L'INDICE ■■dei libri del mese■■ Sulla mutazione del mito del vampiro Sempre più belli, giovani e manga di Franco Pezzini rO k r<> C3 i • io e £ c/3 La scena è surreale, oltre che orrida. "Uno dei cimiteri romantici più barocchi del mondo oc- cidentale, un'esagerazione, uno scatenamento arti- stico e macabro", insomma l'Highgate di Londra, e davanti al suo cancello diciassette scarpe com- prensive di piedi. Tagliati, ovviamente. Con questa immagine Fred Vargas precipita i lettori in una nuova avventura del distratto e geniale commissa- rio Adamsberg, qui a zonzo tra Francia, Inghilter- ra ed Europa orientale a risolvere casi di mostruo- si omicidi, sciogliere imprevedibili grovigli di di- scendenze (compresa la sua) e braccare vampiri. Ci sono probabilmente vari modi di avvicinare Un luogo incerto (ed. orig. 2008, trad. dal francese di Margherita Botto, pp. 392, € 18,50, Einaudi, Tori- no 2009), a partire dall'approccio complice degli affezionati alla serie: rispetto ai quali quest'epopea di delitti incomprensibili, rigurgiti del passato e tombe non troppo chiuse rappresenta una sorta di esito naturale: quasi che dopo le bizzarrie macabre dei casi pre- cedenti Adamsberg e il suo contrap- punto Danglard non possano che spin- gere le proprie indagini proprio lì, al- l'estrema deriva della Ragione. E tanto più in un momento in cui "non si sen- te parlare che di vampiri", come peral- tro già scriveva Voltaire a fronte del successo mediatico settecentesco di questi borderline dell'esistenza (e in fondo della cultura, sul crinale tra l'al- ta e la "bassa", con tutte le virgolette del caso). Che tra i miti popolari della nostra postmodernità il vampiro vanti un ruolo speciale è evidente anche al let- tore distratto: interi scaffali di libreria votati a un personaggio dalle caratteri- stiche arcaicissime, ma insieme capace di coinvolgere con potenza da divo l'immaginario contemporaneo. Certo c'è differenza tra il vampiro del folklo- re, l'impresentabile babau che impaz- za nel Settecento, e quello della fiction figlio del romanticismo, sempre più urbano e seduttivo. Ma non dobbiamo stupirci del mutamento: se la stessa de- finizione di specie impone riflessioni e distinguo, l'eversore del termine fisso per antonomasia - quello della morte - non poteva che abbracciare equivo- camente ogni altra distinzione natura- le o esistenziale. A cavallo tra umanità e ferinità, corporeità e inafferrabilità spettrale, ripugnanza e fascinazione, il vampiro assurge così a figura di un'ambiguità che ha molto a che vede- re con la nostra condizione contemporanea di fedi oscurate, categorie in crisi, mancate scelte e possi- bilità non chiuse. E sorto dalle nebbie di un oscu- ro immaginario sulla sessualità dei morti per dive- nire divoratore sessuale, appare icona efficace del- l'Età della Seduzione (erotica ma anche mediatica, politica, finanziaria) in cui ci troviamo a vivere. Sempre più attraente, sempre più carino, non poteva però che diventare anche buono: e anche qui c'è un punto d'arrivo, la fortunata saga nera- rosa - ma molto più rosa che nera - di Twilight, dal nome del primo romanzo (2005), varata dall'a- mericana Stephenie Meyer. Approdata nelle libre- rie italiane per Lain/Fazi (2006) sull'onda dell'en- tusiasmo di una lettrice come la cantante Madon- na e di un eccellente fatturato statunitense, la vi- cenda è proseguita attraverso vari seguiti (New Moon, 2006, in Italia 2007; Eclipse, 2007; Breaking Dawn, 2008): e racconta la storia d'amore tra una ragazza molto normale, Bella Swan (la Bella e la Bestia, il Brutto anatroccolo...) e il bellissimo gio- vane non-morto Edward Cullen tra aule scolasti- che, avventure con vampiri e licantropi, idilli fami- liari. Perbene com'è, Edward non consuma sangue umano, vampirizza Bella solo a malincuore e, do- po il matrimonio, gusta le gioie della paternità: il vampiro eversore diventa così paladino delle rego- le familiari e sociali, minoranza attiva e militante per un Yes, we can di stirpi diverse. Lo strabor- dante successo della saga non poteva che condur- la al cinema, con un primo film (2008) tratto da Twilight e seguiti imminenti: donde un Twilight. Il diario della regista, cioè Catherine Hardwicke (ed. orig. 2008, trad. dall'inglese di Simona Adami e Chiara Marmugi, pp. IX-163, € 18, Fazi, Roma 2009), e una pletora di volumi sugli interpreti, spe- cialmente Robert Pattinson che interpreta il bel- l'Edward. Certo i suoi superpoteri non hanno molto in co- mune con quelli dei nonni gotici e ancor meno con lo statuto dei vampiri brutti, sporchi e cattivi delle origini, ma a Meyer non interessa: e neppure a edi- tori e lettori, visto che sull'onda mietono successo infiniti colleghi, su tutte le tinte dell'eros. L'attivis- sima Newton Compton con parecchi titoli, tra i quali la serie di successo 11 diario del vampiro di Li- sa J. Smith; la Delos Books, con un'intera collana "Odissea Vampiri"; Lain/Fazi, che tra l'altro su li- cenza della stessa Delos ripropone con Finché non cala il buio (ed. orig. 2007, trad. dall'inglese di An- narita Guarnieri, pp. 341, € 12, Roma 2009) il for- tunato ciclo di Sookie Stackhouse firmato da Charlaine Harris, da cui la serie tv Fox True Blood; la Fanucci con la saga di Sangue Blu di Melissa de la Cruz; la Re-Noir con l'accoppiata "romanzo più serie manga" Vampire Kisses di Ellen Schreiber... Un quadro acuto su questa invasione sentimen- tal/erotico/brillante al sangue si può trovare nel saggio di Loredana Lipperini Bruciare le stoppie, in calce alla riedizione di un fantasmagorico testo del '61, Io credo nei vampiri di Emilio de' Rossignoli (con un intervento di Danilo Arona, nota iniziale di Angelica Tintori (pp. 393, € 16, Gargoyle, Ro- ma 2009), vera lanterna magica del vampiresco di ogni tempo e latitudine. Che i vampiri - in specie quelli romantici - piac- ciano tanto agli adolescenti non è strano: a parte la suggestione di una perenne avvenenza e sedut- tività, il modello condivide con i lettori una con- dizione di indefinitezza virtualmente proiettata verso ogni futuro possibile, e il fastidio per i pa- letti (categorie, determinazioni) del mondo "adul- to"; la sensazione di immortalità e di potere illi- mitato; la scoperta del sesso e delle zone interiori più oscure e segrete. E che a simili letture si rivol- ga anche un pubblico maggiorenne alla ricerca di storie d'amore e avventura pare in fondo altret- tanto normale. Il vampiro permette inoltre di pre- mere sull'acceleratore dell'estremo - anche e in particolare in senso sessuale - e fornisce insomma una comoda chiave espressiva per fantasie di mo- da. Il che conduce a risultati spesso non disprez- zabili, ma non tali da offrire soddisfazione agli amanti del fantastico "nobile" otto e novecente- sco: come la raccolta di bravi autori, ma con con- tributi molto diseguali, La sete. 15 vampiri italia- ni, a cura di Alberto Corradi e Massimo Perissi- notto (pp. 206, € 14, Coniglio, Roma 2009). Qualche felice eccezione in termini di originalità e qualità letteraria c'è: si pensi a Vampirus di Scott Wester- feld (ed. orig. 2007, trad. dall'inglese di Silvia D'Ovidio, pp. 294, € 18,50, Fazi/Lain, Roma 2008), ai confini tra horror e fantascienza; o all'opera pri- ma di Claudio Vergnani, Il 18° vam- piro (pp. 544, € 14, Gargoyle, Roma 2009), dove il potere divorante di un apocalittico, incombente Trionfo del- la (Non-)Morte è già attivo nel male di vivere del protagonista. Dagli anni trenta in avanti l'attenzione al vampi- ro si è riproposta a cicli più o meno trentennali, con fasi di magra nei cin- quanta e negli ottanta: si può dunque sperare che l'eventuale nuovo perio- do di eclissi - forse dopo il consu- marsi dell'attuale fiammata - permet- ta una salutare ridefinizione dei mo- delli. Nei fatti, solo una parte delle epi- fanie del vampiro oggi in circolazio- ne conserva quell'effettivo senso di spiazzamento che il personaggio sca- tena nella migliore tradizione gotica sulla base dei precedenti folklorici. La costrizione in chi l'incontra a de- ragliare dalle categorie consolidate, con il rischio oggettivo di perdersi: ed è appunto ciò che in un diverso contesto Vargas mette in scena con la sua solita, scintillante ironia. At- traverso un intreccio sofisticato di fantasia e fatti reali, per quanto libe- rissimamente collegati: a partire ap- punto da quelli macabri avvenuti a Highgate tra Otto e Novecento, cioè il disseppellimento di Lizzie Siddal da parte del vedovo Dante Gabriele Rossetti (per recuperare nella bara un proprio manoscritto di poesie: 1869) e la storiaccia del cosiddetto Highgate vam- pire tra scampagnate occultistiche, riflettori tv e retate di polizia (1967-1983). Dai repertori vam- pirologici l'autrice va poi a pescare i casi dei pre- sunti non-morti Plogojowitz (1725) e Paole (1727); e vi intreccia rimandi a quel caposaldo della cinematografia visionaria che è Vampyr di Cari Theodor Dreyer (1932), liberamente tratto dalla raccolta di Joseph Sheridan Le Fanu In a Glass Darkly (1872). Non solo nel richiamo a sin- goli elementi della narrazione come il seppelli- mento da vivo del protagonista, il ruolo ambiguo del medico e forse la fila di scarpe (quest'ultima presente nella sceneggiatura dreyeriana, non nel film oggi visibile), ma nello stesso meccanismo della risoluzione del caso: affidata non all'erudito e sottile Danglard/Van Helsing, ma allo svagato Adamsberg che sembra richiamare proprio il per- plesso viandante psichico David Gray del Vampyr. ■ franco.pezzini1@tin.it F. Pezzini è saggista e redattore giuridico