N. 12 19 Letterature Venditore di paccottiglia di Paola Ghinelli Édouard Glissarti TUTTO-MONDO ed. orig. 1993, a cura di Marie-José Hoyet, pp. XXVI-502, €24, Lavoro, Roma 2009 O ebbene le opere di Édouard ijGlissant siano state sinora tradotte in Italia con diversi anni di ritardo, i lettori dell'"Indice" conoscono que- sto scrittore già dall'aprile del 1993, quando Carminella Biondi mise in luce come la posta in gioco della sua scrittura fosse di "dare una voce originale ad un mondo costruito prevalen- temente da altri, ad una storia che non c'è, con strumenti del tutto inadeguati quali poetiche d'accatto, elaborate altrove, ed una lingua, il francese, con cui si deve imparare a lottare e a gioca- re per farle esprimere le voci di una realtà che le è in larga parte estranea". Qualche anno dopo, nel giugno 1998, re- censendo Poetica del diverso, Mariolina Bertini sottolineò an- che "la capacità di Glissant di formulare problemi generali e di spaziare in oriz- zonti vastissimi senza mai abbandonare la specificità della sua ottica indi- viduale". Il tardivo interesse dell'edito- ria italiana per questo autore non impedisce al lettore che non conosce la lingua francese di la- sciarsi avvincere dalla sua opera. Come già puntualizzato su que- ste pagine (2007, n. 11) ogni pas- so scritto da Glissant può ricon- durre a un altro pubblicato in momenti diversi. Le riflessioni citate sono perciò tanto più per- tinenti per avvicinarsi a Tutto- mondo, una pietra miliare nell'o- pera di Glissant, pubblicata in lingua originale proprio nei pri- mi anni novanta. Si tratta di un romanzo? Di un saggio? Inutile rifugiarsi in queste categorie nel caso di un'opera intessuta attor- no a un susseguirsi di scene ar- chetipiche che trasmettono, nel loro stesso avvicendarsi, un sen- so di sfasamento e di distanza. Una delle prime sequenze di Tutto-mondo, certo signifi- cativa per il lettore italiano, si svolge a Vernazza, dove Mathieu, uno dei fili conduttori dell'opera, più che il suo prota- gonista, ha effettuato alcune tappe del percorso verso il tutto- mondo, appunto. Ma Tutto- mondo non inizia, o inizia tante volte da condurre al disorienta- mento. È un'opera a spirale, che si avvolge su se stessa e divaga, un aleph di portata cosmica, ma ben lontano dalla prevedibilità e dall'ordine. Leggendo, infatti, ci si renderà conto che del tutto- mondo che intuisce Mathieu fanno parte anche accadimenti lontani nel tempo e nello spazio, e il "Promemoria delle prece- denti peripezie" che apre l'ope- ra è un riferimento garbato e sorridente alle precedenti opere dello scrittore, immortalate co- me un'unica costellazione che include anche quest'opera e si apparenta a tante altre, anche di altri autori, fino a formare una galassia, un tutto-mondo conte- nuto in nuce in ogni lettera del- la prima pagina di questo stesso vertiginoso libro. Tra le conversazioni prece- denti all'abolizione della schia- vitù e attribuite a due piantatori schiavisti, le avventure di giova- ni (martinicani e non) degli anni quaranta che viaggiano e aggre- discono la vita in un momento storico paradossale e assurdo dal loro punto di vista, le evoca- zioni di infiniti paesi lontani tra loro, dall'Egitto agli Stati Uniti, e mille altre vicende, il lettore si trova in un vortice che lo cir- conda senza trasportarlo, poi- ché la distanza critica è sempre mantenuta, grazie anche alle ri- flessioni attribuite a diversi per- sonaggi. Oltre alle sequenze narrative legate tra lo- ro da sottili rimandi, gli aforismi caratteriz- zano la scrittura di Glissant, il quale, da buon filosofo, non perde l'occasione di piantare il seme della riflessione - e della di- vagazione - in chi leg- ge. Ma nemmeno a questi aforismi ci si potrà aggrappare per appagare l'ansia di ordinare e dare un senso compiuto a Tutto- mondo. Infatti, la sensazione di incompiutezza, di marasma affa- scinante ma fuori controllo, è accresciuta da ciò che Glissant chiama le sentenze, le citazioni che solo lui stesso o i suoi pros- simi possono intendere (senz'al- tro perché si riferiscono a even- ti privati), ma che risultano bril- lanti nonsense per i profani. Per accrescere poi ulterior- mente la sensazione di instabi- lità, questo universo disordinato e in continua espansione viene narrato "in salsa creola", attra- verso riferimenti linguistici e cul- turali a una realtà che corrispon- de, almeno in parte, all'esperien- za biografica che Glissant ha dei Caraibi, ma che risulta del tutto straniante per chi, privo di cono- scenze specifiche, lo legga in tra- duzione. Un esempio per tutti: le venditrici di paccottiglia erano donne che si guadagnavano da vivere viaggiando tra un'isola dei Caraibi e l'altra e comprando in un'isola ciò che nell'altra era ir- reperibile per poi rivenderlo. Uno dei tanti alter ego di Glis- sant che popolano Tutto-mondo si lascia sfuggire che queste ven- ditrici sono la "Relazione" stessa e commenta, per chiosare la sua attività di romanziere: "Diciamo, ed è per vantarmi, che io sono il venditore di paccottiglia di tutte quelle storie rassemblate". Que- st'immagine al contempo quoti- diana e distante pare efficace per evocare la vertigine relazionale e letteraria costituita da Tutto- mondo. ■ paolagX976@gmail.com P. Ghinelli è traduttrice e dottore di ricerca in letterature francofone all'Università di Bologna Gli alberi cambiano il mondo di Irene Fantappiè Peter Waterhouse FIORI Manuale di poesia per chi va a piedi ed. orig. 1998, a cura di Camilla Miglio, pp. 221, € 14, Donzelli, Roma 2009 Edizione rivista e ampliata del Fiori del 1998, il volume pubblicato da Donzelli, a cura di Camilla Miglio, conferma come nei testi del poeta anglo-austriaco Peter Water- house si dissolva il confine che separa il sog- getto dal mondo, la parola dal paesaggio, la lin- gua da un'altra lingua. Non è però una dissolu- zione (un soluere, scomparire), bensì una dissol- venza: si tratta, come in ambito cinematografico, della creazione di uno sfumato che mette in reci- proca relazione due immagini, ambiti, linguaggi un tempo separati. In Waterhouse il confine non scompare: si amplia fino a diventare un luogo in cui si può abitare o, come scrive la curatrice, "an- dare a piedi". È uno spazio di mediazione, di pa- rentela, di "innesto". La costituzione di questo "passaggio di genesi", per usare un'espressione dello stesso Waterhouse, è forse la costante più marcata di un autore che si muove liberamente tra poesia, prosa, critica e traduzione. "Donna mi / passa accanto / così ho due occhi in più / e gonna rossa / e borsa dei documenti / e una via di uffici a Vienna // (...) / Mi guardo la mano / è nuova / mi ci voglio abituare / cinque di- ta erano ieri / oggi cinque nuove / nuove come nove / o neuf / o nine come nein. // And you / comme oui / o tu o io o ti ho / tu ci vai e you e ja / guest e gesto ospitale, and I'm guessing" (Avere un'aria da poliziotto): bastano pochi versi per ca- pire come per Waterhouse lo sfumare del sogget- to nella realtà sia parallelo e consustanziale alla dissolvenza incrociata tra lingue, che spesso pren- de spunto dalla materia fonica dei significanti. In Waterhouse, inoltre, la dissolvenza può aprire un'intercapedine all'interno di quella che un tem- po era considerata un'unità: il corpo non si rico- nosce più in se stesso, "la mano / è nuova". Nel fuori fuoco l'oggetto è presente assieme alle pro- prie ombre: non è più unico e definito, ha subito una frattura intema. Tutto questo però non è mai divertissement postmoderno, bensì riflessione me- talinguistica ed esperienza conoscitiva. La dissol- venza è lo zoom all'indietro con il quale il poeta prende le distanze dalla realtà per poterla meglio comprendere: "Se ci ritiriamo nella distanza / ar- riviamo a intendere il silenzio e la simultaneità. / (...)/ Ci ritiriamo completamente dall'inizio ver- so il mondo. Ora / arriviamo nel campo del signi- ficato estremo. Era tanto tempo fa. Ora / siamo noi l'amata lontana" (All'amata lontana). Allo stesso modo la prassi traduttiva di Wa- terhouse - che ha volto in tedesco Zanzotto, Biagio Marin, Gerald Manley Hopkins - si basa su un amor de lohn fra testo e testo a fronte. La traduzione è "corretta ed errata" soprattutto se non si parla la lingua dell'originale; non è intesa come "corrispondenza o equiparazione, come il felice epilogo di una traversata marittima, ma come fruttuosa perdita e naufragio". Anche la stessa poesia di Waterhouse si rivela particolar- mente aperta a un simile approccio, come dimo- strano le traduzioni di Camilla Miglio. "Vier Bàume renovieren die Welt" diventa "nove al- beri rinnovano il mondo": nell'originale il suono di vier, quattro, si rinnova in renovieren così co- me in italiano nove in rinnovare. Memoria privata e pubblica di Simone Cattaneo Juan Gabriel Vàzquez GLI INFORMATORI ed. orig. 2004, trad. dallo spagnolo di Enrico Passoni, pp. 300, € 18,60, Ponte alle Grazie, Milano 2009 Juan Gabriel Vàzquez (Bo- gotà, 1973) affronta in que- sto romanzo le insidie della memoria privata e collettiva, scandaglia le responsabilità di un'intera nazione e quelle dei singoli, scavando con una pro- sa puntigliosa e battente nella colpa che si trasmette di padre in figlio e che non viene stemperata dallo scorrere del tempo, perché ci sarà sempre qualcuno pronto a ravvivare un ricordo attraverso le parole, dette a voce, scritte in un libro o vergate in una lettera. L'impugnare la penna è vissuto come un atto di revisione degli sbagli commessi, un accarezzare la deformità di una ferita mai completamente cicatrizzata, in un tentativo estremo di espiazione: "Era questo il processo che mi premeva mettere per iscritto: le ragioni per le quali un uomo che ha sbagliato da giovane tenta di riparare il suo errore da vecchio, e le conseguenze che questo tenta- tivo può avere su di lui o su colo- ro che lo circondano, soprattutto, sopra ogni altra cosa, le conse- guenze che ha avuto su di me, suo figlio, l'unica persona al mondo che poteva ereditare i suoi errori, ma anche la sua redenzione". Gabriel Santoro è un giornalista trentenne, morbosamente attratto dal fascino emanato dalle vite al- trui. La sua ansia nel ricostruire fatti e nel raccogliere informazioni lacunose lo porterà a scrivere la biografia di un'amica di famiglia, Sara Guterman, un'ebrea tedesca fuggita in Colombia sul finire de- gli anni trenta per sottrarsi alle persecuzioni naziste. Il volume di Santoro riporta alla luce alcuni episodi oscuri della recente storia colombiana, tra i quali spiccano le "liste nere", elenchi redatti su or- dine delXintelligence statunitense, in cui venivano riportati in ordine alfabetico i nomi di cittadini pro- venienti dalla Germania o dal- l'Austria, ritenuti colpevoli di nu- trire simpatie filonaziste, denun- ciati da anonimi delatori. Chi vi figurava veniva internato in un campo di prigionia e assiste- va, impotente, alla confisca dei suoi beni da parte dello stato. Il li- bro scatena una reazione risentita del padre dello scrittore, uno sti- matissimo ex avvocato e colto professore di retorica, il quale at- tacca duramente il figlio. Gabriel tarderà parecchio a comprendere i motivi del rancore paterno e lo farà soltanto quando il genitore morirà in un misterioso incidente d'auto e il suo passato comincerà a profilarsi con contorni sempre più precisi e ad assumere tinte cu- pe. Dalle nebbie del dopoguerra colombiano sorgeranno episodi di profonda amicizia, piccoli atti di generosità quotidiana e tradi- menti ignobili, la figura sganghe- rata di un musicista tedesco mal- trattato dal destino, l'odio e l'a- more di un figlio incapace di per- donare e un presente che, per quanto avvezzo all'oblio, non rie- sce a scalfire la vergogna di un at- to esecrabile e codardo. A fare da sfondo all'intera vi- cenda vi è una Bogotà che intrappola, seducente e spietata, descritta con tocchi rapidi e incisi- vi, una città che diviene sineddo- che della Colombia e della psiche dei personaggi al centro dell'azio- ne. Juan Gabriel Vàzquez è abile nel tessere, a partire da un caso circoscritto e da una manciata di avvenimenti, una narrazione che è al tempo stesso dissodamento sto- rico e psicologico, un rivoltare do- cumenti e coscienze condotto sul filo di un'ambiguità che intriga e suggerisce a mezza voce, lascian- do che sia il lettore a tirare le som- me. La scrittura dell'autore è ver- satile e acuta: può avere la forza di un grimaldello che scardina con violenza porte chiuse o la legge- rezza di un'insinuazione che invi- ta a spiare dal buco della serratu- ra per distinguere nitidamente le miserie altrui, riflesso in fin dei conti delle proprie. ■ Cattaneo.simone@gmail.com S. Cattaneo è dottorando in letteratura spagnola contemporanea all'Università di Milano