così anche nell'area ex Fiera Milano, nell'ambito di City life, fra le tre "punte cospicue" di Hadid, Libeskind e Iso-zaki, o nell'ex Portello, pionieristica iniziativa di Ennio Brion, dove il centro commerciale di Gino Valle è circondato dalle alte torri destinate a ufficio dello stesso studio, ma anche dalle residenze di cza dal fascino in bilico tra colto dopoguerra e architettura del presente e dalle torri di Guido Canali, tra il verde e la collina artificiale progettati dallo studio Land e Charles Jencks. Segue, senza minor enfasi, l'area Milanofiori sud e nord. Qui si confrontano sul tema della sostenibilità e dell'innovazione tipologica le residenze vetrate di obr con notevolissimi edifici per terziario e commercio. Programmi come Abitare Milano (concorso internazionale di progettazione indetto dal Comune di Milano assieme al Politecnico nel 2005) hanno prodotto una serie di realizzazioni di qualità. Tutti progetti con una forte attenzione alle problematiche della sostenibilità, ma senza ortodossie, rivolte all'abitare e al rapporto con lo spazio pubblico. Un atteggiamento che riporta agli anni eroici del dopoguerra (quelli prima delle speculazioni senza qualità, del boom vero e proprio) quando un'armata di talentuosi professionisti rileggeva e interpretava il tema condominiale. Per un istante si potrebbe pensare di essere di fronte a quel clima, ma poi la fitta presenza di gru e di cantieri, molti, anzi moltissimi, destinati a realizzazioni nemmeno menzionabili, fa tornare con i piedi per terra, a una realtà che dimentica le nuove generazioni dando loro troppo poche possibilità di "costruire". ■ M.V. Capitanucci insegna storia del progetto contemporaneo al Politecnico di Torino