L'INDICE , ■■dei libri del mese hh E inaspettato Nobel a Herta Muller Le rane tedesche di Ulrike Bòhmel Fichera Ulrike Bòhmel Fichera Il Nobel inatteso di Herta Muller Chiara Saraceno famiglie forti e individui deboli Nando Dalla Chiesa Ambrosoli trentanni dopo Gaime Alonge e Tiziana Magone Storia e cinema in Baarìa Antonio Soggia I discorsi di Obama Mario Cedrini La lezione della Corea Franco Pezzini Eultimo eterosessuale Umberto Pichierri I processi decisionali Qualcosa deve essere filtrato dall'Ac- cademia delle Scienze svedese se i bookmakers inglesi annoverarono il no- me di Herta Muller tra i possibili vinci- tori del Nobel per la letteratura... Ma per il resto dell'opinione pubblica tede- sca, europea e mondiale, la designazione è arrivata inaspettata suscitando notevo- le stupore, simile a quello dell'anno scor- so quando fu premiato un autore france- se non molto noto, Le Clézio. E vero che l'autrice era nota e apprez- zata da lettori e critici tedeschi fin dalla prima pubblicazione dei racconti brevi, Bassure, usciti nel 1982 in Romania con tagli della censura e nel 1984 nella Re- pubblica federale tedesca, tradotti in ita- liano da Fabrizio Rondolino per Editori Riuniti nel 1987 (cfr. "L'Indice", 1987, n. 10). Ma successivamente, quando Herta Muller continuava a raccontare delle esperienze in Romania, della persecu- zione subita e delle vittime della Securi- tate, l'interesse era andato scemando. Proprio la scorsa estate si erano acce- si di nuovo i riflettori sulla figura del- l'autrice, che in un lungo saggio sul set- timanale "Die Zeit" (23 luglio) aveva sostenuto che la polizia segreta romena ancora fino a poco tempo fa periodica- mente si era fatta viva, specie durante i suoi soggiorni nel proprio paese d'ori- gine. E l'ultimo romanzo, Atem- schaukel ("Altalena di respiro"), che rievoca le vicende vissute dal suo ami- co, il poeta sperimentale Oskar Pastior, durante la sua detenzione nei campi di lavoro sovietici tra il 1945 e il 1950 (do- ve fu deportato come tutti i tedesco-ro- meni tra i 17 e i 45 anni, uomini e don- ne), aveva suscitato un animato dibatti- to sulla sua scrittura. Con quest'opera era stata inserita tra i finalisti del presti- gioso Deutscher Buchpreis, nonostante alcuni pareri fortemente critici. Herta Miiller nasce nel 1953 a Nitzky- dorf (oggi Nitchidorf) nel Banato, una re- gione grande più o meno come il Belgio e divisa dopo il 1918 tra la Romania (sud-oc- cidentale), l'Ungheria e la Serbia. I coloni tedeschi furono chiamati nel Settecento da Maria Teresa I d'Austria da varie regioni tedesche per far avanzare l'agricoltura e l'artigianato locali. I cosiddetti "svevi del Danubio" (il Danubio segna la frontiera meridionale del Banato) sono di prevalen- za cattolici e, insieme ai tedeschi immigra- ti fin dal medioevo nella Transilvania (che invece appartengono in maggioranza alla luterana "Confessione di Augsburg"), co- stituivano il nucleo più forte dei tedesco- romeni (o romeni di lingua tedesca), ormai ridotti a non più di sessantamila persone. Muller frequenta la scuola elementare tedesca, a quindici anni impara il romeno per poter frequentare il liceo e successi- vamente iscriversi all'Università di Timi- soara ai corsi di germanistica e letteratura romena. Dal suo impiego di traduttrice in una fabbrica metalmeccanica viene licen- ziata nel 1979 dopo essersi rifiutata di col- laborare con la Securitate, l'onnipresente polizia segreta interna. In seguito si man- terrà dando lezioni private, eseguendo traduzioni e occasionalmente anche fa- cendo supplenze nelle scuole. Presto comincia a scrivere, avvicinan- dosi a un gruppo di giovani che, approfit- tando del clima culturale più aperto alla fine degli anni sessanta (Ceausescu aveva assunto il potere nel 1965), avevano co- minciato a organizzare dibattiti e scambi di opinioni. Nel 1972 si costituisce il "Gruppo d'azione del Banato" (Banater Aktionsgruppe) del quale Miiller non farà parte, ma da alcuni dei membri riceve in- coraggiamento e sostegno e agli inizi degli anni ottanta vince addirittura il premio letterario del gruppo, intestato a Adam Miiller-Guttenbrunn. Il gruppo (Richard Wagner, Rolf Bossert, Johann Lippet, William Totok, Ernest Wichner) sarà la punta di quel movimento che, insieme ad altri giovani letterati provenienti dalla Transilvania (Dieter Schlesak, Georg Maurer, Joachim Wittstock), rinnoverà profondamente e travolgerà la dominante Heimatliteratur (letteratura strapaesana) del Banato e dei tedeschi in Romania. Questi autori si contrappongono a quelli che sfornano opere autocelebrative e rie- vocano tradizioni ormai inesistenti della cultura contadina e ottocentesca, magari scrivendo in dialetto per essere più "au- tentici". Un sostrato culturale che non a caso aveva costituito il fermento ideale per l'adesione al nazionalsocialismo. Questi giovani si richiamano alla lette- ratura tedesca ed europea contempora- nea e sperimentale, si cimentano nella li- rica e nelle prose brevi, tanto da far par- lare, all'inizio degli anni settanta, di "sog- gettività impegnata", segnalando quindi la vicinanza alle rispettive correnti occi- dentali. La vocazione letteraria di Herta Miiller nasce in questo contesto vivace e articolato, pieno di stimoli. Presto la forza espressiva dell'autrice e la sua ostinata ricerca di evocare l'am- biente sociale e morale che l'ha forgiata si . impongono. In una delle prime interviste asserisce che ha cominciato a scrivere per superare la sua "infanzia afasica" (spracb- lose Kindheit): scrive per elaborare ciò che vive e sperimenta. Come lei stessa di- chiara, è rimasta molto impressionata da Thomas Bernhard (al quale a volte viene associata per l'atmosfera asfissiante e sen- za speranze degli scenari delle sue storie) e, in modo particolare, da Johannes Bo- browski, le cui "immagini linguistiche" considera ineguagliate. Più dei suoi amici è conscia della politicità implicita del suo mestiere e considera suo compito dare voce a quelle paure e deformazioni pro- dotte da una società chiusa, tenuta a bada dalle follie di una nomenklatura politico- governativa resasi autonoma, in cui i cit- tadini fungono da quinte per le manie di grandezza del dittatore e il suo entourage. Con Bassure Miiller riesce a imporsi al- l'attenzione in Occidente perché affronta un tema insolito in quegli anni e con toni alquanto diversi da qualunque altro auto- re del suo tempo. Il paese svevo preso a modello nei suoi racconti è un luogo in cui dominano la paura, la violenza e la brutalità cieca che penetrano ogni ambito della vita individuale e collettiva. Non so- lo i rapporti tra le persone seguono la lo- gica della sopraffazione, ma anche il pae- saggio e l'ambiente naturale ne sono intri- si. I suoi testi pieni di metafore e neologi- smi trasmettono spesso un disagio fisico, con un'intensità che non ha pari. Da un punto di vista reso artificialmente neutro, senza esprimere alcuna emozione, ma re- gistrando dettagliatamente ciò che vede attorno, l'io narrante apparentemente in- fantile (frainteso spesso come autobiogra- fico tout court) osserva il degrado fisico e morale, accumulando particolari spiace- voli, disgustosi e turbanti, fino a trat- teggiare un quadro desolato di una collettività chiusa nel suo silenzio: tut- ti hanno portato con sé "le loro rane, le rane tedesche", i loro dolori (i ri- cordi della prigionia in Unione Sovie- tica), le loro colpe (i compromessi con il nazismo), ma ci si rifiuta di parlarne. Incapaci di comunicare, di confron- tarsi, altro non rimane se non dei riti che scandiscono la vita quotidiana fat- ta altrimenti di fatica, di delusioni e di un senso di impotenza in una società incomprensibile e odiata. L'essere sve- vo viene fatto vedere come un vanto basato sul nulla, si riduce alla mania della pulizia personale (si veda il gu- stoso e sarcastico II bagno svevo) e al- l'ordinata vita di paese. Negli anni novanta Miiller ha avuto alterne fortune, la cosiddetta "quinta letteratura tedesca" perdeva presto il sapore di novità. Alcuni dei suoi ro- manzi, in particolare Der Fuchs war da- mals schon der Jàger (1992, "La volpe già allora era il cacciatore"), Herztier (1994, l'intraducibile titolo che associa "bestia" e "cuore" in un neologismo del tipo "bestia del cuore" è stato reso in italiano con II paese delle prugne verdi uscito dall'editore Keller di Rovereto nel 2008) e tìeute wàre ich tnir lieber nicht begegnet (1997, "Oggi avrei preferito non incontrarmi") sono stati letti come rielaborazioni dello stesso tema e, come spesso accade, considerati anche stilisticamente ripetitivi, e perciò non all'altezza delle attese. Contempora- neamente, la scrittrice ha ricevuto molte attenzioni critiche, numerosi premi lette- rari e vari incarichi di docenza nelle uni- versità e di Writer in residence. La sua caratteristica più spiccata è la forza etica della sua scrittura, e la capa- cità di trasformare in linguaggio, in pa- role "con gli occhi", le paure vissute, le offese subite che non si riferiscono solo alla persecuzione politica di cui è stata oggetto, ma che originano dai rapporti umani primari. Come autrice non ha mai assecondato le mode, ha seguito i tempi e le vie della propria coscienza. Lei stes- sa ha caratterizzato il suo modo di vive- re e il suo mestiere: "Non riesco proprio a scrivere quando sono contenta. Solo un'esperienza negativa mi spinge a scri- vere. Non mi sento molto bene, quando per troppo tempo sono contenta, cerco allora qualcosa che mi turbi. Mi devo sentire male per sentirmi bene". bohmelGunina. it U. Bohmel Fichera insegna letteratura tedesca all'Università di Napoli