Multisale, topi e cani randagi di Italo Spinelli Gli ultimi dieci anni, la decade della piena liberalizzazione economica in India, hanno visto una trasformazione radicale nella classe media delle aere urbane, e quella che sembrava una mera operazione di confezionamento del prodotto, messa in atto dall'industria cinematografia indiana, che produce mille film all'anno, in realtà per molti aspetti contiene ima materia nuova più adatta al nostro tempo globalizzato. In tutta l'India c'è stata una trasformazione, nella produzione e nel consumo di cinema, a seguito degli sviluppi avvenuti nell'intero settore dell'intrattenimento legato all'industria delle costruzioni, uno dei legami a sfondo mafioso che il cinema intrattiene, cosi come con la moda, con la stampa, con le società cinematografiche quotate in borsa, con il Medio Oriente, B-bay, la maximum city. Nel cinema la trasformazione avviene nel passaggio dalla celluloide al digitale, accompagnato da differenti tematiche, forme e contenuti. Il progresso tecnologico raggiunge nuovi canali di diffusione di massa, con l'avvento di nuovi media come vcd e dvd, nuovi canali televisivi, cellulari e Internet, tutti media e canali abbordabili a costi contenuti dalle grandi masse dei nuovi consumatori indiani, che hanno ridefinito l'approccio dell'intera industria cinematografica del subcontinente. La nuova tendenza è evidente anche nell'aumento del numero di film a basso costo che sempre più frequentemente raggiungono la distribuzione in sala. Una presenza nei cinema impensabile dieci anni fa, l'affermazione cioè di un settore del pubblico attento a una sorta di new wave del cinema indiano. Il pubblico del cinema art-oriented. Questa tendenza non è definitiva e non segna una nuova era del cinema indiano, ma è certamente il fenomeno nuovo di cui oggi più si dibatte in India. Un mutamento crescente che modifica il modus operandi dell'industria dell'au-, diovisivo, legato al cambiamento socioeconomico del paese. Bollywood, ovvero il cinema prodotto a Mumbai (Bombay), è solo un segmento dell'industria cinematografica del paese e certamente non rappresenta l'intero cinema indiano, v E comunque il più rappresentativo dello scenario dominante, in termini di principi operanti nel settore, di pubblico e di share economico. H riferimento a "Bollywood" è utile per descrivere una specifica pratica industriale, dominata dallo star system, con una chiara idea di "genere" cinematografico, uno stile e una sorta di etica legata all'intrattenimento. Quando una famiglia tradizionale indiana esce la sera per andare al cinema, vuole davvero an evening entertainment in cinemascope, non meno di due ore e mezzo, se non tre ore, per sognare. Lino a qualche anno fa il pubblico voleva vedere una storia proiettata sullo schermo, una saga di tre generazioni, una storia d'amore melodrammatica con intervalli comici, rocambolesche scene d'azione, set bellissimi e suntuosi, megastar adorate dal pubblico, coreografie spettacolari e naturalmente canzoni, da ricordare e cantare tornando a casa, l'intera famiglia, felice e contenta. Ma in anni recenti questo modello ha subito qualche scossone, e sono stati più spesso i flop di questo cinema main-stream che i successi di botteghino a segnare l'ultimo decennio. ABolìywood, come a Hollywood, i produttori hanno a che fare con film di grandi budget, realizzati per un vasto pubblico di massa. Prodotti commerciali di un'industria che im- nore, circa quattro milioni, in termini di presenze, rispetto al totale del pubblico indiano, ma il prezzo del biglietto è molto più alto, rispetto a quello indiano, così un film di Bollywood del 2001 come Khabi Khushi Kabhie Gham ("Qualche volta felicità, qualche volta tristezza"), conosciuto anche come 3KG, con un cast di superstar (da Amitabh Bachchan, consacrato da "Newsweek" attore più famoso del mondo, a Shah-ruk Khan, l'unico rivale, al nuovo divo Hrithik Roshan; le reginette Karena Kapoor, Rani Mukerji e Kajol; e diretto da Karan Johar, l'astro nascente, il produttore/regista creativo con ambizioni oltre i confini, che combina la saga familiare con il ritmo Mtv), ha incassato, solo in Nord America, vari milioni di Lo status unico dell'industria del cinema di Mumbai, che risale agli inizi degli anni trenta, è attribuibile anche alla diffusione dell'hindi, lingua di ceppo indoeuropeo, compresa da oltre 400 milioni di persone sul miliardo di abitanti dell'India, il che significa che circa il 40 per cento della popolazione può apprezzare il cinema hindi. In termini di quantità, il luogo di produzione cinematografica più importante è Chennai (Madras) più che Mumbai, vera capitale del cinema. Chennai, capitale del Tamil Nadu, realizza infatti non solo film in lingua tamil per il pubblico locale e d'oltroceano, ma è anche il centro produttivo per la maggioranza dei film in lingua telogu, kannada e malaya-lam degli stati dell'Andhra Pra-desh, Karnataka e Kerala. E nel sud dell'India che si trovano il maggior numero di cinema e di studios, con il 60 per cento di piega centinaia di migliaia di lavoratori, con finanziamenti di banche, governi regionali, ex attori di Bollywood diventati personalità della politica, la mafia. Questa produzione non rappresenta che il 25-30 per cento dei film indiani prodotti annualmente. Dei 973 film indiani prodotti, per esempio nel 2004, solo un terzo era in lingua hindi, cioè prodotti per il vasto mercato di lingua hindi, il potenziale mezzo miliardo di spettatori che vanta Bollywood. Negli ultimi dieci anni sono avvenuti cambiamenti significativi anche nella fruizione della produzione cinematografica. I nuovi malls hanno attratto al consumo la nuova classe media delle maggiori città, non solo nel paese ma anche all'estero, animando l'affluenza nelle nuove multisale. Edifici a sei, sette piani, enormi, dove si riversa, si dà appuntamento, consuma tutta la popolazione urbana benestante cosi come le comunità indiane Nri, non-resident Indian, soprattutto in Inghilterra e Stati Uniti. Il mercato del pubblico Nri è ovviamente una fetta mi- dollari. Il film ha raggiunto un vasto successo commerciale per il suo appeal diretto esattamente a quel settore urbano benestante di pubblico che riempie le megasale dei malls in patria e all'estero. Le multisale convivono con migliaia di sale fatiscenti, cinema decrepiti con muri scrostati di tinte scioccanti, aperti ogni giorno dalle nove del mattino fino a sera, al pubblico come ai topi e alle vacche. Accanto alla cassa, un baracchino vende pakoras vegetali e non vegetali, circondato da cani randagi che hanno il privilegio di entrare e uscire dal cinema a loro piacimento e rischio. H poco pubblico che decide di pagare per accomodarsi su vecchie poltrone lise, se non rotte, mastica betel che sputa sul pavimento e sui muri, assistendo a film che non vengono più diffusi in sala dai proiettori 35 mm, ormai relitti del passato, ma da piccoli laptop, proiettati dalla galleria su uno schermo invariabilmente polveroso e sporco, che peraltro nessuno si cura di pulire. tutti gli schermi indiani localizzati nei quattro stati meridionali. Bollywood e il cinema del sud costituiscono, in differenti contesti, l'essenza del "cinema popolare indiano", con un profilo produttivo comune: film a grosso budget. Le due cinematografie condividono un approccio tradizionale, rispettando l'unicità del cinema tradizionale popolare indiano, con l'uso di musica e balletti, e impiegando lo star system, che ovviamente ha protagonisti diversi nel sud o a Mumbai. Luori dei quattro stati del sud esistono le cinematografie cosiddette regionali, in lingue che includono il bengali (parlato da oltre 90 milioni di persone, una minoranza che condivide il mercato del West Bengala e dell'attuale Bangladesh) e il marathi, l'altra lingua di Mumbai (nello stato del Maharashtra) oltre l'hindi. I film cosiddetti regionali hanno un potenziale pubblico relativamente più contenuto e devono di solito accontentarsi di stanziamenti più bassi. Fino a pochi anni fa la maggior parte delle produzioni regionali erano strettamente commerciali, ma alcune opere sono culturalmente valide e alcuni film low-budget hanno ottenuto discreti riconoscimenti in festival internazionali, anche se pochissimi film "regionali" sono stati visti fuori dagli stati dove sono stati prodotti e realizzati. Senza riuscire a raggiungere il grande pubblico. Negli anni sessanta, tra Bollywood e la cinematografia mainstream del sud emergeva una schiera di nuovi registi che ottenevano premi e riconoscimenti nei festival internazionali. Provenienti perlopiù dal Film Institute of India di Pune, con il supporto statale della Film Fi-nance Corporation sotto l'egida della televisione di stato Door-dashan, questi filmakers diedero vita a una seconda primavera del nuovo cinema d'autore. Con i supporti economici statali nascono film socialmente più consapevoli, orientati al realismo sociale e formalmente più aperti all'estetica allora vigente nel cinema occidentale. Alcuni registi, soprattutto intorno alla metà degli anni settanta, si affermano nelle lingue regionali come altri, poi divenuti più commerciali, si esprimono in hindi. Sono film considerati "paralleli a Bollywood", che si riferiscono a nuove differenti convenzioni. Questo "cinema parallelo", poi convenzionalmente definito "art cinema", è molto prolifico fino agli anni ottanta, quando i cambiamenti socioeconomici e politici del paese impongono un ritorno massiccio all'imperativo commerciale. Un'onda che si inabissa e scompare definitivamente nei primi anni novanta. Ma i solchi tracciati da quel "cinema parallelo" possono essere rinvenuti in alcune delle produzioni contemporanee dei giovani autori che guardano a un cinema "commerciale-d'au-tore", registi che stanno cambiandolo lo scenario del cinema indiano, non solo di Bollywood. D nuovo millennio si apre con la più grande produzione cinematografica del mondo in crisi, si susseguono i flop dei blockbusters. Bollywood si getta alla ricerca di nuove formule, lontano da Bombay. Nel 2000, alla Mostra del cinema di Venezia, il regista bengalese Buddhadeb Dasgupta ottiene il premio speciale della giuria per la regia di Ut tara ("I lottatori"). Nel 2001, Gadar. Ek Prem katba ("La rivolta. Una storia d'amore"), cocktail di patriottismo pop pirotecnico, diventa uno dei maggiori successi di botteghino degli ultimi anni. Ambientato durante la Partizione, decisamente antipakistano, racconta di un camionista indiano alla ricerca della moglie musulmana rimasta in Pakistan. Lagaan ("C'era una volta in India"), Premio del pubblico al Festival di Locamo, diretto da Ashutosh Gowariker, prodotto e interpretato da Aamir Khan, star della nuova Boi-