da PARIGI Marco Filoni Ai media francesi piace fare le inchieste. E, il più delle volte, sono benfatte e inte- ressanti. Una recente riguarda il mondo editoriale e dovrebbe far riflettere, o alme- no gli editori dovrebbero considerarla con un po' di attenzione. Una ricerca sui con- sumi digitali dei francesi si è soffermata su quali siano i libri più "piratati", ovvero il- legalmente scaricati da internet. Il che, va da sé, senza il pagamento di alcun diritto d'autore. Certo, il mercato è ancora esiguo e riguarda soltanto una nicchia di utenti. Per il momento, con una presenza che va da 4.000 a 6.000 titoli scaricabili illegal- mente, rappresenta solo l'I per cento dei libri francesi disponibili nelle librerie (contro il 5 per cento di titoli del mercato americano). Eppure sembra essere un fe- nomeno in continua crescita, tanto che l'anno scorso si è verificato il decollo di questo tipo di operazione, nonostante in Francia vi sia una legge specifica molto se- vera per chi scarichi da internet (che sia musica, film o, appunto, libri). E il nume- ro crescente di persone che si rivolgono a questa pratica dovrebbe far sì che gli edi- tori inizino a considerare seriamente, e senza aspettare oltre, l'opzione di munirsi di cataloghi digitali. Ma finora quali sono i gusti dei lettori-pirati? Strano a dirsi, ma oltre ai best seller vi sono anche autori non proprio di massa, come il filosofo Gil- les Deleuze, che risulta il primo della lista con ben tredici titoli disponibili. A segui- re gli autori di successo come Bernard Werber (undici titoli), Amélie Nothomb (dieci), Frédéric Beigbeder e J. K. Rowling (sette titoli ciascuno), oppure Michael Connelly (sei). Ma anche altri autori certo non facili, come Jean-Paul Sartre, Albert Camus, Michel Foucault e Paul Ricoeur. Il che si spiega con il fatto che una grande fetta dell'utenza è rappresentata da giova- ni provenienti dall'ambito universitario. Nel settore dei libri piratati hanno grande successo i fumetti (che in Francia sono sempre in testa alle vendite nelle librerie) e i libri pratici, ovvero libri per la vita di tutti i giorni. Non a caso il titolo in asso- luto più scaricato è Le Sexe pour les nuls di Ruth Westheimer, il manuale che "aggiun- ge un tocco di piccante nella vostra vita sessuale". Oppure il Grand Livre de cuisi- ne dello chef Alain Ducasse, che si classi- fica al terzo posto dietro ad Harry Potter. E poi seguono, alternandosi, successi in li- breria (Tivilight di Stephenie Meyer, Le Petit Prince di Antoine de Saint-Exupéry, L'Alchimiste di Paulo Coelho e Le Sei- gneur des Anneaux di Tolkien) con titoli "pratici" (Les Madeleines salées et sucrées de Sophie di Sophie Dudemaine, Le La- rousse des cocktails, Gàteaux de mamie, Manuel de survie face aux attentats..., Cui- sine de l'étudiant e i Petits biscuits di Nathalie Helal). Gli editori sono avvisati: sarebbe più logico che inizino a chiedersi come controllare questo fenomeno facen- done parte, piuttosto che subirlo. da BUENOS AIRES Francesca Ambrogetti Due avvenimenti letterari quasi conco- mitanti a Buenos Aires. Carlos Fuentes ha presentato il suo ultimo libro in antepri- ma per l'America Latina ed è stato asse- gnato il premio Clarin al miglior romanzo dell'anno in lingua spagnola, un ricono- scimento di grande prestigio. Il noto scrit- tore messicano nel suo libro Adan en Eden affronta un problema globale, quel- lo del traffico di stupefacenti, gravissimo nel suo paese (14.000 morti negli ultimi tre anni), con ricadute in tutto il conti- nente. Secondo lo scrittore è quasi impos- sibile combatterlo perché gestito dalla cri- minalità organizzata spesso con la compli- cità della polizia e di gruppi di potere cor- rotti. Carlos Fuentes, che accusa gli Stati Uniti di lottare senza impegno contro il flagello, sostiene che l'unica soluzione possibile è la depenalizzazione. Il prota- gonista del suo romanzo è un uomo d'af- VILLAGGIO GLOBALE fari che decide di affrontare i criminali sul loro terreno, diventando più criminale di loro. Nella presentazione del libro, l'auto- re ha affermato che il romanzo europeo è morto e che oggi per trovare bravi scritto- ri bisogna guardare verso il Sud e verso l'Oriente, regioni del mondo dove ancora c'è ancora qualcosa da dire perché ci sono problemi urgenti da affrontare. E le armi per farlo sono la parola e l'immaginazione di coloro che raccontano i fatti dei quali sono testimoni. Altra teoria di Carlos Fuentes, lo scrivere è più importante del- l'impegno politico. Quest'ultimo svanisce mentre le grandi produzioni letterarie re- stano. Quanto al premio Clarin, giunto al- la dodicesima edizione e finora quasi tut- to al femminile, è stato vinto quest'anno da uno scrittore argentino già affermato, Federico Jeanmaire, che ha pubblicato ben quindici romanzi e vinto vari altri premi. Questo riconoscimento, il più im- portante della sua carriera, è andato al li- bro Mas liviano que el aire. Una storia sul- la violenza fisica che nasce dalla solitudi- ne e dalla mancanza di comunicazione. Gli improbabili protagonisti sono un'an- ziana che rinchiude in casa propria un adolescente che aveva tentato di rapinar- la. Il premio Nobel José Saramago, uno dei membri della giuria, l'ha definita una proposta azzardata e sconcertante che parla della vita contemporanea, dove il bene e il male si incontrano in una fron- tiera non più nitida ma sfumata. da BERLINO Irene Fantappiè Amplificare il rumore dello scorrere del tempo: questo fa un cronocomparatore, Die Zeitwaage che dà il titolo alla raccolta di racconti di Lutz Seiler appena uscita per Suhrkamp. La scrittura di Seiler, noto anche come poeta e saggista, funziona in modo simile all'apparecchio meccanico che rende udibile il ticchettio degli orolo- gi per rilevarne le aritmie: le tredici short stories che compongono il libro, tutte am- bientate nella Ddr o tra le sue macerie, portano all'orecchio del lettore le sincopi silenziose presenti in alcuni frammenti di passato della Germania Est. Questi picco- li tableaux ritraggono vite assolutamente normali, eppure sono permeati da una tre- menda inquietudine. Seiler, infatti, non racconta mai fino in fondo il motivo per cui le regolarissime esistenze di un came- riere berlinese o di una famiglia tedesca in vacanza negli Stati Uniti improvvisamente diventano, o si rivelano, asincrone. La bre- vità dei racconti è funzionale a questa maestria nel tacere il punto centrale della trama: per Seiler la short story sembra es- sere il genere letterario che istituzionalizza la mancata comunicazione tra autore e let- tore. L'inquietudine presente nei racconti di Seiler, però, dipende anche dal fatto che questa sorta di auscultazione del pas- sato crea già di per sé angoscia. Zeitwaage significa letteralmente "bilancia del tem- po": permette di sentirne il peso. Ma è proprio questa angoscia, poi, che apre a una riflessione razionale sulla storia. Quel- lo dei racconti di Seiler è infatti un tempo non solo pesante ma pesato: misurato, og- gettivato, reso pensabile in termini più ra- zionali. Misurare è riflettere, in Seiler. Pe- sare è poter pensare. Si potrebbe dire: la sua scrittura è, in entrambi i sensi della parola, un "ponderare". Per un autore na- to nel 1963 a Gera, in Turingia, pondera- re il passato implica necessariamente un confronto con i danni collaterali inferti dal socialismo alle esistenze degli individui. L'atmosfera chiusa e autoritaria della Ddr crea catastrofi private, le cui vittime sono però allo stesso tempo carnefici perché as- sistono imperterriti alla morte altrui senza reagire. In loro batte sempre l'ultrasuono del senso di colpa: l'esempio più riuscito è forse il racconto Turksib, già vincitore lo scorso anno del premio Bachmann e ades- so ripubblicato in questo volume. In un treno che corre tra il Turkmenistan e la Si- beria, la conversazione del narratore tede- r Citazioni Questo libro è un atto decisamente politico, poiché denuncia lo spetta- colo, e cioè quella ridicola finzione a cui si è ridotta l'espressione audiovisiva nella nostra società ormai divenuta essenzialmente una società di spettacolo, e quindi molto contagiata dai mezzi audiovisivi. Per la prima vol- ta nella storia dell'uomo possediamo un mezzo di comunicazione universale e immediato, a differenza della scrittu- ra che presuppone tutto un bagaglio culturale. E che ne abbiamo fatto? Una specie di gioco da circo che corrompe tutto e tutti. Alla televisione, per esem- pio, gli uomini politici non comunicano: recitano, tra- sformati in attori. Truccati nell'anima. "L'ho detto be- ne?" Per contro, è vero che molti atto- ri si considerano personaggi politici. E così ci troviamo davanti una commis- sione di istrioni, capi di partiti e capi di Stato. Nerone ha finalmente vinto. Roberto Rosselli»! La società dello spettacolo, 14 gennaio 1977 in Quasi un'autobiografia, pp. 151, Mondadori, Milano 1987 sco con un russo che gli recita la Loreley di Heine è disturbata dal gracchiare di un contatore Geiger. Le onde radioattive so- no la cifra dell'eredità colpevole dell'era socialista, anche qui dunque misurata e amplificata da uno strumento. E lo stesso personaggio principale a identificare espli- citamente il funzionamento dell'apparec- chio con il processo della narrazione, sot- tolineando in tal modo come la scrittura possa essere lo strumento che rende per- cettibili le microdinamiche della storia. da LONDRA Simona Corso Sul risvolto di copertina di Summerti- me. Scenes from Provincial Life (pp. 266, £ 17,99, Harvill Secker, London 2009) leggiamo che il volume completa la tri- logia di fictionalised memori cominciata con Boyboode Youth. Chiedersi se J. M. Coetzee approverebbe tale definizione - che, come spesso accade, potrebbe ave- re scritto lui stesso - è una domanda mal posta, dal momento che tutto il roman- zo, e gran parte della sua narrativa, è una lucida e vertiginosa indagine sui confini tra realtà e narrazione. Con espedienti ormai familiari ai lettori di Coetzee, il presunto autore del romanzo si presenta come un oscuro accademico inglese, tale Mr Vincent, che ha deciso di scrivere la biografia del noto scrittore sudafricano J. M. Coetzee, da poco scomparso, concentrando la sua atten- zione sugli anni 1972-1977, gli anni in cui lo scrittore, appena rientrato in Su- dafrica dagli Stati Uniti, sta cercando, come si dice, la sua strada. Il romanzo si compone di sette parti, cinque interviste a donne (quattro) e uomini (uno) che hanno incrociato il cammino dello scrit- tore alla metà degli anni settanta, e stral- ci di diario (Notebooks: 1972-1977) che aprono e chiudono la storia. Come di- chiara Julia, la prima intervistata, la sto- ria di John Coetzee che Mr Vincent cer- ca di mettere insieme diventa necessa- riamente la storia di tante altre persone, le cui vicende il lettore intravede e vor- rebbe inseguire: l'ebrea mitteleuropea che seduce John nel reparto cartoleria di un supermercato; l'ex ballerina brasilia- na di cui John si invaghisce senza suc- cesso, la quale, nonostante la fama e no- nostante il Nobel, continua a considera- re una nullità il suo ex ammiratore; il marito in coma di costei, vittima di un rapinatore brutale; Sophie, la francesista un po' cerebrale che discute con John di politica e letteratura; il padre di John, vedovo, avvocato fallito e contabile in una ditta di pezzi di ricambio, nella cui casa John si trasferisce; Margot, la cugi- na a cui John apre il suo cuore durante una triste riunione familiare in una va- canza di Natale; e, tra le maglie di tante esistenze, John stesso, solitario, goffo, un po' represso, gentile, che ritiene che il Quintetto in do maggiore di Schubert sia la più accurata rappresentazione di un rapporto sessuale. Nel romanzo il lettore ritrova tutti i piaceri a cui la nar- rativa di Coetzee lo ha abituato: il privi- legio di assistere alla costruzione della narrazione nel suo farsi (non solo ap- prendiamo una storia, ma scopriamo an- che come quella storia è stata cucita in- sieme pezzo dopo pezzo); il quadro ma- gnifico di un Sudafrica tetro e clau- strofobia) (siamo negli anni cruciali del- l'apartheid); prosa trasparente e dialo- ghi memorabili; la lucidità con cui ven- gono discussi alcuni grandi temi, quali l'essenza della letteratura, la vocazione del romanzo ad affrontare le questioni etiche senza dogmatismo, i limiti ma an- che la necessità della politica, oltre al grande tema del romanzo: se sia possibi- le catturare una vita, o un pezzo di vita, in una sequenza di parole. Ancora una volta Coetzee sembra esserci riuscito.